Tra XVII e XVIII secolo il potere russo si espande in direzione
dell'Asia Centrale e rivolge la propria attenzione anche all'ormai
confinante impero cinese. Nell'alternarsi continuo di diverse
politiche (espansione commerciale, trattati di alleanza con taluni
khanati, guerre e successive tregue come con il governo imperiale
mancese) la cultura russa deve spesso affidare ruoli diplomatici di
primo piano a mediatori culturali stranieri. In particolare si
segnaleranno molti italiani al servizio di Pietro il Grande e poi
di Caterina II che introdurranno nell'analisi del mondo asiatico
categorie e tradizioni di origine classica.
Queste premesse, unite ad un riesame delle matrici teologiche e
non politiche del mito di mOsca Terza Roma costituiscono uno
strumento ermeneutico imprescindibile per decodificare la recezione
delle correnti culturali che giungono in russia dall'Occidente;
tema privilegiato sarà quello del ruolo che Leibniz cerca di
assegnare a Pietro I in un ipotetici Concilio di riunificazione
delle Chiese , problema che sarà analizzato con specifico
riferimento alle riflesione di Agamben slulla Sabaticità della
funzione regioa tra Oriente e Occidente
Le conoscenze da parte russa dei sistemi politici d'Asia Centrale
cominciano a prendere organicità e concretezza dopo il difficile
periodo della smuta, quando prima i commerci e poi una rinnovata
politica espansionistica si volgono verso Est. Tra la fine del
Seicento e gli inizi del Settecento Mosca comincia a praticare una
sistematica strategia per acquisire il controllo economico e poi
politico dei maggiori khanati; anche se l'obiettivo di istituire
veri protettorati su questi ultimi si rivela prematuro e nonostante
i contestuali insuccessi militari sulla frontiera cinese, la Corte
imperiale e in senso lato l'intelligencija ad essa legata diventano
il principale punto di raccolta e di elaborazione di conoscenze sul
mondo centro asiatico e a ciò si affianca una inedita
riproposizione del percorso dell'antichissima Via della Seta; oltre
lo strumento militare spesso di ambigua efficacia, la diplomazia
diviene assieme ai commerci lo schema più plausibile di
penetrazione da parte Russa: al contrario di quanto spesso si è
scritto la bilancia commerciale tra Russia e Khanati fu subito
sfavorevole per la parte zarista e tale squilibrio crebbe in tutto
il corso dell'età moderna, ad onta della piena presa di controllo
politico sui Khanati stessi, situazione spigabile con una
deliberata scelta di ricerca di consenso presso gli strati più
attivi delle società locali. Partendo da tali premesse ci si
propone innanzi tutto di chiarire le motivazioni che spinsero la
Corte Russa ad affidare quasi integralmente a personaggi stranieri
le trattative diplomatiche ed economiche con il mondo centro
asiatico; questo interrogativo impone una attenta esegesi storica e
perfino filologica delle relazioni e del vastissimo carteggio che
soprattutto i diplomatici italiani inviati da Mosca inoltrarono
alla Corte nell'ultima parte di regno di Pietro il Grande. Poiché
inoltre in quest'area di potere zariano si scontra e si confronta
con altre due diverse concezioni della regalità, quella dei Khanati
islamici e quella dell'impero mancese, constatata la lunghezza
delle trattative per il riconoscimento reciproco delle titolature
dei vari monarchi impegnati in quest'area sembra rilevante
sottoporre ad analisi la significanza dell'interazione tra così
diverse idee di basileia e ancor più studiare la documentazione
delle sintesi operate come diplomatici delle parti in conflitto da
Gesuiti ed inviati italiani.