45826 - METODOLOGIA DELLA CRITICA DELLA DANZA (1) (LS)

Anno Accademico 2007/2008

  • Docente: Marinella Guatterini
  • Crediti formativi: 5
  • SSD: L-ART/05
  • Lingua di insegnamento: Italiano
  • Modalità didattica: Convenzionale - Lezioni in presenza
  • Campus: Bologna
  • Corso: Laurea Specialistica in Discipline teatrali (cod. 0472)

Conoscenze e abilità da conseguire

Nella sua accezione tradizionale la critica di danza si differenzia da ogni altra disciplina teorica inerente la danza e la coreografia in quanto passa entrambe al vaglio di un giudizio. Tuttavia giudicare/criticare (dal greco krínein/giudicare, discernere) è l'ultimo approdo di una complessa e affascinante attività giornalistico-letteraria e /o letterario-poetica che sfida anzitutto e consapevolmente, il paradosso di tradurre ciò che non è verbale - come la danza, arte del corpo e la coreografia, sua scrittura nel tempo e nello spazio - proprio nel linguaggio verbale. Per operare questa traduzione la critica di danza legge le opere coreografiche o i più diversi generi di danza, costruendo una discrezionale e soggettiva rete di rapporti tra le strutture materiali dell'oggetto del suo discorso (analisi formale), il mondo da cui proviene (interpretazione) e il mondo dell'osservatore (comprensione, traduzione nel discorso-linguaggio). Le possibilità di privilegiare, o combinare uno o più approcci all'oggetto coreutico-coreografico (storicistico, ideologico, stilistico, estetico- ermeneutico cioè in grado di entrare in sintonia con l'opera nella sua totalità) sono numerosissime. Dall'inizio del Novecento, infatti, la critica di danza è diventata uno strumento indispensabile non solo di divulgazione ma anche di comprensione di nuove danze e inedite poetiche coreografiche.

A partire dagli ultimi decenni del Novecento, in particolare, la critica di danza ha iniziato un processo di ridefinizione del suo ruolo tuttora in fieri . In questa prospettiva non è più una trasparente e passiva attività giudicante che si sottrae alla verifica, bensì un processo attivo, un “atto critico” e produttore di nuovo senso, in cui la percezione e gli strumenti d'analisi del critico, dichiarandosi, puntano a costruire una disciplina il più possibile scientifica. Ovvero capace di costruire il proprio oggetto d'analisi.

Su queste premesse, il corso si prefigge i seguenti obiettivi:

A) spiegare come le diverse metodologie critiche hanno osservato “il corpo pensante e il cervello in movimento” sulla scena; B) riflettere sulle peculiarità della critica di danza canonica, descrittiva, femminista o di gender , ecc C) avvistare talune esemplari produzioni di critica della danza del Novecento.

Contenuti

I corsisti saranno chiamati ad una continua interazione col docente e ad elaborare propri scritti relativi alla materia in esame con l'ausilio di una bibliografia che attingerà alla teoria della critica di danza e di teatro, della percezione visiva, a letture antologiche di recensioni, facendo riferimento in particolare ad ambiti estetici e di poetica della danza.

Testi/Bibliografia

TESTI ADOTTATI:


Antonin Artaud, Il Teatro e il suo doppio, Piccola Biblioteca Einaudi, trad.it. Torino, 1968


Rudolf Arnheim, Arte e percezione visiva, in Campi del sapere, Feltrinelli, Milano rist. dal 1962.


Ann Daly, Critical Gestures, Writings on Dance and Culture, Wesleyan University Press, Middletown Connecticut, 2002


Edwin Denby, Dance Writings and Poetry, Yale University Press, New Heaven and London, 1998


Arlene Croce,Writing in the Dark. Dancing in the New Yorker, Farrar, Straus and Ginoux, New York, 2000.


Gilles Deleuze, Critica e clinica, Raffaello Cortina Editore, trad.it. Milano, 1996

(parziale)


Pierre Bourdieu, La distinzione – Critica sociale del gusto, Il Mulino Biblioteca, Bologna, 1978/1983 (parziale)


Clifford Geertz, Interpretazione di culture, Il Mulino Biblioteca, Bologna, 1973/1988/1998 (parziale)


Mariangela Gualtieri, La critica e i frequentatori di abissi; Romeo Castellucci, La critica e il ronzio del coro in Biblioteca teatrale n°54 arile-giugno 2000


Massimo Marino, Lo sguardo che racconta. Un laboratorio di critica teatrale, Roma, Carocci, 2004


Vittoria Ottolenghi, D come Danza, ED2000, Roma, 2000.

