- Docente: Andrea Canevaro
- Crediti formativi: 5
- SSD: M-PED/03
- Lingua di insegnamento: Italiano
- Modalità didattica: Convenzionale - Lezioni in presenza
- Campus: Rimini
- Corso: Laurea Magistrale in Formazione e cooperazione (cod. 8003)
Conoscenze e abilità da conseguire
Al termine del corso lo studente: - conosce le principali teorizzazioni di natura didattica sulla cooperazione in ambito educativo e i più significativi strumenti applicativi ad esse riferibili; - conosce levoluzione delle metodologie del lavoro di gruppo verso modelli di apprendimento costruttivo-cooperativo significativi, quali quelli del cooperative learning; - sa introdurre elementi didattici di tipo cooperativo in esperienze educative progettate in ambiente scolastico ed extrascolastico; - sa progettare in modo cooperativo la dimensione didattica di progetti o istituzioni formative e culturali; - sa documentare percorsi didattici interagendo con interlocutori differenziati; - sa approfondire la propria competenza didattico-cooperativa riflettendo sulla propria esperienza e attingendo dalla letteratura specifica.
Contenuti
Andrea Canevaro andrea.canevaro@unibo.it 3334535328
Modelli e strumenti della cooperazione educativa –Cooperazione e Pedagogia Speciale
[Area disciplinare M/PED-01. 42 h., 10 crediti, con esame unitario]1
Gli obiettivi formativi del corso sono legati a uno schema che parte dalla bipolarità di due termini: disumanizzare e umanizzare; ed alla ricerca dei percorsi per passare dalla disumanizzazione ( i sommersi) all'umanizzazione (i salvati). Questo implica la conoscenza di alcuni libri che non sono in bibliografia, perché dovrebbero essere già nelle letture di ciascuno di noi. In particolare P. LEVI (1956 e ristampe), Se questo è un uomo, Einaudi, Torino; e L. MILANI (1967 e ristampe), Lettera a una professoressa, Editrice Fiorentina, Firenze. Queste letture, che diamo per fatte nel corso delle nostre vite, diventano le due basi da cui parte una specie di gioco: ciascuno deve collocare una lettura accanto a quella di base, con la logica del “domino”, e costruire, con almeno quattro letture indicate individualmente, il percorso per arrivare alle due letture indicate in bibliografia. Consideriamo il libro di Primo Levi come testimonianza della disumanizzazione. E il libro di don Lorenzo Milani come esempio di proposta di umanizzazione.
Il corso collaborerà all'implimentazione del sito www.professionidiaiuto.com indicando soprattutto fornendo gli ‘indizi' che possono permettere di capire se una dinamica sta sviluppando un progetto inclusivo e cooperativo, o, magari involontariamente, un progetto di esclusione e disumanizzazione. E collaborerà con il Centro di Documentazione di Crespellano (Bologna), e con la sua coordinatrice Luisa Zaghi, per incrementare la documentazione dei processi di de-istituzionalizzazione dei soggetti con disabilità.
Al termine del corso, lo studente o la studentessa dovrà essere in grado di proporre un percorso porti dalla disumanizzazione diffusa a proposte di umanizzazione.
Il metodo didattico comporterà lezioni, illustrazione di casi, esercitazioni, lavori di gruppo. E si svolgerà attraverso i moduli che seguono:
Primo modulo : individuiamo, dalle pagine di Primo Levi, gli “oggetti” a cui daremo la voce perché raccontino, anche attraverso citazioni, la disumanizzazione. Vogliamo produrre un lavoro che possa essere interpretato dall'attore Marco Cortesi, che verrà, quando il suo calendario di impegni lo permetterà, nella nostra sede universitaria per interpretarlo in lettura teatrale. Secondo modulo: la voce degli oggetti che chiedono umanizzazione.
E' il seguito del modulo precedente, con una svolta in prospettiva positiva. E' possibile, e augurabile, che vi sia un intervento di Mario Paolini (). Questo modulo comprende un'attività di scrittura condotta da Emanuela Cocever.
Terzo modulo: gli strumenti di chi si propone come Educatore/trice sciale culturale..
