Foto del docente

Francesco Vella

Professore ordinario

Dipartimento di Scienze Giuridiche

Settore scientifico disciplinare: IUS/04 DIRITTO COMMERCIALE

Temi di ricerca

Parole chiave: tutela dei creditori nuovo statuto impresa insolvenza statale etica in finanza Corporate social responsibility

 Insolvenza di uno Stato sovrano

Il tema del fallimento di uno Stato è tornato prepotentemente alla ribalta a seguito delle piu recenti politiche pubbliche di salvataggio degli istituti finanziari. Queste, sommate ad una sfavorevole congiuntura macroeconomica e al già massiccio ricorso al mercato del capitale di debito da parte degli Stati, hanno incrementato l'ammontare complessivo di indebitamento pubblico di molti governi europei fino a raggiungere livelli pericolosamente elevati.

Il rischio di mancato pagamento del debito, e quindi di una eventuale insolvenza, coinvolge ormai molti paesi dell'area euro, compresa l'Italia. Infatti ha finora colpito l'Irlanda, il Portogallo e la Grecia mentre enormi sforzi vengono compiuti a livello nazionale ed europeo per evitare il fallimento dell'Italia e della Spagna.

Con la presente ricerca ci si propone di investigare il tema della possibile insolvenza dello Stato italiano, da una duplice prospettiva. Da un punto di vista ex ante quello che rende lo studio di estremo interesse è che non vi è una possibile disciplina applicabile. Infatti, qualora l'Italia non dovesse essere in grado di ripagare i titoli di Stato in scadenza non vi è alcuna legge che ne regoli le possibili conseguenze. Piuttosto, la sovranità statale ammette la possibilità di introdurre una legge che imponga la ristrutturazione del debito ovvero che cambi la normativa che disciplina quei contratti con effetto retroattivo. In tal caso, si pongono dei delicatissimi problemi di protezione dei creditori ovvero dei possessori di quegli strumenti finanziari che trovano nel diritto societario la propria fonte principale.

Ciononostante, non sempre i titoli in questione sono disciplinati dalla legge nazionale, essendo ormai pratica diffusa quella di far riferimento alla legge di uno stato estero al fine di isolare i creditori da possibili cambiamenti legislativi (c.d. "rischio Paese").

In questo secondo caso però se si considera la materia da un'altra prospettiva, ovvero quella ex post, viene in rilievo il problema del recupero del credito da parte dei sottoscrittori dei titoli.

Nel diritto applicabile alle imprese insolventi, il creditori potrebbero rivalersi sui beni del debitore. Nel caso dello Stato però i creditori non possono "attaccare" i beni pubblici che si trovano sul territorio nazionale, nè possono rivalersi su quelli esteri. Più precisamente, quei pochi beni che si trovano all'estero (eg. sedi di ambasciate o altri edifici di rappresentanza) godono tutti di immunità e non possono quindi essere sequestrati da nessuno. Quali potrebbero essere quindi le azioni esperibili dai nostri risparmiatori?

In sintesi, la ricerca intende valutare i possibili scenari che vengono in considerazione nel caso di incapacità dello Stato italiano di ripagare i propri titoli di debito in scandenza. Il che implica da un lato un'analisi delle alternative di natura regolamentare che possono essere messe in atto dal legislatore, se vi sia un possibile ruolo della banca centrale, e quale l'impatto e la capacità di risposta del diritto societario. Dall'altro lato, si vuole investigare i rimedi che il diritto commerciale offre a tutela dei creditori danneggiati dal mancato pagamento del debito di un soggetto sovrano.

 

Corporate Social Responsibility e Etica in Finanza

 

Sul solco delle ricerche intraprese lo scorso anno accademico, e alla luce di alcuni risultati emersi, si intende continuare ad investigare il tema della responsabilità sociale di impresa.

Particolare attenzione vuole dedicarsi al settore bancario perchè è emerso essere tra i pochi che si occupano di CSR in modo strutturato e organico.

Il campo di indagine sarà questa volta quello relativo alla coerenza tra la struttura e l'attenzione alla CSR a livello di governance interna (eg. esistenza di una funzione ad hoc, ampi poteri del CSR manager, dialettica endosocietaria, ...) e di rendicontazione esterna (eg esistenza di piani di sostenibilità, bilanci sociali,certificazioni sociali, ...) e gli standard di comportamento dei manager nella gestione dell'attività di impresa.

