1) La storia del socialismo italiano ed europeo, con particolare attenzione al metodo biografico, alle scansioni generazionali e agli studi di genere;
2) gli ordinamenti e gli statuti dell’associazionismo popolare laico e cattolico nei secoli XIX-XX;
3) le forme dell’intervento sociale e pedagogico e il lavoro di comunità nell’Europa dell’entre-deux-guerres e del secondo dopoguerra;
4) le autonomie locali e i “territori della politica” nell’Italia contemporanea;
5) la crisi del welfare state, il Terzo settore e la sussidiarietà tra XX e XXI secolo;
6) alcuni aspetti della storia istituzionale e sociale del regime fascista, quali l’amministrazione delle biblioteche, lo sviluppo degli istituti tecnici industriali e i canali amministrativi della persecuzione antiebraica.
Alcune considerazioni sul percorso di ricerca
La mia attività di ricerca ha seguito vari temi strettamente
correlati. In primo luogo la storia del socialismo italiano ed
europeo, cui si collegano sia lo studio dell'associazionismo
popolare laico e cattolico tra Otto e Novecento, sia le forme
dell'intervento sociale ed educativo nel secondo dopoguerra. Non
mancano, però, interessi che si distinguono da questo blocco
socialismo-associazionismo-intervento sociale, ad esempio
l'indagine di alcuni aspetti della storia politico-istituzionale
del ventennio fascista e dell'Italia repubblicana. Per quanto
riguarda il fascismo, ricordo il lavoro sull'amministrazione
bibliotecaria (intrapreso durante gli studi post-dottorato presso
la Scuola speciale per archivisti e bibliotecari di Roma e concretizzatosi con la pubblicazione, nel 2016, della monografia Le biblioteche nell'Italia fascista); quello
sugli istituti tecnici industriali (svolto nel corso della
collaborazione al progetto “Bologna: Una città per gli archivi”,
che mi vide impegnato tra il 2007 e il 2011 a riordinare il fondo
documentario degli Istituti Aldini-Valeriani); e ancora la ricerca
sui canali amministrativi della persecuzione antiebraica, dove
l'applicazione della legislazione antisemita è studiata dalla
visuale del rapporto tra centro e periferia all'interno della
macchina politica e amministrativa del regime. Per quanto riguarda,
invece, l'Italia repubblicana mi sono dedicato soprattutto allo
studio del sistema delle autonomie locali e dal ruolo giocato dai
partiti politici nei confronti delle autonomie.
La mia produzione è sicuramente caratterizzata dai lavori di
tipo biografico e quindi dai libri sull'intellettuale anarchico
Camillo Berneri (FrancoAngeli, 2004), su uno dei massimi esponenti
del riformismo italiano ossia Alessandro Schiavi (Clueb, 2008,
premiato dalla Sissco nel 2009) e sulla pedagogista svizzera Margherita Zoebeli (Viella, 2015). Un taglio diverso hanno però la
monografia sugli ordinamenti del mutuo soccorso in Romagna (Clueb,
2008), ricerca che ricevette il Premio Piancastelli a Forlì, e
altri lavori, monografici e non, dedicati alle culture delle classi
subalterne e alla storia politico-istituzionale di città, comuni e
territori.
Le edizioni critiche di carteggi, diari e scritti scelti
attraversano molti temi della mia ricerca e, in particolare, la
ricostruzione di vicende biografiche e generazionali interne alla
storia del socialismo. Alla pubblicazione della biografia di
Alessandro Schiavi, ad esempio, sono arrivato passando attraverso
un lavoro di anni dedicato alla curatela dei suoi carteggi e dei
suoi diari (Lacaita, 2003-2004), e all'inventariazione e
digitalizzazione di una parte del suo archivio. Qualcosa di simile
è avvenuto nei miei studi sulla famiglia Berneri e, dunque,
sull'esperienza e le reti dell'esilio antifascista (il riferimento è all'antologia di scritti e carteggi dedicata a Giovanna Caleffi Berneri, Un seme sotto la neve, Biblioteca
Panizzi, 2010). Le edizioni critiche, per altro, sono centrali nel
disegno complessivo della mia attività di ricerca: ricostruzione e
interpretazione cercano sempre di ancorarsi a un paziente lavoro di
scavo su varie fonti d'archivio e su testi a stampa di difficile
reperibilità.
Appartengo a una generazione che ha vissuto, negli anni della propria formazione, la crisi dei partiti e
delle loro ideologie. La
fine dei partiti della “Prima repubblica” ha segnato il progressivo esaurirsi di un canone storiografico fino ad
allora particolarmente fortunato in Italia: la storia dei (propri)
partiti, ovvero una storiografia spesso ispirata o suggerita dalle
strutture partitiche. Di fatto, molto raramente ci si occupava di
una tradizione ideologica, di un partito politico o della biografia
di un capopartito da “estranei”. Da questa fase di passaggio è scaturita una nuova stagione di
studi, apertasi grosso modo tra anni Novanta e Duemila, che ha
visto attenuarsi l'interesse, a lungo prevalente in Italia, per gli
apparati politici e le organizzazioni di massa, lasciando spazio al
recupero di percorsi biografici e di esperienze politiche fuori, o
ai margini, della tradizionale dimensione partitica: storie
individuali, reti amicali e di reciproco sostegno che fino a pochi
anni prima erano state sostanzialmente dimenticate; autori, riviste e ambienti militanti del XIX e XX secolo a lungo marginalizzati dai classici del marxismo perché "eretici" o "eccentrici".
Al tramonto dell'approccio politico-partitico (la storia
politica fatta sub specie di storia dei partiti) ha
corrisposto la scelta sempre più frequente del metodo biografico,
che non aveva fino a quel momento forti tradizioni nella
storiografia del nostro paese. Si compì, insomma, un passaggio
dalle “strutture” agli “attori”.