Si propone di analizzare nei pazienti HIV+ l' andamento
delle infezioni sostenute da virus epatotropi, in particolare
si pone l'obiettivo di valutare la prevalenza dell'infezione da
HBV nelle diverse forme: infezione in atto, anti-HBc+/HBsAg
neg, HIV/HBV/HCV,vs i rispettivi gruppi di controllo non-HIV
correlandola con l' evoluzione della malattia epatica e
dell'infezione da HIV. I benefici introdotti dalla HAART hanno
portato a riscontrare maggiori patologie epatiche, è importante
valutare l'impatto della terapia delle epatiti croniche sulla
evoluzione della malattia epatica e la epatotossicità della
HAART. Inoltre la malattia epatica cronica nei pazienti con
concomitante infezione da HIV tende a presentare una evoluzione più
rapida ed elevato sembra esser il rischio di sviluppare degli
epatocarcinomi per cui la ricerca si propone di rilevare in
una popolazione di pazienti HIV positivi con epatopatia cronica
l'incidenza delle complicanze della epatopatia, con particolare
riferimento all'HCC, ed identificare i fattori di rischio per la
trasformazione neoplastica. Inoltre si ponse l'obiettivo di
valutare la coinfezione da HIV/HCV, lo studio della coinfezione
HIV/HCV ha inoltre permesso di evidenziare molteplici interazioni
patogenetiche tra i due virus come l'accelerata progressione delle
fibrosi epatica e, parallelamente, l'aumentato rischio di sviluppo
della sindrome metabolica, pertanto altro tema di ricerca è quello
rivolto alla valutazione della prevalenza
dell'insulino-resistenza nel paziente coinfetto HIV-HCV naive ed
experienced alla terapia antiretrovirale e valutazione dei fattori
di rischio HIV/HAART- e HCV-relati. Si propone inoltre il
monitoraggio terapeutico della concentrazione plasmatica di alcuni
farmaci HAART sia nei pazienti HIV/HCVpos che nei soggetti solo
HIV, negli HIV/HCV in terapia per l'HCV si propone di effettuare
la TDM della ribavirina per valutare i livelli del farmaco e
le possibili interferenze con l'HAART, in particolare si propone di
valutare la possibile interferenza della Ribavirina con l'Abacavir
e il ruolo di questo farmaco nella risposta alla terapia
dell'epatite cronica nel paziente con coinfezione. Inoltre
la ricerca nei pazienti con coinfezione HIV/HCV
è rivolta a valutare se i polimorfismi IL28B,
identificati nei pazienti con solo epatite C quali predittori
della risposta al trattamento e della prognosi della malattia
epatica, possano avere un ruolo anche nella
popolazione HIV/HCV . Si valuterà anche la tipologia dei
fattori di rischio per malattie cardiovascolari negli HIV in tx
HAART vs HIV naïve, effettuando anche lo studio eco color doppler
delle arterie carotide comune, carotide interna e vertebrale destra
e sinistra con determinazione dei principali parametri ecografici
per valutare il flusso. Sono stati quindi valutati anche
altri marcatori surrogati dello stesso rischio cardiovascolare,
quali i livelli sierici di marcatori solubili di disfunzione
endoteliale (quali le molecole di attivazione delle cellule
endoteliali ICAM-1, VCAM-1, E-selectina e P-selectina). Obiettivo
di tale studio è la valutazione del rischio cardiovascolare nei
pazienti naive alla terapia o sottoposti ad HAART, oltre alla
definizione del contributo apportato da parte dei fattori di
rischio tradizionali (tra cui soprattutto il fumo di sigaretta,
l'ipertensione, la dislipidemia) e dei fattori specifici correlati
all'infezione da HIV (durata dell'infezione, parametri
immuno-virologici, infezioni opportunistiche, lipodistrofia,
terapia antiretrovirale, uso di specifiche classi di farmaci).
