Parole chiave:
Edizione critica dei film
Cinema muto italiano
Filologia del cinema
1) La cinematografia nazionale nasce in ritardo rispetto alla
invenzione dei Lumière (1905). Il primo film italiano è La presa di
Roma (1905) di Filoteo Alberini. La ricerca intende interrogarsi
sulle ragioni di tale ritardo; intende indagare la figura di
Alberini e tentare la ricostruzione filologica del primo film
italiano, oggi in stato di frammento.
2) Nel campo del cinema, la storiografia di tradizione ha
trascurato il passaggio dal cosiddetto cortometraggio al film
lungo. La ricerca intende indagare l'identità e le dinamiche di
questo fenomeno che è stato la conseguenza (o il motore?) del
mutamento della cinematografia nazionale.
3) L'attività di restauro dei film ha portato in luce la carenza di
una documentazione scientifica dell'intervento restaurativo. A
partire dalla teoria e dalla pratica documentaria che si sono
affermate nel restauro d'arte e nella ecdotica, la ricerca mira a
individuare forme utili di una “edizione critica” dei film.
1) La storia del cinema italiano registra un ritardo di dieci anni
rispetto all'invenzione del “Cinématographe” dei fratelli Lumière.
Il 1905 è una data importante: appare il primo film italiano, La
presa di Roma di Filoteo Alberini. Produzione: Alberini &
Santoni (che è, dunque, la prima casa di produzione italiana). La
presa di Roma è il primo prodotto cinematografico nazionale in
senso moderno: un film di finzione dovuto a una società di
produzione. La storiografia più recente La presa di Roma ha già
segnalato questo ritardo, riferendolo a un'arretratezza industriale
di tutta l'industria italiana (non solo del comparto
cinematografico). Tuttavia restano da indagare i motivi specifici
di esso e, prospetticamente, i motivi del rapido recupero: fin da
subito la cinematografia italiana si attesta ai livelli più
avanzati (Francia, USA) e già nel 1909 conosce una “crisi di
crescenza” (Aldo Bernardini). Tra i pionieri di questo sviluppo va
annoverato Filoteo Alberini, socio fondatore della società Alberini
& Santoni (che diventerà Cines). La nostra ricerca intende
ricostruire la figura ancora socata di questo pioniere e fondatore
(l'altro è Arturo Ambrosio), la sua attività cinematografica: come
inventore ( il “Kinetografo”, purtroppo brevettato dieci giorni
dopo i Lumière, e il successvo “Kinesigrafo”), come esercente (a
Firenze e Roma), come “cinematografista” e produttore. In
particolare, sotto il profilo della attività di produzione, due
punti vanno chiariti: 1) la fisionomia degli studi Alberini &
Santoni; e la trasformazione della Alberini & Santoni in Cines
(con conseguente esautoramento o espulsione dello stesso Alberini).
La presa di Roma di Filoteo Alberini, 1905, primo film italiano.
Film fondativo (pur caduto nel silenzio generale il suo appena
trascorso centenario.) Lunghezza: sette “quadri”, 250 metri (anche
questo metraggio dice la precoce modernità del film). Oggi è
ridotto a frammento: 75 metri. Un altro esito della ricerca è una
ricostruzione su base filologica del film in grado di restituire se
non la sua interezza (restauro impossibile allo stato attuale)
almento la sua fisionomia originaria.
