Prima donna a ricoprire una cattedra universitaria, Laura Bassi fu un’eccezione. La sua preparazione e la sua inclinazione alla scienza fecero sì che su di lei l’intero Studio operasse una mirata strategia di autopromozione. Scesa a patti col mondo accademico, Bassi riuscì a difendere il suo posto e a ottenere infine l’ambita cattedra in fisica sperimentale in virtù del suo ingegno e non del suo genere.
Laura Bassi nacque a Bologna nel 1711. Unica figlia dell’avvocato Giuseppe Bassi e di Rosa Maria Cesari, appartenenti entrambi alla piccola borghesia, venne educata privatamente sotto la supervisione di un lontano parente, il sacerdote don Lorenzo Stegani. A questi subentrò poi il medico di famiglia, nonché professore di Anatomia, Gaetano Tacconi.
Fu proprio Tacconi che persuase i genitori a promuovere socialmente l’erudizione della figlia, rendendola partecipe ed esponendola nei salotti bene della Bologna di allora. In una di queste occasioni, nel 1731, Laura conobbe il cardinale Prospero Lambertini (futuro papa Benedetto XIV) che, rimasto colpito dalle sue doti, si adoperò subito affinché il Senato le conferisse una laurea.
Si apriva così l’annus mirabilis della Bassi: il 1732.
In marzo la giovane ventunenne venne accolta come socia onoraria nell’Accademia delle scienze dell’Istituto cittadino; in aprile espose le sue tesi e venne addottorata in Filosofia e proclamata membro onorario del Collegio dei dottori filosofi; in giugno, dopo la discussione di altre tesi, le venne assegnata un’altra libera docenza; in ottobre le venne riconosciuta una lettura onoraria di Filosofia universa (Filosofia naturale) e, infine, tenne a dicembre la sua prima lezione in Archiginnasio.
Tutte queste cerimonie avvennero sotto i riflettori cittadini, che auspicavano di sfruttare l’eccezionale conferimento ad una donna di una cattedra universitaria per il ritorno di Bologna tra le città più all’avanguardia d’Europa.
Dietro questa operazione vi era anche l’esaltazione di un certo mitico passato medievale, nel quale lo Studio si diceva già avvezzo ad avere come docenti mogli, sorelle e figlie di rinomati professori.
Questa faziosa ‘propaganda femminista’ in realtà escluse la Bassi dall’insegnamento pubblico, se non in particolari occasioni di rappresentanza, e le diede, al posto di uno stipendio come tutti gli altri professori, un premio annuale di 500 lire.
Ma la giovane scienziata non si perse d’animo, anzi: continuò a studiare e a perfezionarsi. Attraverso Iacopo Bartolomeo Beccari, professore di fisica sperimentale nell’Istituto delle Scienze, si avvicinò alle opere di Newton, mentre col matematico Gabriele Manfredi si perfezionò nell’analisi matematica.
Nonostante il plauso che riceveva, tra i colleghi e non solo iniziarono comunque a serpeggiare voci senza ritegno che, per essere placate, convinsero la Bassi a maritarsi. Così, nel 1738, sposò il medico Giuseppe Veratti, docente in Fisica particolare, a lei affine negli interessi e nelle passioni. I due ebbero otto figli, di cui solo cinque sopravvissero all’infanzia. Tra questi era anche l’unica figlia Caterina, che morì in convento a soli vent’anni. Emblematico il fatto che Laura non le abbia impartito un’educazione superiore.
Nel 1745, appena costituita l’Accademia benedettina, voluta da Benedetto XIV per incrementare i successi dell’Istituto delle Scienze, la Bassi venne associata, sia pure come soprannumeraria (in tal maniera non ‘toglieva’ ai colleghi uomini il posto che ‘spettava loro’).
A quei tempi i professori dell’Università, obbligati a rispettare in Archiginnasio rigide norme e teorie pedagogiche imposte dalla Chiesa, trovavano maggiore soddisfazione durante le loro ricerche e le loro lezioni nell’Istituto marsiliano, che offriva loro laboratori sofisticati, gallerie naturalistiche e artistiche e una ricca biblioteca aggiornata. Molti di loro tenevano anche un piccolo studio domestico. Tra questi uno dei più celebri era proprio quello che la Bassi e il marito avevano creato in casa loro, luogo dove la professoressa poteva realmente insegnare, libera dalle clausole di genere. Dal 1749 fino alla sua morte il laboratorio Bassi-Veratti fu noto e frequentato dai maggiori nomi locali e stranieri (Lazzaro Spallanzani, Alessandro Volta, Leopoldo M. Caldani, Felice Fontana, Giambattista Beccaria, Jean-Antoine Nollet), tanto che il Senato, che comunque continuava a tenere lontana la Bassi dallo Studio, causa sexus, le aumentò a più riprese il premio annuale.
Tali notorietà e bravura vennero premiate nel 1776, quando il Senato le assegnò finalmente il posto di professoressa di Fisica sperimentale nell’Istituto delle Scienze.
Non fu che un riconoscimento tardivo, poiché neanche due anni più tardi, nel 1778, la prima docente universitaria del Mondo morì, lasciando il suo posto ancora una volta a soli uomini e divenendo in breve un mero vanto storico.
Venne sepolta nella Chiesa del Corpus Domini, dove dieci anni dopo avrebbe trovato riposo anche Luigi Galvani, suo sincero ammiratore.
Dopo di lei l’Alma Mater Studiorum vide salire in cattedra pochissime donne -Clotilde Tambroni, Maria dalle Donne- ammesse tra le fila di colleghi che si sentirono minacciati in un’istituzione quale quella universitaria, nata e cresciuta su persistenti fondamenta misogine. Con l’arrivo del Bonaparte e la riforma universitaria del 1802, la flebile e sporadica presenza femminile venne completamente eliminata e si dovette aspettare la fine del secolo per un suo timido ma definitivo ritorno.