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Pier Luigi Zinzani

Professore ordinario

Dipartimento di Scienze Mediche e Chirurgiche

Settore scientifico disciplinare: MEDS-09/B Malattie del sangue

Direttore SCUOLA DI SPECIALIZZAZIONE IN EMATOLOGIA (D.I. 68/2015)

Temi di ricerca

Parole chiave: Linfomi di Hodgkin Linfomi non-Hodgkin Nuove terapie Studi clinici Sindromi Linfoproliferative

Nella prima fase della sua produzione scientifica si è occupato soprattutto dello studio della malattia di Hodgkin, dei linfomi non Hodgkin della leucemia linfatica cronica e di altre sindromi linfo-immunoproliferative.
Questi studi hanno riguardato i problemi diagnostici, di stadiazione, i fattori prognostici, i problemi chemioterapici, i risultati terapeutici ed i danni secondari a medio-lungo termine. Per quanto riguarda i protocolli terapeutici, ha sviluppato, in qualità di segretario scientifico ed organizzativo di un gruppo cooperatore nazionale, diversi trials clinici nei linfomi non Hodgkin con particolare interesse nei linfomi follicolari e e nei pazienti anziani con linfoma diffuso a grandi cellule.
Inoltre l'attività scientifica si è concentrata sull'impiego dei modificatori biologici tra cui l'-interferone e l'lnterleuchina-2 soprattutto nei pazienti con Hairy Cell leukemia e leucemie acute rispettivamente.
Dal 1993, ha condotto diversi  studi biologici e clinici sull'impiego degli analoghi delle purine - Fludarabina, 2-clorodeossiadenosina, deossicoformicina – nelle malattie linfoproliferative croniche e nelle leucemie acute. Questi studi comprendono una fase di laboratorio comprendente analisi immunofarmacologiche con valutazione della citotossicità e della attivazione della apoptosi e quindi diversi studi di applicazione clinica pratica soprattutto per quanto riguarda la fludarabina in monochemioterapia ed in polichemioterapia.
Hai poi rivolto la propria attenzione all'utilizzo degli anticorpi monoclonali in combinazione con la chemioterapia convenzionale. In particolare ha condotto diversi studi clinici associando chemioterapia e immunoterapia (con l'anticorpo anti-CD20) ed ulteriori studi sperimentali con altri anticorpi quali l'anti-CD22, l'anti-CD4, e l'anti-CD20 umanizzato.
Particolare attenzione, nella produzione scientifica degli ultimi anni, è rivolta al trattamento con farmaci intelligenti ed innovativi dei linfomi di derivazione T linfocitaria sia nodali che a localizzazione prativa cutanea.
L'ultima parte della sua attività è dedicata al ruolo della radioimmunoterapia nell'approccio terapeutico combinato dei linfomi indolenti e dei linfomi aggressivi.
Altro settore attualmente a cui dedica sempre maggiore attenzione è la ricerca di determinati fattori prognostici biologici (molecolari ed immunoistochimici) da utilizzare in ambito clinico per la stratificazione dei pazienti con linfoma e con leucemia linfatica cronica in determinate fascie di rischio.



