Luigi Galvani

Medico, Fisiologo, Fisico, Filosofo, Accademico, Docente di Medicina, Chirurgia, Anatomia e Ostetricia (Bologna 1737 – Bologna 1798).

Padre dell’elettrofisiologia, Galvani è lo scienziato bolognese più illustre del XVIII secolo. Attraverso le sperimentazioni sulle rane studiò e comprese i funzionamenti dei nervi e dei muscoli, conduttori e ricettori degli stimoli celebrali. La famosa disputa con Alessandro Volta lo portò a un breve periodo di oblio, dopo il quale venne confermato come pilastro dell’Anatomia e dell’elettricità medica, nonché come ‘eroe’ della neonata Italia.

Luigi Galvani Luigi Galvani nacque a Bologna nel 1737 dall’orafo Domenico Galvani e dalla benestante Barbara Foschi.

Come per il fratellastro Francesco, divenuto professore di Diritto canonico, anche per Luigi i genitori si adoperarono per farlo studiare nei migliori istituti cittadini.

Dal 1752 frequentò assiduamente l’Oratorio dei Filippini, che avrebbe lasciato indelebile su di lui una forte spinta religiosa, aderente al cattolicesimo illuminato, e una profonda umiltà e sobrietà di costumi. 

Due anni più tardi Galvani si iscrisse a Medicina (1754), che in quel periodo viveva un periodo di forte rilancio, anche grazie alle sperimentazioni anatomico-chirurgiche di Pier Paolo Molinelli.

Questi, assieme al chimico Jacopo Bartolomeo Beccari, al naturalista Giuseppe Monti e al fisico Domenico Gusmano Galeazzi, furono i suoi maestri di riferimento, attraverso cui apprese la necessità della sperimentazione interdisciplinare.

Dopo l’addottoramento in Medicina e Chirurgia, seguito da quello in Filosofia, entrambi tenuti nel 1756, Galvani si adoperò immediatamente per fare praticantato negli ospedali cittadini di Santa Maria della Morte e di Sant’Orsola, dove assistette il noto chirurgo Giovanni Antonio Galli. 

Nel 1761 si iscrisse all’Istituto delle Scienze e grazie al Galeazzi, di cui l’anno seguente sarebbe divenuto genero, iniziò la sua ascesa tanto negli ambienti accademici quanto in quelli universitari.

Nel 1762, infatti, sostenne la disputa pubblica in Archiginnasio (le venti tesi dibattute confluirono poi nell’opuscolo De ossibus), ottenendo l’anno seguente la lettura onoraria, ovvero gratuita, in Medicina, seguita da quella in Operazioni chirurgiche, in Chirurgia generale e in Teoria anatomica. Finalmente, nel 1768 si assicurò la lettura stipendiata in Medicina, venendo in seguito nominato aggiunto di Galeazzi, che andò poi a sostituire dopo la morte, avvenuta nel 1775. Tenne questo prestigioso incarico fino al 1790, quando chiese di passare tra i professori emeriti, ritirandosi dall’insegnamento pubblico. 

Nel frattempo era divenuto membro aggregato dell’Accademia delle Scienze (1765), dove, dal 1772, fu per un decennio professore di Anatomia e custode delle camere anatomiche, ancora oggi visitabili nel Museo di Palazzo Poggi. Nel 1782 venne nominato professore di Ostetricia, prendendo in carico la relativa camera (anche questa visitabile) fino agli ultimi mesi di vita. 

Durante questo lungo periodo di insegnamento non vennero stampate molte opere di Galvani, se non quelle inserite nei Commentarii annuali dell’Accademia delle Scienze, dove si trovano decine di sue memorie sull’Osteologia, sull’Anatomia comparata, sul moto muscolare, sull’esame dell’ipofisi, sullo studio delle acque termali e dei gas organici e inorganici.

Le teorie e le verifiche stampate in questi scritti seguivano anni di sperimentazioni, osservazioni ad occhio nudo e al microscopio, fino a interventi e manipolazioni dell’oggetto preso in esame. Seguendo la scia di Gaetano Gaspare Uttini e di G.G. Ballanti, Galvani riusciva a confrontare esseri complessi e strutture elementari, rintracciando analogie e somiglianze tra organismi di diversa natura.