Lorenzo Tozzi, Tempo di danza (1978-2003), Gremese Editore, Roma, 2004

(per consultazione)


Opzionali:


Laurence Louppe, Poétique de la danse contemporaine, Contradanse, Paris, 1997


Judith Lynne Hanna, Dance, Sex and Gender: Signs of Identity, Dominance, Defiance and Desire, University of Chicago Press, 1995


Andé Levinson, Joan Ross Acocella, Lynn Garofola, André Levinson on dance. Writings from Paris in the Twenties, Hanover, N.H., Wesleyan University Press: University Pres of New England, 1991

Metodi didattici

TERZA LEZIONE 16/3/2006

Riassunto stiliti ed estetiche del Novecento/ Analisi 2 atto Giselle e Rise and Fall


QUARTA LEZIONE 23/3 2006

Occupiamoci di alcuni testi da leggere. Quello di Demby ad esempio: nel suo saggio del 1949, questo critico, uno dei maggiori critici di danza americani della seconda metà del Novecento ci chiarisce come persino in America, la patria della Modern Dance, non fosse scontato che si ritenesse la danza a livello di una qualsiasi opera d'arte. Poi però la danza e il balletto sono ben presto diventate tra le forme più vive del teatro americano e questo ha richiesto nei giornali, nelle riviste, la presenza di figure specializzate in grado di discernere, di descrivere e di tradurre nel linguaggio scritto un evento di danza. In Europa la necessità di affiancare alla produzione coreografica un'attività giornalistica specializzata, una critica si manifestò come forse alcuni di voi sanno già nell'800. La nascita, tutta europea, del balletto romantico, complesso fenomeno che ebbe tra i suoi primi pregi quello di affrancare definitivamente l'arte del balletto da quella dell'opera, coincise con la nascita della critica di danza, come testimoniano in proposito le recensioni di Théophile Gautier. In realtà ancor prima di questo convenzionale exploit la danza fu descritta, rendicontata, elogiata, commentata e teorizzata. Ma in contesti assai diversi: in testi storici, in commentari, il Ritorni sul Viganò, in cronache teatrali, quelle di Stendhal. Non ciò in quella sede effimera e particolare che è il giornale, o la gazzetta per usare un termine antico attraverso la quale si stabilisce una triangolazione molto precisa: quella che stringe lo spettacolo all'articolo che ne parla ma anche allo spettatore che ne ha fruito o che ne vorrà fruire.

Demby ci dice che il compito più interessante del critico è descrivere la natura della danza e a quale immaginario essa si vuole collegare, da quale metodo è sostenuta e cosa ottiene. Egli descrive il talento o lo sviluppo degli artisti, le basi tecniche che hanno avuto effetti estetici e i problemi organizzativi che hanno influenzato le produzioni. La lingua. Cosa significa che un balletto è bello, significativo, interessante? Rispetto a che? Scrivere per chi? Per il lettore, sì, dice Demby ma anche per l'artista e per la storia, per testimoniare i cambiamenti, spesso anche radicali avvenuti in quest'arte. Come dice Demby a pag.535.

La critica può contribuire a cambiare le cose? Ad esempio lo stato della danza in Italia? Probabilmente si. Scrivere per il mondo professionale è un errore ed anche assumere il giudizio come personale; la critica dice Demby è un reportage per il pubblico generale; è una conversazione con il lettore.

In un saggio del libro Critical Gestures che ugualmente vorrei portare alla vostra attenzione dopo che abbiamo visto insieme il secondo atto di Giselle e parte di Rise and Fall di Russell Maliphant si tenta di riassumere quale sono state e attualmente sono le prerogative e le linee di tendenza della critica negli Stati Uniti, tenendo conto che in questo paese la danza della seconda metà del secolo scorso ha offerto una grande e stimolante serie di proposte nuove di cui lo stesso Demby è stato testimone attento e disincantato. Nel 1999, l'Associazione dei Critici americani ha tenuto una conferenza intitolata “guardando oltre: le prospettive critiche nel mondo della danza”. E uno dei critici americani più autorevoli, Marcia B. Seagel ha avanzato alcuni temi che sembrano importanti anche nella critica non solo americana: i temi della paura dell'Altro (in questo caso di cifre estetiche diverse da quelle note in America, paura che l'arte nobile, i criteri, le norme, le gerarchie della critica siano messe in questione e sottratte al loro prestigio e ai loro privilegi.

