Traduzione pubblicitaria e promozionale con particolare riferimento
ad aspetti culturali e semiotici; semiotica visiva e traduzione in
generale; aspetti di genere negli studi sull'interpretazione;
genere e pubblicità; traduzione joyciana; identità
italoamericana/e; child language brokering.
L'attività di
ricerca ha riguardato principalmente quattro aree: 1) gli studi
sulla traduzione (con particolare riferimento alla pubblicità), 2)
lo studio dell'interpretazione nel suo contesto socio-culturale e
di mercato, 3) gli studi di genere, 4) lo studio dell'identità
italoamericana. Tali aree sono fortemente correlate tra loro, il
che giustifica la trattazione delle stesse opere in più di una
sezione, sotto angolazioni di volta in volta differenti.
1) La traduzione
Il primo approccio agli studi sulla
traduzione è avvenuto in seguito ai risultati della ricerca
culminata nella tesi di laurea, nonostante questa non vertesse
direttamente su aspetti traduttivi. Tale tesi ha ottenuto la
dignità di stampa ed è stata svolta sotto la supervisione delle
Prof.sse R.M. Bollettieri Bosinelli e L. Salmon Kovarski.
Incentrata su pubblicità a stampa di prodotti per l'igiene
personale e domestica, si avvaleva di tre corpora raccolti in
Italia, Gran Bretagna e Russia alla fine degli anni '90. I
materiali sono stati analizzati utilizzando non solo gli strumenti
della linguistica, ma anche della semiotica visiva (soprattutto la
Visual Grammar di Kress e Van Leeuwen). La differenza
riscontrata nei benefits associati ai prodotti reclamizzati
ha evidenziato sostanziali diversità nell'articolazione del
concetto di pulizia nei tre ambiti considerati, con importanti
implicazioni socioculturali e di genere che a loro volta generavano
problemi traduttivi, trattati con maggiore dettaglio in una
versione ridotta e profondamente rivista della tesi, apparsa su un
numero speciale di The Translator dedicato alla traduzione
pubblicitaria, curato da Beverly Adab e Cristina Valdés
(refereed in doppio
cieco e con abstract
inserito nei TSA). I risultati della tesi sono anche stati esposti
in due precedenti lezioni in lingua inglese, tenute presso la
SSLMIT nel 2001. In virtù di questi pregressi, nel 2004, durante
una conferenza sui linguaggi pubblicitari presso il dipartimento
SITLeC di Forlì, ho presentato due volumi della Dott.ssa Cristina
Pennarola sul linguaggio pubblicitario britannico.
L'importanza della creazione e perpetuazione di stereotipi,
desideri e paure fortemente culture-specific in
pubblicità, e l'insufficienza di una traduzione strettamente
intrasemiotica per veicolarli attraverso sistemi culturali diversi,
sono state sottolineate anche nell'intervento al convegno
Betwixt and Between (Belfast 2005) e nell'articolo
selezionato per la pubblicazione negli atti dello stesso, refereed in
doppio cieco, a cura di
Stephen Kelly e David Johnston (2007). Nell'articolo,
intitolato “Translating Dreams Across Cultures: Advertising and the
Localization of Consumerist Values and
Aspirations”, si
inserisce in una prospettiva storica il passaggio dalla prevalenza
del visivo sul verbale e del ricorso a paure e ambizioni viscerali
sulla semplice esposizione di informazioni sul prodotto,
individuando il principale fattore di svolta nell'applicazione
della psicologia motivazionale alla pubblicità. Queste
considerazioni hanno occupato un posto di rilievo nella trattazione
della traduzione pubblicitaria nel seminario in lingua inglese
“Translating print advertisements” tenuto all'Università di
Macerata nel 2005.