Questo indefesso lavoro di comparazione e di utilizzo di nuove tecnologie fisiche e mediche lo condusse a presentare all’Accademia nel 1789 e poi a pubblicare nel 1791 il De viribus electricitatis in motu muscolari. Commentarius

A partire dal 1773 Galvani si era interessato alle sperimentazioni elettriche seguendo le riflessioni sull’elettricità medica e l’elettricismo di Leopoldo Marco Antonio Caldani e di Giuseppe Veratti. Nell’opera che lo portò ben presto alla notorietà internazionale, l’introverso scienziato stava ponendo le basi all’Elettrofisiologia, dimostrando in quattro fasi il suo esperimento e la sua rivoluzionaria teoria. Nella prima parte del Commentario Galvani descrive la contrazione muscolare di una coscia di rana attraverso il passaggio elettrico, trasmesso da una lama metallica collegata a una macchina elettrostatica. Questo esperimento viene poi ripetuto nella seconda parte usando differenti tipi di elettricità. Nella terza sezione, invece, la teoria fa un passo ulteriore seguendo una nuova osservazione: l’arco metallico, anche se non collegato a fonti elettriche esterne, fa muovere la zampa della rana, congiungendo semplicemente il suo muscolo al midollo spiale. In tal modo Galvani, nella quarta e ultima parte, è in grado di desumere che gli animali hanno una loro elettricità interna, secreta dal cervello e distribuita ai muscoli attraverso i nervi. 

Questa scoperta ebbe subito grande successo nei circoli intellettuali e scientifici e fu supportata da molti nomi in vista del momento tra cui, inizialmente, l’accademico Alessandro Volta. Questi tuttavia, ben presto, iniziò a contrastare con le teorie di Galvani, sostenendo che l’elettricità riscontrata non fosse intrinseca nell’animale, ma fosse dovuta alla natura stessa dei metalli. A tale capovolgimento di veduta, il bolognese, nel 1794, rispose attraverso la riproposizione dell’esperimento senza l’utilizzo di alcun elemento metallico. La disquisizione non andò oltre il 1797, anno della pubblicazione delle sue Memorie sulla elettricità animale, opera dedicata al biologo Lazzaro Spallanzani, dove si confermavano le scoperte del De viribus electricitatis.

Per Galvani erano già iniziati gli ultimi difficili anni, successivi alla discesa del Bonaparte (1796). Assieme ad altri docenti, rifiutò il giuramento alla Costituzione della neonata Repubblica Cisalpina, considerandola irreligiosa (dal 1780, dopo la morte della moglie, era entrato nel Terz’Ordine dei Francescani), e per questo motivo venne allontanato dalle cariche pubbliche per un breve periodo, terminato il quale non fece in tempo a essere riammesso. Morì infatti nella sua casa natale nel 1798, e venne sepolto dopo funerali dimessi, nella chiesa del Corpus Domini, accanto alla sua amata.

Le teorie di Galvani continuarono ad essere promosse e dimostrate dal nipote Giovanni Aldini, che tentò persino di usare il galvinismo per riportare in vita cadaveri umani. Gli esperimenti del giovane fisico fecero scalpore in tutta Europa e lasciarono traccia anche nell’immaginazione di Mary Shelley, che qualche anno più tardi (1818) diede alle stampe il suo Frankenstein.

Nel frattempo Volta, proprio studiando gli esperimenti di Galvani era arrivato a creare la pila (1800), oscurando i risultati del suo ‘antagonista’, che solo nel 1848 vennero ripresi e giustamente valorizzati attraverso gli studi del fisiologo tedesco Emil Heinrich Du Bois-Reymond

La città rese quindi degno ricordo del grande scienziato, al quale dedicò la piazza antistante all’Archiginnasio, al centro della quale, dal 1879, la statua di Galvani eseguita da Adalberto Cencetti studia ancora le sue carte: un monumento che riporta alle antiche arche dei glossatori, in un periodo nel quale la città iniziava a valorizzare personaggi illustri attraverso monumenti civili (il monumento a Galvani fu il primo a cui seguirono quello di Cavour, Ugo Bassi, Vittorio Emanuele II, Garibaldi, Minghetti e Carducci).

A Galvani venne dedicato anche il liceo storico cittadino e si ripeterono nel XX secolo celebrazioni e omaggi che ne ricordavano i centenari e ne esaltavano il genio.