Altra linea di ricerca è quella relativa alla valutazione dei
livelli plasmatici dei marcatori biologici di infiammazione e di
aterosclerosi subclinica nei pazienti con infezione da HIV che
iniziano una terapia HAART comprendente Abacavir o tenofovir più
lamivudina ed efavirenz versus pazienti naive alla terapia
HAART.
Nell'ambito delle malattie epatiche da virus è ormai consolidato
il ruolo dei viris nell'insorgenza dell'epatocarcinoma, ma
manca ancora una caratterizzazione sistematica dei
fattori genetici e virali e degli elementi omici dell'ospite
in grado di modulare la progressione della malattia epatica cronica
verso lo sviluppo dell'HCC. Il progetto si propone di creare
una rete collaborativa multidisciplinare di una banca biologica in
grado di sviluppare una ricerca di base avanzata, finalizzata alla
caratterizzazione di nuovi fattori virali e dell'ospite predittivi
di sviluppo di HCC.
Altro tema di ricerca è la valutazione e caratterizzazione delle
infezioni nel paziente cirrotico. Nonostante il rischio infettivo
rappresenti una delle maggiori cause di morbosità e mortalità
nel paziente cirrotico, le attuali linee guida di profilassi e
terapia appaiono del tutto obsolete in termini di scelta delle
molecole e posologia, in quanto si basano su dati acquisiti in
epoche precedenti l'attuale evoluzione epidemiologica.
Inoltre i temi della ricerca sono rivolti anche allo studio
dell''infezione cronica da HCV nel bambino e la sua evoluzione.
oltre alla valutazione dell'epatite cronica da HBV nel bambino
valutando nuovi aspetti terapeutici.Infine tema di ricerca è quello
rivolto alla corretta razionalizzazione delle risorse
cliniche e laboratoristiche nel governo clinico dell'infezione da
virus B con particolare riferimento all'Emilia Romagna
Ulteriore tema di ricerca è la valutazione delle patologie
neglette quali la malattia di Chagas presenti nel nostro
territorio. Il progetto è finalizzato ad analizzare,
attraverso un approccio di epidemiologia sociale, la presenza,
l'entità e le percezioni soggettive relative alla malattia di
Chagas nel territorio bolognese, con l'obiettivo di prendere parte
all'elaborazione di strategie di prevenzione e di presa in carico
delle persone affette. Nella sua componente clinica, il progetto
mira sia a individuare soggetti portatori di infezione latente e/o
attiva ma misconosciuta, sia a verificare il suo peso in ambito
trapiantologico. in questo ambito la ricerca si è ampliata verso lo
studio di altre patologie "neglette".
La ricerca è rivolta ad individuare precocemente patologie
infettive neglette presenti nel paziente
immigrato a prendere in carico persone immigrate affette
da queste patologie neglette al fine di definire un corretto
percorso diagnostico e terapeutico finalizzato sia ad evitare le
possibili complicanze a medio lungo termine di tali patologie nel
singolo paziente, sia a mettere il paziente in condizioni di
sicurezza in caso sopravvenute condizioni immunodeprimenti, sia a
generare ricadute favorevoli sul rischio di trasmissione delle
stesse.
