La riforma dello Studio

La storia dell'Università di Bologna nel XVI secolo.

Dopo la sventata congiura dei Malvezzi nel 1488, Giovanni II Bentivoglio inasprì la sua autorità.

Si fece dunque più chiaro l’atteggiamento tirannico del signore della città, che riuscì comunque a restare al potere durante il pericoloso avvicendamento delle incursioni francesi in Italia e delle brame del temibile Cesare Borgia sulla Romagna.

Non potette nulla, invece, contro l’esercito di papa Giulio II che, nel 1506, si riappropriò di Bologna e comprò la fedeltà delle grandi famiglie locali, portando a quaranta i loro rappresentanti in Senato, ma vanificandone di fatto l’autorità, che veniva consegnata integralmente al legato pontificio.

Dal canto suo, lo Studio venne pienamente sostenuto da tutti i papi del primo Cinquecento, che decisero di non cambiare la sua natura ibrida di entità gestita dalle private corporazioni studentesche e dall’istituzione pubblica.

I docenti furono premiati con l’aumento degli stipendi e addirittura si videro proclamare cavalieri aurati e conti palatini, prima da Carlo V, giunto a Bologna per essere incoronato imperatore nel 1530, poi da papa Paolo III (1536), che non poteva essere da meno.

Bologna era divenuta palcoscenico d’Europa, sul quale sfilavano abitualmente i papi, i sovrani e i loro ambasciatori, ospitati e intrattenuti nei tanti moderni palazzi delle famiglie più abbienti.

Continuavano a giungere da ogni dove anche studenti e professori che, attratti dagli ultimi richiami di una nomea universitaria prossima ad affievolirsi, venivano alloggiati anche nei nuovi collegi nazionali disseminati nei vari quartieri cittadini. 

Tra questi si ricordano per la loro importanza: Erasmo da Rotterdam (1506), accolto in casa per un breve periodo dal suo professore e amico Paolo Bombace, grecista di prim’ordine; il mantovano Pietro Pomponazzi (1512-25), sostituto del maestro e rivale Alessandro Achillini sulla cattedra di Filosofia Naturale; e lo svizzero Paracelso, giunto in visita al suo maestro, il medico Berengario da Carpi.

Ma l’atteggiamento interno ed esterno della Chiesa virò bruscamente verso la metà del secolo, quando Paolo III decise di portare a Bologna il Concilio di Trento, per allontanarlo dai territori imperiali, divenuti ostili alle cause di Roma.

Dal 1547 Bologna divenne baluardo delle Controriforma e anche il suo Ateneo venne riorganizzato sulla base dei severi precetti che la caratterizzavano.

Il cardinal legato acquisì la carica di patrono dell’università, mantenendo sotto di sé come cancelliere dello Studio l’arcidiacono della cattedrale.

Questi istituirono un nuovo organismo di controllo, l’Assunteria (4 senatori), con prerogative economiche e contrattuali, spesso tolte ai Riformatori dello Studio.

Al Collegio dei Dottori non restò altro merito che esaminare i laureandi e i nuovi colleghi.

Ma chi davvero ne subì le conseguenze furono gli studenti, che persero il controllo delle loro Universitates.

ArchiginnasioIl definitivo asservimento accademico, dottrinale e disciplinare, si ebbe infine nel 1563 quando, sotto papa Pio IV, il cardinal legato Carlo Borromeo e il suo vice Pier Donato Cesi inaugurarono l’Archiginnasio.

Nel più complesso ammodernamento del centro storico, Antonio Morandi, detto il Terribilia, aveva realizzato la prima sede unificata dell’Alma Mater Studiorum, che fino ad allora aveva mantenuto l’usanza medievale di tenere le sue lezioni nelle abitazioni dei docenti e in spazi cittadini presi in affitto. In tal maniera l’intera organizzazione poteva essere controllata più facilmente e poteva essere imposto con più sicurezza l’obbligo della professione di fede, che nei fatti costrinse i tanti e potenti studenti germanici, di confessione protestante, a lasciare la città per altre università.

