Giovanni da Legnano

Giurista, maestro di Arti Liberali e di Diritto Canonico, politico e vicario papale (Legnano, 1320 ca. – Bologna, 1383).

La storia di Giovanni da Legnano è tra le più eloquenti: giunto forestiero ottenne la cittadinanza bolognese in virtù della sua professione universitaria, arrivando a ricoprire, grazie al suo fare diplomatico, posizioni politiche di primo piano in quel delicato e frenetico susseguirsi di domini e indipendenze, di accordi e scismi che fu il Trecento.

Giovanni da Legnano Nato a Legnano intorno al 1320, Giovanni giunse a Bologna nel 1350 spinto dal suo desiderio di arricchimento culturale. Probabilmente venne protetto e aiutato in questo cambio di residenza dai conterranei Visconti, divenuti in quello stesso anno signori della città.

Non era una situazione politica e sociale tranquilla quella nella quale si inserì il giurista milanese, poiché il comune aveva appena finito di vivere la traballante esperienza signorile dei Pepoli (1337-50) e la devastante ondata della peste che si era portata via un terzo della popolazione (1348).

Anche i Visconti non riuscirono a dominare come vorrebbero, divisi com’erano da faide interne.

Nel mentre Giovanni iniziò a insegnare Diritto canonico (dal 1351), a scrivere trattati di varia natura e a inserirsi negli affari politici cittadini.

Dopo che Giovanni Visconti da Oleggio, in cambio di Fermo, ebbe ceduto Bologna al cardinale Egidio d’Albornoz (1360), che ne diviene legato pontificio, Giovanni entrò nella nuova cerchia del potere, dedicando allo stesso Albornoz il trattato De Bello, e supportando attraverso i suoi scritti l’autorità temporale della Chiesa, ai tempi ancora dislocata ad Avignone, ma già desiderosa di ritornare in Italia.

Strinse rapporti di reciproca ammirazione col nuovo papa Urbano V e con l’imperatore Carlo IV, che lo elevò nel 1368 a conte palatino.

La sua fama travalicava infatti le Alpi ed egli veniva universalmente ritenuto un ottimo esempio tanto come docente di diritto quanto come filosofo ed esperto di Arti liberali.

La città di Bologna nel frattempo si ribellò al dominio straniero e, una volta cacciato il cardinale legato avignonese Guillaume Noellet (1375), dichiarò la sua autonomia instaurando la Signoria del popolo e delle arti (1376). In questa nuova compagine indipendentista legata al potere delle corporazioni cittadine, Giovanni da Legnano divenne l’ago della bilancia, attento alle esigenze proprie dei cittadini ma anche aderente alla visione politica papalina. Per questo motivo, pur non essendo un clerico, venne nominato vicario papale, prima sotto Gregorio XI (1377), poi sotto Urbano VI (1378-1381).

Di quest’ultimo divenne l’avvocato più insigne, dall’alto del suo scranno universitario. Si assisteva all’inizio dello Scisma d’Occidente, che vedeva schierato il romano Urbano VI contro l’avignonese Clemente VII. Il supporto alla causa romana del giurista era affidato a trattati canonici, teologali e filosofici che lo confermano grande dialettico della cultura eterogenea medievale.

Accanto a questi scritti di accesa combattività intellettuale si affiancarono vari commentari: al Decretum, alle Decretali e alle Clementine.

Ormai sessantenne Giovanni abbandonò la politica e nel suo testamento, grato all’Alma Mater Studiorum, decise di donare all’Ateneo, in caso di estinzione della sua famiglia, il suo prestigioso palazzo, nei secoli successivi ammodernato e oggi sede del Tribunale cittadino.

Morì nel 1383 e venne sepolto nella chiesa bolognese dei giuristi: San Domenico.

Un frammento del suo sepolcro, forse il più toccante tra quelli sopravvissuti, eseguito magistralmente da Pierpaolo e Jacobello dalle Masegne, si può ammirare oggi nel Museo Civico Medievale. Scolpiti per sempre su di esso, studenti di pietra ascoltano ancora, assorti, l’insegnamento del noto giurista.

Giovanni da Legnano può considerarsi il degno rappresentante del XIV secolo, tanto che il letterato Geoffrey Chaucer, nelle sue Canterbury Tales (1388), lo cita assieme a Petrarca: l’uno come luce che ha illuminato l’Italia con la Legge, la Filosofia e le altre Arti, l’altro con la sua dolce Poesia.

Francis Petrarch, the laureate poet,
Was this clerk’s name, whose rhetoric so sweet
Illumed all Italy with poetry,
As did Lignano with philosophy,
Or law, or other art particular