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Giuseppina Di Stefano

Professoressa associata confermata

Dipartimento di Scienze Mediche e Chirurgiche

Settore scientifico disciplinare: MED/04 PATOLOGIA GENERALE

Temi di ricerca

Parole chiave: Lattato deidrogenasi Glicolisi aerobia Metabolismo delle cellule tumorali Albumina umana lattosaminata Carcinoma epatocellulare

1) L’enzima lattato deidrogenasi e il metabolismo delle cellule tumorali

Lo scopo di questa linea di ricerca è di caratterizzare l’impatto della attività della lattato deidrogenasi (LDH) sulla biologia della cellula tumorale.

Nel tentativo di mettere a punto trattamenti antitumorali innovativi, diversi studi si sono recentemente concentrati sulle caratteristiche metaboliche della cellula tumorale. In questo contesto, LDH è ritenuta uno dei bersagli più interessanti per lo sviluppo di inibitori. La LDH reduce il piruvato a lattato al termine della glicolisi, usando NADH come cofattore. L’espressione della isoforma A di LDH è costantemente aumentata nella trasformazione tumorale. Rispetto alle cellule normali, le cellule tumorali attivamente proliferanti manifestano un profilo metabolico finalizzato alla costruzione di biomassa e l’aumentato livello di enzima LDH-A è funzionale alla produzione di precursori necessari alla sintesi delle macromolecole strutturali. Oltre al suo ruolo nella crescita e proliferazione tumorale, altre possibili funzioni di LDH-A sono state messe in evidenza. Per esempio, è stato osservato che l’aumentata espressione di LDH-A caratterizza le cellule coinvolte nella reazione infiammatoria ed è stato ipotizzato che l’inibizione di LDH possa essere utile anche per ridurre gli effetti lesivi legati microambiente infiammatorio che in genere caratterizza la crescita delle lesioni neoplastiche infiltranti. La proteina LDH-A è stata anche correlata alla cosiddetta risposta “heat shock” ed è stato osservato che la sua inibizione riduce gli effetti deleteri che la attivazione costitutiva di questa risposta genera nelle cellule tumorali.

 

2) Concentrazione selettiva di farmaci nel fegato mediante loro coniugazione a “carriers” galattosilati.

L'obiettivo di questa linea di ricerca consiste nel tentare di ottenere una concentrazione selettiva dei farmaci nel fegato per ridurne la tossicità extra-epatica. A questo scopo i farmaci sono coniugati a peptidi che espongono residui di galattosio, i quali entrano specificamente negli epatociti per endocitosi mediata da un recettore (il recettore di Ashwell) presente solo su queste cellule. Il vettore epatotropico di farmaci più usato in questi studi è l'albumina umana lattosaminata (L-HSA), che può essere facilmente ottenuta legando alla albumina molecole di lattosio. I primi studi sono stati indirizzati al tentativo di ridurre gli effetti collaterali neurotossici della adenina arabinoside, che, quando iniziarono questi esperimenti, era l'unico farmaco di sintesi attivo contro il virus della epatite B. Il coniugato della adenina arabinoside con la L-HSA, sperimentato in studi clinici di fase II in Italia e in Francia, ha esercitato la stessa attività antivirale del farmaco libero senza causarne gli effetti collaterali. Successivamente, è stata valutata la possibilità di applicare questa stessa strategia chemioterapeutica al trattamento dei carcinomi epatocellulari che esprimono il recettore di Ashwell (80% delle forme ben differenziate e 20% di quelle poco differenziate). Per aumentare la concentrazione della doxorubicina negli epatociti e ridurne gli effetti collaterali extra-epatici, questo farmaco è stato coniugato alla L-HSA.

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