Tali esperienze già incorporavano anche i risultati della ricerca
sul ruolo degli elementi visivi nella traduzione pubblicitaria,
portata avanti in un articolo refereed in doppio ciecodal titolo “Translating the Visual. The
Importance of Visual Elements in the Translation of Advertising
across Cultures” (negli atti della prima conferenza IATIS a cura di
Dorothy Kenny e Kyongjoo Ryou). Attraverso tre case
studies, l'articolo afferma che,
contrariamente a quanto si dia normalmente per scontato, nella
realtà della localizzazione pubblicitaria la traduzione (intesa nel
suo senso più ampio) non avviene solo a livello verbale ma
coinvolge tutti i livelli del testo, compresi quelli visivi come
(per la réclame a stampa) immagini, grafica e layout. Questi
argomenti sono ulteriormente approfonditi in un articolo
refereed in doppio
cieco pubblicato nel 2008
in Meta, dal
titolo “Advertising: A Case for Intersemiotic Translation”. In
questo contributo si esaminano le possibili cause della
tradizionale esclusione del livello visivo dal campo d'azione
del/la traduttore/trice, proponendo nuovi materiali originali non
solo pubblicitari, ma anche provenienti da pubblicazioni
non-fiction, che denunciano la natura del tutto artificiale di tale
esclusione. L'importanza degli elementi visivi nella traduzione
pubblicitaria è stata anche oggetto di una poster
presentation alla
conferenza FIT 2005, nonché di un intervento ad un convegno
specifico tenuto a Civitanova nel maggio 2007 e del contributo per
i relativi atti (2008).
L'attenzione per gli elementi visivi e la comparazione degli
stereotipi che emergono da corpora di pubblicità raccolti in vari
paesi si combinano a una disamina dei ruoli di genere in culture
diverse nell'articolo “How do
‘man' and ‘woman' translate? Gender images across Italian, British
and American print ads”, che
raccoglie alcuni risultati scaturiti da un assegno di ricerca e
pubblicato nel 2011 da Continuum, dopo selezione e refereeing in doppio cieco, nel volume Words, Images and Performances in Translation a cura
di R. Wilson e B. Maher (vedi anche sezione 3). L'articolo è
un'elaborazione della relazione omonima tenuta al III convegno
IATIS all'Università di Melbourne nel luglio 2009. Una riflessione approfondita sul modo in
cui la pubblicità elabora e trasforma gli stereotipi culturali per
poi ridiffonderli nella società di riferimento nella forma ad essa
più conveniente, operazione che eleva ulteriormente il grado di
competenza culturale richiesto ai traduttori pubblicitari, è stata
presentata in un keynote speech alla conferenza annuale della
Portsmouth University sulla traduzione, edizione 2010.
Gli esiti delle ricerche sugli aspetti culturali ed intersemiotici
della traduzione pubblicitaria e promozionale sono stati condivisi
con gli studenti del corso Lingua Inglese III-Modulo A (traduzione
pubblicitaria) del CdL in Mediazione linguistica dell'Università di
Macerata, di cui sono stata titolare negli AA 2006-07, 2007-08 e
2008-09, nonché dei seguenti corsi del CdL in Comunicazione interlinguistica applicata
della SSLMIT di Forlì: Lingua
inglese III (prima lingua), di cui sono stata titolare nell'AA
2007-08, Traduzione in italiano dall'inglese II (prima lingua;
titolarità per gli AA 2007-08 e 2008-09) e Traduzione tra
l'italiano e l'inglese I (prima lingua, AA 2008-09).
A coronamento dell'attività di
ricerca, didattica e professionale sulla traduzione pubblicitaria,
ho stilato su invito delle curatrici la voce “Advertising” della
seconda edizione della Routledge Encyclopedia of
Translation Studies (2008). In questo contributo si dà conto
dei principali scritti pubblicati sulla traduzione pubblicitaria,
dividendone le metodologie di indagine in approcci legati al solo
livello verbale, approcci multimodali e intersemiotici, e approcci
culturali. È inoltre del 2010 il volume Translating
Promotional and Advertising Material, per la serie “Translation
Practices Explained”, su invito della curatrice della collana D.
Kelly e dietro contratto con la casa editrice St. Jerome. Il libro
espone i risultati di anni di ricerche e di pratica professionale
nel campo della traduzione promozionale e pubblicitaria, applicati
e sperimentati nella pratica didattica con classi di diverso numero
e diverse competenze (v. capoverso precedente). Si rivolge
principalmente a studenti di corsi di traduzione ma anche a
traduttori professionisti e a tutti gli operatori di marketing che
si trovano a dover adattare, creare o supervisionare campagne
promozionali e pubblicitarie internazionali. Il volume è stato
presentato all'Università Cattolica del Sacro Cuore, sede di
Brescia, nel maggio 2011.
