1. Il principio di pubblicità e le riprese audiovisive del
dibattimento.
2. Gli intrecci tra la procedura principale e la procedura
incidentale de libertate.
3. Principio di proporzionalità e durata della custodia in
carcere.
4. Il principio della domanda cautelare.
5. Perizia e processo penale
1. Il principio di pubblicità e le riprese audiovisive del
dibattimento.
Il principio di pubblicità dibattimentale, nato quale strumento
di controllo sull'amministrazione della giustizia, con il tempo ha
perso gran parte della sua originaria rilevanza di garanzia anche
soggettiva, tanto che l'imputato può oggi considerare l'assenza di
pubblicità caratteristica di determinati riti speciali (in
primis il giudizio abbreviato) quale mediato effetto premiale,
scegliendo di evitare il dibattimento proprio per tutelare maggiore
riservatezza nella celebrazione del processo a proprio carico. Alla
luce di questa constatazione, sembra oggi importante riconsiderare
i rapporti tra riservatezza (delle parti private come pure dei
testimoni) e pubblicità dibattimentale, onde valutare se la
soluzione adottata dal codice realizzi un equo compromesso, specie
considerando che la pubblicità processuale si lega
indissolubilmente al diritto di cronaca (attiva e passiva).
Nell'ambito di tale ricerca, che si concentra in primis
sull'analisi del dibattimento a porte chiuse (cui peraltro non
corrisponde un'adeguata tutela sul versante dei limiti alla
pubblicazione degli atti del processo, comunque divulgabili nel
loro contenuto), merita approfondimento la disciplina delle riprese
audiovisive del dibattimento, onde cogliere eventuali profili di
perfettibilità dell'art. 147 disp. att. c.p.p. In particolare,
oltre alla necessità di sanare un evidente difetto di coordinamento
con l'art. 472 c.p.p., sembra necessario interrogarsi
sull'opportunità di mantenere la distinzione tra processi oggetto
di rilevante interesse sociale e processi che non sono oggetto di
tale tipo di interesse. Si tratta infatti di una distinzione
contraddittoria, posto che l'interesse (che meglio sarebbe stato
definire «pubblico» piuttosto che «sociale» come fa l'art. 147
disp. att.) alla conoscenza del processo dovrebbe caratterizzare,
per definizione, ogni dibattimento penale.
2. Gli intrecci tra la procedura principale e la procedura
incidentale de libertate.
Questo filone di ricerca si concentra sui recenti sviluppi nei
rapporti tra procedimento principale e procedimento di merito; i
rapporti tra le due diverse procedure, caratterizzati
dall'operatività del cosiddetto principio di assorbimento, hanno
sempre stimolato il dibattito attorno all'individuazione delle
decisioni, emesse in seno alla procedura principale, idonee ad
assorbire la valutazione circa la sussistenza dei gravi indizi di
colpevolezza; emblematica, in proposito, la vicenda del decreto che
dispone il giudizio, dato che a più riprese (in conseguenza delle
successive modifiche che hanno investito la regola di giudizio
dell'udienza preliminare) è stata riproposta l'operatività di una
preclusione in ordine alla valutazione ex art. 273 c.p.p.
una volta deciso l'approdo al dibattimento.
Se questo è un fronte tradizionale del dibattito (che ha
peraltro trovato una risposta ormai definitiva da parte delle
Sezioni unite), con l'introduzione della cosiddetta «richiesta
coatta di imputazione» la questione si pone anche nella prospettiva
inversa: il trend, inaugurato con l'innesto dell'art. 405
comma 1 bis, si è irrobustito con l'introduzione del
giudizio immediato custodiale ad opera del legislatore del 2008.
Oggi la ricerca si colora dunque di implicazioni inedite, specie
alla luce della declaratoria di illegittimità costituzionale che ha
espunto dall'ordinamento l'art. 405, comma 1 bis, c.p.p., in
particolare per cogliere in che modo la pronuncia della Corte
costituzionale possa riverberare i propri effetti sulla disciplina
della nuova forma di giudizio immediato.
3. Principio di proporzionalità e durata della custodia in
carcere.
Questo filone di ricerca intende approfondire l'operatività del
principio di proporzionalità con specifico riferimento alla durata
della custodia cautelare in carcere. In particolare, si tratta di
chiarire se la previsione normativa di limiti di durata massima
della custodia cautelare in carcere escluda la possibilità, per il
giudice, di valutare discrezionalmente la proporzionalità della
restrizione della libertà personale (valutata con riferimento alla
sua estensione cronologica) rispetto alla «gravità del fatto e
l'entità della pena che sia stata o si ritiene possa essere
irrogata» (così si esprime l'art. 275 comma 2 c.p.p.). A ben
vedere, la previsione della caducazione ex lege della misura
cautelare per sforamento dei limiti di durata massima della
custodia non deve escludere la possibilità, per il giudice, di
revocare il presidio cautelare anche prima dello spirare dei
termini: il riconoscimento di tale forma di discrezionalità, che
peraltro opera in bonam partem, deve infatti ritenersi
riconducibile al principio del favor libertatis.
4. Il principio della domanda cautelare.
Al di là delle ragioni di carattere sistematico, il motivo anche
concreto della rilevanza di uno studio sulla domanda cautelare
emerge solo che si pensi agli effetti pragmatici, concreti,
dell'esercizio dell'azione cautelare: l'azione cautelare innesca un
meccanismo che può portare agli stessi effetti cui tende l'azione
penale. Anzi, molto spesso è alla sola azione cautelare che
consegue la restrizione della libertà personale dell'imputato. I
parallelismi tra questi due necessari atti d'impulso del pubblico
ministero sorgono, quindi, spontanei (anche perché va trascurato
che, stando alla direttiva n. 36 della legge delega, di fatto
rimasta sulla carta, la richiesta di applicazione di una misura
cautelare avrebbe dovuto determinare l'acquisizione dello
status di imputato in capo al soggetto sottoposto a
procedimento penale). Il parallelismo con l'azione penale
suggerisce di verificare l'applicabilità di alcune categorie
tradizionalmente riferite a tale atto anche all'azione cautelare,
onde comprendere se anche questa sia declinabile in termini di
obbligatorietà e di irretrattabilità. Inoltre, lo studio della
domanda cautelare è particolarmente fecondo poiché impone
all'interprete la necessità di ragionare sulla possibilità di
individuare o meno dei requisiti necessari della richiesta
dell'art. 291 c.p.p., pur nel totale silenzio serbato dal
legislatore.
5. La perizia.
Il tema di ricerca è quantomai attuale, specie alla luce della
sempre più pesante indicenza degli accertamenti peritali
sull'accertamento processuale. L'assenza di studi monografici in
tema (con particolare riferimento ai profili dinamici della
disciplina dettata dal codice di rito) rendono particolarmente
proficui l'approfondimento di questo oggetto d'indagine.