La storia naturale dell'HIV si è modificata nel corso degli anni
grazie all'introduzione di farmaci antiretrovirali capaci di
rallentare l'evoluzione della malattia. L'utilizzo della HAART ha
drasticamente ridotto la mortalità dovuta a patologie
opportunistiche e aumentata l'aspettativa di vita. Tuttavia sono
emerse nuove problematiche cliniche, tra le quali la patologia
epatica che riveste particolare importanza per frequenza e impatto
clinico. In questo ambito hanno un ruolo maggiore la frequente
presenza di coinfezione con virus epatitici (HBV, HCV, HDV), la
tossicità correlata alla terapia HAART. Il miglioramento della
sopravvivenza nei pazienti HIV con coinfezione HCV e/o HBV ha
portato a rilevare come in questi soggetti sia modificato il
decorso naturale della malattia epatica, è più rapida la
progressione a cirrosi e ad HCC rispetto alla popolazione con
singola infezione. Esistono pochi dati in letteratura sulla
incidenza di HCC e sui fattori di rischio per HCC nei pazienti con
epatopatia cronica ed infezione da HIV. Gli studi effettuati
suggeriscono, comunque, che l'HCC abbia un andamento più aggressivo
negli individui HIV positivi. Scopo della ricerca: rilevare in una
popolazione di pazienti HIV positivi con epatopatia cronica
l'incidenza delle complicanze della epatopatia, con particolare
riferimento all'HCC, ed identificare i fattori di rischio per la
trasformazione neoplastica. Importante è inoltre confrontare
le caratteristiche dell'HCC alla diagnosi, la sopravvivenza ed i
fattori prognostici nei pazienti epatopatici HIV+ rispetto a quelli
non infetti da HIV, attraverso uno studio caso-controllo
comprendente casi appaiati per i principali fattori confondenti
(sesso, età, epoca di diagnosi, eziologia della epatopatia, grado
di insufficienza epatica, comorbidità, stadio del tumore e, se
possibile, modalità di diagnosi del tumore). La coinfezione HIV-HCV
è stata oggetto di molteplici studi dai quali sono stati tratti
protocolli terapeutici volti a ridurre ulteriormente la mortalità
legata alle complicanze del virus C. Lo studio della coinfezione ha
inoltre permesso di evidenziare molteplici interazioni
patogenetiche tra i due virus come l'accelerata progressione delle
fibrosi epatica e, parallelamente, l'aumentato rischio di sviluppo
della sindrome metabolica.Tale sindrome inserita nell'ambito del
rischio cardiovascolare del paziente sieropositivo vede associati
ai fattori predisponenti comuni alla popolazione generale ( fumo ,
abitudini di vita, familiarità), fattori specifici legati alla
coinfezione ed alla terapia antiretrovirale. Le continue
acquisizioni nel campo del rischio cardiovascolare, soprattutto in
relazione alla terapia antiretrovirale assunta dal paziente, devono
pertanto essere integrate con l'analisi dei cofattori presenti nel
paziente coinfetto, per tracciare un approccio terapeutico che sia
il più organico possibile. L'insulino-resistenza, intesa
come ridotta sensibilità delle cellule all'iperincrezione
dell'ormone pancreatico, è uno dei fattori più importanti nella
genesi della sindrome metabolica..L'infezione da HCV sembra
favorirne lo sviluppo attraverso una disregolazione citochinica che
vede nell'aumentata produzione di TNF il principale responsabile.
D'altro lato un alterato metabolismo del glucosio può concorrere
allo sviluppo di steatosi, ad una più rapida progressione della
fibrosi epatica e ad una ridotta risposta alla terapia
interferonica. I fattori HIV-relati corresponsabili dello sviluppo
dell'insulino resistenza comprendono la tossicità metabolica
legata alla terapia e le alterazioni citochiniche dovute alla
cronicizzazione dell'infezione virale stessa. Nei
pazienti euglicemici, una corretta e poco costosa valutazione della
sensibilità tissutale all'insulina è data dal cosiddetto HOMA score
(Homeostasis Assessment Model), ottenuto semplicemente a
partire dai valori ematici di insulina e glicemia. Seppure non
