Niccolò Copernico

Astronomo, Matematico, Religioso. Studente a Bologna di Diritto canonico (Thorn, 1473 – Frauenburg, 1543).

A pochi giorni dalla morte Niccolò Copernico lasciò un testamento che avrebbe regalato all’umanità una nuova epoca. La scienza avrebbe compreso la necessità dell’osservazione e l’uomo avrebbe capito di non essere al centro dell’universo. In questa epocale rivoluzione Bologna ebbe un ruolo fondamentale, coinvolgendo il giovane studente di Diritto nei suoi circuiti umanistici e astronomici, che alla metà del Quattrocento fiorivano nella bentivolesca Alma Mater Studiorum.

Niccolò CopernicoNiccolò Copernico nacque nel 1473 a Toruń nella polacca Pomerania (Prussia reale) in una ricca famiglia di mercanti di origine slesiana. Quando aveva 10 anni il giovane, rimasto orfano, venne affidato, assieme ai fratelli, alle cure dello zio materno Lucas Watzenrode presso il quale studiò alla scuola capitolare di Wloclawek.

Entrò poi, nel 1491, all’Università Jagelonica di Cracovia assieme al fratello Andrea, dove conobbe tra gli altri il matematico Jacob Kobel, con cui rimase in contatto anche in seguito.

Dopo quattro anni ricevette dallo zio, divenuto nel frattempo vescovo di Warmja, gli ordini minori.

Scese quindi a Bologna assieme al fratello, dove lo stesso zio voleva seguisse le sue orme, addottorandosi in Diritto canonico –va ricordato che Lucas Watzenrode era stato per due anni anche professore presso lo Studio bolognese-.

Arrivato in città nell’autunno del 1496, Niccolò aspettò il 6 gennaio del 1497 per iscriversi all’Alma Mater Studiorum, immatricolandosi nel collegio di nazionalità tedesca.

Come molti suoi compagni di studio, anche Copernico, pur essendo studente di Diritto, fu catturato dalla fiorente Università degli Artisti, sbocciata alla metà del secolo col sostegno combinato del legato pontificio Bessarione, dei Bentivoglio e del papa Niccolò V.

Nel 1455 era riuscita finalmente a svincolarsi dalla branca medica la disciplina astrologica, per la quale si creò una cattedra indipendente (ai tempi docente di astronomia era Giovanni Paolo da Fondi), presso la quale Copernico potette integrare quelle nozioni che aveva già appreso a Cracovia. Si suppone che gli fossero già note le teorie matematiche e fisiche di Nicole d’Oresme (XIV sec.) e quelle nuovissime e rivoluzionarie di Niccolò Cusano.

Lo Studio bolognese aveva una lunga tradizione astrologica alla quale fare affidamento. Il primo astrologo di cui si ha notizia è Guglielmo di Ottobon Piccardo, registrato nel 1125, a cui seguirono nell’insegnamento illustri studiosi come Guido Bonatti, ricordato da Dante nell’Inferno degli indovini, Cecco d’Ascoli, condannato poi al rogo dall’Inquisizione, Bartolomeo da Parma e Girolamo Manfredi, severamente criticato da Giovanni Pico della Mirandola. 

Di quest’ultimo, anch’egli studente di Diritto canonico presso l’Alma Mater, uscirono proprio dalle stampe bolognesi e proprio nello stesso anno dell’arrivo di Copernico le Disputationes adversus astrologiam divinatricem che, senza entrare nello specifico sistema divinatorio, mettevano alla berlina l’uso dell’astrologia, ancora molto popolare nelle corti rinascimentali.

Il giovane polacco, nel variegato mondo accademico cittadino, elesse l’astronomo Domenico Maria Novara come sue mentore, presso il quale trovò alloggio in via Galliera (o via San Giuseppe) e dal quale venne perfezionato nell’arte dell’osservazione celeste, collaborando alla verifica di alcuni errori delle teorie tolemaiche. Il Novara, infatti, credeva nel moto terrestre avendo, tra le altre cose, supposto lo spostamento dell’asse di rotazione del Globo, dopo aver constatato la differente latitudine di alcune città mediterranee rispetto a quella calcolata dall’astronomo alessandrino. Alla causa motrice si aggiungevano poi esami sulla rotazione lunare, uno dei quali, nel 1497, permise a Copernico di ammirare l’occultazione della stella di Aldebaran (della costellazione del Toro) da parte del satellite della Terra.

Oltre a queste osservazioni praticate col maestro Novara, Copernico ebbe modo di studiare in città anche alcuni trattati greci non ancora tradotti. Questo grazie alla conoscenza del greco, che a Bologna si impartiva in un corso appositamente creato nel 1453, sulla cui cattedra ai tempi sedeva l’umanista Antonio Urceo Codro. Non è da escludere che tra le mani di Niccolò sia passato anche il trattato Arenario di Archimede, nel quale viene riportato il sistema eliocentrico avanzato da Aristarco di Samo nel III sec. a.C.