Sempre l'interesse
verso la traduzione pubblicitaria, più in dettaglio verso come
significati costruiti non solo tramite elementi verbali ma anche
visivi possano essere trasposti tra lingue e culture diverse, mi ha
spinto a presentare domanda alla European Science Foundation per
uno ESF Exploratory Workshop su Visual
Communication in Contemporary European Societies. Shaping
Identities, Citizenship, Communities, Inclusion
Strategies. Lo scopo del workshop, a cui hanno
partecipato 16 esperti da 9 paesi europei, è stato quello di
esplorare il contributo della comunicazione visiva nelle società
europee, con la possibile ricaduta futura di una partecipazione
congiunta a un programma europeo (7PQ, COST…). La proposta ha
ottenuto dalla ESF il finanziamento di 14.000 euro a copertura
delle spese relative al seminario e alla partecipazione di tutti
gli invitati, e il workshop è stato tenuto al SITLeC ad aprile 2011.
Di taglio invece
incentrato esclusivamente sulla traduzione degli elementi verbali
della promozione turistica, e in particolare su alcuni accorgimenti
utilizzati per rendere i realia tantum
comprensibili al potenziale turista di altra lingua e cultura, ma
preservandone l'unicità che li rende appetibili, è stato
l'intervento tenuto a ottobre 2011 alla conferenza Specialized Communication in
Tourism, Alghero.
L'approccio interdisciplinare alla traduzione intersemiotica di
testi multimodali è stato sperimentato anche al di fuori
dell'ambito pubblicitario. Questo approccio, non più applicato alla
traduzione intesa in senso strettamente interlinguistico ma
piuttosto intralinguistico e intersemiotico, è evidente nelle
analisi svolte su materiale cinematografico, trattato, oltre che
nei lavori descritti più sotto al punto 4, nel dossier “Reflections on M. Night Shyamalan's
The Village”, pubblicato nel 2006 sulla rivista
online mediAzioni
e di cui sono co-curatrice, oltre ad
aver contribuito con l'introduzione, scritta a quattro mani con R.
Baccolini, e con un articolo sull'espressione verbale e visiva del
concetto di confine nel film in questione. Altro campo di
applicazione delle teorie sulla traduzione intralinguistica e
intersemiotica è il romanzo grafico, oggetto di una ricerca
nell'ambito del progetto pluriennale “La traduzione come luogo di
incontro-scontro”, i cui primi risultati sono stati esposti in
occasione della conferenza omonima tenuta a Forlì ad aprile 2007.
Infine, è di prossima uscita per Springer un capitolo di un
trattato su diritto e studi visivi e culturali, dedicato a una
comparazione del ruolo delle immagini fotografiche e filmate nel
sistema penale, nei documenti d'identità e nella stampa, negli
ordinamenti anglosassoni di common law e in
Italia.
Una più recente area di interesse all'interno degli studi sulla
traduzione è costituita dalla traduzione delle opere di Joyce,
viste come banco di prova per le teorie venutiane su strategie
addomesticanti ed estranianti, per la traduzione funzionalista
della Skopostheorie e per la polysystem
theory di Even-Zohar. Questo interesse ha portato alla
partecipazione alla 2008 James Joyce Graduate Conference di Roma
con un intervento la cui versione ampliata e rivista è stata
pubblicata nel numero 2007 di Papers on
Joyce.
Altro esito di quest'area di interesse è la curatela, con R.M.
Bollettieri, del volume Joyce and/in Translation
(Roma, Bulzoni, 2007), per il quale, oltre ad aver tenuto i
contatti con tutti gli autori, è direttamente responsabile della
stesura delle pp. 10-15 dell'introduzione e della curatela degli
articoli alle pp. 17-134. Una seconda curatela in questo ambito,
sempre con R.M. Bollettieri, è stata quella del dossier
“Joycean Collective
Memories”, in mediAzioni n. 6, 2010, a cui le due curatrici hanno
contribuito con un articolo in cui elementi di scienza della
traduzione vengono utilizzati in funzione dell'analisi
dell'elemento della memoria e delle sue commistioni con gli aspetti
linguistici della scrittura joyciana. Sempre nel filone della
traduzione come mezzo di diffusione e costruzione della memoria (di
un autore, di un'opera, dei suoi contenuti) si introduce la
presentazione al simposio joyciano mondiale di Praga del 2010, i
cui si applica la polysystem theory alle sorti
della traduzione italiana di Ulysses. La stessa
teoria, combinata con gli approcci funzionalisti e le teorie di
Venuti, viene applicata alla traduzione di De Angelis nella lecture presentata alla Trieste Joyce School 2010, per
rivelare come la scienza della traduzione possa offrire un metodo
di analisi testuale che getta luce sull'originale oltre che sulla
sua ricezione lontano dal luogo di origine. Costituisce
un'ulteriore espansione della stessa linea d'analisi anche la
presentazione alla conferenza del PALA 2010, in cui si prendono in
esame le sorti delle traduzioni rumena e italiana di Ulysses all'interno dei rispettivi “polisistemi”
letterari e culturali. Tale indagine è stata continuata anche nella
relazione presentata alla
conferenza Research Models in Translation Studies
II, Manchester 2011 e
sarà esposta in un saggio all'interno di un numero monografico
della rivista Translation Studies della
Routledge.
