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Bruno Capaci

Professore associato

Dipartimento di Filologia Classica e Italianistica

Settore scientifico disciplinare: L-FIL-LET/10 LETTERATURA ITALIANA

Contenuti utili

Goldoni: analisi retorica della Locandiera

MIRANDOLINA

Uh, che mai ha detto! L'eccellentissimo signor marchese Arsura mi sposerebbe? E pure se mi volesse sposare, vi sarebbe una piccola difficoltà. Io non lo vorrei. Mi piace l'arrosto, e del fumo, non so che farne. Se avessi sposati tutti quelli, che hanno detto volermi, oh, averei pure tanti mariti! Quanti arrivano a questa locanda, tutti di me s'innamorano, tutti mi fanno i cascamorti; e tanti, e tanti mi esibiscono di sposarmi a dirittura. E questo signor Cavaliere, rustico come un orso, mi tratta sì bruscamente? Questi è il primo forestiere capitato alla mia locanda, il quale non abbia avuto piacere di trattare con me. Non dico, che tutti in un salto s'abbiano a innamorare; ma disprezzarmi così? è una cosa, che mi muove la bile terribilmente. È nemico delle donne? Non le può vedere? Povero pazzo! Non averà ancora trovato quella, che sappia fare. Ma la troverà. La troverà. E chi sa, che non l'abbia trovata? Con questi per l'appunto mi ci metto di picca. Quei, che mi corrono dietro, presto presto m'annoiano. La nobiltà non fa per me. La ricchezza la stimo, e non la stimo. Tutto il mio piacere consiste in vedermi servita, vagheggiata, adorata. Questa è la mia debolezza, e questa è la debolezza di quasi tutte le donne. A maritarmi non ci penso nemmeno; non ho bisogno di nessuno; vivo onestamente, e godo la mia libertà. Tratto con tutti, ma non m'innamoro mai di nessuno. Voglio burlarmi di tante caricature d'amanti spasimati; e voglio usar tutta l'arte per vincere, abbattere e conquassare quei cuori barbari, e duri, che son nemici di noi, che siamo la miglior cosa che abbia prodotto al mondo la bella madre natura.



CAVALIERE

Eh! So io quel che fo. Colle donne? Alla larga. Costei sarebbe una di quelle, che potrebbero farmi cascare più delle altre. Quella verità, quella scioltezza di dire, è cosa poco comune. Ha un non so che di estraordinario; ma non per questo mi lascierei innamorare. Per un poco di divertimento, mi fermerei piuttosto con questa, che con un'altra. Ma per far all'amore? Per perdere la libertà? Non vi è pericolo. Pazzi, pazzi, quelli che s'innamorano delle donne.
(parte)



MIRANDOLINACon tutte le sue ricchezze, con tutti li suoi regali, non arriverà mai ad innamorarmi; e molto meno lo farà il Marchese colla sua ridicola protezione. Se dovessi attaccarmi ad uno di questi due, certamente lo farei con quello, che spende più. Ma non mi preme né dell'uno, né dell'altro. Sono in impegno d'innamorar il cavaliere di Ripafratta, e non darei un tal piacere per un gioiello il doppio più grande di questo. Mi proverò; non so, se averò l'abilità, che hanno quelle due brave comiche, ma mi proverò. Il Conte, ed il Marchese frattanto, che con quelle si vanno trattenendo mi lasceranno in pace; e potrò a mio bell'agio trattar con il Cavaliere. Possibile ch'ei non ceda? Chi è quello, che possa resistere ad una donna, quando le dà tempo di poter far uso dell'arte sua? Chi fugge non può temer d'esser vinto, ma chi si ferma, chi ascolta, e se ne compiace, deve, o presto, o tardi a suo dispetto cadere. (parte)




MIRANDOLINALe dirò, signor Cavaliere; non già ch'io meriti niente; ma alle volte si danno questi sangui, che s'incontrano. Questa simpatia, questo genio si dà anche fra persone, che non si conoscono. Anch'io provo per lei quello, che non ho sentito per alcun altro. CAVALIEREHo paura, che voi mi vogliate far perdere la mia quiete. MIRANDOLINAOh via, signor Cavaliere, se è un uomo savio, operi da suo pari. Non dia nelle debolezze degli altri. In verità, se me n'accorgo, qui non ci vengo più. Anch'io mi sento un non so che di dentro, che non ho più sentito; ma non voglio impazzire per uomini, e molto meno per uno, che ha in odio le donne; e che forse, forse, per provarmi, e poi burlarsi di me, viene ora con un discorso nuovo a tentarmi; signor Cavaliere, mi favorisca un altro poco di Borgogna.




CONTE
Non l'avete veduta voi stesso sedere alla di lui tavola? Con noi ha praticato mai un atto di simile confidenza? A lui biancheria distinta. Servito in tavola prima di tutti. Le pietanze gliele fa ella colle sue mani. I servidori vedono tutto, e parlano. Fabrizio freme di gelosia. E poi quello svenimento, vero, o finto, che fosse, non è segno manifesto d'amore?
MARCHESE
Come? Al Cavalier biancheria da tavola nuova, e a me salviette con tante di buche? A lui si fanno gl'intingoli saporiti, e a me carnaccia di bue, e minestra di riso lungo? Sì, è vero, questo è uno strapazzo al mio grado, alla mia condizione.






MIRANDOLINA
Il signor Cavaliere innamorato di me? Egli lo nega, e negandolo in presenza mia, mi mortifica, mi avvilisce, e mi fa conoscere la sua costanza, e la mia debolezza. Confesso il vero, che se riuscito mi fosse d'innamorarlo, avrei creduto di fare la maggior prodezza del mondo. Un uomo che non può vedere le donne, che le disprezza, che le ha in mal concetto, non si può sperare d'innamorarlo. Signori miei, io sono una donna schietta, e sincera; quando devo dir, dico, e non posso celare la verità. Ho tentato d'innamorare il signor Cavaliere, ma non ho fatto niente. È vero signore? Ho fatto, ho fatto, e non ho fatto niente.