Nello stesso consesso si è discusso della relazione tra la critica americana e forme di danza non occidentali e soprattutto, cosa che ci riguarda da vicino, della critica come atto disinteressato, oggettivo e universalizzabile negli standards, su ciò che si può definire danza e sul concetto di “verità”. Un fatto molto ribadito che ci riporta alla nostra prima lezione: la complessità del processo critico, in cui l'osservazione, l'analisi, l'interpretazione e il giudizio sono indissolubilmente correlati

L'episodio di Arlene Croce su Discussing The Undiscussible…Still/Here Victim Art l'affermazione che l'arte dello spettacolo è avulsa dall'ideologia, riguarda l'individuo e non i gruppi e il contesto sociale è irrilevante. Da qui Ann Daily, autrice di Critical Gestures prende le mosse per analizzare come invece la critica americana abbia operato e sia stata determinante nell'istituzionalizzazione dell'arte. Anche se persino questo termine oggi merita di essere ridisegnato proprio in relazione all'urgenza del sociale. Partendo dall'analisi della critica etnografica ha suddiviso i fondamenti critici americani in critica, canonica, descrittiva e femminista.

La critica di danza ha cominciat ad interessare i critici americani da quand nuve modalità danzanti si soo affaciate nell'universo noto dela danza americana: Cme leggere una danza indiana o di Giava? Limitarsi alla descrizione, arrischiare un giudizio, e su quali basi giudicare. Il saggio dell'antropologo Clifford Geertz intitolato Thick Description: Toward an Interpretative Theory of Culture ha influenzato la critica. Con la sua insistenza sulla cultura, più che sull'indviduo, come centro dei signicati questo saggio ha influenzato anche le scienze sociali. Cosa dice? Geertz? Dice che tutti i comportamenti sia che si tratti di una battaglia di galli balinesi che di un balletto di Balanchine sono comportamenti culturali. Una spessa descrizione di questi comportamenti, cioè imprtante, particolareggiata è un'atto interpretativo che trova il significato di un comportamento cosi com'è annidato al'interno di una gerarchia stratificata di strutture sociali.Invece di distrai dalla danza, vederla da vicino ci porta dentro ad essa. Una buona interpretazione di qualsiasi cosa, sia un poema che una persona ci porta nel cuore di ciò che è l'interpretazone.

L'atto critico, piuttosto che la critica in senso stretto, è un processo attvo di mediazione piuttosto che un processo passivo e trasparente. Ma se questo atto critico di tipo nuovo prevede un intervento, come era in origine, sul significato di una danza, allora occorre esaminare di quale intervento si tratta, ovvero. 1) quali sono le finalità del critico, quale tipo di critica adotta: descrittiva, analitica,interpretativa e di giudizio, se l'atto critico è inclusivo o esclusivo, se è soggettivo o oggettivo e come l'estetica del critico è correlata al suo stesso contesto culturale.

Quindi l'approccio etnografico all'atto critico punta a interpretare il significato di una danza come un'espressione d valori culturali, credenze e convenzioni. L'incremento delle danze multietniche spinge dunque ad una interpretazione che si avvale del supporto della descrizione e dell'analisi ma sospende il giudizio, definito inopportuno. E'un approccio inclusivo, nel senso che tutte le danze sono indistintamente espressione di una cultura. Così nel rendere residuo il fatto di creare significato da parte dell'osservatore critico, la critica etnografica smantella la dicotomia tra soggettività e oggettività. Critici e artisti fanno dunque parte di un più ampio campo di cultura e senso. Il problema è che se si recupera l'atto critico nel campo culturale e se lo si ricnosce come prodotto e produttore di una identità culturale, allora utte le danze e le forme di danza diventano potenzialmente significanti.

LA CRITICA CANONICA

Questo è un approccio che centra il tema del'ideologia e della pratica degli intenditori. Un intenditore è colui o colei che capisce i dettagli, la tecnica i principi d un'arte ed è competente nell'atto di giudicare criticamente. La critica canonica si basa sulla struttura del giudizio in modo da articolare difendere e espandere se possibile un canone stabilito di maestri e capolavori. Poiché l'atto critico diviene un rafforzamento di un set di standards riferiti come eterni, universali e oggettivi, questa critica ha un progetto esclusivista. Spesso lo scopo di questo tipo di critica è stabilire se un dato artista può essere paragonato o meno ai grandi della storia. In questo ambito Levinson, Kirstein e Croce si possono definire critici canonici. Questa critica si appunta non a caso sul balletto classico e sposa l'ideologia classica che ovviamente apprezza più la tradizione di quanto non apprezzi l'avanguardia. E questo apprezzamento vale anche nel caso di innovatori della tradizione come Balanchine che nonostante la loro novità, sono manovrati all'interno della moralità del classico.

