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Ezio Mesini

Professore ordinario

Dipartimento di Ingegneria Civile, Chimica, Ambientale e dei Materiali

Settore scientifico disciplinare: CEAR-02/D Idrocarburi e fluidi nel sottosuolo

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28 Aprile 2022 - Corsa contro il tempo (Intervista al Prof. Mesini), "La Repubblica" Bologna

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«Se la Russia arrivasse a chiudere i rubinetti non so come faremmo a rimediare». Ezio Mesini accoglie con una certa «preoccupazione» l’invito da parte della Duma di sospendere le forniture di gas ai paesi considerati «ostili», Italia compresa. Da docente di Idrocarburi e fluidi dell’Unibo e, soprattutto, presidente del Comitato Offshore (garante per la sicurezza delle piattaforme distribuite nei mari italiani), del resto, sa bene qual è la posta in gioco. «Lo scorso anno il consumo in Italia è risalito a 75 miliardi di metri cubi di gas, quest’anno secondo le stime arriveremo a 76/77 miliardi. Di questi, 29 arrivano con contratti a lungo termine dalla Russia: se davvero scattasse l’embargo, non credo che riusciremmo a supplire entro il prossimo inverno. Qualche rimedio c’è, ad esempio riempiendo i siti di stoccaggio come il grosso impianto di Minerbio. Ma il tema dei razionamenti ad un certo punto potrebbe essere inevitabile».
Mesini, non potremmo acquistare il gas da altri Paesi? Il ministro della Transizione Ecologica, Roberto Cingolani, la scorsa settimana ha detto che potremmo essere indipendenti – o quasi – dalla Russia entro la fine del 2023.
«Sarebbe già un miracolo. E comunque il tema vero sarà come fare tra qualche mese, con l’arrivo della brutta stagione. Oltre ai 29 miliardi dalla Russia, attualmente l’Italia importa via gasdotto dall’Algeria, dalla Libia e dal Nord Europa. La produzione nazionale ammonta a circa 3 miliardi, mentre altri 9 miliardi arrivano sottoforma di Gnl e devono essere rigassificati. In questo senso l’annuncio dei due nuovi impianti di rigassificazione a Ravenna e Piombino è positivo, ma non si tratta di operazioni istantanee».
Allora forse si può aumentare la produzione interna, estraendo dai giacimenti della costa romagnola?
«Anche questa non sarebbe una risposta a breve termine. Per aumentare la produzione di un pozzo già esistente ci vogliono dai 6 ai 12 mesi, mentre sui nuovi giacimenti i tempi sono superiori. Per avere incrementi considerevoli della produzione interna si parla di almeno 3 o 4 anni».
A Minerbio è presente uno degli impianti di stoccaggio più grandi d’Europa, pari a una capacità complessiva di circa 3,3 miliardi di metri cubi (fonte Snam). Che ruolo può giocare in questo scenario?
«Più in generale tutta l’Emilia-Romagna gioca un ruolo fondamentale perché ha diverse strutture di stoccaggio del gas, riserve che vengono accumulate d’estate per poi essere utilizzate d’inverno. A livello nazionale, in totale, abbiamo la capacità di mettere da parte circa 15 miliardi di metri cubi di gas: a inizio aprile è cominciata l’attività di riempimento – secondo Snam il livello medio ad oggi è di circa il 36%, ndr – che va completata entro l’autunno. E stiamo correndo il rischio di non fare in tempo».
Come mai?
«Una quota di questi depositi è riservata alle aziende municipalizzate, che al momento stanno prendendo tempo a causa del prezzo troppo alto del gas sul mercato. Proprio per questo motivo le aste per assegnare i volumi sono andate deserte».
Insomma, dobbiamo rassegnarci all’idea dei razionamenti? Pace o condizionatori, come dice Draghi?
«In caso di embargo al momento non avremmo i 75 miliardi di metri cubi necessari. Non credo che abbassare di qualche grado la temperatura possa essere la soluzione, anche perché non ci sarebbe modo di controllare. Il razionamento è un rischio concreto».