Oh meschina me! Sono nel brutto impegno! Se il Cavaliere mi arriva sto fresca. Si è indiavolato maladettamente. Non vorrei, che il diavolo lo tentasse di venir qui. Voglio chiudere questa porta.
(serra la porta da dove è venuta)
Ora principio quasi a pentirmi di quel, che ho fatto. È vero, che mi sono assai divertita nel farmi correr dietro a tal segno un superbo, un disprezzator delle donne; ma ora che il satiro è sulle furie, vedo in pericolo la mia riputazione, e la mia vita medesima. Qui mi convien risolvere qualche cosa di grande. Son sola, non ho nessuno dal cuore, che mi difenda. Non ci sarebbe altri, che quel buon uomo di Fabrizio, che in un tal caso mi potesse giovare. Gli prometterò di sposarlo... Ma... prometti, prometti, si stancherà di credermi... Sarebbe quasi meglio, ch'io lo sposassi davvero. Finalmente con un tal matrimonio posso sperar di mettere al coperto il mio interesse, e la mia riputazione, senza pregiudicare alla mia libertà.




Fra tutte le Commedie da me sinora composte, starei per dire essere questa la più morale, la più utile, la più istruttiva. Sembrerà ciò essere un paradosso a chi soltanto vorrà fermarsi a considerare il carattere della Locandiera, e dirà anzi non aver io dipinto altrove una donna più lusinghiera, più pericolosa di questa. Ma chi rifletterà al carattere e agli avvenimenti del Cavaliere, troverà un esempio vivissimo della presunzione avvilita, ed una scuola che insegna a fuggire i pericoli, per non soccombere alle cadute. Mirandolina fa altrui vedere come s'innamorano gli uomini. Principia a entrar in grazia del disprezzator delle donne, secondandolo nel modo suo di pensare, lodandolo in quelle cose che lo compiacciono, ed eccitandolo perfino a biasimare le donne istesse. Superata con ciò l'avversione che aveva il Cavaliere per essa, principia a usargli delle attenzioni, gli fa delle finezze studiate, mostrandosi lontana dal volerlo obbligare alla gratitudine. Lo visita, lo serve in tavola, gli parla con umiltà e con rispetto, e in lui veggendo scemare la ruvidezza, in lei s'aumenta l'ardire. Dice delle tronche parole, avanza degli sguardi, e senza ch'ei se ne avveda, gli dà delle ferite mortali. Il pover'uomo conosce il pericolo, e lo vorrebbe fuggire, ma la femmina accorta con due lagrimette l'arresta, e con uno svenimento l'atterra, lo precipita, l'avvilisce. Pare impossibile, che in poche ore un uomo possa innamorarsi a tal segno: un uomo, aggiungasi, disprezzator delle donne, che mai ha seco loro trattato; ma appunto per questo più facilmente egli cade, perché sprezzandole senza conoscerle, e non sapendo quali sieno le arti loro, e dove fondino la speranza de' loro trionfi, ha creduto che bastar gli dovesse a difendersi la sua avversione, ed ha offerto il petto ignudo ai colpi dell'inimico. Io medesimo diffidava quasi a principio di vederlo innamorato ragionevolmente sul fine della Commedia, e pure, condotto dalla natura, di passo in passo, come nel la Commedia si vede, mi è riuscito di darlo vinto al fine dell'Atto secondo. Io non sapeva quasi cosa mi fare nel terzo, ma venutomi in mente, che sogliono coteste lusinghiere donne, quando vedono ne' loro lacci gli amanti, asprarmente trattarli, ho voluto dar un esempio di questa barbara crudeltà, di questo ingiurioso disprezzo con cui si burlano dei miserabili che hanno vinti, per mettere in orrore la schiavitù che si procurano gli sciagurati, e rendere odioso il carattere delle incantatrici Sirene. La Scena dello stirare allora quando la Locandiera si burla del Cavaliere che languisce, non muove gli animi a sdegno contro colei, che dopo averlo innamorato l'insulta? Oh bello specchio agli occhi della gioventù! Dio volesse che io medesimo cotale specchio avessi avuto per tempo, che non avrei veduto ridere del mio pianto qualche barbara Locandiera. Oh di quante Scene mi hanno provveduto le mie vicende medesime!... Ma non è il luogo questo né di vantarmi delle mie follie, né di pentirmi delle mie debolezze. Bastami che alcun mi sia grato della lezione che gli offerisco. Le donne che oneste sono, giubileranno anch'esse che si smentiscano codeste simulatrici, che disonorano il loro sesso, ed esse femmine lusinghiere arrossiranno in guardarmi, e non m'importa che mi dicano nell'incontrarmi: che tu sia maledetto! Deggio avvisarvi, Lettor carissimo, di una picciola mutazione, che alla presente Commedia ho fatto. Fabrizio, il cameriere della Locanda, parlava in veneziano, quando si recitò la prima volta; l'ho fatto allora per comodo del personaggio, solito a favellar da Brighella; ove l'ho convertito in toscano, sendo disdicevole cosa introdurre senza necessità in una Commedia un linguaggio straniero. Ciò ho voluto avvertire, perché non so come la stamperà il Bettinelli; può essere ch'ei si serva di questo mio originale, e Dio lo voglia, perché almeno sarà a dover penneggiato. Ma lo scrupolo ch'ei si è fatto di stampare le cose mie come io le ho abbozzate, lo farà trascurare anche questa comodità.