Fondamenti dei modelli cooperativi.
Quarto modulo: dall'ambiente al contesto.
Richiami all'ICF.
Quinto modulo: identità plurale negata o proposta/promossa. Gli oggetti negano o permettono…LIBRI RICHIESTI PER IL CORSO (oltre ai due indicati e considerati tra quelli che tutti avrebbero dovuto avere già letto…):
W. DOISE (2010), Confini e identità. La costruzione sociale dei diritti umani, Il Mulino, Bologna.
M. TOMASELLO (2010;2009), Altruisti nati. Perché cooperiamo fin da piccoli. Le basi scientifiche del nostro istinto ad aiutare il prossimo, Bollati Boringhieri, Torino.
A. CANEVARO (2006), Le logiche del confine e del sentiero. Una pedagogia dell'inclusione (per tutti, disabili inclusi), Erickson., Trento.
La prova d'esame si svolge in maniera differenziata per frequentanti e non frequentanti.
Frequentanti. Il percorso fatto nel corso porta ad una valutazione in itinere che ha una produzione. Questa, con le prove in itinere, costituisce la prova d'esame, che comprende un incontro aperto a tutti con Marco Paolini, per sottoporgli la produzione del corso.
Non frequentanti. Dovranno portare, o inviare per posta elettronica, la documentazione del personale “domino delle letture” - che è anche dominio delle letture -, da ciascuno dei due libri già indicati come lettura che tutti noi dovremmo aver già fatto nella nostra vita - P. LEVI (1956 e ristampe), Se questo è un uomo, Einaudi, Torino; e L. MILANI (1967 e ristampe), Lettera a una professoressa, Editrice Fiorentina, Firenze – ai tre libri della bibliografia, con almeno quattro pezzi di “domino” fra il libro di partenza e il libro di arrivo. Ciascuno può scegliere il collegamento che ritiene più sensato: Levi-Doise, o Milani-Doise, o … eccetera. Il tutto dovrà essere accompagnato da uno scritto di un massimo di due pagine, con commenti e argomentazioni sulle scelte fatte per passare dalla disumanizzazione all'umanizzazione, e viceversa. Ripetiamolo. L'esame per chi non frequenta consiste in un percorso - e non due - di collegamento fra umanizzazione e disumanizzazione, o viceversa. Un percorso a scelta. Nel senso che ciascuno sceglie uno dei due autori che tutti dovrebbero già conoscere (Lorenzo Milani o Primo Levi), e a questo collega il percorso utilizzando i tre libri indicati in bibliografia. Questo porta a utilizzare i 4 libri in una logica da domino... I libri indicati in bibliografia sono sull'umanizzazione. Il ruolo degli Educatori va in quella direzione. Aggiungiamo che mentre la disumanizzazione in Primo Levi é esplicita e crudele, la disumanizzazione di cui parla don Milani é più sottile (le bocciature sono oggi ripristinate in nome della serietà…).
La valutazione terrà presente questi punti:
- la comprensione delle richieste.
- La correttezza e la chiarezza della lingua scritta.
- La “leggibilità” della logica del domino nell'individuazione delle letture.
- La chiarezza dei riferimenti alla disumanizzazione ed all'umanizzazione.
L'orario delle lezioni è il seguente:
dal 31 gennaio – 5 marzo il lunedì, il martedì e il giovedì dalle 9, 30 alle 13.
Il ricevimento studenti avverrà per appuntamento concordato via e mail, scrivendo a andrea.canevaro@unibo.it
Rassegna libraria Voci dalla Shoah
Capitolo 7 - Gli Altri Campi di Concentramento
Jorge
Semprun
Il grande viaggio
Torino,
Einaudi, 1990
Jorge Semprun, nato a Madrid, viene
arrestato nel 1943 dalla Gestapo, mentre milita nelle
organizzazioni partigiane comuniste. Viene deportato a
Buchenwald, dove rimarrà per 22 mesi. Rivestirà, dal 1988 al
1991 la carica di ministro della cultura nel governo spagnolo. Di
sè afferma che la deportazione è il solo fattore
caratterizzante la sua persona.
