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Bruno Capaci

Professore associato

Dipartimento di Filologia Classica e Italianistica

Settore scientifico disciplinare: L-FIL-LET/10 LETTERATURA ITALIANA

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Lezione 20 Ottobre 2016

Tancredi, né a negare né a pregare son disposta, per ciò che né l'un mi varrebbe né l'altro
voglio che mi vaglia; e oltre a ciò in niuno atto intendo di rendermi benivola la tua
mansuetudine e 'l tuo amore; ma, il ver confessando, prima con vere ragioni difender la
fama mia e poi con fatti fortissimamente seguire la grandezza dello animo mio. Egli è il
vero che io ho amato e amo Guiscardo, e quanto io viverò, che sarà poco, l'amerò; e se
appresso la morte s'ama, non mi rimarrò d'amarlo; ma a questo non mi indusse tanto la
mia feminile fragilità, quanto la tua poca sollecitudine del maritarmi e la virtù di lui.
Esser ti dovea, Tancredi, manifesto, essendo tu di carne, aver generata figliuola di carne e
non di pietra o di ferro; e ricordarti dovevi e dei, quantunque tu ora sia vecchio, chenti e
quali e con che forza vengano le leggi della giovanezza; e, come che tu uomo in parte
ne'tuoi migliori anni nell'armi esercitato ti sii, non dovevi di meno conoscere quello che gli
ozi e le dilicatezze possano ne'vecchi non che ne'giovani.
Sono adunque, sì come da te generata, di carne, e sì poco vivuta, che ancor son giovane;
e per l'una cosa e per l'altra piena di concupiscibile disidero, al quale maravigliosissime
forze hanno date l'aver già, per essere stata maritata, conosciuto qual piacer sia a così
fatto disidero dar compimento. Alle quali forze non potendo io resistere, a seguir quello a
che elle mi tiravano, sì come giovane e femina, mi disposi e innamora'mi. E certo in questo
opposi ogni mia virtù di non volere né a te né a me di quello a che natural peccato mi
tirava, in quanto per me si potesse operare, vergogna fare. Alla qual cosa e pietoso Amore
e benigna Fortuna assai occulta via m'avean trovata e mostrata, per la quale, senza
sentirlo alcuno, io a' miei disideri perveniva; e questo, chi che ti se l'abbi mostrato o come
che tu il sappi, io nol nego.
Guiscardo non per accidente tolsi, come molte fanno, ma con diliberato consiglio elessi
innanzi ad ogn'altro, e con avveduto pensiero a me lo'ntrodussi, e con savia perseveranza
di me e di lui lungamente goduta sono del mio disio. Di che egli pare, oltre allo
amorosamente aver peccato, che tu, più la volgare oppinione che la verità seguitando, con
più amaritudine mi riprenda, dicendo (quasi turbato esser non ti dovessi, se io nobile uomo
avessi a questo eletto) che io con uom di bassa condizione mi son posta. In che non ti
accorgi che non il mio peccato ma quello della Fortuna riprendi, la quale assai sovente li
non degni ad alto leva, a basso lasciando i dignissimi.
Ma lasciamo or questo, e riguarda alquanto a' principii delle cose: tu vedrai noi d'una
massa di carne tutti la carne avere, e da uno medesimo creatore tutte l'anime con iguali
forze, con iguali potenzie, con iguali virtù create. La virtù primieramente noi, che tutti
nascemmo e nasciamo iguali, ne distinse; e quegli che di lei maggior parte avevano e
adoperavano nobili furon detti, e il rimanente rimase non nobile. E benché contraria
usanza poi abbia questa legge nascosa, ella non è ancor tolta via né guasta dalla natura
né da' buon costumi; e per ciò colui che virtuosamente adopera apertamente si mostra
gentile, e chi altramenti il chiama, non colui che è chiamato ma colui che chiama,
commette difetto.
Raguarda tra tutti i tuoi nobili uomini ed esamina la lor virtù, i lor costumi e le loro maniere,
e d'altra parte quelle di Guiscardo raguarda: se tu vorrai senza animosità giudicare, tu dirai
lui nobilissimo e questi tuoi nobili tutti esser villani. Delle virtù e del valore di Guiscardo io
non credetti al giudicio d'alcuna altra persona che a quello delle tue parole e de' miei
occhi. Chi il commendò mai tanto, quanto tu 'l commendavi in tutte quelle cose laudevoli
che valoroso uomo dee essere commendato? E certo non a torto; ché se i miei occhi non
m'ingannarono, niuna laude da te data gli fu, che io lui operarla, e più mirabilmente che le
tue parole non potevano esprimere, non vedessi; e se pure in ciò alcuno inganno ricevuto
avessi, da te sarei stata ingannata.
Dirai dunque che io con uomo di bassa condizione mi sia posta? Tu non dirai il vero; ma
per avventura, se tu dicessi con povero, con tua vergogna si potrebbe concedere, che così
hai saputo un valente uomo tuo servidore mettere in buono stato; ma la povertà non toglie
gentilezza ad alcuno, ma sì avere. Molti re, molti gran principi furon già poveri; e molti di
quegli che la terra zappano e guardan le pecore già ricchissimi furono e sonne.
L'ultimo dubbio che tu movevi, cioè che di me far ti dovessi, caccial del tutto via. Se tu
nella tua estrema vecchiezza a far quello che giovane non usasti, cioè ad incrudelir,
se'disposto, usa in me la tua crudeltà, la quale ad alcun priego porgerti disposta non sono,
sì come in prima cagion di questo peccato, se peccato è; per ciò che io t'accerto che
quello che di Guiscardo fatto avrai o farai, se di me non fai il simigliante, le mie mani
medesime il faranno.
Or via, va con le femine a spander le tue lagrime, e incrudelendo con un medesimo colpo
altrui e me, se così ti par che meritato abbiamo, uccidi.
Conobbe il prenze la grandezza dell'animo della sua figliuola; ma non credette per ciò in
tutto lei sì fortemente disposta a quello che le parole sue sonavano, come diceva. Per che,
da lei partitosi e da sè rimosso di volere in alcuna cosa nella persona di lei incrudelire,
pensò con gli altrui danni raffreddare il suo fervente amore, e comandò a' due che
Guiscardo guardavano che senza alcun romore lui la seguente notte strangolassono, e,
trattogli il cuore, a lui il recassero; li quali, così come loro era stato comandato, così
operarono