La recensione del libro di Marco Camerani Joyce e il cinema delle origini:
Circe (2009) ha poi
consentito di coniugare l'interesse verso l'Ulisse di Joyce
con quello per la traduzione intersemiotica, in questo caso i
rimandi del romanzo al cinema dei primi del Novecento. Altra
occasione per unire questi due campi di indagine è stato il
paper “‘What
is home without...': the construction of ‘home' in food
advertisements” presentato con R.M. Bollettieri al XXIV convegno dell'AIA (2009), in cui si
rivela come gli stereotipi (anche di genere) legati all'immagine
della casa in alcune réclame contemporanee, italiane e
statunitensi, non siano troppo dissimili da quelli presenti nella
pubblicità della Plumtree's Potted Meat riportata nell'Ulisse di Joyce, e più in generale in tutto il
romanzo.
Un ulteriore
contributo alla ricerca traduttologica, questa volta non
specificamente in ambito pubblicitario, intersemiotico o
letterario, è costituito dalla traduzione di “Proposal for a Hieronymic Oath” di Andrew
Chesterman, originariamente pubblicato su The Translator,
pubblicata nel manuale La traduzione: teorie e
metodologie a confronto a cura di Mirella Agorni (2005). La
traduzione è corredata da un commento all'articolo, in cui si
esaminano alcune discrepanze tra l'etica professionale proposta da
Chesterman e la pratica della traduzione non editoriale, con
particolare riferimento al mercato italiano e al ruolo delle
agenzie di traduzione. Un'altra traduzione che costituisce un
contributo alla traduttologia italiana è quella di “Reframing
Conflict in Translation” di Mona Baker, articolo di impronta
narratologica, in Oltre l'Occidente: traduzione e
alterità culturale a cura di R.M. Bollettieri ed E. Di Giovanni
(2009). Anche questa traduzione è corredata da un
commento.
Inoltre, la
ricerca svolta in ambito traduttologico si affianca a una
continuativa attività professionale in vari settori, da quello
editoriale a vari campi specialistici. Di particolare interesse
sono le traduzioni pubblicate nella Storia della
Shoah della UTET (2005-06): il progetto enciclopedico ha
infatti consentito lo sviluppo di una spiccata capacità di
team-working (come già era stato per La Storiadell'Umanità DeAgostini nel
2001-03), ponendo di fronte non solo alle
problematiche della traduzione vera e propria ma anche a quelle di
un primo livello di revisione. Inoltre, la traduzione di libri
illustrati o fotografici ha significativamente contribuito
all'accostamento alla traduzione intersemiotica, non solo come
interesse di ricerca ma anche come esigenza professionale. Lo
stesso si applica a un volume sull'architettura di Renzo Piano, in
cui la competenza tecnica si è necessariamente dovuta misurare con
le dettagliate immagini a corredo dell'opera. Infine le due
traduzioni dal russo, rispettivamente di un saggio
letterario di Solženicyn
(2008, di cui La Repubblica ha pubblicato alcuni
estratti dopo la morte dell'autore) e della versione integrale del
romanzo Sanin di M. Arcybašev (2009, recensita da Il
Manifesto), hanno consentito di conoscere dall'interno i
meccanismi della traduzione per l'editoria in ambito narrativo
oltre che enciclopedico e saggistico.
2) L'interpretazione nel suo contesto
socio-culturale e di mercato
La ricerca sull'interpretazione si è
concentrata su quattro aspetti. Un primo aspetto, di natura
prevalentemente teorica, è quello delle (scarse) aperture degli
studi sull'interpretazione (Interpreting Studies) nei
confronti degli studi culturali e di genere (Cultural and Gender
Studies). Il secondo aspetto, che si configura come prettamente
pratico, è quello dell'associazionismo nell'ambito della categoria
professionale degli interpreti e traduttori. Il terzo aspetto verte
sull'adattabilità degli strumenti della sociolinguistica allo
studio degli eventi mediati ed è strettamente legato al quarto ed
ultimo aspetto, la mediazione ad hoc di incontri
istituzionali ad opera di bambini ed adolescenti.