esista ancora una standardizzazione precisa dell'HOMA, valori
superiori a 2.5 sono stati ritenuti in precedenti studi indicativi
di alterata tolleranza glicemica. Obiettivo primario dello
studio è di valutare la prevalenza dell'insulino-resistenza nei
pazienti HIV positivi afferenti al nostro centro analizzando il
ruolo patogenetico della terapia antiretrovirale in atto e della
contemporanea infezione da HCV. In particolare, oltre ai fattori di
rischio comuni alla popolazione generale, lo studio si propone di
valutare l'impatto delle singole variabili HIV- e HCV-relate,
considerando nello specifico i singoli farmaci costituenti la HAART
e il genotipo HCV. Altro aspetto importante nella ricerca è la
valutazione dell'infezione da HBV nei soggetti HIV+ che è
caratterizzata anche dalla possibilità di riattivazione della
malattia nonostante la sieroconversione ad anticorpi anti-HBs,
soprattutto in presenza di bassi livelli di linfociti T CD4+. Tale
forma clinica, un tempo ritenuta di scarso interesse patologico, è
oggi considerata con maggior interesse poiché è associata alla
progressione a cirrosi e all'insorgenza di HCC. Lo studio prevede
l'analisi della viremia di ciascun virus infettante, la
caratterizzazione genotipica dell' HBV nelle differenti condizioni
cliniche e la sequenza genomica del gene HBV pre-core per la
valutazione delle specie mutanti potenzialmente correlate con il
genotipo e/o con le differenti forme di infezione. Inoltre si
propone di valutare l'evoluzione della malattia epatica nel
soggetto in terapia HAART, studiando la possibile tossicità dei
farmaci antiretrovirali e le loro interferenze. La farmacocinetica
di alcuni farmaci può dipendere da un elevato legame alle proteine
plasmatiche, da un metabolismo prevalentemente epatico, da
un'emivita plasmatica generalmente breve, dalle importanti
interazioni con molti altri farmaci. A causa di queste numerose
variabili, capaci di condizionare la farmacocinetica, i farmaci
presentano nella popolazione marcate differenze interindividuali
con conseguente maggior rischio di tossicità o di attività
antivirale subottimale e comparsa di resistenza. Nei pazienti
HIV-positivi con concomitante epatopatia cronica da HCV
l'alterazione della funzionalità epatica potrebbe comportare un
rallentamento del metabolismo di questi farmaci, con prolungamento
della loro emivita plasmatica e aumento dell'esposizione plasmatica
al farmaco. A tale riguardo, il monitoraggio della TDM si presenta
come uno strumento molto prezioso per individuare i pazienti con
livelli plasmatici anomali e dunque modificare il dosaggio,
contribuendo così ad impostare una terapia ottimale in termini di
efficacia e tollerabilità. Si propone inoltre anche il monitoraggio
terapeutico della concentrazione plasmatica di alcuni farmaci
HAART nei pazienti HIV/HCVpos in terapia per l'HCV per
valutare se le due terapie possono determinare delle
interferenze , modificando la risposta ai trattamenti. Questo
aspetto è di fondamentale importanza alla luce dei nuovi farmaci,
inibitori della proteasi, utilizzati per la terapia dell'epatite da
HCV che presentano importanti interferenze con i farmaci
antiretrovirali. In particolare si propone di valutare se la
Ribavirina, il Telaprevir e il Boceprevir, utilizzati per il
trattamento dell'epatite C, e i farmaci utilizzati per l'HIV,
possono presentare interferenze. Valutando la TDM di tali farmaci
si può riusciure a prevenire, o almeno a ridurre, le tossicità dei
farmaci e mantenere i livelli ottimali di efficacia. La
ricerca inoltre si propone di valutare se i polimorfismi
identificati nella regione del gene IL28B, che codifica per
IL28, interferone lambda, possa interferire nella risposta
alla terapia dell'epatite cronica da HCV anche nei soggetti
con concomitante infezione da HIV, e se tali
polimorfismi possano interferire con il metabolismo del
glucosio e dell'insulinoresitenza ed avere un ruolo
prognostico nella evoluzione della malattia epatica.
