L’Alma Mater Studiorum deve molto ad un uomo che frequentò solo saltuariamente -e da semplice uditore- i suoi corsi, mai si laureò e mai vi insegnò. La grande riforma culturale che in Europa stava iniziando ad apertura del XVIII secolo, giunse a Bologna grazie a Luigi Ferdinando Marsili che col suo Istituto delle Scienze riuscì in parte a riportare la città e lo Studio all’interno dei circuiti internazionali.
Luigi Ferdinando Marsili nacque a Bologna nel 1658 dai conti Carlo Marsili e Margherita Hercolani.
Ricevette un’educazione privata e, raggiunta la maggiore età, frequentò le lezioni del medico Marcello Malpighi, del matematico Geminiano Montanari e del botanico Lelio Trionfetti, tra i pochi che nel XVII secolo si distinguevano nello Studio locale.
Tra il 1674 e il 1679 la curiosità lo portò a viaggiare nelle maggiori città italiane, compresa Padova, dove occasionalmente seguì i corsi di Matematica.
Accompagnò poi un’ambasciata veneziana a Costantinopoli dove iniziò a studiare i mari e le coste, spesso usando marchingegni di sua invenzione e tenendo aggiornati i suoi maestri bolognesi (Malpighi e Montanari). Dalle indagini sulla morfologia costiera, sulla biologia marina, sui venti, le correnti, sulla salsedine, nel 1681, ne ricavò una pubblicazione, la prima di tante: Osservazioni intorno al Bosforo Tracio overo Canale di Constantinopoli rappresentate in lettera alla sacra real maestà di Cristina regina di Svezia.
Per proseguire le sue ricerche scientifiche, nel 1681, decise di arruolarsi nell’esercito asburgico, così da poter viaggiare nei vari paesi dell’Europa dell’Est dove si stava combattendo la guerra contro gli ottomani. Nel 1683 venne ferito e fatto prigioniero dai tartari che lo vendettero al pascià di Temesvar. Questi lo impiegò come inserviente legionario per la distribuzione del caffè durante l’assalto a Vienna: esperienza che gli permise di trarre informazioni circa l’uso della sostanza, in Occidente ancora impiegata come medicinale portentoso. Ne risultò, poi, un trattatello, pubblicato nel 1685: Bevanda asiatica, brindata all’em. Bonvisi, nunzio apostolico appresso la maestà dell’imperatore… che narra l’historia medica del cavè o sia caffè.
Nel 1684 arrivò finalmente il riscatto e due anni più tardi Marsili ritornò sul campo di battaglia, alla presa di Buda, dove si dimostrò indispensabile per le sue conoscenze dirette sulle fortificazioni ottomane e per le sue abilità tattiche. Anche questa spedizione favorì le sue ricerche scientifiche e l’acquisto di volumi rari, tra cui molti codici orientali.
In seguito venne mandato a Costantinopoli (1691), in una missione preposta a sondare possibili negoziati: un’ambasciata che durò quasi un anno, ma che non diede alcun frutto.
Si dovette aspettare il 1699 per la Pace di Carlowitz, dove Marsili, nell’Autobiografia, dichiara di aver avuto tutto il merito diplomatico. Da consigliere assistente venne in effetti elevato a generale militare e a commissario plenipotenziario per la definizione dei nuovi confini. Il compito era arduo, poiché doveva riscrivere i precari equilibri politici e geografici tra i due continenti. Le indagini che fece nei vari paesi nei quali scorre il Danubio, eletto confine naturale, si ritrovano oggi nel manoscritto Descrizione naturale, civile e militare delle Misie, Dacie ed Illirico, conservato alla Biblioteca Universitaria di Bologna.
Nel 1698 Marsili pubblicò un trattatello sulla natura della luce della cosiddetta ‘pietra di Bologna’, avente proprietà fluorescenti sulle quali molti avevano già investigato (Dissertazione epistolare del fosforo minerale o sia della pietra illuminabile bolognese a’ sapienti ed eruditi signori collettori degli Acta Eruditorum di Lipsia).
Richiamato al fronte per la Guerra di Successione spagnola, gli venne affidata la difesa della fortezza di Breisach, che nel 1703 capitolò rovinosamente portando Marsili alla degradazione e alla confisca dei beni (1704).
La sconfitta fu l’occasione per potersi dedicare con più impegno ai suoi interessi: prima in Svizzera, poi a Milano (1704) e infine Cassis, in Provenza, dopo esser stato ricevuto con tutti gli onori alla corte di Luigi XIV (1706).