Infatti l'adozione di comportamenti etici ha rilievo anche nelle pratiche di mercato in cui i manager di banche e di altre società operanti nel settore finanziario si trovano ad operare quotidianamente. Da un punto di vista etico, i manager dovrebbero adottare alti standard di professionalità con riferimento alla conoscenza della legge, all'indipendenza, alla manipolazione del mercato, ai doveri informativi nei confronti dei clienti e cosi via. Alcuni di questi sono già codificati nel diritto positivo, ma le più recenti cronache giudiziarie hanno insegnato che sono molti i casi in cui l'ente finanziario, e quindi i relativi resposabili, non li rispettano ovvero che non sono sufficientemente incisivi da realizzare una adeguata protezione dell'investitore.

Inoltre, vi sono casi in cui anche il supervisore, ovvero la Banca centrale, sembra voler suggerire agli enti creditizi l'adozione di stanrdard di condotta più elevati rispetto a quelli già stabiliti dall'ordinamento. Ciononostante tali orientamenti mancano di una stringente vincolatività e non sono quidi utili a sortire l'effetto voluto.

E' quindi necessario un diverso approccio al problema, che sia in grado di ottenere un preciso commitment etico da parte delle società bancarie.

Obiettivo della ricerca sarà quindi investigare lo status quo con riferimento alle pratiche adottate del nostro settore bancario e individuare possibili soluzioni di policy

 

Le nuove norme sulla tutela della libertà di impresa

 

E' di recente entrato in vigore nel nostro ordinamento il testo di legge recante "Nuove norme sulla tutela della libertà di impresa" con il quale si introduce il nuovo "statuto delle piccole e medie imprese".

Nei ventuno articoli si elencano i principi generali che caratterizzeranno il nuovo statuto dell'impresa, si definiscono i criteri ai quali l'attività regolativa si dovrà ispirare attraverso l'Air, Analisi di impatto della regolamentazione, vietando l'introduzione di nuovi oneri per le imprese se non compensati da contestuali “alleggerimenti”; si semplificano e si rendono più trasparenti i rapporti con la pubblica amministrazione, obbligando il governo a recepire la direttiva comunitaria sui ritardi nei pagamenti.
Il testo condensa quindi una serie di misure che necessitano una approfondita analisi e valutazione, anche alla luce del fatto che questo non può ancora dirsi definitivo poichè devono essere introdotti i regolamenti di attuazione.

L'idea di fondo è che riservando alle PMI un trattamento privilegiato si possa valorizzare il nostro apparato imprenditoriale che ha nella piccola dimensione il suo tratto caratteristico. Così le micro, piccole e medie imprese diventano per legge destinatarie del 60 per cento degli incentivi (con una quota obbligatoria del 25 per cento alle micro imprese) e vengono anche facilitate nell'accesso alle procedure di appalto introducendo, fra l'altro, “modalità di coinvolgimento nella realizzazione delle grandi infrastrutture” di quelle residenti nei territori dove sono localizzati gli investimenti. Viene, infine, istituito il “Garante per le micro, piccole e medie imprese” con il compito di monitorare le politiche del settore e seguire lo stato di attuazione dei diversi provvedimenti.

Ciononostante, lo sviluppo dell'apparato produttivo non può essere affidato solo alla piccola dimensione, che corre il rischio di essere produttivamente inefficiente o di essere oggetto di operazioni di fusione o acquisizione da parte di soggetti esteri. Inoltre, il pericolo di un sistema che premia la piccola e la micro impresa sulla sola base di logiche dimensionali è quello di disincentivare la crescita e lo sviluppo delle imprese che sono invece vitali per la nostra economia.

La ricerca vuole quindi valutare se nel complesso tali norme possano effettivamente contribuire a rendere il nostro ordinamento più funzionale alle attività d'impresa e a rimuovere gli ostacoli  normativi alla crescita, ovvero se non vi sia il rischio che esse rappresentino un incentivo distorto che privilegi il mancato sviluppo.