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Maurizio Ascari

Professore ordinario

Dipartimento di Lingue, Letterature e Culture Moderne

Settore scientifico disciplinare: L-LIN/10 LETTERATURA INGLESE

Direttore Dipartimento di Lingue, Letterature e Culture Moderne

Temi di ricerca

Parole chiave: criminologia culturale intermedialità canone letterario transcultura memoria culturale eredità culturale letteratura di viaggio letteratura criminale letteratura mondo

Il mio percorso di ricerca degli ultimi anni è incentrato sull'idea di letteratura come sistema (Guillén, Fowler, Moretti), da cui è derivato il mio interesse per 

1) lo sviluppo dei generi letterari; 

2) le dinamiche della canonizzazione letteraria;

3) la World Literature e l'approccio transculturale allo studio della letteratura.

1) Lo sviluppo dei generi letterari; 

Partendo dal concetto di genere letterario – concepito in un'ottica ‘culturale' e ‘inter-mediale', imprescindibile in un'epoca contrassegnata dal fenomeno della ‘rimediazione' – ho analizzato la costellazione di sotto-generi definita dalle etichette di crime/detective fiction nei volumi La leggibilità del male: genealogia del romanzo poliziesco e del romanzo anarchico inglese (1998) e A Counter-History of Crime Fiction: Supernatural, Gothic, Sensational (2007). Ho proseguito questo filone di ricerca attraverso la cura di volumi miscellanei – “Crime Narratives: Crossing Cultures”, eds Heather Worthington and Maurizio Ascari, European Journal of English Studies, Vol. 14, N. 2 (August 2010); Crime e detective fiction nel Novecento: voci a confronto, a cura di Maurizio Ascari e Francesca Saggini, numero speciale della rivista Fictions. Studi sulla Narratività, volume 10, giugno 2011; Crime and the Sublime, a cura di Maurizio Ascari e Stephen Knight, numero monografico della rivista La Questione Romantica, nuova serie, Vol. 2, N. 2, Ottobre 2010 (data effettiva di pubblicazione: 2012); L'investigatore allo specchio: un approccio transdisciplinare al poliziesco, a cura di Francesca Saggini e Maurizio Ascari, Bologna, Bononia University Press, 2012. A questo filone sono inoltre riconducibili singoli saggi come: “‘The Shadow of the Future': dreams, fate and suspense in Armadale”, in Armadale: Wilkie Collins and the Dark Threads of Life, Mariaconcetta Costantini (ed.), Roma, Aracne, 2009, pp. 197-215; “The rise of probability, detection and the ‘Unity of Design' between the eighteenth and nineteenth centuries”, in The Case and the Canon: Anomalies, discontinuities, metaphors between science and literature, edited by Alessandra Calanchi, Gastone Castellani, Gabriella Morisco, Giorgio Turchetti, Goettingen, V & R Unipress, 2011, pp. 113-23; “Dal trionfo dell'enigmistica al ritorno del brivido: evoluzione di un genere letterario”, in Crime e detective fiction nel Novecento: voci a confronto, a cura di Maurizio Ascari e Francesca Saggini, numero speciale della rivista Fictions. Studi sulla Narrativita', volume 10, giugno 2011, pp. 15-23; “‘Disease is a crime; and crime a disease now unknown': changing views of crime in nineteenth- and twentieth-century culture”, in Discourses and Narrations in the Biosciences, eds Paola Spinozzi and Brian Hurwitz, Goettingen, V & R Unipress, 2011, pp. 103-16; “In Pursuit of the Sublime: De Quincey and the Romantics' Metaphysical Conception of Crime”, in Crime and the Sublime, a cura di Maurizio Ascari e Stephen Knight, numero monografico della rivista La Questione Romantica, nuova serie, Vol. 2, N. 2, Ottobre 2010 (data effettiva di pubblicazione: 2012), pp. 27-41; “La controversa eredità di Cesare Lombroso: un'indagine tra scienza, pseudoscienza e letteratura”, in L'investigatore allo specchio: un approccio transdisciplinare al poliziesco, a cura di Francesca Saggini e Maurizio Ascari, Bologna, Bononia University Press, 2012, pp. 123-50; “Deception and detection: the domestic setting in William Wilkie Collins's sensation fiction”, in The House of Fiction as the House of Life: Representations of the House from Richardson to Woolf, eds Francesca Saggini and Anna Enrichetta Soccio, Newcastle Upon Tyne, Cambridge Scholars Publishing, pp. 128-37; “‘Ghosts in the looking-glass of our minds': i detective dell'occulto”, in Eliminare l'impossibile? Il metodo investigativo fra scienza e magia, a cura di Alessandra Calanchi e Jan Marten Ivo Klaver, numero monografico della rivista Linguae &, 2012, 1-2, pp. 49-60; http://www.ledonline.it/linguae/; “The Mysteries of the Vatican: from Nineteenth-century Anti-clerical Propaganda to Dan Brown's Religious Thrillers”, in Crime Fiction in the City: Capital crimes, eds Lucy Andrew and Catherine Phelps, Cardiff, University of Wales Press, 2013, pp. 107-25; “L'infinito è un gioco di specchi”, introduzione a Giovanni Darconza, Il detective, il lettore e lo scrittore: l'evoluzione del giallo metafisico in Poe, Borges, Auster, Fano, Aras Edizioni, 2013; “From Enigmas to Emotions: the twentieth century canonization of crime fiction”, in Clues, Vol. 31, No. 2 (Fall 2013), pp. 9-19; “Ombre e fantasmi: i noir scozzesi di Ian Rankin”, in Arcobaleno noir: genesi, diaspora e nuove cittadinanze del noir fra cinema e letteratura, a cura di Alessandra Calanchi, Galaad Edizioni, 2014, pp. 257-75.