Il primo aspetto è stato trattato in maniera approfondita in una
review-essay pubblicata sulla rivista mediAzioni nel 2005. In tale
saggio ho dato conto della letteratura esistente fino ad allora in
merito all'importanza del genere in interpretazione, con
particolare riferimento a due opere recenti: (a) Weber, Orest, Pascal Singy and Patrice
Guex (2005). “Gender and Interpreting in the Medical
Sphere: What is at Stake?” e (b) Verdini, Agostina (2004).
La resa in interpretazione
consecutiva: donne e uomini confronto (tesi di laurea presso la SSLMIT di Forlì,
in mancanza di opere pubblicate su genere e interpretazione di
conferenza). Si è riscontrato come riguardo
all'apertura non solo verso gli studi di genere, ma nei confronti
degli studi culturali in generale, si possa individuare una
frattura all'interno degli studi sull'interpretazione, tanto da
giustificare una trattazione separata degli studi
sull'interpretazione di trattativa (Community Interpreting
Studies), attualmente maggiormente orientati verso un approccio
interdisciplinare, e di quelli sull'interpretazione di conferenza
(Conference Interpreting Studies). In particolare, negli
studi sull'interpretazione di trattativa l'enfasi posta sulla
neutralità dell'interprete dalle associazioni professionali e da
alcuni autori, in qualità di requisito fondamentale per determinare
la professionalità della figura dell'interprete, è stata da tempo
confutata proprio sulla base di riletture del ruolo professionale e
di studi empirici improntati alla ricerca sociologica o
sociolinguistica (si veda anche sotto). Lo stesso, tuttavia, non
accade per l'interpretazione di conferenza, tuttora principalmente
concentrata nella determinazione della qualità della resa o nello
studio di elementi linguistici inerenti al testo interpretato,
piuttosto che al contesto sociale, economico, culturale in cui ha
luogo l'evento mediato (pubblicata nella rivista on line
mediAzioni del dipartimento SITLeC).
Il secondo aspetto
dell'area dell'interpretazione riguarda l'associazionismo di
categoria a livello nazionale e locale. In particolare,
nell'articolo “On the
Complementarity of National- and Local-Level Interpreters' and
Translators' Associations in Italy”, pubblicato
negli atti del convegno FIT 2005, attraverso l'analisi delle
attività e della natura di associazioni nazionali (AITI, ANITI e
Assointerpreti) e locali (TradInFo) si giunge alla conclusione che
le prime sono sicuramente più autorevoli e possono in certo modo
supplire alla mancanza di un albo professionale garantendo certi
standard qualitativi dei loro membri attraverso esami o criteri di
ammissione. D'altronde, associazioni più piccole possono offrire
corsi maggiormente rispondenti alle necessità dei membri e del
mercato, limitando al contempo i costi operativi, e inoltre
permettono di stabilire reti di collaborazione importanti sia dal
punto di vista interpersonale che professionale. In questo senso,
l'articolo può rientrare più in generale nel discorso sull'apertura
dell'interpretazione – intesa come pratica professionale, e non più
come Interpreting Studies – al contesto sociale in cui
avviene l'evento mediato.
Il terzo aspetto
delle ricerche sull'interpretazione, relativo alla sociolinguistica
nell'ambito degli Interpreting Studies, è stato
trattato in una literature review presentata al
convegno TILS 2008 e pubblicata negli atti del convegno nella
collana Lingua, traduzione, didattica della
FrancoAngeli, in cui si argomentava come gli strumenti propri della
sociolinguistica quali questionari, interviste, e focus
group complementino efficacemente l'analisi conversazionale e
del discorso per analizzare l'evento mediato nel suo contesto. Si è
anche sottolineato come, se l'approccio sociolinguistico è stato
ampiamente adottato nel discorso sulla neutralità dell'interprete
di trattativa, lo stesso non si possa affermare per l'analisi
dell'interpretazione di conferenza, che con pochissime recenti
eccezioni è ancora vista come legata al prodotto e
non al processo interpretativo.
