Quando è stato istituito e quali sono gli obiettivi del Centro studi “Medical Humanities”?
Il Centro Studi "Medical Humanities" è stato istituito nel 2014 presso il Dipartimento di Filologia Classica e Italianistica grazie al lavoro di Gian Mario Anselmi e di altri colleghi, non solo medici, che hanno preso a cuore questa prospettiva largamente radicata ormai nel mondo anglosassone. Obiettivo del Centro, affidato ora alla mia direzione, è, per un verso, quello di promuovere incontri, dibattiti, pubblicazioni, che mostrino quale contributo le discipline, in largo senso umanistiche, possono offrire alla comprensione e al miglioramento della qualità fiduciaria del rapporto medico-paziente, considerato in sé stesso e nelle sue varie componenti e implicazioni (retoriche, linguistiche, narrative, psicologiche, giuridiche). Per un altro verso, lo scopo del Centro è quello di promuovere la ricerca in questa direzione, per poi approdare a esperienze didattiche “integrate”, che possano contribuire fattivamente alla formazione del medico.
Come la collaborazione tra scienze mediche e discipline umanistiche può giovare al benessere dei pazienti?
Il punto, sul quale l’arco multiforme delle discipline che rientrano nelle MH può intervenire, riguarda piuttosto l’idea della salute, che, non essendo il contrario della malattia, si compone di elementi che hanno a che vedere con la totalità complessa dell’uomo e che, quindi, si costituisce attraverso la relazione del soggetto con quella che Platone chiamava «la natura del tutto». E poiché la totalità, in quanto insieme complesso che vive di interne correlazioni, ha una struttura narrativa, e poiché non esiste forma identitaria che non si radichi in una qualsivoglia forma di narrazione (individuale, scientifica, culturale, politica, religiosa), si capisce bene l’importanza che un Dipartimento di letteratura si sia fatto carico di questa prospettiva. Come l’uomo, considerato quale soggetto, non corrisponde alla somma delle sue componenti, così il racconto non si riduce, in questa prospettiva olistica, all’addizione o alla descrizione delle sue componenti. Benché composto di pietre, il duomo di Colonia non è affatto, come osservava sorridendo Carl Gustav Jung, un trattato di mineralogia. Per questo, nella prospettiva di un medico come Rita Charon, l’acquisizione di strumenti interpretativi, desunti dalla collaborazione con i suoi colleghi umanisti della Columbia University di New York, fornisce all’attività clinica chiavi preziose per leggere il racconto del paziente, le sue forme, i suoi tempi, le sue reticenze od omissioni, il suo lessico, in una prospettiva che si avvale di elementi che sono anche non verbali. I neuroni specchio si attivano non solo quando noi compiamo un’azione, ma altresì quando ne contempliamo una simulazione incarnata, una embodied simulation. A questo s’intreccia la consapevolezza, che trae nuova linfa dall’epigenetica, (ovvero l’influenza dell’ambiente sui caratteri genetici) del beneficio che la cultura (l’ambiente familiare, sociale, scolastico, naturale, politico), esercita sul nostro assetto genetico (se tutto o quasi è deciso dalla genetica, allora il problema della salute è sanitario, se, di contro, l’epigenetica incide su di noi, ecco che si può e si deve alleviare il problema sanitario con un impegno che è propriamente civile, non solo scientifico. Le api bottinatrici, secondo i primi studi di epigenetica, diventano api regine se si nutrono di pappa reale, ma se il loro nutrimento cambia, la trasformazione è reversibile ed esse ridiventano quel che furono. Rimanendo su questo esempio, il Centro di MH dell’Università di Bologna, da questo punto di vista, vorrebbe produrre e diffondere pappa reale.
Com'è articolato il Centro, quanti ricercatori ne fanno parte e quali ambiti di ricerca sono coinvolti?
Il Centro MH è composto, per quanto riguarda il corpo accademico, da una sessantina di studiosi di diverse competenze e di differenti generazioni. L’idea epigenetica della salute si proietta nell’articolazione del Centro nel quale sono coinvolti soggetti che rappresentano non solo il mondo clinico, ma la cultura cittadina, la politica, la curia, il terzo settore, le associazioni o realtà culturali di maggiore prestigio (le Fondazioni, tra le quali la Cineteca, il Centro San Domenico, la Società Medica Chirurgica, l’Accademia delle Scienze…). La crescita è lenta, perché occorre superare barriere mentali diffuse sia nel mondo clinico che dovrebbe estendere e articolare la propria idea di salute aprendosi al contributo umanistico, sia nel mondo umanistico, che dovrebbe pragmaticamente insistere sugli aspetti formali e trasmissibili, perché riproducibili e quindi tecnici, dell’arte ermeneutica.
Quali sono le attività di ricerca che il Centro sta portando avanti e con quali risultati?
Ricerca con pubblicazioni nella collana di MH del Dipartimento FICLIT, didattica - stiamo lavorando al progetto di una Summer School e di una Winter School, terza missione. In particolare, il nuovo Magnifico Rettore, prof. Molari, ha approvato e sta promuovendo un progetto che porterà a un importante e ricorrente incontro cittadino sui temi della salute declinati nella prospettiva ibrida delle MH. In genere, in un sistema universitario che si regge sui settori scientifico-disciplinari, la difficoltà è quella di preservare il meticciato culturale delle MH senza ridurlo a nessuna delle sue componenti.
L’emergenza Covid-19 ha obbligato tutti ad una generale ridefinizione delle attività di ricerca. Come le “Medical Humanities” possono aiutare nella lotta contro la pandemia attuale?
Voglio sottolineare che il primo volume della collana del FICLIT si occupa delle MH ai tempi del Covid-19. Nella tragedia pandemica è stato evidente che la nostra salute, come purtroppo la nostra malattia, si fonda su dinamiche relazionali. Senza la relazione umana potremmo forse essere organicamente sani, ma non saremmo affatto in salute. Cultura e bellezza, socialità, ambiente, invece di essere le prime prospettive sacrificate dal Comitato Tecnico Scientifico nazionale, si dovrebbero rivelare per quello che effettivamente sono: ovvero, componenti epigenetiche fondamentali della salute specie se vissute in situazione ovvero tra gli altri, con gli altri, per gli atri. Da questo punto di vista, se umanamente non vogliamo inaridirci con conseguenze sociali, politiche, economiche gravissime, dobbiamo comprendere come le MH, dopo il Covid-19, non siano soltanto una possibile opzione, ma una necessità.