Foto del docente

Michele Canosa

Professore associato confermato

Dipartimento delle Arti

Settore scientifico disciplinare: L-ART/06 CINEMA, FOTOGRAFIA E TELEVISIONE

Temi di ricerca

Parole chiave: Edizione critica dei film Cinema muto italiano Filologia del cinema

1) La cinematografia nazionale nasce in ritardo rispetto alla invenzione dei Lumière (1905). Il primo film italiano è La presa di Roma (1905) di Filoteo Alberini. La ricerca intende interrogarsi sulle ragioni di tale ritardo; intende indagare la figura di Alberini e tentare la ricostruzione filologica del primo film italiano, oggi in stato di frammento.
2) Nel campo del cinema, la storiografia di tradizione ha trascurato il passaggio dal cosiddetto cortometraggio al film lungo. La ricerca intende indagare l'identità e le dinamiche di questo fenomeno che è stato la conseguenza (o il motore?) del mutamento della cinematografia nazionale.
3) L'attività di restauro dei film ha portato in luce la carenza di una documentazione scientifica dell'intervento restaurativo. A partire dalla teoria e dalla pratica documentaria che si sono affermate nel restauro d'arte e nella ecdotica, la ricerca mira a individuare forme utili di una “edizione critica” dei film.

1) La storia del cinema italiano registra un ritardo di dieci anni rispetto all'invenzione del “Cinématographe” dei fratelli Lumière. Il 1905 è una data importante: appare il primo film italiano, La presa di Roma di Filoteo Alberini. Produzione: Alberini & Santoni (che è, dunque, la prima casa di produzione italiana). La presa di Roma è il primo prodotto cinematografico nazionale in senso moderno: un film di finzione dovuto a una società di produzione. La storiografia più recente La presa di Roma ha già segnalato questo ritardo, riferendolo a un'arretratezza industriale di tutta l'industria italiana (non solo del comparto cinematografico). Tuttavia restano da indagare i motivi specifici di esso e, prospetticamente, i motivi del rapido recupero: fin da subito la cinematografia italiana si attesta ai livelli più avanzati (Francia, USA) e già nel 1909 conosce una “crisi di crescenza” (Aldo Bernardini). Tra i pionieri di questo sviluppo va annoverato Filoteo Alberini, socio fondatore della società Alberini & Santoni (che diventerà Cines). La nostra ricerca intende ricostruire la figura ancora socata di questo pioniere e fondatore (l'altro è Arturo Ambrosio), la sua attività cinematografica: come inventore ( il “Kinetografo”, purtroppo brevettato dieci giorni dopo i Lumière, e il successvo “Kinesigrafo”), come esercente (a Firenze e Roma), come “cinematografista” e produttore. In particolare, sotto il profilo della attività di produzione, due punti vanno chiariti: 1) la fisionomia degli studi Alberini & Santoni; e la trasformazione della Alberini & Santoni in Cines (con conseguente esautoramento o espulsione dello stesso Alberini). La presa di Roma di Filoteo Alberini, 1905, primo film italiano. Film fondativo (pur caduto nel silenzio generale il suo appena trascorso centenario.) Lunghezza: sette “quadri”, 250 metri (anche questo metraggio dice la precoce modernità del film). Oggi è ridotto a frammento: 75 metri. Un altro esito della ricerca è una ricostruzione su base filologica del film in grado di restituire se non la sua interezza (restauro impossibile allo stato attuale) almento la sua fisionomia originaria.
2) Un obiettivo preliminare della ricerca è revocare in questione le nozioni stesse di “cortometraggio” e “lungometraggio”. I primi film Lumière misurano 17 metri circa: essi non sono “cortometraggi”, misurano quanto è previsto dallo standard della fabbricazione della pellicola consentiva. Proiettare le definizioni odierne di corto/lungometraggio sulla storia del cinema dei primi anni è un abuso retrospettivo. E' il film di lungo corso (“lungometraggio”) che, ex post, lo addita come “corto”. In altri termini: è l'affermazione del “lungometraggio” che letteralmente inventa la nozione “cortometraggio”: questa è l'ipotesi che intendiamo verificare. La questione, tuttavia, non è meramente “filmometrica”. E' una questione di identità di grande monento: l'identità della rappresentazione cinematografica