Abstract
Il progetto ha come oggetto l’analisi del rapporto tra le tecniche del diritto pubblico attraverso le quali la ricchezza prodotta nell’ambito dell’economia illegale viene prelevata dallo Stato e fornisce risorse che affluiscono alla finanza e al patrimonio pubblico: la confisca penale e l’imposizione tributaria dei proventi illeciti. La ricerca punta a sviluppare un approccio interdisciplinare che coinvolge profili di diritto tributario, scienza delle finanze, diritto penale e diritto processuale penale. In Italia l’interazione tra questi mezzi di contrasto all’economia illegale (volti a recuperare dal crimine utilità allo scopo di compensare le sue diseconomie esterne), fa emergere aporie e contraddizioni a livello legislativo, interpretativo (giurisprudenza) e applicativo (prassi amministrative e giudiziarie). Il rapporto tra tassazione e confisca è attualmente modellato su criteri di alternatività imperfetta (perché può causare prelievi doppi o nulli, secondo le circostanze) o di vero e proprio cumulo strutturale. L’ipertrofico sviluppo delle diverse forme di confisca penale obbligatoria, così come anche l’evoluzione della speciale confisca del profitto dei reati tributari, hanno moltiplicato le criticità, perché la legislazione vigente non regola sempre in modo adeguato né il rapporto tra confisca penale (diretta, per equivalente e allargata) e riscossione amministrativa del tributo né il rapporto tra confisca tributaria e confisca per altri reati, quando i reati commessi sono plurimi e quello di evasione fiscale è presupposto, mezzo o fine di ulteriori delitti. Il sistema attuale appare pertanto criticabile e non ottimale, perché può dar luogo non solo a eccessi non proporzionali, ma anche ad inefficienze nello svolgimento e nel coordinamento dei procedimenti penali e tributari. I dati statistici disponibili, sebbene parziali e incompleti, sembrano mostrare che nonostante gli strumenti per contrastare l’accumulo di ricchezze illegali siano stati potenziati a dismisura, le entrate finanziarie e patrimoniali al bilancio pubblico derivanti dall’economia illegale tendono a essere inferiori a quelle potenziali stimabili. D'altra parte il rischio di una gestione pubblica inefficiente dei beni confiscati può comportare spese improduttive per il bilancio statale e non consente di massimizzare l’utile sociale, mentre ciò può essere evitato attraverso un’adeguata politica di destinazione dei beni a imprese sociali e enti del Terzo settore. Il progetto intende censire in modo sistematico queste criticità, studiarle e proporre soluzioni (de iure condito e de iure condendo) ispirate a un modello più razionale ed efficiente per il rapporto tra confisca penale e tassazione, da fondarsi sul criterio di complementarità. In particolare, il progetto punta a individuare in quale modo i procedimenti tributari e penali di sequestro, confisca e affidamento dei beni confiscati possano essere meglio coordinati e integrati tra loro, in modo da realizzare un bilanciamento tra le esigenze giuridiche di repressione del profitto criminale, di recupero delle imposte evase e di tutela dei terzi incolpevoli, da una parte, e l'esigenza di sviluppare un output complessivo dell'azione pubblica più efficienza sul piano economico e finanziario, riducendo nello specifico il rischio di esternalizzare inefficienze procedurali in forma di costi economici e sociali a carico della collettività.
Dettagli del progetto
Responsabile scientifico: Andrea Mondini
Strutture Unibo coinvolte:
Dipartimento di Scienze Giuridiche
Coordinatore:
ALMA MATER STUDIORUM - Università di Bologna(Italy)
Contributo totale di progetto: Euro (EUR) 135.922,00
Contributo totale Unibo: Euro (EUR) 92.880,00
Durata del progetto in mesi: 24
Data di inizio
28/09/2023
Data di fine:
28/02/2026