Le linee di ricerca principali prevedono l'analisi della diversità
genetica esistente nelle specie animali di interesse zootecnico. Le
differenze genetiche esistenti tra le razze allevate in Italia e/o
cosmopolite vengono valutate analizzando la variabilità presente a
livello del DNA, sia genomico che mitocondriale.
Per quanto
riguarda lo studio della variabilità presente nel genoma nucleare
sono utilizzati dei marcatori microsatelliti e/o SNP specifici per
ogni specie, che permettono di stimare le distanze genetiche
esistenti tra le razze.
Lo studio del DNA mitocondriale viene
eseguito sequenziando la regione D-loop che contiene la maggioranza
dei polimorfismi esistenti nell'intero genoma mitocondriale oppure il DNA mitocondriale completo. Il
sequenziamento è condotto su un tratto di DNA amplificato usando
coppie di primer specifici per ogni specie. L'individuazione
dell'aplotipo di ogni animale consente di effettuare un confronto
individuale e tra le diverse razze.
L'attività zootecnica degli ultimi decenni è stata prevalentemente
orientata verso un tipo di azienda specializzata, rappresentato
essenzialmente dall'allevamento di razze cosmopolite che, grazie
alle elevate produzioni quantitative, si sono progressivamente
affermate acquisendo un netto predominio numerico. Le razze locali,
caratterizzate da attitudini produttive più diversificate, sono
state così abbandonate in maniera sempre più marcata e hanno subito
una progressiva diminuzione della loro consistenza numerica: molte
si sono estinte, altre sopravvivono in gruppi ristretti e in alcuni
casi rischiano l'estinzione.
L'importanza della biodiversità degli
animali in produzione zootecnica è oggi ampiamente riconosciuta,
come dimostrano i programmi di conservazione messi in atto a
livello mondiale dalla FAO e a livello nazionale da diversi Paesi.
I motivi che spingono a preservare la biodiversità degli animali
zootecnici sono di ordine culturale, biologico e zootecnico.
Le
popolazioni animali autoctone sono un importante segno della storia
e della cultura delle popolazioni rurali, rappresentano un
materiale insostituibile per la ricerca scientifica nel campo della
genetica e della etnologia poiché costituiscono una combinazione di
geni non più ricostruibile una volta perduta, frutto di un lento
processo selettivo, che le ha adattate ad un particolare sistema
produttivo. Razze fino a poco tempo fa ritenute di poco valore sono
in grado di soddisfare meglio eventuali cambiamenti nelle esigenze
dei consumatori e negli standard qualitativi dei prodotti di
origine animale, determinati da nuove conoscenze nel campo della
nutrizione, da variazioni nelle abitudini alimentari,
dall'affermarsi di nuovi stili di vita o da cambiamenti dettati da
vincoli di carattere ambientale (come i cambiamenti climatici) ed etico.
Per poter impostare un
programma di salvaguardia di queste razze/popolazioni, è necessario
intraprendere ricerche che permettano di conoscerne la struttura
genetica. Per questi studi si usano prevalentemente tre tipi di
marcatori genetici: i microsatelliti, gli SNP e i polimorfismi del
DNA mitocondriale. I primi due sono utili per la stima della
variabilità genetica, della consanguineità e per l'analisi di
paternità. I polimorfismi del DNA mitocondriale vengono invece
utilizzati per la caratterizzazione delle linee femminili. Le linee
di ricerca principali riguardano l'analisi della variabilità
genetica del DNA nucleare tramite l'impiego dei microsatelliti e
degli SNP e lo studio delle differenze di sequenza che si
individuano nella regione D-loop del DNA mitocondriale.
Le ricerche
sono condotte su alcune delle principali specie allevate: bovino,
suino, cavallo, asino, pecora, capra, ma anche tacchini, colombi, cani, considerando sia razze
autoctone italiane, che razze cosmpolite.
L'analisi dei
microsatelliti e degli SNP consente di calcolare le frequenze
alleliche per ogni locus, l'equilibrio genetico della popolazione
secondo Hardy-Weinberg e il grado di variabilità genetica della
popolazione, misurabile attraverso il coefficiente di
consanguineità, l'indice di eterozigosità e il Polymorphism
Information Content. Inoltre, vengono calcolate le distanze
genetiche e si arriva alla costruzione di alberi filogenetici,
mettendo così in evidenza le relazioni esistenti tra le diverse
razze.
Lo studio del DNA mitocondriale viene diretto principalmente
sulla regione D-loop che contiene la maggioranza dei polimorfismi
esistenti nell'intero genoma mitocondriale, ma anche su altri geni o sull'intera sequenza mitocondriale.
L'individuazione dei singoli polimorfismi consente di evidenziare
l'aplotipo di ogni animale che viene poi utilizzato per effettuare
confronti, sia tra individui, che tra le razze. Anche in questo
caso, vengono calcolate le distanze genetiche e si arriva alla
costruzione di alberi filogenetici.