Achille Bocchi

Umanista, politico, docente di Lettere greche, Retorica, Poetica e Umanità (Bologna, 1488 – Bologna, 6 novembre 1562).

Eccentrico e stravagante umanista, è stato docente per gran parte della sua vita presso lo Studio bolognese, pur dedicando molto più tempo ai suoi privati interessi. La sua Accademia degli Hermathena rappresenta una tipica organizzazione intellettuale del Rinascimento, eclettica e vivace, che ha lasciato, tramite la penna del Bocchi, un sofisticato abbecedario iconologico intitolato Symbolicarum quaestionum.

Achille BocchiAchille Bocchi nacque nel 1488 da un’antica famiglia nobiliare che da più generazioni aveva ricoperto prestigiose cattedre presso lo Studio bolognese.

Seguì corsi di Latino, Greco e persino Ebraico e dopo aver preso la laurea in Umanità, nel 1508 iniziò a insegnare Lettere greche.

Suo maestro era stato Giovan Battista Pio, uno dei migliori umanisti e pedagoghi italiani d’allora (fu precettore tra gli altri di Isabella d’Este). Il Bocchi, appena ricevuta la docenza, lo difese attraverso l’Apologia in Plautum, opera dedicata al cardinale Raffaele Riario e stesa per contrattaccare sagacemente le critiche mosse ai Commentaria in Plautum del maestro. Unita all’invettiva era anche la traduzione della vita di Cicerone di Plutarco, dedicata questa volta al vescovo Achille Grassi, zio di Taddea Grassi, da poco divenuta sua moglie. Nel 1509 il Bocchi tornò a lodare la cultura classica del maestro nella raccolta intitolata Carmina in laudem Io Baptistae Pii.

Nel 1512 gli venne affidata la cattedra di Retorica e Poetica, mentre nel 1517 presentò al Senato il primo libro della Historia Bononiensis: enciclopedica opera storiografica che lo tenne occupato fino al 1551, anno nel quale aveva portato a compimento il XVII libro, arrivando a narrare gli eventi cittadini accaduti fino al 1263. Successivamente suo figlio Pirro, anch’egli docente universitario, elaborò il XVIII libro, lasciando poi definitivamente incompleto il lavoro. Nel 1700 l’Istituto delle Scienze ne propose comunque la stampa, ma venne prontamente dissuaso dalle feroci critiche che Eustachio Manfredi mosse verso le imprecisioni e scorrettezze dello scritto.

Accanto allo sforzo redazionale della storia bolognese, il Bocchi intraprese importanti missioni diplomatiche che gli permisero di ottenere l’ambita nomina imperiale di conte palatino e cavaliere aurato (1520). Spesso a Roma, venne apprezzato anche da papa Leone X al quale dedicò una breve raccolta di versi: Lusuum libellus ad Leonem X P.O.M.

Si dedicò poi alla politica locale restando dal 1522 al 1530 nel Collegio degli Anziani. Nel frattempo riuscì anche a far parte della segreteria del cardinal legato Guido Ascanio Sforza, nipote di papa Paolo III, grazie al quale ottenne dai Riformatori dello Studio la dispensa dall’insegnamento col mantenimento dello stipendio e della cattedra di Umanità, che così riuscì a conservare dal 1525 al 1562, anno della sua morte.  

Personalità eclettica e affascinante il Bocchi attrasse sempre la simpatia e la protezione di numerosi nobili, la compagnia di tanti intellettuali e la fiducia di vari religiosi. Tra questi ultimi vanno ricordati Iacopo Sadoleto, cardinale aperto alle richieste protestanti, e Camillo Renato, detto Lisia Fileno, eretico valdesiano a cui nel 1540 offrì protezione dalle accuse dell’Inquisizione.

Il Bocchi per gran parte della sua vita mantenne un atteggiamento critico nei confronti della Chiesa, dei suoi dogmi e della sua cultura, rappresentando il pensiero filosofico sincretico tipico degli umanisti rinascimentali. Con l’avanzare degli anni, però, si avvicinò con entusiasmo all’ortodossia cattolica attraverso le nuove dottrine gesuitiche.

Nel 1546 diede avvio al cantiere del grande palazzo progettato dal Vignola nell’attuale via Goito. L’edificio, costruito alla moderna, senza portico e con massiccio bugnato a scarpa, porta ancora due iscrizioni scolpite sulla facciata. Una è in latino ed è tratta dalla I Epistola di Orazio, “Sarai re, dicono, se agirai rettamente”, l’altra è in ebraico ed è estratta dal Salmo 120, “Eterno, liberami dalle labbra menzognere e dalla lingua ingannatrice”. Sul cornicione dell’edificio, secondo un’incisione di Giulio Bonasone, sarebbero dovute spiccare le statue di Ermes e di Atena, gli dei ai quali il Bocchi dedicò la sua accademia filosofica, degli Hermathena, appunto. Prima di poter ricevere in casa propria gli affiliati e amici accademici, nelle sale al pian terreno affrescate da Prospero Fontana, il Bocchi aveva trovato ospitalità nel palazzo del Cardinale Poggi, oggi sede dell’Università.

L’erudita e goliardica comitiva venne fin da subito protetta papa Paolo III e patrocinata da suo nipote, il cardinale Alessandro Farnese.

Dalle accese discussioni e dagli incontri eruditi il Bocchi ne trasse la sua opera più importante: il Symbolicarum quaestionum de universo genere quas serio ludebat libri quinque, dedicato a papa Paolo IV ed edito nel 1555 nella stamperia della stessa accademia. 

I 151 epigrammi illustrati da Giulio Bonasone su disegno del Fontana si ispirano agli Emblemata di Andrea Alciato, verosimilmente conosciuto quando, a inizio Cinquecento, studiava Diritto presso l’Alma Mater Studiorum. Il volume si caratterizza per i molti riferimenti alla cultura e alla vita locale, ma anche per gli eleganti motivi petrarcheschi, gli erotici rimandi alessandrini e le simboliche suggestioni orientali e mistiche. Queste ultime deriverebbero dall’Orapollo di Filippo Fasanini, collega e rivale del Bocchi, dal 1512 sulla cattedra di Retorica e Poesia.

Il Symbolicarum quaestionum prevedeva altri tre libri riservati a simboli cabalistici e teologici, purtroppo mai realizzati. Nel 1556 la stessa Accademia degli Hermathena dovette arrendersi ai tempi e sciogliersi. Era ormai al tramonto quella stagione che l’aveva vista tra le protagoniste di una cultura eclettica e raffinata, ora censurata dalle rigide esigenze della Chiesa, che si stava riformando e che proprio a Bologna avrebbe trovato il suo nuovo ideatore iconologico nel cardinal Gabriele Paleotti, a suo tempo partecipante alle festose riunioni in palazzo Bocchi.