Risalgono, invece, al 1702 le prime volontà di Marsili di creare un Istituto bolognese che potesse portare nella città, da un secolo decaduta nel provincialismo, un nuovo approccio sperimentale della ricerca e dell’istruzione. Nello stesso anno chiese al matematico Eustachio Manfredi, in collaborazione con l’astronomo Giovanni Domenico Cassini, di creare nel suo palazzo cittadino una specola, che tre anni più tardi venne adoperata dall’Accademia scientifica degli Inquieti, ospitati nella sua residenza.
Si apriva così un sodalizio che avrebbe condotto, nel 1711, alla nascita dell’Istituto delle Scienze, sovvenzionato da Clemente XI e costituito dalla Accademia scientifica e da quella artistica (Accademia Clementina).
Il Senato cittadino, che fino a quel momento era stato titubante nel promuovere il nuovo centro culturale, per le spese che questo comportava e per il rischio di sfavorire l’Archiginnasio, dovette ben presto collaborare sotto lo sprone del pontefice e nel 1712 comprò per il neonato Istituto il cinquecentesco Palazzo Poggi, che venne ammodernato e ingrandito e che potette aprire una nuova stagione sperimentale bolognese nel 1714.
È dello stesso anno la pubblicazione della Dissertatio de generatione fungorum ad illustrissimum et reverendissimum praesulem Ioannem Mariam Lancisium.
La fama dei suoi scritti e, soprattutto, il successo che ebbe fin da subito il suo Istituto gli favorirono l’ingresso nell’Academie des Sciences di Parigi (1715) e nella Royal Society di Londra (1722), in quest’ultima presentato nientemeno che da Isaac Newton. Durante il viaggio britannico Marsili ebbe modo di comprare materiali e strumenti sofisticati da regalare all’Istituto, grazie soprattutto alle elargizioni che gli furono concesse dal pontefice.
A Bologna invece continuavano ad esserci forti tensioni col Senato, colpevole secondo Marsili di non adempiere al rispetto delle regole sancite nelle Costituzioni dell’Istituto del 1711 e per questo minacciato di perdere i manoscritti e i disegni che lo scienziato aveva donato. Questo rapporto travagliato che vedeva Marsili sconsolato e deluso dalla politica cittadina, lo portò a soggiorni sempre più lunghi a Maderno sul Garda e a Cassis, dove poteva reimmergersi nelle sue ricerche.
I suoi scritti più importanti vennero stampati ad Amsterdam: nel 1725 la Histoire physique de la mer e nel 1726 le Danubius Pannonico-Mysicus observationibus geographicis astronomicis hydrographicis historicis physicis perlustratus et in sex tomos digestus.
La disputa col Senato bolognese proseguì fino a quando, nel 1726, non intervenne il cardinale Prospero Lambertini (futuro Benedetto XIV). L’alto prelato non concesse a Marsili il trasferimento della presidenza dell’Istituto dal Senato al legato pontificio, ma si adoperò affinché venissero rispettate le norme sancite, come ad esempio la pubblicazione annuale degli atti accademici, cosa che però avvenne solo dal 1731.
Purtroppo Marsili non vide mai pienamente rispettate le sue volontà e così, nel 1728, stanco e deluso, distribuì a Bologna un manifesto su ciò che lasciava, una sorta di lettera testamentaria, con la quale salutava la città e si trasferiva nuovamente a Maderno, abbandonando per di più l’arme di famiglia. Dovette tuttavia ben presto tornare per la salute malferma che lo condusse alla morte nel 1730, dopo che ebbe avuto modo di donare tutti i suoi manoscritti al suo Istituto.
Questo atto generoso e illuminato, ma non insolito per i grandi pensatori bolognesi –si pensi a Ulisse Aldrovandi- venne riassunto nel motto stesso di Marsili: “Nihil Mihi” (Niente a me), che campeggia nel museo a lui dedicato nel 1930 in occasione del bicentenario della sua dipartita. Il museo venne creato accanto alla grande Biblioteca universitaria, un tempo destinata all’Istituto delle Scienze in Palazzo Poggi. Nello stesso edificio si possono ammirare le tante raccolte, iniziate da Marsili e arricchite dai suoi seguaci, confluite nei musei dell’Alma Mater Studiorum.
I tanti ritratti d’epoca, dipinti, stampati, incisi su medaglie, ricordano la fama di questo grande protagonista europeo, il cui capo venne esposto per tutto il XVIII secolo nella cripta dell’ex chiesa del monte calvario e trasferito nel 1810 nella neonata Certosa di Bologna. Venne ritrovato casualmente nel 1932 e portato nella chiesa di San Domenico, dove lo attendeva il monumento barocco che Angelo Gabriello Piò gli aveva destinato nel 1733.