Scopri chi scopre: Federico Fanti, professione paleontologo

Conosciamo Federico Fanti, docente del Dipartimento di Scienze Biologiche dell'Università di Bologna.

Federico Fanti è un cacciatore di dinosauri che, quando non è impegnato in attività didattiche nelle aule del Dipartimento di Scienze Biologiche, Geologiche e Ambientali, va in giro per il mondo alla ricerca di nuovi resti fossili. Spesso le sue ricerche lo portano in luoghi lontani, come il Canada occidentale o il deserto del Gobi, ma a volte, inaspettatamente, alcuni importanti ritrovamenti li ha fatti anche vicino a casa. È quello che è successo con la sua ultima scoperta: alla guida di un team di ricerca internazionale, ha individuato, a pochi chilometri da Trieste, numerosi scheletri di vari esemplari di dinosauro appartenenti alla specie Tethyshadros insularis. In questa intervista ci racconta qualcosa di più del suo mestiere di ricercatore, che lo ha portato ad essere riconosciuto Emerging Explorer dalla National Geographic Society.

 

Federico FantiFederico, chi è in realtà un paleontologo?

Io posso, ovviamente, rispondere per me e per le persone che ho conosciuto in tanti anni di ricerche in questo campo.

Innanzitutto devo dire che il paleontologo ha una grande passione per quello che fa. È un mestiere che non ci è capitato di fare, abbiamo scelto e lottato per diventare paleontologi. Il paleontologo è una persona, come tutti gli altri scienziati, che porta avanti la ricerca per contribuire alla conoscenza della disciplina. Poi ci sono le competenze personali, le passioni che motivano. Si cerca, assieme ai propri colleghi, sfide nuove per svelare quelle parti della storia del nostro pianeta che non sono ancora chiare non solo perché riguardano il tempo passato ma anche perché non abbiamo  ancora capito alcuni dei meccanismi fondamentali che riguardano tutte le specie: quelle estinte, quelle viventi e attuali, inclusa la nostra, e quelle future. In questo il paleontologo cerca, sul terreno, in laboratorio, nei libri, delle risposte alle domande che crede siano importanti per la propria disciplina e per la ricerca in generale.  

 

Il paleontologo è più Indiana Jones o uno scienziato da laboratorio, in camice bianco?

Esistono molti modi di fare il paleontologo.  È un mestiere che cambia, specialmente ai giorni nostri: quando mi sono avvicinato a questa professione, il paleontologo era una attività sostanzialmente immaginata sul terreno, sempre a scavare, a viaggiare in luoghi remoti e inospitali.
Oggi la maggior parte dei miei colleghi si occupa invece di applicare le nuove tecnologie in laboratori fantascientifici, perché la tecnologia, il modo di capire questi animali, il modo di ricostruirli e riportarli virtualmente in vita, cambia letteralmente nel giro di poche settimane ogni anno. Quindi c’è una sorta di bilanciamento tra questi due profili che si possono immaginare quando si pensa a un paleontologo.

Io nel mio piccolo sono di quelli ancora affezionati alle campagne sul terreno: mi trovo a mio agio e sono legato alle attività di ricerca di questi animali nelle rocce.

 

Dove ti porterà la tua prossima spedizione di caccia?

Dopo due anni trascorsi ad aspettare, spero che la situazione pandemica globale permetta di tornare al lavoro. Come sempre ho la possibilità di visitare luoghi che conosco, dove i lavori di ricerca vanno avanti da molto tempo e altri dove tutto è nuovo, dove si comincia da zero. Alla prima lista appartengono sicuramente Canada e Mongolia. Alla seconda spero di poter includere presto Madagascar e magari Groenlandia.

 

Federico FantiQuale spedizione scientifica ti ha dato maggiori soddisfazioni?

Sicuramente la Mongolia, dove ho iniziato a lavorare nell’ormai lontano 2007. La Mongolia combina ricerca, scavi e storia della paleontologia. Tutti argomenti che mi sono molto cari. Nel deserto del Gobi abbiamo ritrovato moltissimi esemplari importanti, ma abbiamo avuto anche la possibilità di realizzare le prime carte geologiche di immensi giacimenti, riscoprire siti di scavo vecchi di quasi 100 anni e, soprattutto, lavorare con i colleghi e il governo della Mongolia per mettere un freno alla piaga del mercato nero di fossili di dinosauro.

 

E quale invece è stata la più deludente, in rapporto all'impegno profuso?

Le aspettative cambiano nel tempo, anche se ci sono sicuramente avventure che non si sono concluse nel modo in cui avrei voluto. Messico e Tunisia sono due storie sospese che spero di poter riaprire quanto prima. Anche per chi fa il mio mestiere le persone con cui si lavora fanno sempre la differenza, nel bene e nel male.

 

Federico FantiÈ più difficile scavare reperti fossili in mezzo al deserto o divulgare la scienza efficacemente, sapendo conquistare l'interesse del grande pubblico?

Sicuramente comunicare la scienza: è un mestiere complesso, difficile e davvero importante. Viviamo in un periodo in cui si è perso, a mio modo di vedere, il senso di cosa voglia dire essere scienziato e fare ricerca. Si tende piuttosto a chiedersi come la scienza possa aiutare in situazioni complesse o, peggio, a chi la scienza dia ragione. La scienza non ha questi obiettivi, cerca di ottenere informazioni utili a tutti per capire come funzionino davvero le cose.

Pubblicato il: 10 marzo 2022