I linfomi a cellule T periferiche (LCTP) rappresentano in Occidente circa il 15% del totale dei tumori linfoidi, risultando endemici in alcune aree del Sud del Giappone, ove sono correlate all'infezione da HTLV1. La famiglia dei LCTP comprende neoplasie che traggono origine dai linfociti T maturi e dalle cellule NK. La varietà non altrimenti specificata (NAS) è quella più frequente e, similmente a quanto accade per i linfomi a grandi cellule B di tipo diffuso, include tumori compositi che non si è oggi in grado di sottoclassificare. La diagnosi di tale entità si basa sull'esclusione di altre forme più rare di LCTP. Dal punto di vista morfologico, i LCTP si caratterizzano un grado più o meno marcato di polimorfismo nucleare. All'esame fenotipico, i LCTP presentano aberrazioni del profilo molecolare, consistenti nella perdita di uno o più degli antigeni costituzionalmente espressi dai linfociti maturi. Essi, inoltre, possono risultare positivi alla determinazione di CD30, CD15 e marker citotossici, inclusi TIA-1, granzyme B, perforina, CD56 e CD57. Tutti questi elementi sono di grande utilità in termini diagnostici, consentendo la distinzione dei LCTP da altri processi, benigni (reazioni iperimmuni) e maligni (linfomi B e linfoma di Hodgkin). Essi, tuttavia, non hanno alcuna valenza prognostica, non risultando predittivi del decorso della malattia. Sotto il profilo clinico, esistono terapie valide per la cura delle micosi fungoide, del linfoma a grandi cellule anaplastiche ALK+, dei disordini linfoproliferativi cutanei CD30-positivi e per la leucemia a linfociti ampi e granulati. Ad eccezione dei tipi menzionati, la prognosi dei restanti LCTP, che costituiscono oltre l'80% di tali tumori, è severa. In particolare, i classici regimi poli-chemioterapici CHOP e CHOP-simili appaiono pressoché privi di efficacia. Ciò vale anche per i protocolli di più recente introduzione e per le terapie sovra-massimali, comprendenti il trapianto di midollo osseo, sia autologo che allogenico. Diversi studi recenti continuano così a riportare per i LCTP, specie di tipo NAS, percentuali di sopravvivenza globale a 5 anni, che oscillano fra il 16% ed il 23%. Poco si conosce dei motivi di siffatta resistenza farmacologica. L'Intergruppo Italiano Linfomi (IIL) ha recentemente esaminato 385 LCTP/NAS, proponendo uno score basato su quattro fattori clinici (età, performance status, LDH e stato del midollo osseo), la cui interpolazione sembrerebbe consentire la stratificazione degli ammalati in quattro gruppi: quelli appartenenti agli ultimi due avrebbero una probabilità di sopravvivenza a 5 anni che non supera il 26%. La conclusione cui giungono gli autori dello studio promosso dall'IIL consiste nel semplice e generico auspicio relativo allo sviluppo di nuove strategie terapeutiche, basate ad esempio sull'uso di anticorpi monoclonali umanizzati (quali l'anti-CD52). In realtà, tale conclusione – al pari dello score proposto – non può considerarsi soddisfacente: essa riflette l'assenza di anomalie citogenetiche ricorrenti, al pari della povertà delle nostre conoscenze sui meccanismi biopatologici in atto nel LCTP, come dimostrato anche dalla scarsità dei dati disponibili in letteratura. Recentemente, il nostro Gruppo ha iniziato uno studio volto alla caratterizzazione molecolare dei LCPT. Tale studio ha permesso di descrivere le caratteristiche immunofenotipiche (spesso aberranti) della malattia in un'ampia casistica (Went et al, J Clin Oncol 2006), di identificare un nuovo score prognostico clinico-patologico nei LCTP/NAS (Went et al, J Clin Oncol 2006), di definire l'espressione del CD52 come bersaglio terapeutico nei LCTP (Piccaluga et al, International T-cell Lymphoma Workshop, Chicago 17-19 Luglio 2006; Piccaluga et al, submitted) ed infine di identificare il PDGFRA, e CYR61 (una molecola coinvolta nella farmacoresistenza) come possibili targets terapeutici nei LCTP/NAS (Piccaluga et al, Lancet Oncol 2005; Piccaluga et al, Blood suppl. 11 2005). Inoltre, evidenziando come modificazioni epigenetiche possano essere alla base della down-regolazione di geni chiave per il controllo del ciclo cellulare, abbiamo ipotizzato che l'inibizione delle istone deacetilasi (HDAC) possa altresì rappresentare una interessante strategia terapeutica in questo ambito. Lo studio in oggetto si propone di validare i risultati della suddetta analisi e di valutare in dettaglio l'effetto dell'inibizione di CYR61 e delle HDAC nei LCTP.