Il rigore controriformato e l’arma dell’Inquisizione non ebbero tuttavia effetti così negativi come altrove, anche se rimangono negli annali due celebri espulsioni: quella dello studente Torquato Tasso, allontanato nel 1564 dopo aver divulgato pungenti satire sul perbenismo di alcuni professori e colleghi universitari; e quella del docente Gerolamo Cardano, accusato di eresia e costretto, nel 1571, ad abiurare e a partire dalla città.

Quest’ultimo, assieme a Luca Pacioli, Scipione del Ferro, Niccolò Tartaglia e Lodovico Ferrari, fu un protagonista assoluto della Matematica moderna, che proprio a Bologna trovò soluzione algebrica alle equazioni di terzo e quarto grado e, successivamente, con Bonaventura Cavalieri, sviluppò la nuova disciplina assonometrica.

Lo Studio avrebbe potuto altresì brillare nell’Astronomia, ma perse quest’occasione preferendo al giovane Galileo Galilei il più modesto Giovanni Antonio Magini.

Fu invece all’avanguardia e primo in Europa nel creare una cattedra di Scienze Naturali (De simplicibus), cucita addosso al filosofo Ulisse Aldrovandi, che predispose per le sue ricerche un orto botanico apposito nel cortile del Palazzo apostolico (odierno Palazzo Comunale) e organizzò la più vasta classificazione naturalistica mai realizzata fino ad allora.

Anche la Medicina trasse dall’Ateneo cinquecentesco grandi miglioramenti. Ancora associata alla Filosofia dal lontano esempio Ippocratico, rispettato per la prima volta a Bologna, a fine Duecento, da Taddeo Alderotti, la disciplina rimaneva vincolata alle teorie dei testi aristotelici e galenici, ma con una sempre maggiore conoscenza dei segreti del corpo grazie all’esercizio della dissezione anatomica. Proprio a Bologna la pratica autoptica era riuscita a entrare a pieno titolo nelle attività didattiche grazie a Mondino de’ Liuzzi (XIV sec.), sebbene avesse trovato grandi resistenze da parte della Chiesa. Quest’ultima, ora detentrice anche del potere disciplinare, non solo accettò la prassi, ma ne incentivò il ‘tirocinio’, creando nell’Archiginnasio un teatro anatomico apposito e spronando per di più gli studenti a frequentare il limitrofo Ospedale della Morte. In tal modo, la Chirurgia potette unirsi alla Medicina, facendo emergere grandi nomi come Leonardo Fioravanti e Gaspare Tagliacozzi. 

Dal canto suo, invece, il Diritto si cristallizzò in una rigida concezione penalista (il diritto penale nacque a Bologna nel 1509), tipica degli stati assolutisti, mentre continuava a laureare papi, cardinali e vescovi, tra i quali non vanno di certo dimenticati Ugo Boncompagni e Gabriele Paleotti, due canonisti bolognesi che scrissero la storia postridentina e non solo.

Il 1582 fu grazie a essi un anno davvero rivoluzionario. Il Boncompagni, divenuto dieci anni prima papa Gregorio XIII, introdusse il nuovo calendario, che ancora oggi porta il suo nome, e nel medesimo anno riuscì a elevare la sua città d’origine ad Arcidiocesi Metropolitana. Il Paleotti, invece, in veste di cardinale riformatore, oltre ai suoi profondi interventi di riorganizzazione clericale e di moralizzazione della dottrina cattolica, mise alle stampe il celebre trattato “Discorso intorno alle immagini sacre e profane”, al quale tutti gli artisti del tempo dovettero attenersi.

Tra questi vi erano anche i tre cugini Carracci che, in quello stesso 1582, fondarono la loro accademia, inaugurando proprio a Bologna una nuova stagione dell’arte europea.