Il grande viaggio è la sua prima opera letteraria
(gli varrà il premio Formentor nel 1963).
Sembra la descrizione autobiografica delle sei lunghe notti di
viaggio in vagone merci dalla prigione di Auxerre al campo
di Buchenwald - e lo è in realtà - ma la seconda parte del
volume, brevissima, sposta l'attenzione come se a parlare fosse
Manuel, giovane partigiano spagnolo unitosi ai francesi
nella lotta al nazismo.
Tutto è descritto in flash-back, in un continuo passaggio dal
passato al presente.
Così descrive l'avvicinarsi di un soldato di guardia alla
prigione, poco prima della partenza del
treno:
-Warum sind Sie verhaftet (vorrei farle una
domanda)?- domanda il soldato. E' una domanda pertinente, bisogna
dire. E' la domanda che, in questo preciso momento, va più in là di
qualsiasi altra possibile domanda. Perché sono arrestato?
Rispondere a questa domanda significa non soltanto dire chi sono
io, ma anche chi sono tutti quelli che in questo momento si fanno
arrestare. E' una domanda che ci porterà dal particolare al
generale, con molta facilità. Perché sono arrestato, vale a dire,
perché siamo arrestati, perché arrestano in generale? Qual è la
somiglianza tra tutte queste persone dissimili che si fanno
arrestare? Qual è l'essenza storica comune a tutti questi esseri
dissimili, il più delle volte non essenziali, che si fanno
arrestare? Ma è una domanda che va ancora più in là. Chiedendomi il
perché del mio arresto, finirà per porsi l'altro aspetto del
problema. Perché io sono arrestato, perché mi hanno arrestato,
perché ci sono quelli che sono arrestati e quelli che arrestano.
Chiedendomi: perché è arrestato? chiede pure, e contemporaneamente:
perché sono qui a custodirla? Perché ho l'ordine di sparare
addosso, se tenta di fuggire? Chi sono io, insomma? Ecco quel che
chiede, questo soldato tedesco. E' una domanda che va lontano, in
altri termini.
Ma a tutte queste cose, naturalmente, non gli rispondo. Sarebbe
una fesseria come la morte.
Il nazismo ha posto tutti nell'obbligo di scegliere una parte. Non è possibile restare neutrali
Ci tenevo solo a dire che alla domanda del soldato tedesco di Auxerre: warum sind Sie verhaftet? è possibile una sola risposta. Sono in prigione perché sono un uomo libero, perché mi sono trovato nella necessità di esercitare la mia libertà, perché non ho rifiutato questa necessità. Così egualmente, alla domanda da me fatta alla sentinella tedesca, in quel giorno di ottobre: warum sind Sie hier ( perché lei è qui)? e che tutto sommato è una domanda assai più grave, non c'è che una sola risposta possibile. E' qui perché non è altrove, perché non ha sentito la necessità di essere altrove. Perché non è libero.
Robert
Antelme
La specie umana
Torino,
Einaudi, 1997
Robert Antelme ha vissuto gli ultimi mesi, i
più terribili, del sistema concentrazionario nazista. Francese,
nativo della Corsica è stato internato a Buchenwald
nel 1944 e, da lì è stato trasportato il 1° ottobre 1944 al
Kommando di Gandersheim, uno dei 136 campi satelliti che
forniva la forza lavoro per le fabbriche della Heinkel.
Nella Prefazione, scritta nel 1947, così riflette sulla specie
umana:
Dire che allora ci si sentiva contestati come uomini, come individui della specie, può sembrare un sentimento retrospettivo, un sentimento di cui solo poi si ebbe chiara coscienza. Eppure, è questo il sentimento che fu più immediatamente e continuamente vissuto, ed è quello, esattamente quello, che gli altri volevano. La negazione della qualità d'uomo provoca una rivendicazione quasi biologica di appartenenza alla specie umana. Serve, in seguito, a far meditare sui limiti di questa specie, sulla distanza dalla “natura” e le relazioni con essa; su una certa solitudine della specie dunque e, infine, soprattutto a farsi una precisa immagine della sua unità indivisibile.