Nel quarto e
ultimo aspetto l'approccio sociolinguistico trova applicazione
pratica nel lavoro svolto nell'ambito del progetto strategico di
ateneo “Interpretazione e
mediazione istituzionale ad opera di piccoli utenti in
Emilia-Romagna (e in Italia) – IN MEDIO PUER(I)”, coordinato dalla
Dott.ssa Rachele Antonini. Dopo aver partecipato alla stesura dei
questionari e modelli-pilota di intervista tesi a sondare
l'estensione e la percezione del fenomeno della mediazione ad opera
di bambini presso le istituzioni locali, ho collaborato attivamente
alla loro somministrazione, in particolare presso
funzionari, operatori di
sindacati/patronati e medici di base forlivesi. Nel
2010 ho contribuito a un numero monografico di mediAzioni dedicato al Child Language Brokering con un
articolo scritto insieme a Letizia Cirillo e Cristina Valentini
sulla percezione del CLB da parte delle istituzioni che si trovano
ad affrontare tale realtà. I contenuti di tale contributo erano in
precedenza stati presentati alla III conferenza IATIS a Melbourne
(2009) e sono stati esposti
anche in italiano, in versione modificata, ad una giornata di
studio sulla mediazione linguistica e culturale non professionale
tenuta a Forlì a gennaio 2011. Insieme a Letizia Cirillo, ho anche
presentato al Critical Link del 2010 i risultati di
interviste somministrate a medici di base e operatori della sanità
pubblica. Dopo selezione e refereeing in doppio
cieco, l'articolo che riprende ed espande i contenuti della
presentazione sono in stampa per John Benjamins nel volume degli
atti della conferenza.
Va specificato che l'attività di ricerca nel campo
dell'interpretazione è corroborata non solo da un'istruzione
specifica (Laurea in Interpretazione di Conferenza presso la SSLMIT
di Forlì), ma anche da una esperienza lavorativa continuativa in
tutte le principali modalità di interpretazione, per cui si rimanda
alla sezione “Attività professionale”. Per quanto riguarda la
didattica, ho maturato esperienza nelle seguenti materie di
insegnamento presso la SSLMIT di Forlì (tutte dall'inglese in
italiano): interpretazione consecutiva (1 annualità nel 2003-04,
corso di laurea quadriennale), simultanea e consecutiva (2
annualità, 2005-06 e 2006-07, corso di laurea specialistica) e di
trattativa (2 annualità nel corso di laurea di primo livello, di
cui l'AA 2003-04 sulla trattativa commerciale e l'AA 2004-05 sulla
trattativa giuridica e per i servizi pubblici). Inoltre nell'AA
2008-09, 2009-10, 2010-11,
2011-12 ho insegnato Tecniche di interpretazione tra
l'inglese e l'italiano al primo anno del corso di laurea magistrale
in interpretazione. Negli anni 2010-11 e 2011-12 ho anche tenuto,
con Mariachiara Russo, una lezione sul paradigma socio pragmatico
in interpreting studies agli studenti del corso di
Teoria dell'interpretazione.
Prima di svolgere attività
didattiche, sono stata tutor di interpretazione inglese nel
2000-01, e, ancora studentessa, per due anni ho fatto parte dello
staff dello Studio Interpreti della SSLMIT, gestito da Gabriele
Mack. Per quanto riguarda l'associazionismo di categoria, sono
stata socio fondatore, ex vicepresidente ed ex membro del consiglio
direttivo di TradInFo, associazione di interpreti e traduttori
forlivesi.
3) Gli studi di genere
Questa area di ricerca si colloca
trasversalmente rispetto alle altre; è stata inoltre affiancata
dall'attività didattica, con seminari didattici su genere
e pubblicità tenuti nel 2003
e 2004 nell'ambito del corso di Metodologia degli
Studi Multiculturali e di Genere presso la SSLMIT, di cui è tuttora
titolare la Prof.ssa Baccolini, successivamente evolutisi in
moduli veri e propri da 10 ore l'uno, ripetuti ogni anno a partire
dal 2004-05. Un resoconto di
tali corsi e seminari è stato fornito nel corso del convegno Le
dimensioni del tradurre, Forlì
2003.