I notevoli benefici introdotti dalle nuove terapie HAART sono
stati però via via gravati anche da altri effetti collaterali,
evidenti sia a livello clinico che laboratoristico. La
lipodistrofia (ovvero l'alterata distribuzione del tessuto adiposo
sottocutaneo), l'iperlipidemia, l'iperinsulinemia-iperglicemia e la
ridotta densità minerale ossea sono state infatti frequentemente
osservate nei pazienti HIV-positivi in trattamento. Le conseguenze
cliniche della dislipidemia HAART-correlata non sono ancora note,
ma il prolungamento dell'attesa media di vita dei pazienti
sieropositivi sembra condurre, parallelamente alla persistente
iperlipidemia unita ad altri fattori di rischio (come
insulino-resistenza ed obesità centrale), ad un aumento
dell'incidenza di malattie cardiovascolari. L'introduzione
dell'HAART sembra inoltre causare un'attivazione delle cellule
endoteliali, evidenziata da un'aumentata espressione di molecole di
adesione, favorendo la comparsa di una prematura malattia
aterosclerotica, come anche confermato dal riscontro di un'elevata
prevalenza di lesioni ateromasiche precoci delle arterie carotidi
nei pazienti trattati con PI. Lo studio valuterà la correlazione
tra la presenza dei fattori di rischio e la comparsa di eventi
clinici (infarto miocardico acuto, eventi cerebrovascolari),
valuterà con eco-color-doppler delle arterie carotide comune,
carotide interna e vertebrale destra e sinistra la presenza
di placche ateromasiche, nonché la loro associazione con variabili
correlate all'infezione da HIV. Recenti studi hanno inoltre
dimostrato la correlazione tra l'uso di alcuni farmaci
antiretrovirali (inibitori della proteasi, abacavir, didanosina) ed
un maggior rischio di infarto miocardico acuto, potenzialmente
correlato ad una reazione infiammatoria con conseguente disfunzione
endoteliale associate a questi regimi farmacologici . Va però
precisato che i dati a tale riguardo sono ancora contraddittori
(altri studi infatti non hanno confermato questa associazione), per
cui il regime farmacologico comprendente abacavir risulta ancora
tra i trattamenti antiretrovirali di prima linea consigliati dalle
linee-guida internazionali. Questo farmaco è infatti notoriamente
associato ad un profilo metabolico più favorevole, causando meno
spesso l'insorgenza di dislipidemia, insulino-resistenza o
lipodistrofia . Sarebbe dunque di notevole utilità valutare le
variazioni dei livelli plasmatici di alcuni marcatori di
infiammazione nei pazienti HIV-positivi che iniziano un primo
regime antiretrovirale basato sull'uso dei due inibitori
nucleosidici/nucleotidici della trascrittasi inversa oggi
maggiormente utilizzati, ovvero abacavir e tenofovir, correlando
tali variazioni all'eventuale insorgenza di eventi cardiovascolari.
Va ribadito che i due regimi farmacologici previsti nello studio
sono tra quelli attualmente consigliati nel paziente naïve dalle
linee-guida internazionali. Lo studio è volto a valutare le
modificazioni nelle concentrazioni plasmatiche di alcuni marcatori
di infiammazione (proteina C reattiva, interleuchina-6 e tumor
necrosis factor-alfa) nei pazienti con infezione da HIV naïve alla
terapia antiretrovirale e che iniziano il loro primo trattamento
antiretrovirale con lo schema efavirenz più abacavir/lamivudina o
tenofovir/emtricitabina versus i pazienti che non iniziano
la terapia antiretrovirale. Le concentrazioni plasmatiche dei
suddetti marcatori saranno valutate nei due gruppi di studio
all'inizio del trattamento e dopo 24 e 48 settimane di follow-up.