Sullo sviluppo dei generi letterari verte anche il volume Cinema and the Imagination in Katherine Mansfield's Writing (2014), in cui esploro la carriera letteraria di Katherine Mansfield – autrice centrale nello sviluppo del modernismo, anche per l'influsso esercitato su Virginia Woolf – alla luce del suo interesse per il film muto (Mansfield muore nel gennaio 1923, prima che si affermi il sonoro). L'immaginazione dell'autrice si è infatti sviluppata in un clima culturale segnato dagli scambi tra le arti, ma anche dal nuovo medium del cinema, che ha esercitato su di lei un profondo fascino, aiutandola a concepire una forma nuova, incentrata sull'impersonalità e sull'empatia, secondo una resa narrativa del reale improntata al dinamismo della cinepresa, capace da un lato di porsi come occhio non umano, ma anche di restituire la visione soggettiva e l'intensità psicologica del primo piano.

2) Le dinamiche della canonizzazione letteraria.

Ho esplorato la formazione del canone letterario inglese attraverso il volume I linguaggi della tradizione: canone e anticanone nella cultura inglese (2005) e il saggio “La dialettica antico-moderno e la formazione del canone letterario inglese tra Cinque e Settecento”, in Rivoluzioni dell'antico, a cura di Daniela Gallingani, Claude Leroy, André Magnan, Baldine Saint-Girons, Bologna, Bononia UP, 2006, pp. 213-22.

Ho inoltre pubblicato una serie di studi che indagano nello specifico le dinamiche canoniche incentrate sul Poets' Corner e più in generale su Westminster Abbey: “‘A Spectacle to make the country proud': Lord Tennyson's funeral in Westminster Abbey”, in Ripensare il canone: la letteratura inglese e angloamericana, a cura di Gianfranca Balestra e Giovanna Mochi, Roma, Artemide, 2007, pp. 141-50; “Attrici a Westminster”, in Studi sul canone, a cura di Mirella Billi, Viterbo, Sette Città, 2007, pp. 91-102; “‘Not in a Christian church': Westminster Abbey and the Memorialisation of Byron”, in Byron Journal, 37.2 (2009), pp. 141-50; “‘Eighteen Inches of Square Ground': Ben Jonson's strategies of self-canonisation”, in Rivista di Letterature moderne e comparate, Vol. LXIII, Fascicolo 3, 2010, pp. 233-50; “The Development of Little Poets' Corner between Cultural Memory and Geopolitics”, in Victorian Literature and Culture, Vol. 41, Issue 2, September 2013, pp. 345-70. Affine a questo filone di ricerca è quello che esplora la canonizzazione di Shakespeare a Stratford-upon-Avon e cui va ricondotto il saggio “Pilgrims and Heretics at the Shrine: Reassessing the History of Shakespeare's Birthplace”, in The Cultural Reconstruction of Places, ed. by Ástráður Eysteinsson, Reykjavík, University of Iceland Press, 2006, pp. 11-21.

