Nella prima fase della sua produzione scientifica si è occupato
soprattutto dello studio della malattia di Hodgkin, dei linfomi non
Hodgkin della leucemia linfatica cronica e di altre sindromi
linfo-immunoproliferative.
Questi studi hanno riguardato i problemi diagnostici, di
stadiazione, i fattori prognostici, i problemi chemioterapici, i
risultati terapeutici ed i danni secondari a medio-lungo termine.
Per quanto riguarda i protocolli terapeutici, ha sviluppato, in
qualità di segretario scientifico ed organizzativo di un gruppo
cooperatore nazionale, diversi trials clinici nei linfomi non
Hodgkin con particolare interesse nei linfomi follicolari e e nei
pazienti anziani con linfoma diffuso a grandi cellule.
Inoltre l'attività scientifica si è concentrata sull'impiego dei
modificatori biologici tra cui l'-interferone e l'lnterleuchina-2
soprattutto nei pazienti con Hairy Cell leukemia e leucemie acute
rispettivamente.
Dal 1993, ha condotto diversi studi biologici e clinici
sull'impiego degli analoghi delle purine - Fludarabina,
2-clorodeossiadenosina, deossicoformicina – nelle malattie
linfoproliferative croniche e nelle leucemie acute. Questi studi
comprendono una fase di laboratorio comprendente analisi
immunofarmacologiche con valutazione della citotossicità e della
attivazione della apoptosi e quindi diversi studi di applicazione
clinica pratica soprattutto per quanto riguarda la fludarabina in
monochemioterapia ed in polichemioterapia.
Hai poi rivolto la propria attenzione all'utilizzo degli anticorpi
monoclonali in combinazione con la chemioterapia convenzionale. In
particolare ha condotto diversi studi clinici associando
chemioterapia e immunoterapia (con l'anticorpo anti-CD20) ed
ulteriori studi sperimentali con altri anticorpi quali l'anti-CD22,
l'anti-CD4, e l'anti-CD20 umanizzato.
Particolare attenzione, nella produzione scientifica degli ultimi
anni, è rivolta al trattamento con farmaci intelligenti ed
innovativi dei linfomi di derivazione T linfocitaria sia nodali che
a localizzazione prativa cutanea.
L'ultima parte della sua attività è dedicata al ruolo della
radioimmunoterapia nell'approccio terapeutico combinato dei linfomi
indolenti e dei linfomi aggressivi.
Altro settore attualmente a cui dedica sempre maggiore attenzione è
la ricerca di determinati fattori prognostici biologici (molecolari
ed immunoistochimici) da utilizzare in ambito clinico per la
stratificazione dei pazienti con linfoma e con leucemia linfatica
cronica in determinate fascie di rischio.
I linfomi a cellule T periferiche (LCTP) rappresentano in Occidente
circa il 15% del totale dei tumori linfoidi, risultando endemici in
alcune aree del Sud del Giappone, ove sono correlate all'infezione
da HTLV1. La famiglia dei LCTP comprende neoplasie che traggono
origine dai linfociti T maturi e dalle cellule NK. La varietà non
altrimenti specificata (NAS) è quella più frequente e, similmente a
quanto accade per i linfomi a grandi cellule B di tipo diffuso,
include tumori compositi che non si è oggi in grado di
sottoclassificare. La diagnosi di tale entità si basa
sull'esclusione di altre forme più rare di LCTP. Dal punto di vista
morfologico, i LCTP si caratterizzano un grado più o meno marcato
di polimorfismo nucleare. All'esame fenotipico, i LCTP presentano
aberrazioni del profilo molecolare, consistenti nella perdita di
uno o più degli antigeni costituzionalmente espressi dai linfociti
maturi. Essi, inoltre, possono risultare positivi alla
determinazione di CD30, CD15 e marker citotossici, inclusi TIA-1,
granzyme B, perforina, CD56 e CD57. Tutti questi elementi sono di
grande utilità in termini diagnostici, consentendo la distinzione
dei LCTP da altri processi, benigni (reazioni iperimmuni) e maligni
(linfomi B e linfoma di Hodgkin). Essi, tuttavia, non hanno alcuna
valenza prognostica, non risultando predittivi del decorso della
malattia. Sotto il profilo clinico, esistono terapie valide per la
cura delle micosi fungoide, del linfoma a grandi cellule
anaplastiche ALK+, dei disordini linfoproliferativi cutanei
CD30-positivi e per la leucemia a linfociti ampi e granulati. Ad
eccezione dei tipi menzionati, la prognosi dei restanti LCTP, che
costituiscono oltre l'80% di tali tumori, è severa. In particolare,
i classici regimi poli-chemioterapici CHOP e CHOP-simili appaiono
pressoché privi di efficacia. Ciò vale anche per i protocolli di
più recente introduzione e per le terapie sovra-massimali,
comprendenti il trapianto di midollo osseo, sia autologo che
allogenico. Diversi studi recenti continuano così a riportare per i
LCTP, specie di tipo NAS, percentuali di sopravvivenza globale a 5
anni, che oscillano fra il 16% ed il 23%. Poco si conosce dei
motivi di siffatta resistenza farmacologica. L'Intergruppo Italiano
Linfomi (IIL) ha recentemente esaminato 385 LCTP/NAS, proponendo
uno score basato su quattro fattori clinici (età, performance
status, LDH e stato del midollo osseo), la cui interpolazione
sembrerebbe consentire la stratificazione degli ammalati in quattro
gruppi: quelli appartenenti agli ultimi due avrebbero una
probabilità di sopravvivenza a 5 anni che non supera il 26%. La
conclusione cui giungono gli autori dello studio promosso dall'IIL
consiste nel semplice e generico auspicio relativo allo sviluppo di
nuove strategie terapeutiche, basate ad esempio sull'uso di
anticorpi monoclonali umanizzati (quali l'anti-CD52). In realtà,
tale conclusione – al pari dello score proposto – non può
considerarsi soddisfacente: essa riflette l'assenza di anomalie
citogenetiche ricorrenti, al pari della povertà delle nostre
conoscenze sui meccanismi biopatologici in atto nel LCTP, come
dimostrato anche dalla scarsità dei dati disponibili in
letteratura. Recentemente, il nostro Gruppo ha iniziato uno studio
volto alla caratterizzazione molecolare dei LCPT. Tale studio ha
permesso di descrivere le caratteristiche immunofenotipiche (spesso
aberranti) della malattia in un'ampia casistica (Went et al, J Clin
Oncol 2006), di identificare un nuovo score prognostico
clinico-patologico nei LCTP/NAS (Went et al, J Clin Oncol 2006), di
definire l'espressione del CD52 come bersaglio terapeutico nei LCTP
(Piccaluga et al, International T-cell Lymphoma Workshop, Chicago
17-19 Luglio 2006; Piccaluga et al, submitted) ed infine di
identificare il PDGFRA, e CYR61 (una molecola coinvolta nella
farmacoresistenza) come possibili targets terapeutici nei LCTP/NAS
(Piccaluga et al, Lancet Oncol 2005; Piccaluga et al, Blood suppl.
11 2005). Inoltre, evidenziando come modificazioni epigenetiche
possano essere alla base della down-regolazione di geni chiave per
il controllo del ciclo cellulare, abbiamo ipotizzato che
l'inibizione delle istone deacetilasi (HDAC) possa altresì
rappresentare una interessante strategia terapeutica in questo
ambito. Lo studio in oggetto si propone di validare i risultati
della suddetta analisi e di valutare in dettaglio l'effetto
dell'inibizione di CYR61 e delle HDAC nei LCTP.