I temi della mia ricerca sono due:
- quello della disciplina giuridica degli interventi
e servizi sociali (in senso stretto, ovverosia di
quelli un tempo denomiati socio-assistenziali), tanto nel
versante organizzatorio, sovente connesso alle emerenti
strutturazioni pluricomunali volte a favorirne l'integrazione anche
con quelli sanitari, che in quello prettamente erogativo, connesso
alle forme di accesso alla prestazione finale, per lo più varianti
in ragione della loro concreta specificità (interventi di sostegno
al reddito, all'occupazione di persone disabili, servizi
residenziali, semi-residenziali, domiciliari ecc.). Ciò, se del
caso, con riguardo alle distinzioni previste al fatto dei cittadini
rispetto a quello proprio degli stranieri
residenti;
- lo sviluppo della riforma delle istituzioni rientranti
nel comparto AFAM (per lo più Accademie di Belle arti e
Conservatori).
- Circa la ricerca inerente ai servizi sociali, essa
convergerà in specifico sull'argomento delle ASP (Aziende di
servizi alla persona), gli enti pubblici di recentissima
costituzione sorti in seguito alla trasformazione
delle IPAB, risalenti alla c.d. legge Crispi, assegnatari
della funzione di gestire con maggiore efficacia ed economicità -
questa è l'ipotesi da valutare - i servizi sociali di titolarità
comunale in un ambito territoriale, peraltro, zonale o distrettuale
onde soddisfare parallelamente anche il profilo dell'integrazione
socio-sanitaria.
La questione sociale (in senso stretto e con riguardo alle
responsabilità comunali ) integra argomento notoriamente
delicato, posto che su di essa finisce nei fatti di convergere
- a seguito della privatizzazione dei servizi c.d. industriali -
una parte consistente della loro attuale legittimazione politica.
Ne deriva che dall'esito - qui con riguardo alle modalità di
regolazione e gestione giuridica - della comunque notevole
"operazione ASP" discendono conseguenze di significativo rilievo
sullo stato delle relazioni di cittadinanza locale. Ciò posto, si
tratta ora per lo più di indagare attorno ai vincoli
che atteggiano la loro regolazione e gestione al fine di
verificarne l'effettiva consistenza in un ambiente che per lo più
fatica a distinguere il momento prettamente politico da
quello tecnico.
- Con riguardo al secondo filone, relativo alle Istituzioni del
Comparto Afam (Accademie di Belle arti e Conservatori), si tratta
di continuare a monitorarne lo sviluppo ordinamentale, e cioè di
analizzare quelle normative - espressamente previste dalla l. n.
508 di sua riforma - che ancora non sono state emanate e che
pertanto si attendono licenziate nel 2009.
Mediante il d.p.r. 8 luglio 2005, n. 212 è stata emanata la
disciplina che autorizza i soggetti del “sistema dell'Alta
formazione e specializzazione artistica e musicale” abbozzato dalla
legge quadro n. 508 del 1999 di darsi, tramite propri regolamenti
interni di recepimento, un rinnovato e stabile ordinamento
didattico; che cioè consente al centinaio di Accademie di Belle
arti, Conservatori (di diritto pubblico e pareggiati) nonché alle
restanti Accademie (di arte drammatica e danza) e Isia (gli
Istituti superiori per le industrie artistiche) tuttora operanti
nel Paese di uscire definitivamente da quella risalente
sistemazione fra Scuola secondaria superiore e Università che,
salve ripetute e comunque instabili “sperimentazioni”, ne impediva
un aggiornato inquadramento istituzionale nel più complessivo
sistema nazionale dell'istruzione. L'obiettivo della presente
ricerca è quello di analizzare il suddetto contesto, cercando per
così dire di alzare il velo che lo circonda da diversi punti di
vista: se può infatti ragionevolmente dirsi che ‘chiunque' sappia
dell'esistenza di (più o meno celebri) Accademie e Conservatori,
anche l'osservatore più attento fatica invece a percepirne il
ruolo, attuale e potenziale, discendente dall'assunzione della
succitata autonomia; a sapere dunque che cosa effettivamente fanno,
mediante quali strumenti disciplinari, ed in quale proiezione
formale (che valore detengono i titoli di studio che rilasciano).
