Figura ancora da scoprire, Pepone ha lasciato tracce di sé come esperto giurista presso la corte dei Canossa, che alla fine dell’XI secolo governavano anche Bologna. È quindi spiegabile come il suo nome fosse divenuto familiare allo Studio, nato proprio in quegli anni. Dal racconto che ne fece Odofredo Denari nel XIII secolo, ripescato da Carducci nel suo discorso per le celebrazioni dell’VIII Centenario dell’Alma Mater Studiorum, si traccia una figura ibrida, già esperta nel vagliare il Corpus Iuris Civilis, ma non ancora pronta a spiegarlo e a diffonderlo, come avrebbe poi fatto il più illustre Irnerio.
Nonostante le numerose indagini e i tanti studi, ancora oggi risulta difficile parlare di Pepone.
È verosimile che sia stato un giureconsulto di origini toscane, la cui attività era legata alla corte dei Canossa durante il difficile periodo delle Lotte per le investiture, alla fine dell’XI secolo.
Sono numerosi gli atti giudiziari stilati dalla corte canossiana tra il 1072 e il 1079 nei quali compare il suo nome, definito come ‘advocatus’ nei placiti di Calceraki (1072), di Puntiglo (1078) e di Ferrara (1079) e come ‘legis doctor’ nel placito di Marturi (1076). In quest’ultimo documento viene riportata la citazione che Pepone fece di un passo del Digesto, sezione del Corpus Iuris Civilis caduta nell’oblio per tutto l’Alto Medioevo.
La conoscenza di questo testo giustinianeo sarebbe divenuta fondamentale per l’insegnamento di Irnerio e per la nascita dello Studio bolognese e fece quindi pensare ad una presenza in città dello stesso Pepone.
Sia Azzone, sia il suo discepolo Odofredo Denari, dottori dell’Alma Mater nel XIII secolo, lo citarono infatti come iniziatore della didattica giuridica. Azzone paragonandolo a Tiberio Coruncanio, tradizionalmente ritenuto il primo docente romano di diritto; Odofredo raccontando ai suoi scolari la precocità dello studioso all’approccio del Corpus, sottolineando tuttavia la sua incapacità di divulgazione (non viene specificata la città), che invece avrebbe reso celebre Irnerio, ‘lucerna iuris’.
Non così negativo era invece il riconoscimento che si dava a Pepone in area francese. Il teologo inglese, studente e poi docente all’università di Parigi, Radulphus Niger (XII sec.) nei suoi Moralia Regum presenta il magister Pepone come ‘aurora surgens’, esaltando il suo intervento durante un placito lombardo tenuto al cospetto dell’imperatore Enrico IV. A dimostrazione della notorietà raggiunta oltralpe, vanno poi citati i riferimenti che si fanno di Pepone in una glossa di una Summa Institutionum (1125 ca.), per risalire all’etimologia del termine mutuum, e in una glossa del Codice, tramandata da manoscritti della metà del XII secolo, per l’interpretazione della parola embola.
A ricondurre invece Pepone al contesto bolognese è il vescovo Gualtiero di Siena che lo definì ‘clarum Bononiensium lumen’ nel racconto in versi De utroque apostolico (1090 ca.), dove si ritrova una nota, forse aggiunta posteriormente, nella quale si specifica Pepone come ‘episcopus Bononiensis’.
Proprio a partire da questa postilla Pietro Fiorelli ha avanzato l’ipotesi di vedere in Pepone il vescovo scismatico bolognese Pietro, considerando valida l’ipotesi della derivazione di Pepo da Petrus, Carlo Dolcini ha ipotizzato invece la sua identificazione in Pietro Crasso da Ravenna, giureconsulto e autore della famosa Defensio Heinrici IV regis.
Ricerche più recenti, come quelle di Giovanna Nicolaj, tuttavia, pur avendo ammesso la sovrapponibilità di Pepo con Pietro, non considerano veritiera questa lunga tradizione che vuole Pepone legato all’ambiente bolognese.
Resta comunque il fatto che, chiunque fosse, Pepone ha lasciato testimonianza di come alla fine dell’XI secolo le scuole di Arti Liberali e le professioni giuridiche avessero già da tempo intrapreso la strada per la ripresa del Corpus Iuris Civilis, divenuto nel XII secolo, grazie all’Alma Mater Studiorum, fondamenta del rinnovamento culturale e politico europeo.