L'approfondimento dell'interazione tra studi di genere e studi
sull'interpretazione è stato già trattato nella seconda
sezione. Profondamente
improntata agli studi di genere è stata anche la ricerca sulla
pubblicità, con elementi che sono emersi spontaneamente nel corso
dell'analisi dei materiali della tesi di laurea e dei lavori da
essa derivati (si veda la sezione 1). Una disamina più sistematica
della letteratura su genere e pubblicità, nonché sull'apporto
fornito all'analisi delle réclame da varie discipline (sociologia
della comunicazione, linguistica, semiotica e semiotica visiva,
psicologia, cultural studies), si trova invece nel saggio
pubblicato nel manuale Le prospettive di genere:
discipline soglie confini, a cura di Raffaella Baccolini
(2005). Questo lavoro, che si conclude con un case study che
illustra l'interazione tra copy verbale e dimensione visiva
di una campagna a stampa che infrange, seppur sottilmente, gli
stereotipi dominanti riguardo ai ruoli di genere, ripercorre anche
la storia della critica femminista alla réclame. Si nota in
particolare come la situazione italiana sia stata e sia tuttora
profondamente diversa rispetto a quella di paesi come gli Stati
Uniti, in cui alla riflessione teorica sull'immagine della donna in
pubblicità si accompagna un attivismo che denota una presa di
coscienza del proprio essere non solo diverse dagli stereotipi, ma
anche soggetto politico forte.
L'approfondimento degli studi su genere e pubblicità è stato
proseguito nel periodo dall'1/8/05 al 31/7/07, con un assegno di ricerca annuale
sulla “Lettura in chiave di genere della
comunicazione pubblicitaria gender-specific”, sotto la
supervisione della Prof.ssa Raffaella Baccolini (Dipartimento
SITLeC, Università di Bologna). Il progetto di ricerca si proponeva
di “mappare”, attraverso l'analisi di un corpus di 24 riviste
maschili e femminili (8 per ogni nazione presa in esame: Italia,
Regno Unito e Stati Uniti), la raffigurazione della donna e
dell'uomo nelle pubblicità a stampa, tenendo conto anche
dell'interazione testuale tra réclame e rivista. I primi risultati
di tale studio sono stati presentati alla III conferenza IATIS a
Melbourne nel 2009 e sono stati pubblicati presso Continuum nel volume Words, Images and
Performances in Translation a
cura di Rita Wilson e Brigid Maher, 2011. L'articolo prende in
esame il ruolo della donna-giudice nella rappresentazione normativa
della mascolinità da parte delle réclame raccolte nelle riviste
maschili, sottolineando le somiglianze e le differenze culturali
tra i tre corpora, il che lo rende rilevante anche per gli studi
sulla traduzione (vedi sezione 1). Tale linea di indagine è stata
espansa anche nella mia presentazione allo ESF exploratory
workshop da me organizzato nell'aprile 2011.
Lo stesso studio degli stereotipi culturali e di genere veicolati
dalla pubblicità in prospettiva comparativa si ritrova, con
specifico riferimento alla figura della homemaker
nelle réclame contemporanee italiane e statunitensi, nell'articolo
“The (Gendered) Construction of ‘Home' in Contemporary Italian and
US Food Advertising: Or, What Is Home Without a Mother?”, in Minding the Gap: Studies in Linguistic and Cultural
Exchange for Rosa Maria Bollettieri Bosinelli, a cura di R.
Baccolini, D. Chiaro, C. Rundle e S. Whitsitt (BUP
2011).
Un diverso campo di applicazione della ricerca nell'area dei
gender studies è costituito dalla rappresentazione filmica
dei ruoli di genere nella comunità italoamericana, che costituisce
un elemento di spicco della tesi di dottorato e di pubblicazioni di
cui si darà più ampia trattazione al punto 4. In particolare, si è
rilevato come nel cinema statunitense degli anni '90 la società
italoamericana sia ancora raffigurata come sostanzialmente sessista
e conservatrice per quanto riguarda i ruoli di genere, i quali
sullo schermo sono spesso stereotipati o oggetto di caricatura. Ciò
emerge chiaramente dalla rappresentazioni filmiche della
preparazione del cibo, tematica di per sé fondamentale nella
costruzione dell'identità italoamericana, e oggetto di un articolo
pubblicato nella rivista Prospero meglio descritto nella
sezione successiva.
4) L'identità
italoamericana
Lo studio dell'identità italoamericana è
stato iniziato nel corso del Dottorato di ricerca in Lingua inglese
per scopi speciali dell'Università di Napoli Federico II, culminato
nella tesi in inglese Stereotypical Traits of
Italian-Americanness in the American Cinema of the
1990s, a cui
la commissione d'esame ha assegnato il giudizio di
eccellenza. L'obiettivo era quello di individuare, in film di
genere diverso (dalla commedia al dramma di mafia), i tratti comuni
che individuavano determinati personaggi come italoamericani.