3) La World Literature e l'approccio transculturale alla letteratura.

Accanto all'esplorazione delle dinamiche – di tipo ideologico ed estetico, ma anche turistico ed economico – inerenti o collaterali all'elaborazione di un canone letterario concepito come elemento fondante dell'identità nazionale, la mia ricerca si è concentrata sul nostro presente, segnato dai fenomeni della globalizzazione, nel tentativo di comprendere quest'epoca di interconnessioni e attraversamenti secondo un'ottica trans-nazionale e trans-culturale.

Frutto di questo sguardo sono i volumi La sottile linea verde: romanzi contemporanei tra Oriente e Occidente (2009) e Literature of the Global Age: A Critical Study of Transcultural Narratives (2011), e inoltre il saggio “Crossing the Green Line: World Literature and Intercultural Understanding”, in Questioning the European Identity/ies: Deconstructing Old Stereotypes and Envisioning New Models of Representation, eds Vita Fortunati and Francesco Cattani, Bologna, il Mulino, 2012, pp. 153-69. Sempre a questo ambito è da ricondurre la cura – insieme a Giuliana Benvenuti e Rita Monticelli – di un numero della rivista TransPostCross: Letterature Culture intitolato World Literature, traduzione e nuovi media; Anno 3 N. 2 (2013), http://transpostcross.it/.

Mentre nello studiare la formazione del canone letterario inglese / britannico mi sono soffermato sul rapporto tra letteratura e identità nazionale (pur esaminando questo fenomeno secondo una prospettiva ampia, così da cogliere per esempio le dinamiche geopolitiche cui a fine Ottocento è riconducibile la creazione a Westminster Abbey di ‘Little Poets' Corner'), ho deciso di lavorare sul contemporaneo attraverso gli strumenti della World Literature nel tentativo di approfondire alcuni problemi che considero centrali:

a)          l'uso della letteratura come strumento di comunicazione interculturale, con particolare riferimento alla barriera simbolica che divide l'occidente dall'oriente. La sottile linea verde deve infatti il suo titolo alla linea di cessate il fuoco che divide(va) le due parti di Cipro, i quartieri occidentali e orientali di Beirut, e Israele dalla Cisgiordania – una linea intesa come manifestazione del confine simbolico, tanto impreciso quanto potente, che separa l'occidente dall'oriente. Partendo da questi dati geo-politici, il volume studia una serie di ‘romanzi della responsabilità', in cui centrali sono il tema della colpa e il valore riparatore della scrittura.

b)         la dimensione sempre più transculturale della letteratura contemporanea, in termini di identità degli autori (il fenomeno degli scrittori espatriati o migranti, che spesso non scrivono nella loro lingua madre), di contenuti (dall'identità dei personaggi al setting alle categorie estetiche e ideologiche a temi di interesse planetario come l'Olocausto) e di circolazione (la traduzione, i best-seller internazionali, gli adattamenti, le riscritture).

c)         il significato che ha la categoria critica di postmodernismo nel panorama letterario contemporaneo.

Come si vede, la mia produzione – per quanto articolata in ambiti di ricerca in apparenza lontani tra loro – è in realtà attraversata da solidi fili e innervata da un progetto critico di fondo, volto a collocare la letteratura in un più ampio campo di forze e a comprenderne le dinamiche sistemiche, sempre senza perdere il contatto con i testi, poiché distant reading e close reading sono due strategie complementari.

Uno dei miei obiettivi primari in questi anni è stato indagare a livello meta-critico l'opera di sistematizzazione e ‘mitizzazione' cui il territorio culturale è perennemente soggetto, nell'intento di comprendere e decostruire definizioni di genere letterario come detective fiction o periodizzazioni come il postmodernismo.

A guidarmi in questo percorso è la convinzione che la letteratura non costituisca un territorio a sé stante – auto-referenziale e virtuale – ma che sia profondamente legata al reale: sia in quanto si alimenta delle correnti ideologiche ed estetiche del suo tempo sia in quanto attraverso il processo di ricezione modifica gli orizzonti dei lettori, esercitando un'azione politica e sociale.