La ricerca è volta inoltre a valutare la risposta immuno-virologica
alla terapia , le modificazioni dei parametri lipidici ,
glucidici , della funzionalità renale e l'incidenza di
eventi cardiovascolari (angina pectoris, infarto miocardico acuto,
malattie cerebrovascolari) nei pazienti dei 3 gruppi durante un
periodo di follow-up di 48 settimane
Infine per quanto riguarda l'infezione da HCV molte sono
le conoscenze riguardo alla sua evoluzione nell' adulto, poche
invece sono le informazioni relative alla evoluzione di questa
patologia nel bambino e pochi sono i dati relativi alle possibilità
terapeutiche. Lo studio si propone, attraverso anche un
osservatorio epidemiologico nazionale, di ottenere prima di tutto
una panoramica della reale diffusione dell'infezione nell'età
pediatrica, di conoscere le principali modalità di acquisizione, ed
inoltre si propone di studiare l'evoluzione della malattia al fine
di instaurare anche in questa età dei protocolli terapeutici atti a
ridurre il rischio di evoluzioni severe. La ricerca in età
pediatrica è volta anche alla identificazione della reale
diffusione dell'infezione da HBV in questa popolazione e nello
sviluppo di nuovi protocolli terapeutici atti al controllo
dell'infezione da HBV. Infine tema di ricerca è quello rivolto alla
corretta razionalizzazione delle risorse cliniche e
laboratoristiche nel governo clinico dell'infezione da virus
B con particolare riferimento all'Emilia Romagna. Obiettivo
principale è ottimizzare la gestione clinica delle infezioni da HBV
attraverso la elaborazione e l'implementazione di protocolli
clinici sviluppati a partire da linee guida correnti. Il
progetto costituirà anche la base per acquisire informazioni
relative ad efficacia e tollerabilità delle terapie disponibili a
lungo termine, al di là della durata del presente progetto, nella
pratica clinica corrente.
Benchè sia ormai ben consolidato il ruolo dei virus dell'epatite
(HBV,HCV,HDV), associato o meno all'infezione da
HIV,nel determinare l'insorgenza dell'epatocarcinoma, manca ad
oggi una caratterizzazione sistematica dei fattori genetici
virali e degli elementi correlate all'ospite in grado
di modulare la progressione dell'epatite cronica verso lo sviluppo
dell'HCC. Per colmare queste lacune la ricerca , effettuata in
collaborazione con altri centri italiani, si propone di creare una
banca biologica, intesa come struttura integrata e centralizzata
per la raccolta ed archiviazione di campioni biologici di pazienti
con infezione cronica da HBV,HCV,HDV, caratterizzati dal punto di
vista clinico e patogenetico. Costituzione di un portale
centralizzato al fine di facilitare la stansardizzazione di
immagazzinamento dati, meta-analisi. Successivamente si
cercherà di definire una mappa dei marcatori genetici
virali e dell'ospite in grado di predire la progressione della
malattia e lo sviluppo di HCC ad eziologia virale.
Nell'ambito dei pazienti con malattia epatica avanzata si
conosce che i pazienti affetti da cirrosi epatica mostrano
un'aumentata suscettibilità alle infezioni sia acquisite in
comunità che correlate al ricovero in strutture sanitarie. Le
infezioni rappresentano infatti il motivo di ricovero in circa il
10% dei pazienti cirrotici ospedalizzati, mentre fino al 40% dei
pazienti ricoverti per un'altra complicanza presentano una
infezione sottostante. L'evento infezione nel paziente cirrotico
non solo è altamente frequente ma rappresenta una delle più
importanti cause di mortalità. La prognosi sfavorevole correlata
all'evento infezione ha genesi multifattoriale: è dovuta al
peggioramento della funzione epatica, all'insorgenza di
complicanze, quali insufficienza renale e circolatoria, disfunzione
cardiaca, coagulopatia, encefalopatia sino al progresivo
instaurarsi di insufficienza d'organo. La ricerca ha lo scopo di
acquisire tutte le informazioni epidemiologiche, cliniche,
microbiologiche e farmacologiche idonee a mettere a punto un
innovativo sistema di gestione della terapia antibiotica empirica e
mirata nei soggetti cirrotici, verificando la possibilità di
arrivare anche in questi soggetti a realizzare il concetto "
tailored antimicrobial therapy".