Questi tratti si definivano “tratti stereotipici” indipendentemente
dalla loro effettiva concordanza o discordanza rispetto alla realtà
di vita nella comunità italoamericana fuori dallo schermo, ma in
virtù del fatto che la rappresentazione cinematografica si serve
proprio di tali tratti ricorrenti per rendere determinate figure o
ambienti immediatamente riconoscibili come italoamericani. Per
l'individuazione dei tratti stereotipici si sono utilizzati
prospettive, metodologie e strumenti diversi, sempre in chiave
qualitativa: linguistica e sociolinguistica (ad esempio, fonetica,
morfologia, grammatica, lessicologia e sintassi per la trattazione
degli usi non-standard dell'inglese americano; prossemica e analisi
del discorso, coadiuvate dallo strumento della trascrizione
multimodale, per la trattazione delle strategie retoriche);
sociologia e cultural studies per l'analisi del ruolo del
cibo, dei valori morali e dello stile. I risultati riguardanti
l'importanza del cibo, in particolare, sono stati discussi
nell'articolo “Identity in a Dish of Pasta: the Role of Food in the
Filmic Representation of Italian-Americanness”, pubblicato nel 2004
sulla rivista Prospero inserita nella rete MLA, e in un
intervento al convegno L'appetito vien leggendo, Trieste
2005.
Anche gli aspetti linguistici e retorici sono stati esposti durante
il convegno Discourse Analysis and Contemporary Social
Change (Palermo 2005), nei cui atti è comparso l'articolo
“Quick Temper, Hot Blood: The
Filmic Representation of Italian-American Speech and Rhetorical
Strategies”. L'articolo, che verte sul tratto
stereotipico dell'aggressività verbale e retorica attribuita agli
italoamericani nel cinema statunitense degli anni '90, si divide in
due parti. La prima, più prettamente linguistica, sottolinea come
gli italoamericani vengano solitamente associati a un linguaggio
più volgare e volutamente offensivo di quello fatto utilizzare ad
altri gruppi etnici rappresentati negli stessi film. Nella seconda
parte, si utilizza la tecnica della trascrizione multimodale per
evidenziare come anche gli elementi cinematografici non verbali
(tono, volume, ritmo dell'eloquio, ma anche inquadrature e
movimenti di camera) contribuiscano a rappresentare
l'italoamericano come un essere illogicamente testardo, che vuole
aver ragione a tutti i costi. Proprio su questa metodologia e sulla
sua applicabilità nell'ambito di ricerche di dottorato ho tenuto un
seminario all'Università di Napoli Federico II, nel
2004.
Sempre dall'esperienza della tesi di dottorato scaturisce il
contributo al saggio “Visual and Verbal Aspects of Otherness: From
Disney to Coppola”, scritto con R.M. Bosinelli ed E. Di Giovanni,
in Identity, Community, Discourse: English in Intercultural
Settings (Berna: Peter Lang, 2006) a cura di G. Cortese e A.
Duszak, i cui contenuti erano stati esposti all'omonima conferenza
(Torino 2004). In questo saggio il postcolonialismo fornisce una
chiave di lettura sia per la rappresentazione dell'italoamericanità
nel cinema dal vero che per quella delle culture non americane nel
cinema d'animazione per bambini. Più concentrato sull'elemento
della “bella figura” intesa sia in senso morale che in senso
estetico è invece l'intervento al convegno Italian-less
Italian-ness del 2010.
L'analisi del materiale filmico è stata preceduta da una
riflessione sull'esperienza italoamericana in chiave socioculturale
e storica, in particolare sulle varie concezioni e metafore
riguardanti la costruzione dell'italoamericanità come
hyphenated identity che è possibile interpretare sia
in chiave quantitativa, come somma di fattori, sia in chiave
qualitativa, come processo di trasformazione identitaria che
trascende la semplice addizione di componenti. I risultati di
questa riflessione sono contenuti nel saggio “Being
Italian-American: Mathematical Formula or Creative Process?”,
contenuto nel volumeConstructing Identities:
Translations, Cultures, Nations a cura di R. Baccolini e P. Leech,
e sono stati esposti nel corso della conferenza omonima (Forlì
2003). Inoltre proprio l'identità italoamericana come
hyphenated
identity risultante da
una storia di emigrazione è stata oggetto di un seminario tenuto
presso la SSLMIT nel 2004.