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Bruno Capaci

Professore associato

Dipartimento di Filologia Classica e Italianistica

Settore scientifico disciplinare: L-FIL-LET/10 LETTERATURA ITALIANA

Contenuti utili

Lezione 27 Ottobre

I' vegno 'l giorno a te 'nfinite volte

e tròvoti pensar troppo vilmente:

molto mi dòl della gentil tua mente

e d'assai tue vertù che ti son tolte.

Solevanti spiacer persone molte;

tuttor fuggivi l'annoiosa gente;

di me parlavi sì coralemente,

che tutte le tue rime avìe ricolte.

Or non ardisco, per la vil tua vita,

far mostramento che tu' dir mi piaccia,

né 'n guisa vegno a te, che tu mi veggi.

Se 'l presente sonetto spesso leggi,

lo spirito noioso che ti caccia

si partirà da l'anima invilita.

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Nera sì, ma se’ bella, o di Natura
fra le belle d’Amor leggiadro mostro.
Fosca è l’alba appo te, perde e s’oscura
presso l’ebeno tuo l’avorio e l’ostro.

Or quando, or dove il mondo antico o il nostro
vide sì viva mai, sentì sì pura,
o luce uscir di tenebroso inchiostro,
o di spento carbon nascere arsura?

Servo di chi m’è serva, ecco ch’avolto
porto di bruno laccio il core intorno,
che per candida man non fia mai sciolto.

Là ’ve più ardi, o sol, sol per tuo scorno
un sole è nato, un sol che nel bel volto
porta la notte, ed ha negli occhi il giorno