La moralità, l'ideologia del classico, così come viene perpetuata dalla critica canonica, esclude l'espressione del sé, il regno della modern dance. Il vocabolario, la tecnica che vengn manipolati attraverso linee, strttur e forme, se giudicai favorevolmente, veicolano un pedigree estetico e sociale. In altri termini il giudizio discernente dei conoscitori dimostra il loro gust. Ma che cos'è l gust?: è anh'ess un atto storico. Secondo molti sociologi il gusto classifica colui che classifica. L'attenzione classica alla forma pù che al contenuto cerca di sconnettere l'cchio critic dl contesto, dal sociale prendendo per vera l'esistenzadi uno sguardo puro che discerne la qualità senza considerare le circostanze (storiche, sociali, politiche, ecc.). Ma il gusto è un prodotto sociale, di educazione e formazione d'origine. Il risultato delle barriere erette dalla critica cannica tra arte alta e bassa, legittima e illegittima, conferiscono una sorta di promozione ontologica, una transustanziazione. La divisione nell'arte veicola differenze sociali. Ci si chiede cosa sia classico…In America moti critici si sono soffermati sull'arte bianca e nera e sulle relazioni reciproche e alcuni si sono detti a favore di una lettura imparziale delle due, scevra dalle origini e dalle diversità. Slomon un critico influenzato da Cunningham ha posto la dfferenza tra danza guidata dal'intelletto come danza che è un discorso non obbiettivo utilizzante i medium del movimento e invece guidata dall'emozione e perciò attenta al sociale/politico. Cage ha influenzato molti asserendo che l'arte deve essere indifferente alle condizioni del mondo. Reiner ha contestat il pensiero di Cage secondo cui “l'arte è un modo di svegliarsi alla vera vita che stiamo vivendo e che è così eccelente una volta che si ha un cervello e un desiderio propri che si mettono ad agire secondo la propria necessità”. Chiedendosi “la vita di chi è così eccelente e a quale costi per gli altri? Cage ha contribuito a distruggere la tirannia dell'artista cme Dio ma il suo rifiuto dei significati è un bbandno un richiamo alla più lta autorità. I soi doni sno da usare in modo selettivo in quanto dobbiamo sapere in che md siamo stati portati a credere che questa vita è così eccellente, giusta e vera”. Ma questa critica è furviante in quanto tutta l'arte formalista non è certo avulsa dal mondo è un ordine sociale che vive solo nel corpo. Reiner espressione politicizzata.

CRITICA DESCRITTIVA

Nel 1966 Susan Sontag ha pubblicato il manifesto degli anni sessanta sul minimalismo: Against Interpretation che parla della forma nel'arte. In essa la Sontag intende liberare l'arte dalla volontà critica di trovare sempre dei contenuti nell'arte e sollecita a porsi la domanda come è ciò che è invece che cosa significa. Sntag insiste su d una critica di analisi e descrizione. “L'interpretazione”, scrive “è la vendetta dell'intelletto sull'arte e deve essere eliminata in quanto ha successo solo nell'infierire contro la sensuale e immediata esperienza dell'arte. Una nuova forma di critica, dovrebbe servire piuttosto che usurpare il post dell'arte.

Nel 1974 un altro formalista Michel Kirby, direttore del Drama Review, pubblicò un altro testo piuttosto importante dal titolo Criticms Four Faults, dicendo che la critica, come è comunemente praticata, ossia come un atto giudicante, è primitiva, naive, arrogante e immorale. Egli suggerisce un nuovo tipo di critica che abbia un'importanza intrinsecamente storica e includa analisi e documentazione della performance. Kirby sostiene che si debba evitare il giudizio e favorire l'analisi. “Ogni giudzio di valore si bsa su osservazioni epiriche, ma un'asserzione di valore non è la stessa cosa di una descrzione d cò che da credito a un sentimento di valore. Ma molti critici rendono oggettivo il loro gusto, confondono valutazione e descrzione, i sentimenti soggettivi con l'oggettività dei dettagli e questo compromette l'analisi che