1) Per un approccio transculturale al romanzo contemporaneo. L'etichetta di postmodernismo non basta più a spiegare il nostro presente, fatto di incontri e ibridazioni culturali che vanno ben oltre l'area euro-americana. Numerosi studi hanno esplorato il nesso tra romanzi postmodernisti e postcoloniali, spesso scritti da autori migranti, ma non possiamo fermarci a questa dialettica. Anche come risposta all'11 settembre, è necessario esplorare un'altra frontiera – quella che separa nell'immaginario collettivo l'occidente dall'oriente nelle sue accezioni eurocentriche.

Inoltre, anche all'interno del mondo occidentale la cultura ha attraversato negli ultimi decenni un profondo processo di rimodellamento, legato a nuove modalità di rapporto col passato, e in particolare al discorso sull'Olocausto, nel cui ambito i concetti transdisciplinari di memoria, oblio e trauma hanno prevalso sulle tradizionali categorie del discorso storico. Proprio la riflessione sull'Olocausto inteso come male assoluto ha costituito un punto di partenza importante per ridefinire il concetto di relativismo postmodernista e innescare un ritorno ai concetti di etica e responsabilità, declinati da studiosi come Zygmunt Bauman in senso individuale piuttosto che collettivo.

Obiettivo della mia ricerca è studiare il romanzo contemporaneo – degli ultimi due decenni – con una prospettiva transculturale, tenendo conto anche del rilievo che l'11 settembre ha assunto nell'immaginario collettivo: sia perché  agli occhi di alcuni questo evento ha segnato la fine della fase culturale postmodernista, sia perché – in termini più generali – ha riportato in primo piano il problema del rapporto tra oriente e occidente, che si lega in maniera molto complessa e spinosa alla natura dello stato di Israele e circolarmente allo stesso Olocausto, visto già da Lyotard come l'evento fondante della fase culturale postmodernista. Il mio intento è comprendere il presente attraverso una prospettiva critica comparata, andando oltre gli strumenti analitici legati a una definizione di postmodernismo cristallizzatasi intorno a modelli legati soprattutto agli anni sessanta-ottanta, e che finisce col non aderire più alla complessità dell'oggi.

Il postmodernismo ha indagato il nostro rapporto con la realtà esterna in modo decostruttivo, spesso ponendo la rappresentazione sotto il segno dell'auto-riflessività, drammatizzando il concetto di entropia, la dimensione spaziale del labirinto, il tropo narcisistico dello specchio, il mondo virtuale dei computer, il prevalere dei simulacri sugli originali, della ‘menzogna' (intesa in senso creativo, wildiano) sul mito di una verità che resta in ultimo inattingibile o comunque soggettiva (relativismo). Le basi strutturali che hanno presieduto all'avvento del postmodernismo (secondo l'analisi di impianto marxista condotta da Fredric Jameson) non sono certo venute meno: il mondo occidentale è ancora caratterizzato da una società dei consumi di assetto capitalista, dallo sviluppo del terziario e della tecnologia informatica, ma altre questioni si sono affermate in modo prepotente ai nostri occhi negli ultimi anni attraverso i fenomeni della globalizzazione, i conflitti, la crisi economica. In risposta a questo mutato orizzonte epocale, i romanzieri hanno articolato in modo prepotente il bisogno di un ritorno alla realtà, inteso non certo come una banale regressione a forme già esplorate di realismo, ma semmai come ricerca di presa sul reale, nuova fiducia nel potere della parola, superamento di un certo disincanto. E' questa nuova temperie che critici e scrittori attenti alle oscillazioni del presente hanno cercato in anni recenti di catturare e restituire, come mostra il concetto di ‘new sincerity' coniato da Mikhail Epstein, la definizione di ‘New Italian Epic' proposta in Italia dai Wu Ming, e l'etichetta di ‘romanzo della responsabilità' che io ho proposto nei miei studi.

2) Ricognizione delle attuali tendenze nell'ambito della criminologia. Se da un lato le scienze forensi hanno conosciuto in tempi recenti straordinari sviluppi (si pensi all'utilizzo del DNA come strumento d'identificazione), la criminologia attraversa oggi un profondo processo di rimodellamento attraverso lo sviluppo di sotto-discipline come la ‘Cultural Criminology', che interpreta il crimine e il suo controllo come costrutti culturali. Questo approccio consente ai ‘criminologi culturali' di utilizzare il bagaglio teorico maturato nell'ambito degli ‘studi culturali', ma anche assunti di tipo sociologico ed etnografico, per esplorare fenomeni in passato trascurati, quali le subculture criminali, coi loro aspetti di fascinazione rituale e trasgressiva, e la ‘costruzione' del crimine e del suo controllo attraverso i mezzi di comunicazione di massa.

