25 aprile - Festa della Liberazione. Intervista al professor Luca Baldissara

Per comprendere meglio l’importanza dell'anniversario della liberazione d’Italia dal nazifascismo, ne parliamo con il prof. Luca Baldissara, docente di Storia contemporanea al Dipartimento di Filosofia e Comunicazione all’Università di Bologna.

Il 25 aprile è una data simbolica e una festa nazionale, ma cosa avvenne esattamente in quelle giornate di primavera di 78 anni fa?

Partigiani sfilano per le strade di milano

Il 25 aprile 1945 Milano - dove operava il Comitato di liberazione Alta Italia, il principale organo di governo clandestino della Resistenza - viene liberata mentre ancora affluiscono in città le formazioni partigiane lombarde. Questa giornata verrà presa come data simbolo della fine della guerra e della liberazione del Paese, prima provvedendo a festeggiarla fin dal 1946, con un provvedimento ad hoc del governo, quindi, nel 1949, istituendola come festa nazionale permanente.

Il 25 aprile è in realtà un momento "spalmato" nell'arco di più giorni: il 21 è liberata Bologna, la prima importante città alle spalle della Linea Gotica, il cui controllo è assunto dai partigiani a ridosso dell'arrivo degli Alleati. Seguono il 22 Modena, il 24 Reggio Emilia, La Spezia, Genova, Asti; il 25 Savona, Milano; il 26 Parma, Novara, Vercelli; e via via tutti i paesi e le città del Nord Italia.

Linsurrezione costituisce il culmine – militare e politico – della guerra partigiana, per garantire il riscatto dalle responsabilità del fascismo nel provocare la guerra e manifestare il bisogno di rinnovamento in profondità delle strutture politiche e istituzionali dello stato.

Professor BaldissaraIn un suo recente saggio lei ha sottolineato come quel giorno sia stato vissuto in modo assai diverso nelle varie parti d'Italia e di conseguenza la sua memoria sia stata tramandata in modo differente, in che modo?

Il 25 aprile, oltre a presentarsi quale momento simbolico della Liberazione, si rivela linizio di un percorso di difficile e lento ricongiungimento degli italiani, che hanno vissuto differenti parabole di vita in guerra.

Il 25 aprile è la somma imprecisa di diversi 25 aprile: per un terzo del Paese segna la fine della guerra e della paura, per i rimanenti due terzi, quanto più si scende la penisola, il termine di un conflitto ormai distante, offuscato semmai dalle preoccupazioni per il difficile presente. Le memorie non possono che riflettere questa frammentazione del ricordo collettivo, con le fratture che allora hanno suscitato e che non si lasciano facilmente ricomporre in una memoria pubblica e unitaria del 25 aprile.

Le truppe alleate entrano a Bologna il 21 aprile 1945Cosa ha significato il 25 aprile per la storia d'Italia e perché è importante ricordarlo ogni anno?

"Non c’è possibilità di salvezza nella neutralità e nell’isolamento", scrive il 28 novembre 1943 Giaime Pintor, motivando la scelta partigiana che lo avrebbe portato alla morte. In queste parole vi è il senso profondo, letica individuale e di una generazione che si oppose al fascismo.

Oggi, pur in un mondo completamente diverso, dove però la guerra è riemersa drammaticamente come orizzonte di realtà, quelle parole consentono di cogliere quanto di attuale c’è nella scelta di allora, di individuare una "utilità" della conoscenza della storia per loggi e per il futuro, di restituire un senso al 25 aprile.

Per quella generazione era la guerra che aveva imposto la "presa di possesso del concreto”, mettendo la società di fronte ai pericoli “che minacciano i presupposti di ogni vita individuale" e spingendo ad una "corsa verso la politica" destinata secondo Pintor a riprodursi "ogni volta che la politica cessa di essere ordinaria amministrazione e impegna tutte le forze di una società per salvarla da una grave malattia, per rispondere a un estremo pericolo". Questo, che per Pintor costituiva il "senso morale" della mobilitazione collettiva, è, oggi come allora, il valore intimo, essenziale, necessario della scelta di impegnarsi per l'utilità comune riassunta nel 25 aprile.