Studioso e maestro del Corpus Iuris Civilis, Irnerio rappresenta le prime generazioni di docenti attorno ai quali si crearono spontaneamente le scuole bolognesi di Diritto romano, antesignane delle future Università degli studenti.
Poco si sa di colui che viene comunemente considerato il fondatore dello Studio bolognese.
Solo dalla fine del 1800 si sono iniziate a fare ricerche sul suo conto: ricerche che hanno portato a una quindicina di documenti che lo riguardano.
Alcuni storici pensano che Wernerius avesse origini germaniche e che fosse al servizio della corte imperiale di Enrico IV.
Nel 1113 lo si ritrova al fianco di Matilde di Canossa, reggente d’Italia, nonché sostenitrice delle cause papali durante la Lotta per le Investiture. Si deve a lei, probabilmente, il suo avvicinamento al Diritto romano e alla compilazione di un’edizione critica dei testi giustinianei.
Come tramanda Odofredo Denari, noto giuriconsulto bolognese del XIII secolo, Irnerio era stato maestro di Arti Liberali (Trivio), prima di dedicarsi esclusivamente all’insegnamento del Diritto, divenendo, a detta dello stesso Odofredo, “lucerna Iuris”. Sarebbe stato il primo ad approcciarsi in maniera scientifica e filologica al Corpus Iuris Civilis (534), inserendo nella didattica legale anche il Digesto, fino ad allora escluso dall’insegnamento delle Arti Liberali.
Alla morte di Matilde di Canossa, nel 1115, i bolognesi rasero al suolo la rocca imperiale a lei affidata (dove oggi si trova il Museo Civico Medievale), e si dichiarano liberi dai poteri stranieri.
Irnerio, assunto dall’imperatore Enrico V, riuscì a mediare e a scongiurare ritorsioni sulla città, che grazie a lui, nel 1116, potette ufficialmente inaugurare la sua stagione comunale, nei fatti iniziata già nella seconda metà del secolo precedente.
Nel 1118 il giurista sostenne l’elezione dell’antipapa Gregorio VIII, subendo per questo la scomunica e, verosimilmente, dovendo abbandonare l’Italia al seguito dell’imperatore.
Le ultime notizie su di lui risalgono al 1125.
Il giudice lodigiano Ottone Morena (XII sec.) ha tramandato una scena romanzata della scomparsa di Irnerio, ricalcata sulla morte di Aristotele, narrata da Aulo Gellio. Attorniato dai suoi quattro allievi prediletti, alla domanda su chi ne dovesse ereditare il posto, il maestro rispose:
Bulgarus os aureum, Martinus copia legum,
Mens legum est Ugo, Jacopus id quod ego.
Ovvero
Bulgaro è una bocca d’oro, Martino ha la conoscenza di tutte le leggi,
Ugo ne interpreta lo spirito, Jacopo è un altro me stesso.
Anche se di invenzione, il Morena riporta il reale atteggiamento familiare che Irnerio e i suoi colleghi avevano nei confronti dei loro discepoli, accolti spesso in casa come veri figli.
Saranno proprio gli scolari a erigere sugli insegnamenti dei primi maestri le antiche fondamenta dello Studio bolognese, attraverso le loro glosse, i loro appunti, sui quali nascerà la famosa Scuola dei Glossatori.