3) Il crimine come malattia. La ricerca studia la transizione, nel corso dell'età moderna, dalla concezione del crimine come peccato a quella del crimine come malattia, focalizzandosi sulla presenza nella letteratura popolare ottocentesca di narrazioni seriali di argomento criminale in cui l'agente investigativo è un medico. Obiettivo di questo percorso è mettere in relazione l'avvento del detective professionista non solo con la creazione di forze di polizia, ma con l'evoluzione della cosiddetta scienza forense, ovvero della scienza applicata all'investigazione criminale. Nella società vittoriana si afferma infatti un nuovo modello di conoscenza disciplinare – per riprendere il termine usato da Foucault – in base al quale il sapere è strutturato per discipline e ha lo scopo di ‘normalizzare' l'individuo. Nell'Ottocento, professionisti quali medici e avvocati acquistano uno statuto eroico in quanto dotati di specifiche conoscenze che consentono loro di affrontare misteri di varia natura e di riportare l'ordine là dove è stato turbato dalla malattia, dal crimine o dall'immoralità. Intorno a queste figure nasce una letteratura che contribuisce allo sviluppo della crime fiction attraverso narrazioni seriali ispirate al modello del caso professionale.

4) Lo sviluppo del Poets' Corner e di Westminster Abbey. Muovendo da recenti studi sul rapporto tra luoghi, memoria culturale e identità nazionale, la ricerca ripercorrere la formazione del canone letterario inglese a partire da metà Cinquecento attraverso lo studio del Poets' Corner e più in generale dell'Abbazia di Westminster, ‘sacrario' dell'identità nazionale inglese e britannica. La sepoltura e/o la celebrazione monumentale degli ‘artisti della parola' (in un primo tempo i ‘poeti', ma ben presto anche gli attori e perfino le attrici) nell'Abbazia è analizzata alla luce di più ampie dinamiche canoniche, così da esplorarne le implicazioni estetiche e ideologiche. Se già a metà Cinquecento, infatti, il transetto sud dell'Abbazia afferma la sua vocazione di tempio della fama poetica, con la creazione di un monumento a Chaucer, ‘padre' della letteratura inglese, la ‘memorializzazione' dei grandi artisti in questo luogo-simbolo segue percorsi complessi, legati ai mutamenti del gusto, alle strategie del potere e a specifiche circostanze. Esemplare è il caso di Shakespeare, cui solo nel 1741 viene eretto un monumento nell'Abbazia. Di questi e altri aspetti ci si occupa attraverso testimonianze scritte e figurative che permettono di confrontare il potere memoriale della parola e della pietra, entrambe coinvolte in questo imponente processo di monumentalizzazione. Particolare attenzione viene dedicata al fattore del genere sessuale (gender), poiché il Poets' Corner riflette – con interessanti scarti – i pregiudizi che a lungo hanno marginalizzato la donna artista nell'edificio canonico e culturale europeo. Centrale è poi il rapporto tra formazione dell'identità nazionale (in senso politico e culturale) e dinamiche transnazionali e geo-politiche, centrali per esempio nello sviluppo del Little Poets Corner, cui a cavallo tra Otto e Novecento viene attribuito il compito di testimoniare le comuni radici culturali di Gran Bretagna e Stati Uniti, rafforzando così l'alleanza tra i due paesi.

5) ‘Grand Tour' e identità europea. La ricerca esplora il rapporto estetica-ideologia nel Grand Tour (in relazione al giacobitismo, alle controversie religiose, al mutare dello scacchiere geopolitico e delle forme di governo in Europa), la cristallizzazione dei confini simbolici che oppongono il meridione al settentrione e l'oriente all'occidente (meridionismo, orientalismo); il rapporto tra memoria culturale e percezione del paesaggio (per esempio la funzione dei classici come mediatori dell''alterità' meridionale agli occhi dei viaggiatori nordici), il rapporto tra aspetti materiali del viaggio (mezzi di trasporto, itinerari, strutture di accoglienza) e immaginario culturale. Verrà infine presa in considerazione quella modalità inversa di Grand Tour che tra Sette e Ottocento ha portato i viaggiatori italiani verso paesi del nord Europa quali le isole britanniche.