Priva il critico e il lettori di dati effettvi”. Secondo Kirby è funzionale alla tradizione la critica valutativa in quanto omologa il gusto e mantiene dei record. Ma alla storia non interessa se i dati piacciono o no, interessa solo la precisone dei ati stessi”. Sontang e Kirby non scrivno per la critica di danza ma la loro influenza è diretta e contribuisce coincid con la critca descrittiva. Questi critici privilegino dunque la descrizione supportata dall'analisi e qualche vlta dall'interpretazione. Secondo alcuni come la Siegel questa critica è eccitante poiché il critico si impegna a descrivere la danza in se stessa, trova un linguaggio che possa muoversi sulla pagina e da forma a ciò che sulla scena è stato interessante”. L'enfasi sulla descrizione ha incoraggiato un rigore d'osservazione che non era certo presente nella critica precedente, ad eccezione di Demby. Tuttavia a dispetto delle affermazioni di Kirby, leggere Jowitt o Siegel significa leggere recensioni che per quanto accurate nella descrizione non rinunciano alla soggettività dell'osservazione. D'altra parte come osserva Siegel non c'è modo di descrivere qualcosa senza mettere in campo una soggettività”. La selezione letteraria e l'ordine dello scrivere è già soggettivo ed è già interpretativo.

In America si presentarono anche casi di critica descrittiva originale del tipo di flusso di coscienza, per dire che la danza non è qualcosa che sta là lontano sul palco ma un'esperienza viva.

La critica descrittiva a differenza di quella cannica ha problemaizzato il rapporto tra soggetto scrivente e oggetto: la prima posizionandosi sull'individuo, sulla persona del critico dell'artista mentre la critica etnografica ha puntato l'attenzione sul campo culturale. Il primo approccio ha dominato in America per vent'anni e ha assicurato l'autonomia della critica e l'integrità dell'arte. Questo metodo ormai familiare spess divide l'oggettività reale di una danza dalla soggettvità della reazione crtica, il responso indvduale e il giudizo di un'unica persona, Per contro la recente prospettiva antropologica suggerisce che per fare di più nella descrizione e nel supporre. la critica di danza dovrebbe accettare e celebrare la natura in forma culturale, relativa, parziale di tutta l'interpretazione critica. C'è dunque una domanda sulla critica descrittiva, un interrogarsi, ma è indubbio il suo valore per un'arte che scompare come quella della danza.


CRITICA FEMMINISTA


Gli anni Ottanta portano in America il teatrodanza e v'è un ritorno al racco; la critica descrittiva sembra aver fatto il suo tempo, emerge la consapevolezza di una politica di gender. Un approccio soprattutto femminista che si era già pronunciato nel teatro e nelle arti visive negli anni Sessanta con un grande peso rivolto soprattutto alle tematiche della coreografia al femminile. Questa tendenza che non è esclusivista così come non lo sono le altre tipologie esposte, punta soprattutto a rivalutare la vita delle donne non solo nell'arte. Si è diffusa negli anni 60/70 soprattutto allo scopo di rivalutare il lavoro artistico delle donne, oggi questa critica punta alla de.costruzione. Il paradigma de-costrttivista che fa eco alla critica etnografica assume l'idea che il gender, il genere, è costrit culturalmente e che l'arte sia politica in quanto è prodotto e produttore di un'ideologia. Il femminismo decostruttivista punta ad analizzare, interpretare e alla fine a cambiare l'immagine della donna così cme è stata rappresentata. L'accent non è più posto sull'arte ma sulla critica ideologica. Inclusva nei suo propositi, questa critica punta ad esporre le strutture e i processi con i quali le dnne tradizionalmente sono state escluse dalle gerarchie sociali e dai processi estetici. Eovvio che uesta critica si sia appuntata sulla anza visto il numero di artiste del settore. Alla fine degli anni Ottanta, un giornale Woman &Performance: A Journal of Feminist Theory ha mess a punto una pratica di critica di danza

rpo come discorso/





Critical Gestures

Identificazione e interpretazione intr.


La critica ha a che fare con l'esternazione percettiva e con la sua messa in discorso ordinata e interessante. E' riconoscimento delle relazioni interne all'oggetto e produzione di senso. Un critico dovrebbe porsi in posizione di ascolto di una danza per capire come dovrebbe essere compresa. In questo senso, la critica ha una posizione deferente. Dopo tutto un critico non è al centro della conversazione, lo è la danza. Eppure egli sta al centro scena, proferisce quello che vede, quello che sente e quello che pensa. La critica è la pratica dell'apparire per sparire.


La danza che amo di più è quella così fisica da essere metafisica.