Tale oscurità, a nostro avviso, soffoca il riconoscimento
socio-culturale cui tali enti naturalmente ambiscono e comunque li
lascia intravedere con un sentimento di possibile sospetto da parte
dei tanti soggetti, pubblici e privati (fra cui certo anche le
Università), con i quali essi potrebbero, anzi legalmente
dovrebbero attivare significative sinergie operative (fra le loro
funzioni, può qui accennarsi, risiede accanto alla didattica e alla
ricerca anche la produzione), degnamente concorrendo allo sviluppo
culturale del Paese. La loro autonomia amministrativa, va aggiunto,
presenta peraltro luci ed ombre in quanto – malgrado i vasti spazi
concessi dalla l. n. 508 cit. – rimessa ai recinti di una serie di
regolamenti di delegificazione (del t.u. della scuola, d.l.vo n.
297 del 1994) che vuoi non sono poi stati ancora emanati vuoi
l'hanno significativamente mortificata. Nel frattempo, in larga
parte riproducendo il travagliato percorso che ha accompagnato
l'autonomia universitaria, tali enti hanno però avviato una corposa
serie di iniziative didattiche (diplomi di primo e secondo livello,
nonché master) a titolo “sperimentale” di cui difficilmente saranno
disposti a rinunciare, così concorrendo a generare un ordinamento
in buona parte sospinto ‘dal basso' che tanto ostacola la
praticabilità di vedere licenziati i surriferiti impianti normativi
centrali ancora mancanti quanto determina soluzioni di
un'inevitabile caos giuridico già nella mera individuazione delle
fonti normative applicabili al singolo caso di specie (essendo in
parte ancora attratte all'ordinamento della Scuola secondaria, al
cui dedicato Contratto collettivo nazionale si conforma del resto
tuttora la disciplina del rapporto di lavoro del personale
docente). Una questione a sé stante, particolarmente complessa,
rimane poi quella dei Conservatori che, come noto, prevedono
storicamente un organico precorso didattico sorgente dalla Scuola
inferiore di secondo grado; e che dunque ora si prospetta, quanto
meno organizzativamente, rotto da una netta cesura fra quel primo
livello e quelli successivi, abilitanti in ultimo un diploma
perfettamente parificato alla laurea universitaria (da maturare
anche qui mediante il sistema dei crediti). In ogni caso, si tratta
allora di eseguire una preliminare ricognizione dello stato di tali
enti (considerandone, ove possibile, la specifica consistenza, per
numero di studenti, tipologie di Corsi di studio attivati,
dotazioni organiche ecc.) e quindi analizzarne le peculiari regole
di organizzazione e funzionamento, mettendo in luce le loro
principali caratterizzazioni rispetto alle Università (dai modelli
di governo all'autonomia finanziaria, dalla potestà patrimoniale
alle relazioni con il Miur ecc.) onde contribuire a coglierne
l'effettivo ruolo istituzionale e dunque, in sintesi, il raggio
delle potenzialità del loro stare ‘artistico' nel mercato
dell'offerta educativa nazionale o, più a fondo, del loro
contributo allo sviluppo del panorama culturale del Paese. Può
aggiungersi in conclusione che intorno a questo mondo, invero
sovente ricco di un antico prestigio e comunque non certo
insignificante nel profilo del numero degli Studenti che vi
accedono (circa 70.000 nell'a.a. 2004-2005), non ci risulta essere
sinora stato eseguito alcuno studio appena organico né comunque
condotto con approccio giuridico.
- Circa il reinserimento di detenuti/condannati nella società, interessa il profilo concernente i rapporti fra le competenze statali (del Ministero della Giustizia, tramite gli UEPE) e quelle del territorio (di Regioni ed Enti locali) alla luce del quadro costituzionale (che, come noto, riserva a questi ultimi un ruolo assai più significativo di quello emergente dal vigente ordinamento penitenziario).