Dopo questi quattro fruttuosi anni, nel 1500, Copernico approfittò del Giubileo per andare a Roma, dove tenne conferenze di argomento scientifico che lo fecero apprezzare dai circuiti papalini.

Tornò quindi in Polonia, dove era stato elevato a canonico, per poi riprendere la volta dell’Italia, prima a Padova, per frequentare i corsi di Medicina, poi a Ferrara, dove si laureò in Diritto nel 1503.

Tornò quindi definitivamente presso lo zio a Frauenburg per fargli da segretario e da medico, sostituendolo dopo la morte, nel 1512, e dimostrando grandi capacità amministrative (grande interesse suscitò il suo scritto economico De monetae cuderidae ratione).

Proprio in questo periodo iniziò a circolare la prima opera di carattere scientifico di Copernico: il Nic. Copernici de hypothesibus motuum coelestium a se constitutis commentariolus. Si tratta di un fascicoletto manoscritto, che già dal titolo (hypothesibus) vuole prevenire eventuali censure ecclesiastiche poiché, anche se solo sotto forma di postulati, vengono presentati i princìpi del sistema eliocentrico. L’autore in questo primo scritto evitò appositamente di inserirvi dimostrazioni e prove scientifiche, riconducendo la sua scoperta a mera supposizione logica.

Nel frattempo continuavano le sue ricerche presso il castello di Olsztyn, dove dal 1516 era divenuto amministratore, interessandosi di catasto, giustizia e fisco.

Lo raggiunse invece a Frauenburg, dove passò gli ultimi anni di vita, nel 1540, il professore Georg Joachim Retico, protetto di Filippo Melantone, che lasciò appositamente la cattedra di Wittemberg per stare accanto al grande maestro.

Col suo consenso, il giovane astronomo fece stampare a Danzica l’opuscolo Narratio prima e nel 1542 un trattato di trigonometria, che sarebbe poi stato incluso nel secondo libro del De revolutionibus orbium coelestium. Quest’ultimo venne invece dato alle stampe poco prima della scomparsa del suo autore, nel 1543. Uscì dai torchi di Giovanni Petreio a Norimberga con tanto di dedica a papa Paolo III. Per l’edizione dell’opera completa il Retico aveva chiesto aiuto al teologo Andrea Osiander che, in maniera anonima e del tutto arbitraria, vi aveva apposto una premessa che presentava lo scritto come un trattato matematico, utile per i calcoli, ma senza valore cosmologico e fisico. Questa premessa venne utilizzata come prova giudiziaria nel 1615, quando il cardinale Bellarmino provò a difendere Foscarini e Galileo dalle accuse di eresia, proprio in virtù del loro legame a un’opera che si presentava al lettore come meramente metafisica. Il processo, l’anno seguente, vide condannati i due imputati assieme ai loro scritti, così come lo stesso De revolutionibus, fino ad allora considerato innocuo in virtù della famosa premessa.

Copernico venne criticato non solo da esponenti del cattolicesimo, ma anche da illustri pensatori del mondo protestante: lo stesso Lutero nei suoi Discorsi a tavola, così pure Melantone nelle Initia doctrinae physicae, fino ad arrivare a Tycho Brahe che, pur essendo un ammiratore del polacco, non lesinò riserve sulla sua opera.

Venne invece apprezzato da intellettuali non ferrati nella materia, primo tra tutti Giordano Bruno, ma anche da matematici come Giovanni Antonio Magini, che nel 1583 fu scelto al posto di Galileo per ricoprire la cattedra vacante di Astronomia presso l’Alma Mater Studiorum, dove impartì nozioni presenti nel De revolutionibus inerenti al solo metodo di calcolo e non alla più ampia visione eliocentrica.

Copernico non fu di certo il primo a sostenere il moto terrestre attorno al sole: vi erano stati nell’antichità più esponenti di tale teoria, tra l’altro citati dallo stesso (Iceta, Filolao, Eraclide Pontico, Ecfanto e Aristarco), e anche in un periodo più prossimo a lui ci furono studiosi sostenitori della centralità del Sole (Antonio Pelacani, Paolo Veneto, Paolo dal Pozzo Toscanelli, i neoplatonici Ficino e Pico della Mirandola, e gli aristotelico-averroisti Celio Calcagnini, Girolamo Fracastoro e Giovan Battista Amico), ma quello che Copernico fece, scrisse e dimostrò segnò davvero in maniera irreversibile la storia del pensiero umano. Egli aveva posto la pietra miliare della modernità affrontando l’universo col metodo induttivo, legando tra loro astronomia e cosmologia, fisica celeste e fisica terrestre.

Il passo successivo sarebbe stato quello di Galileo, che ne avrebbe verificato i principi, e quello di Keplero, che ne avrebbe corretto le teorie. Da lì in avanti non si sarebbe più tornato indietro.