Foto del docente

Andrea Zanotti

Professore ordinario

Dipartimento di Scienze Giuridiche

Settore scientifico disciplinare: IUS/11 DIRITTO CANONICO E DIRITTO ECCLESIASTICO

Temi di ricerca

A partire dal secolo XI fino alla formazione degli Stati moderni, la Chiesa è l'unica a legiferare sul matrimonio. Il secolo dei Lumi segnerà la fine di tale monopolio e la divaricazione dei modelli matrimoniali, civile e canonico. La ricerca si muove lungo due direttrici: da un lato ripercorrendo criticamente quelle tappe che, nell'età della Controriforma, hanno condotto alla giuridicizzazione del matrimonio culminata nella rigida architettura disegnata dalla codificazione canonica del 1917; dall'altro proponendo un ripensamento dell'insegnamento del Concilio Vaticano II e delle strutture, più propriamente giuridiche, che la codificazione latina del 1983 ha disegnato in materia matrimoniale. Su queste basi la ricerca si propone di elaborare nuove ipotesi ricostruttive e di indagare le possibili prospettive del matrimonio canonico, interrogandosi sulla stessa sopravvivenza dell'istituto matrimoniale e dei divieti dettati dal tabù del sangue negli ordinamenti a base religiosa.

Tale pista di indagine apre al più vasto tema del sangue e delle sue accezioni antropologiche e giuridiche dentro allo ius Ecclesiae. Non solo dunque il tema che dal matrimonio si allarga ad indagare i divieti basati sul vincolo del sangue, ma anche il recupero di tutto il retroterra simbolico che sostanzia sia il sacramento eucaristico sia il rispetto per l'intangibilità della persona ed il conseguente divieto di versare sangue umano. Il diritto, la liturgia e la teologia divengono così tasselli di un grande mosaico nel quale prende forma la cultura della societas christiana, che innerva modelli di comportamento  incidenti fin nei gesti della quotidianità e popola l'affresco della Ecclesia triumphans delle reliquie e del sangue dei martiri.

La razionalizzazione e la personalizzazione progressiva promosse dalla Chiesa nell'interpretazione sia della realtà psico-fisica del matrimonio sia del retroterra antropologico concernente i tabù del sangue hanno costretto il diritto canonico a fare i conti con l'incidenza delle nuove scienze - soprattutto con quelle della psiche - emerse nel corso del Novecento. L'indagine sull'influsso esercitato per un verso dalle tecnoscienze e per altro verso dalla psicanalisi sullo ius Ecclesiae apre una nuova pista d'indagine che si vuole perseguire.

Proprio il confine sottile che segna l'incidenza delle scienze entro il recinto del diritto, e del diritto canonico matrimoniale in specie, fa emergere come, giorno dopo giorno, sia proprio il dato giurisprudenziale ad accogliere varianze significative nell'ordinamento giuridico. Per quanto riguarda, in questa prospettiva, il matrimonio canonico, è del tutto evidente come l'esame della giurisprudenza rotale sviluppatasi nel corso del Novecento e dei primi anni del terzo millennio, rivesta un'importanza capitale per disegnare l'evoluzione di un diritto che si è progressivamente aperto alle istanze introdotte da epistemi scientifiche del tutto spurie rispetto alle coordinate metagiuridiche sulle quali appoggia il diritto della Chiesa.

In realtà, e a ben vedere, ci si accorge di come la Chiesa stessa viva oramai in una temperie culturale circostante dominata da un ritorno al paganesimo trainato dall'evoluzione tecnica ma, più ancora, dai sistemi di comunicazione. Non è certo un caso che i temi oggi dominanti nella scienza canonistica mostrino delle ricorsività sorprendenti con quelli dibattuti al tempo della Chiesa nascente.  

Più in generale, il tema di un ritorno alle origini tocca non solo il cristianesimo, ma anche le altre confessioni religiose, in specie quelle più dogmaticamente strutturate: vale a dire l'ebraismo e la religione musulmana. Questa pista di indagine si sdoppia in due direzioni ben distinte: la prima riguarda lo spazio di sopravvivenza del sacro e soprattutto le spinte fondamentaliste che in esso si affacciano; la seconda concerne le modalità con le quali le entità statuali, esaurito il processo di secolarizzazione, interpreteranno il diffuso bisogno del sacro che ancora si avverte.

Il problema centrale diventa, di prospettiva, un problema narrativo: ed è interessante andare a ricercare le ricorsività che nelle letterature si rinvengono allorquando trattano - come avviene negli universi poetici, ad esempio - dei temi connessi alla condizione umana ed al suo perpetuo interrogarsi in ordine alle ragioni ultime della storia. Così, allo stesso modo, i diritti a base religiosa non possono abbandonare al dominio del diritto privato le decisioni riguardanti il mistero dell'esistenza che, nella loro visione, assumono sempre una dimensione collettiva.