Adam Rutkowski
Le camp d'internament et d'échange pour Juifs de Vittel
in Le mond Juif, Paris, 1981
Il campo di Vittel, in Francia, presso
Drancy era l'unico a non essere costituito da baraccamenti,
ma occupava alcuni alberghi della omonima stazione termale
francese.
Vi furono deportati i prigionieri civili con passaporto di paesi
nemici della Germania o neutrali, in vista di uno scambio con
cittadini tedeschi civili, detenuti in quei paesi.
Nel ghetto di Varsavia alcuni ebrei riuscirono a procurarsi
passaporti illegali di alcuni paesi dell'America latina. Lo studio
dimostra come i tedeschi, nonostante fossero al corrente del fatto,
finsero di credere all'autenticità di questi documenti per
aumentare il numero di persone scambiabili con questi paesi.
Furono internati nella prigione Pawiak del ghetto, anche
per rendere più difficile loro la possibilità di rendersi conto
delle deportazioni verso Treblinka.
Un primo gruppo di 200 ebrei polacchi arrivò a Vittel il 20
gennaio 1943. Un secondo gruppo di 60, il 22 maggio 1943 (nel
convoglio arrivò a Vittel anche Itzhak Katzenelson). Altri
furono invece portati a Bergen-Belsen, ma circa 400 in
possesso di questi passaporti furono fucilati prima del
trasporto.
Katzenelson ricevette la stanza n.107 dell'Hotel
Providence, insieme a suo figlio Zwi. La moglie
Hannah e gli altri due figli Benzikel e
Benjamin non poterono partire.
Tenne un diario di Vittel e incominciò a scrivere sulla
liquidazione del Ghetto. Finì l'opera Il canto del popolo
ebraico assassinato il 18 gennaio 1944, coincidente con
l'inizio della sollevazione del ghetto di Varsavia. Sotterrò i suoi
scritti, ma copie di essi uscirono da Vittel, tramite Miriam
Novitch che li consegnò alla sig.ra Francoise Rabichon
che veniva a fare la lavandaia a Vittel.
I tedeschi interpellarono i paesi sud-americani sul riconoscimento
dei passaporti, tramite anche la mediazione della Santa Sede.
Haiti e il Perù risposero che non si potevano
riconoscere questi passaporti, perché illegali. Cuba rifiutò
allo stesso modo. L'Uruguay si dichiarò disposto a
considerare caso per caso, isolatamente. Il Guatemala e il
Salvador risposero negativamente. Solo il Paraguay
accettò di riconoscere i passaporti.
Il Nicaragua dichiarò che poteva accettare non più di otto
famiglie, ma con l'assicurazione che, se non erano agricoltori o
industriali, dovevano tornare in patria alla fine della guerra.
Anche il Costa Rica si accodò al Nicaragua
dichiarando che accettava lo stesso numero di famiglie (8!). Il
Cile disse che i suoi rappresentanti a Berna avevano già
ricevuto istruzioni per casi come questi.
Alcune organizzazioni ebraiche si mossero per fare pressioni
presso gli Stati Uniti e la Gran Bretagna, perché
prendessero posizione sulla questione, a favore degli ebrei di
Vittel. Il 31 maggio 1944 i passaporti furono ufficialmente
riconosciuti, ma la sorte dei deportati di Vittel era già stata
decisa. Erano stati spostati a Drancy il 18 aprile 1944 e da
lì ad Auschwitz il 29 aprile 1944. Alla selezione 900 furono
subito gassati (fra di essi i due Katzenelson), 52 donne e
48 uomini furono immessi nel campo il primo maggio 1944.
Il 15 gennaio 1945 la delegazione degli Stati Uniti a Berna
si indirizzò al comitato internazionale della Croce Rossa per
trasmettere la lista dei nomi di Vittel ai delegati
tedeschi
con la domanda di tentare di sapere dove si trovano queste persone e che facciano dei rapporti sulla loro identità e sul loro stato di salute.
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Orario di ricevimento
Consulta il sito web di Andrea Canevaro