Sviluppo di nuovi inibitori dell'enzima ureasi da fonti rinnovabili mediante approcci eco-compatibili per ottimizzare l'uso di fertilizzanti azotati e mitigare l'impatto ambientale del rilascio di amoniaca

Alte competenze Samori' 2020

Abstract

L’urea rappresenta oltre il 60% di tutti i fertilizzanti del suolo contenenti azoto, con circa 200 Mt prodotte annualmente. Nonostante l’uso ubiquitario e massivo, questo fertilizzante è associato a significativi impatti ambientali, economici e di salute pubblica. Le stime indicano infatti che meno del 50% di tutto l’azoto aggiunto al suolo come fertilizzante sia in realtà utilizzato dalle piante coltivate, a causa dell’idrolisi dell’urea in ammoniaca (ed anidride carbonica), quest’ultima rilasciata sia nel comparto suolo che in atmosfera. Il rilascio di ammoniaca nel suolo ne provoca un aumento complessivo del pH che compromette la germinazione dei semi, danneggia i germogli e riduce le fasi iniziali di crescita delle piante. Il rilascio di ammoniaca in atmosfera ha un impatto significativo su scala sia locale che globale, contribuendo alla produzione di particolato fine inorganico (PM2.5); questo a sua volta ha gravi effetti negativi sulla salute umana, causando circa 3 milioni di morti premature ogni anno e grandi effetti sul clima, attraverso la dispersione/assorbimento della luce (effetto di forzatura climatica diretta) e modulando la formazione e le proprietà delle nuvole (effetto di forzatura climatica indiretta). L’idrolisi dell’urea in ammoniaca risulta notevolmente velocizzata (oltre 15 ordini di grandezza rispetto alla reazione non catalizzata) dall’azione dell’enzima ureasi, naturalmente presente in piante, funghi e batteri. L’enzima ureasi svolge quindi un ruolo chiave nel ciclo globale dell’azoto. La pratica di utilizzare inibitori dell’ureasi come “stabilizzanti” dell’azoto è stata sviluppata per controbilanciare questi aspetti negativi. L’inibitore dell'ureasi più utilizzato per scopi agronomici è la N-(n-butil)-tri-ammide-tiofosforica (NBPT), che appartiene alla classe di inibitori che si legano direttamente agli ioni Ni(II) nel sito attivo dell’enzima. Nonostante la sua efficacia, l’NBPT non soddisfa alcune delle caratteristiche essenziali necessarie per applicazioni agronomiche, soprattutto a causa della sua fitotossicità, che induce danni necrotici in diverse piante coltivate. Un secondo gruppo di inibitori include composti aromatici poli-idrossilati e loro derivati. Tra questi, l’azione del catecolo e del para-benzochinone è stata recentemente chiarita a livello molecolare dimostrando la formazione di un legame covalente tra l’anello dell’inibitore e uno specifico residuo conservato di cisteina essenziale per l’attività enzimatica. Il meccanismo d’azione ipotizzato, promosso da radicali, sembra essere un comune denominatore per tutti gli inibitori aromatici poli-idrossilati (i.e. polifenoli) e loro derivati. Un terzo gruppo di inibitori è rappresentato da alcuni metalli di transizione, che si legano allo stesso residuo di cisteina rendendo l’ureasi inattiva. Recentemente, abbiamo dimostrato l’effetto anti-ureasico di formulazioni arricchite in polifenoli estratti da scarti vitivinicoli con approcci sostenibili. Le prospettive di utilizzare scarti agroalimentari come fonte di nuovi inibitori naturali dell’enzima ureasi, economici, prontamente disponibili e non pericolosi per l’ambiente, con il fine di migliorare l’efficienza dei fertilizzanti azotati a base di urea in agricoltura, sono estremamente interessanti in quanto anche il più piccolo avanzamento della ricerca applicata in questa direzione potrebbe avere un significativo impatto economico e ambientale. Il presente progetto di ricerca mira a sviluppare nuovi inibitori dell’ureasi per ridurre le emissioni di ammoniaca nell’atmosfera generate dalle pratiche agricole. Gli inibitori dell’ureasi proposti saranno preparati sfruttando due approcci originali che coniugheranno metodologie sintetiche ecocompatibili e materie prime rinnovabili per affrontare le sfide di un’agricoltura più sostenibile basata sull’uso efficiente e sostenibile dei fertilizzanti.

Dettagli del progetto

Responsabile scientifico: Chiara Samorì

Strutture Unibo coinvolte:
Dipartimento di Chimica "Giacomo Ciamician"

Coordinatore:
ALMA MATER STUDIORUM - Università di Bologna(Italy)

Contributo totale di progetto: Euro (EUR) 30.000,00
Durata del progetto in mesi: 12

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