In questa prospettiva, dunque, essi hanno saputo fondare una mirabile composizione tra la dimensione pubblica e quella privata. Se oggi la parabola del principio di eguaglianza sembra essere arrivata, nei diritti statuali, al massimo della sua espansione, ciò che invece sembra interrogare il nostro universo giuridico nel prossimo futuro sta insito nella domanda di tutela delle identità e delle diversità, insidiate da una omologazione ormai dominante. 

Di qui un rinnovato interesse per alcuni principi tipici dell'universo canonistico, primo fra tutti quello della inaequalitas. La diversità funzionale di ruoli ai quali ogni soggetto di diritto dell'ordinamento è chiamato, fonda l'ineguaglianza dei suoi membri, cui va nondimeno riconosciuta una pari e impreteribile dignità. 

Questa ispirazione si riflette in molti aspetti peculiari, e in modo non secondario sul principio di responsabilità.  Nei diritti statuali esso tende ad aprirsi ad una nozione lata di responsabilità oggettiva; nello ius Ecclesiae esso non rinuncia a manifestarsi quale espressione di un diritto dove l'uomo non può cessare di essere individuato come il dominus delle proprie azioni.



La ricerca, che prosegue sul terreno di indagine individuato dallo scrivente fin dallo scorso anno, ha per oggetto il matrimonio canonico, la sua attualità e la sua evoluzione nella realtà contemporanea, dominata da modelli di organizzazione sociale e familiare assai diversi da quelli proposti dalla tradizione cristiana. La divaricazione tra esercizio della sessualità umana e procreatica porta al cambiamento netto, nella percezione generale di istituti, quali quelli del matrimonio e della famiglia, sia nel campo dei diritti secolari che nel campo dei diritti a base religiosa. Per quanto concerne lo specifico del diritto canonico, diviene urgente verificare il grado di resistenza delle categorie normative che informano l'istituto del matrimonio canonico ai valori dell'indissolubilità e della procreazione. Si può ancora parlare di fini e proprietà del matrimonio come se ne è parlato sino ad ora? La teoria degli impedimenti o la casistica dei vizi del consenso risponde ancora alle esigenze, soggettive o collettive, di una società complessa? Qual è oggi il rapporto fra matrimonium in fieri e matrimonium in facto esse, e cioè, per traslato, tra rapporto di coppia e famiglia alla quale esso dovrebbe dare origine? Le domande che sono sottese al disagio di civiltà che stiamo vivendo (e che concernono ormai il quotidiano di tutti) implicano una ridefinizione del corpo, della sessualità, dei legami di parentela e filiazione. Queste problematiche investono anche gli altri ordinamenti giuridici a base religiosa soprattutto per quel che concerne la regolamentazione del sangue e degli impedimenti che da essa derivano. Il tema del sangue è dunque centrale per orientare una larga parte della riflessione in materia matrimoniale. Queste problematiche tendono ad investire temi collegati: il sistema successorio e le previsioni normative che riguardano le moderne policy sia degli Stati che della Chiesa cattolica. Come rispondono il diritto matrimoniale canonico, ebraico ed islamico? Con quale strumentazione giuridica e metagiuridica, con quale capacità di riattualizzare il loro nucleo irrinunciabile e di declinarlo rispetto a questi nuovi bisogni e disagi? La ricerca, che non può prescindere da uno studio preliminare interdisciplinare, si appunterà poi su un ripensamento complessivo delle direttrici propriamente giuridiche del matrimonio canonico così come delineato dalla nuova codificazione del 1983 e dall'evoluzione della giurisprudenza degli ultimi quindici anni. Il punto d'arrivo è rappresentato da una sintesi che apra ad una comprensione originale di questo comparto delicato e fondamentale del diritto della Chiesa da rappresentare in un lavoro monografico appositamente dedicato. Sul versante delle realtà secolari, attraverso la raccolta e lo studio dei più rilevanti contributi della dottrina, della giurisprudenza di merito e di legittimità nonché delle prospettive de iure condendo, troverà spazio un ripensamento complessivo della normativa (per il vero frammentaria e non poco confusa) che regola e disciplina - in Italia - la materia del matrimonio religioso con effetti civili.

Proprio partendo dal peso che i tabù del sangue hanno nell'economia del modello matrimoniale canonico, prende corpo una linea di riflessione  che intende indagare in termini più generali la centralità della nozione di "sangue" dentro l'ordinamento della Chiesa. Tale immagine - che celebra proprio nel sangue del sacrificio di Cristo la propria fondazione eucaristica - si staglia in primo piano nella edificazione di tutto l'edificio cristiano. La nuova alleanza tra Dio e gli uomini celebrata sull'altare del sacrificio implica, sin dal tempo delle origini della Chiesa, il rifiuto della guerra e della violenza: rifiuto che si incarna, per quel che riguarda nello specifico il ceto clericale, nel divieto di impugnare le armi e nella impossibilità di partecipare ai processi che implicano l'irrogazione della pena capitale. Ma è tutta un'antropologia, normata dal diritto, che si disegna sui divieti segnati dal sangue: dalle prescrizioni alimentari all'impurità della donna nel suo rapporto con la ritualità, dalle liturgie del sangue alla incontaminazione che deve caratterizzare i luoghi sacri. Da ultimo, come noto, il diritto canonico investe anche l'ordine dei rapporti tra la terra e il cielo: ed è qui che il sangue attinge la sua dimensione gloriosa nel momento della resurrezione e nel trionfo dei santi e dei martiri che si staglia oltre  la soglia dell'ultimo giorno.

