Simulazioni numeriche in ambito CWE
Grazie alla potenza computazionale oggi disponibile mediante le tecnologie HPC (High Performance Computing), è divenuto possibile simulare numericamente l’effetto del vento sulle strutture. Tale approccio, generalmente identificato come Computational Wind Engineering (CWE), risulta tuttavia essere estremamente recente, ancora non soggetto a normative specifiche e sprovvisto di linee guida condivise utili all’impostazione delle analisi. La simulazione numerica del flusso turbolento in prossimità di corpi tozzi rappresenta un problema al quale attualmente risulta impossibile dare una soluzione pienamente soddisfacente. Il fenomeno risulta essere estremamente nonlineare, intimamente transiente e tridimensionale, multiscala e caratterizzato da fenomeni di instabilità. A causa di tali caratteristiche, pur adottando simulazioni svolte seguendo lo stato dell’arte, i risulati ottenuti sono spesso dipendenti dalla griglia di calcolo adottata, dalle approssimazioni numeriche, dai modelli e dalle condizioni al contorno.
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Azioni del vento sulle strutture
L’azione del vento rappresenta spesso una delle condizioni di carico più critiche per le strutture, soprattutto quando vengano prese in considerazine torri di grande altezza, strutture leggere, grandi coperture e ponti di grande luce. La valutazione della risposta strutturale è usualmente svolta su modelli ridotti utilizzando approcci propri della Meccanica Stocastica o rielaborando statisticamente i dati ottenuti con approcci deterministici. Le definizione di procedure ottimali che consentano di estrarre tali modelli ridotti (sia della struttura che del campo di pressione ad essa applicato) rappresenta ancora oggi un campo di ricerca di grande interesse per il settore.
Aeroelasticità
L’interazione del vento con strutture snelle può dar luogo a fenomeni di interazione aeroelastica la cui mitigazione risulta fondamentale ai fini della corretta progettazione strutturale. Recentemente la Fluidodinamica Computazionale (CFD) ha permesso di stimare i coefficienti che caratterizzano l’interazione aeroelastica mediante simulazioni numeriche. Tali simulazioni da un lato risultano estremamente pratiche e vantaggiose ma dall’altro sono spesso affette da forti inaccuratezze dovute alle approssimazioni introdotte nella simulazione di flussi turbolenti attorno a corpi tozzi.
Generazione sintetica dello Strato Limite Atmosferico
Una delle principali difficoltà che si incontraco nella simulazione di corpi soggetti all’azione del vento è che essi sono immersi nello Strato Limite Atmosferico (SLA). Ciò implica che il campo di moto a monte della struttura è turbolento e che dunque le condizioni al contorno
da utilizzare in tali simulazioni siano non stazionarie e capaci di riprodurre le principali caratteristiche del flusso incidente. A tal proposito, al fine di garantire che il campo di moto imposto come condizione al bordo sia propagato senza alterazioni all’interno del dominio computazionale, risulta utile fare in modo che esso sia caratterizzato da divergenza nulla, che rispetti a priori l’ipotesi di Taylor (forma linearizzata delle equazioni di conservazione della quantità di moto) e che sia caratterizzato da spettri temporali compatibili con quelli usualmente osservati in natura e da correlazioni spaziali prefissate.
Virtual Element Method
Il Virtual Element Method (VEM) rappresenta una nuova tecnica di discretizzazione numerica che, dotata di una grande eleganza formale e metodologica, promette di competere in futuro con la più consolidata tecnica FEM in molti ambiti delle Meccanica Computazionale. In particolare, seguendo l’approccio VEM nella sua formulazione compatibile, le funzioni di forma non sono note a priori su tutto il dominio ma, piuttosto, sono note solo lungo il bordo degli elementi mentre si suppone che soddisfino appropriate equazioni differenziali al loro interno. Tali funzioni risultano dunque non note all’interno dell’elemento e vengono di conseguenza dette virtuali. Seguendo la metodologia VEM tuttavia, ai fini di calcolare la matrice di rigidezza dell’elemento, non risulta necessaria la conoscenza puntuale di tali funzioni virtuali essendo sufficiente a tale scopo la conoscenza di alcuni appropriati parametri integrali. Tali parametri sono dunque essi stessi assunti quali gradi di libertà così consentendo di calcolare la matrice di rigidezza.
Strutture in materiale composito
Un problema ben conosciuto nell’ambito dello studio di piastre composite laminate è la ricostruzione dei profili di sforzo trasversali a partire da una soluzione numerica ottenuta medinte un modello di piastra alla Reissner–Mindlin. Numerosi contributi sono stati proposti in lettaratura mostrando come sia possibile sfruttare le equazioni indefinite di equilibrio al fine di ottenere una stima dei profili delle tensioni trasversali. Nell’ambito invece dell’applicazione di materiali compositi a travi in parete sottile, si è posta l’attenzione allo studio delle condizioni di consistenza che è bene considerare nella scelta dei modi deformativi quando si usino modelli strutturali basati sulla Generalized Beam Theory (GBT).
Modellazione numerica di materiali ceramici
L’applicazione della simulazione numerica ai processi produttivi comunemente presenti nell’industria ceramica risulta ancora oggi rara e non propriamente sviluppata. Le principali difficoltà che si incontrano nell’applicazione di tecniche computazionali in tale settore sono dovute alle forti incertezze presenti nella caratterizzazione del materiale, alla sua spiccata nonlinearità e alla intrinseca natura multifisica della maggior parte di tali processi industriali. A tal riguardo, nell’ambito di una collaborazione di ricerca con il Gruppo SACMI (leader mondiale nella progettazione di macchine per l’industria ceramica), si è messa a punto una procedura di simulazione numerica mirata a riprodurre le deformazioni indotte dal processo produttivo su elementi sanitari. Ulteriori recenti sviluppi di tale ambito di ricerca sono stati rivolti alla simulazione del processo di compattazione delle polveri alla mesoscala.