Per quanto riguarda le patologie neglette quali la
tripanosomiasi americana,è questo un problema è
particolarmente rilevante in quanto il flusso migratorio
dall'America Latina all'Italia ha subito un incremento pari a circa
il 75% negli ultimi cinque anni. Su quasi 300.000 migranti
latinoamericani presenti in Italia al 31 dicembre 2008, oltre
260.000 provenivano da aree endemiche per la malattia. A
partire dalla metodologia utilizzata da Schmunis per calcolare
la prevalenza dell'infezione nei Paesi non endemici, si è stimato
che i potenziali portatori di T. cruzi attualmente presenti
in Italia siano oltre 2.600. Se non individuate, monitorate e
trattate, tali persone possono andare incontro a gravi problemi di
salute; inoltre, esiste il rischio di trasmissione dell'infezione
per via verticale e attraverso la donazione di sangue, organi e
tessuti; infine, ogni condizione di immunosoppressione può
determinare una riattivazione e accelerazione della malattia. In
tale contesto, è importante sottolineare come in Italia non sia
stata ancora realizzata una revisione dei protocolli nazionali in
materia trasfusionale e di trapianto d'organo, sulla linea dei
recenti aggiornamenti effettuati in altri Paesi (come Spagna e
Francia). La ricerca è volta ad effettuare uno screening allargato
per la patologia indicata appare un intervento del tutto fattibile
mediante la metodologia del risk assessment, basato
sull'individuazione di variabili demografiche e/o epidemiologiche
e/o cliniche e/o bioumorali di semplice rilevazione a qualsiasi
livello assistenziale ma altresì altamente predittive, sulla cui
presenza impostare la fase successiva di indagine microbiologica
specifica. Sulla base dei risultati delle precedente ricerca,
lo studio attualmente è rivolto ad identificare anche altre
patologie neglette (S. stercoralis, T. canis, Leishmaniosi,
T. cruzi, Schsitosoma spp e filaria) e la popolazione
oggetto di reclutamento è rappresentata da soggetti immigrati da
Paesi endemici per le patologie oggetto di studio , che verrà
valutata con screening di primo livello nel corso del quale
per ognuna delle entità nosologiche trattae saranno individuate le
variabili in grado di fungere da “warning” per avviare i
soggetti alla fase di screening di secondo livello. Gli
obiettivi secondari dello studio sono : 1) Sviluppare un
osservatorio epidemiologico relativo alle patologie oggetto di
studio nella popolazione immigrata, al fine di definirne il reale
peso clinico ed epidemiologico nella realtà nazionale. 2) Dalla
puntualizzazione della realtà epidemiologica delle patologie
oggetto di studio nella popolazione immigrata, verificare la
necessità di inserire le stesse (ed a quale livello) nello
screening infettivologico facente parte del percorso gestionale del
soggetto con condizione di immunodepressione iatrogena (terapie
immunosoppressive, terapie immunomodulanti, trapianto) ovvero nello
screening microbiologico pre-donazione d'organo. 3) Aumentare la
competenza dei servizi coinvolti nella gestione della salute e
delle problematiche socio-economiche del paziente immigrato. 4)
Individuare precocemente e prendere in carico persone immigrate
affette da patologie neglette al fine di definire un corretto
percorso diagnostico e terapeutico finalizzato sia ad evitare le
possibili complicanze a medio lungo termine di tali patologie nel
singolo paziente, sia a mettere il paziente in condizioni di
sicurezza in caso sopravvenute condizioni immunodeprimenti, sia a
generare ricadute favorevoli sul rischio di trasmissione delle
stesse. 5) Migliorare l'informazione e la conoscenza dell'offerta
di servizi sanitari tra la popolazione immigrata, al fine di
implementare l'accesso ai servizi le cui principali barriere sono
rappresentate da variabili non esclusivamente sanitarie e di
generare una maggiore responsabilizzazione rispetto alla propria
condizione di salute.