negli anni Dieci e negli anni a venire. Nel 1911 viene introdotto il film di 1000 e più metri. Il cinema non sarà più lo stesso. La rappresentazione cinematografica, almeno dal 1913, passa dal programma promiscuo (numeri di varietà teatrale alternati a vedute cinematografiche) o dal programma multiplo e composito (una serie di film disparati) al film unico: il feature film, il film unico “a gran spettacolo”. Le conseguenze sono enormi. La storiografia di tradizione ha trascurato o poco ritenuto questo passaggio. Questione: l'affermazione del film chilometrico è senz'altro rapida, ma la dinamica non è perspicua, né piana; si tratta solo di uno stadio di sviluppo/evoluzione “naturale” o piuttosto di una cesura/svolta nei modi di rappresentazione cinematografica? La ricerca, dunque, intende cogliere detto mutamento del cinema, preso in un movimento di istituzionalizzazione. Il cinema muta radicalmente nei modi di produzione, di distribuzione, di consumo; persino le sale e il pubblico cambia. Si tratta di coprendere le conseguenze di questo cambiamento. Il film lungo non è solo un “evento” ma il veicolo e il motore del cambiamento della fisionomia del cinema: questa è l'ipotesi da dimostrare. La scelta dell'ambito italiano, in questo caso, non è solo un campo di elezione: l'affermazione del “lungometraggio” si deve alla cinematografia italiana o, comunque, i film italiani risultano protagonisti. Grazie al film lungo, il cinema italiano, da 1913 e durante i primi anni di guerra, arriva a dominare i mercati mondiali . Fenomeno già indagato, ma che intendiamo indagare sotto il rispetto dell'istituzione del “lungometraggio”: come l'estensione del metraggio sia connessa ai soggetti nobili e magni (genere film “storico”) e al melodramma moderno (genere“diva-film”), al divismo stesso.
3) L'espressione “edizione critica” è qui da intendersi in accezione strettamente filologica. Alla filologia facciamo appello, precisamente alla “critica testuale” ovvero all'”ecdotica” (cioè al lato tecnico della filologia) per stabilire il testo autentico. Si tratta per noi di tentare di applicare o, meglio, di “tradurre” criteri e metodi e strumenti della redenzione dei testi (letterari) al campo dei film. L'esigenza sorge, oggi, a seguito delle pratiche più sorvegliate del restauro cinematografico condotte negli ultimi anni. Ancorché sorvegliate, e pur osservanti un protocollo rigoroso, il restauro cinematografico resta ancora in difetto sotto il rispetto della documentazione: o viene semplicemente omessa o (nel migliore dei casi) consegnata a qualche onesto, volenteroso saggio improvvisato. Al di là delle intenzioni (della buona fede) c'è un ostacolo. Se in un'edizione critica di testi letterari, testo e apparato (a pie' pagina o in appendice) sono – per così dre – consustanziali e attigui, per i film così non è. O almeno, fin qui, non si è dato. Nel migliore dei casi, da un lato c'è un film (immagini in movimento e, eventualmente, il sonoro) dall'altro un testo “critico” (in senso filologico), scritto e separato, cioè eterogeneo rispetto al testo. Come si diceva qualche anno fa: “Un film non è citabile” (Raymond Bellour). Ora, si direbbe, che la tecnologia ci viene in soccorso. Si direbbe che la tecnologia digitale può superare questo ostacolo. Il film diventa “citabile” e l'apparato critico (quanto caratterizza, appunto, una edizione critica) può essere compresente al testo (film). Insomma, si intravede una possibile “edizione critica” dei film. Come? E' appunto la proposta della nostra ricerca: trovare le forme adeguate. Precisazione: se la tecnologia è una occasione, le questioni sollevate da una edizione criticaa dei film non sono innanzi tutto tecnologiche. Di qui, la ragione stessa della proposta della nostra proposta di ricerca. Altra precisazione: dato che i film non sono assimilabili ai testi (scritti), intravvediamo la necessità di rivolgerci all'altra disciplina di risarcimento: il restauro delle opere d'arte. (In particolare, ci riferiamo qui al magistero di Cesare Brandi). In conclusione: a partire dalla critica testuale e dal restauro delle opre d'arte, intendiamo intrapredere questa ricerca. Sperimentale, e inusitata.