Di fatto esistono due tipi di CD, la critica descrittiva e quella valutativa; di solito la prima è anche un escamotage che consente al critico di non prendere posizione nei confronti di ciò che vede. Nei tre volumi di un testo piuttosto importante per comprendere gli albori della danza moderna americana nella riflessione critica -Spreading the Gospel of Modern Dance: Newspaper Dance Criticism in the United States, 1850-1934 (University of Pittsburgh Press, 1997) si sondano i caratteri di una terza tipologia critica, chiamata prescrittiva. “Con le loro controparti danzanti, condividono due aspetti: il rifiuto di avere a che fare con una sottospecie della musica e il rifiuto dei normali standards giornalistici di obbiettività a favore di una metodologia prescrittiva e spesso attivistica. Nonostante lo spazio riservato nelle pagine di musica, questi critici dal 1928 iniziarono a rivolgersi direttamente alla comunità danzante (offrendo consigli e anche idee per strutturare delle stagioni di danza) e per la comunità danzante, difendendo la sua causa. Divennero così membri di quella comunità e divulgatori delle sue idee e svolsero un lavoro determinante per la diffusione della danza moderna. Es.John Martin/Martha Graham.

Considerare lo specifico americano, paradossalmente limitato del testo

La danza è una disciplina che per ora ha preso scarsi contatti con il pensiero del Novecento, con la semiotica e la destrutturazione. Ed è stata una disciplina così attenta al recupero del suo passato da surclassare spesso le sfide che offre il presente. Inoltre un pensiero eccessivamente specialistico l'ha isolata dal resto delle arti e della cultura, rafforzando i propri punti di forza; molti giornali includono recensioni sull'arte ma non è frequente una copertura per la danza. Alcuni pensano che l'unico modo per far uscire la danza dal suo ghetto sia agganciarla al teatro e ad altri genri di performance. Cosa che potrebbe affossarla prima ancora che abbia ottenuto una qualche autorità. Il fatto è che non è mai stata considerata una pratica letteraria e pertanto si è creata una sua propria letteratura. Nella cultura americana che ha prodotto i fermenti innovativi del Novecento alcuni critici hanno rotto questa barriera ma si tratta di personalità isolate come Edwin Demby, che fu anche poeta. Più di recente una schiera di autrici come Marcia B.Seagel, Arlene Croce, Deborah Jowitt e Nancy Goldner hanno creato, secondo alcuni una Scuola critica newyorkese (in First We Take Mannhattan:Four American Women and the New York School of Dance Criticism (Harwood Academic Publishers,1996). “Esse hanno creato un nuovo linguaggio critico, un nuovo rigore nell'analisi, rispetto alla danza e alla sensibilità estetica così persuasiva e influente che un'intera generazione di spettatori di danza e di critici, dall'inizio degli anni 60 alla fine degli anni 80, si è corroborata alla luce dell'Età dell'Oro della Danza newyorkese. La loro forza è consistita nel magnificare i classicisti americani, nell'autopermettersi di essere appassionate e soggettive, di offrire una prolungata attenzione alle descrizioni e alle analisi – la sostanza virtuale delle danze e la lettura di danze per quello che potevano offrire in se stesse, in termini di significato, teoria, considerazioni contestuali” (pag.XXV).”.

Ora però lo scenario americano è cambiato. Croce è incorsa nello scandalo della “victim art” con Bill T.Jones; Siegel si è rivolta al mondo della danza internazionale, non esistono più voci autorevoli. Ci si chiede quale sia la necessità di un repertorio critico oggi in termini di stile, teoria, storia. Che cosa significa fare critica oggi, quando il pubblico è frastornato, le recensioni vengono soppiantate dalle presentazioni, tutti possono diventare critici on-line, i grandi coreografi sono morti e i nuovi hanno dirottato i loro obiettivi dalla forma ai contenuti, dal formale al culturale?

Il genere gender si afferma nell'opinione di Jill Johnston. “ La critica di danza non si è attrezzata ai mutamenti della danza stessa. La CD continua ad occuparsi, primariamente, degli aspetti formali e qualitativi del mezzo; di come la danza appare, di come danzano i danzatori, dei temi del loro lavoro e così via. Si fanno ottimi lavori. Ma se la critica non si indirizza verso valori centrali, come i sotterranei contenuti politici di ogni opera, non contribuisce all'evoluzione sociale e al cambiamento dei nostri tempi”.


Link ad altre eventuali informazioni

http://www.teatro.unibo.it

Orario di ricevimento

Consulta il sito web di Marinella Guatterini