2) Un obiettivo preliminare della ricerca è revocare in questione
le nozioni stesse di “cortometraggio” e “lungometraggio”. I primi
film Lumière misurano 17 metri circa: essi non sono
“cortometraggi”, misurano quanto è previsto dallo standard della
fabbricazione della pellicola consentiva. Proiettare le definizioni
odierne di corto/lungometraggio sulla storia del cinema dei primi
anni è un abuso retrospettivo. E' il film di lungo corso
(“lungometraggio”) che, ex post, lo addita come “corto”. In altri
termini: è l'affermazione del “lungometraggio” che letteralmente
inventa la nozione “cortometraggio”: questa è l'ipotesi che
intendiamo verificare. La questione, tuttavia, non è meramente
“filmometrica”. E' una questione di identità di grande monento:
l'identità della rappresentazione cinematografica negli anni Dieci
e negli anni a venire. Nel 1911 viene introdotto il film di 1000 e
più metri. Il cinema non sarà più lo stesso. La rappresentazione
cinematografica, almeno dal 1913, passa dal programma promiscuo
(numeri di varietà teatrale alternati a vedute cinematografiche) o
dal programma multiplo e composito (una serie di film disparati) al
film unico: il feature film, il film unico “a gran spettacolo”. Le
conseguenze sono enormi. La storiografia di tradizione ha
trascurato o poco ritenuto questo passaggio. Questione:
l'affermazione del film chilometrico è senz'altro rapida, ma la
dinamica non è perspicua, né piana; si tratta solo di uno stadio di
sviluppo/evoluzione “naturale” o piuttosto di una cesura/svolta nei
modi di rappresentazione cinematografica? La ricerca, dunque,
intende cogliere detto mutamento del cinema, preso in un movimento
di istituzionalizzazione. Il cinema muta radicalmente nei modi di
produzione, di distribuzione, di consumo; persino le sale e il
pubblico cambia. Si tratta di coprendere le conseguenze di questo
cambiamento. Il film lungo non è solo un “evento” ma il veicolo e
il motore del cambiamento della fisionomia del cinema: questa è
l'ipotesi da dimostrare. La scelta dell'ambito italiano, in questo
caso, non è solo un campo di elezione: l'affermazione del
“lungometraggio” si deve alla cinematografia italiana o, comunque,
i film italiani risultano protagonisti. Grazie al film lungo, il
cinema italiano, da 1913 e durante i primi anni di guerra, arriva a
dominare i mercati mondiali . Fenomeno già indagato, ma che
intendiamo indagare sotto il rispetto dell'istituzione del
“lungometraggio”: come l'estensione del metraggio sia connessa ai
soggetti nobili e magni (genere film “storico”) e al melodramma
moderno (genere“diva-film”), al divismo stesso.
3) L'espressione “edizione critica” è qui da intendersi in
accezione strettamente filologica. Alla filologia facciamo appello,
precisamente alla “critica testuale” ovvero all'”ecdotica” (cioè al
lato tecnico della filologia) per stabilire il testo autentico. Si
tratta per noi di tentare di applicare o, meglio, di “tradurre”
criteri e metodi e strumenti della redenzione dei testi (letterari)
al campo dei film. L'esigenza sorge, oggi, a seguito delle pratiche
più sorvegliate del restauro cinematografico condotte negli ultimi
anni. Ancorché sorvegliate, e pur osservanti un protocollo
rigoroso, il restauro cinematografico resta ancora in difetto sotto
il rispetto della documentazione: o viene semplicemente omessa o
(nel migliore dei casi) consegnata a qualche onesto, volenteroso
saggio improvvisato. Al di là delle intenzioni (della buona fede)
c'è un ostacolo. Se in un'edizione critica di testi letterari,
testo e apparato (a pie' pagina o in appendice) sono – per così dre
– consustanziali e attigui, per i film così non è. O almeno, fin
qui, non si è dato. Nel migliore dei casi, da un lato c'è un film
(immagini in movimento e, eventualmente, il sonoro) dall'altro un
testo “critico” (in senso filologico), scritto e separato, cioè
eterogeneo rispetto al testo. Come si diceva qualche anno fa: “Un
film non è citabile” (Raymond Bellour). Ora, si direbbe, che la
tecnologia ci viene in soccorso. Si direbbe che la tecnologia
digitale può superare questo ostacolo. Il film diventa “citabile” e
l'apparato critico (quanto caratterizza, appunto, una edizione
critica) può essere compresente al testo (film). Insomma, si
intravede una possibile “edizione critica” dei film. Come? E'
appunto la proposta della nostra ricerca: trovare le forme
adeguate. Precisazione: se la tecnologia è una occasione, le
questioni sollevate da una edizione criticaa dei film non sono
innanzi tutto tecnologiche. Di qui, la ragione stessa della
proposta della nostra proposta di ricerca. Altra precisazione: dato
che i film non sono assimilabili ai testi (scritti), intravvediamo
la necessità di rivolgerci all'altra disciplina di risarcimento: il
restauro delle opere d'arte. (In particolare, ci riferiamo qui al
magistero di Cesare Brandi). In conclusione: a partire dalla
critica testuale e dal restauro delle opre d'arte, intendiamo
intrapredere questa ricerca. Sperimentale, e inusitata.