L'emancipazione progressiva dal regno dell'alchimia e della magia  perseguita dalla Chiesa proprio per rendere credibile il suo rapporto con le realtà oltremondane apre all'ingresso delle nuove scienze dentro il recinto segnato dal diritto. Attraverso l'interpretazione del sangue e dei suoi tabù - non ultimo quello che colora di rosso martiri e santi - sono le scienze mediche e fisiche a fare il loro ingresso, assai contrastato in passato, nell'universo culturale e giuridico tipico del diritto canonico. Questo dato di realtà si è esteso assai rapidamente fino ad investire tutta la materia matrimoniale toccata in maniera non secondaria nella sua evoluzione, sia giurisprudenziale che normativa, dai progressi della scienza medica e dall'avvenuta affermazione delle scienze della psiche. Fino a partire dagli anni Trenta una lunga teoria di pronunce giurisprudenziali hanno scavato nella direzione di rendere possibile la cittadinanza della psichiatria e della psicologia nei ragionamenti giudiziari volti a definire la validità o non di un determinato matrimonio canonico. Questo indirizzo ha subito una notevolissima accelerazione dopo gli anni Sessanta tale da determinare mutamenti profondi nell'interpretazione dello ius Ecclesiae aprendo così la strada a quelle trasformazioni segnate dal Concilio Vaticano II e raccolte, in una nuova impostazione personalista, in tutto il nuovo Codice di Diritto Canonico del 1983 e soprattutto nel canone 1095. Tale direzione d'indagine costituisce dunque un ulteriore tassello teso ad arricchire l'indagine relativa sia al matrimonio nell'età della tecnica sia al quadro interpretativo di un'antropologia cristiana, legata al sangue ed ai suoi significati simbolici, che sta mutando di segno nel tempo presente.

La stella polare di riferimento per chi voglia ricostruire un profilo credibile del percorso suindicato, non può solo limitarsi all'esame analitico di qualche sentenza di un tribunale ecclesiastico: egli deve prendere in considerazione  in un arco lungo di tempo la parabola disegnata dal tribunale di riferimento che, nella massima competenza matrimoniale, non può che essere individuato nel Tribunale della Rota romana. Esaminando le sentenze emanate già nei primi decenni  del Novecento ci si avvede dello spostamento di un asse di riflessione che comincia a muoversi da un luogo eminentemente teologico ad una sensibilità antropologica via via più accentuata: fino ad accogliere progressivamente, ai fini della nullità, disagi di ordine psicanalitico e medico tali da impedire il corretto dispiegarsi del matrimonio in facto esse. Lo stesso magistero pontificio, nel secondo dopoguerra, incentiva l'utilizzo peritale degli strumenti elaborati dalla psicanalisi e dalla psicologia, dando così origine ad un nuovo allargamento dell'indirizzo della Rota. Il tema diviene sensibile a partire dagli anni Sessanta: anni nei quali le scienze della psiche umana imboccano indirizzi spesso incomponibili con la visione tipica dell'antropologia cristiana. Questa discrepanza provoca uno sbilanciamento del sistema in senso divorzista che ha sollecitato ulteriori interventi del magistero pontificio in chiave restrittiva. Lo studio di questo tema diventa paradigmatico rispetto alla tendenziale inconciliabilità tra la tradizione teologica della Chiesa e l'evoluzione contemporanea delle tecnoscienze. 

D'altronde questo assunto investe considererazioni  di profilo assai generale, trovandosi la Chiesa a dover fare i conti con l'affermazione di una civiltà che non solo non riconosce il sacro come principio fondante ma che tende a liquidare le vecchie culture di provenienza attraverso un oblio promosso e interpretato dai sistemi di comunicazione di massa. Per la prima volta, dunque, dal suo apparire nella storia, la Chiesa torna a fare i conti con un paganesimo aggressivo che la costringe a mettere in discussione alcuni pilastri del suo procedere antropologico non meno che istituzionale.  I temi che toccano il celibato ecclesiastico, la questione femminile e, più in generale, la famiglia generata dal matrimonio rappresentano solo degli avamposti sui quali la Chiesa si trova oggi ad affermare in maniera contrastata la propria visione del mondo. Ad essa si pone un'urgenza educativa, come la catechesi si poneva agli esordi, dal momento che le domande intorno alla vita e alla sua trasmissione non meno che quelle intorno alla cessazione della vita e all'eutanasia rappresentano solo ambiti di una visione più ampia che si sta affermando al di fuori di una percezione religiosa. La Chiesa non potrà che interpretare in continuità la sua storia ricollegandosi ad un tempo, quello delle origini, al quale l'età della tecnica sembra volerla ricondurre.

Emerge in maniera sempre più chiara il distinguo tra chi propugna una visione religiosa del mondo e chi la esclude: e per questa ragione la ricerca di un dialogo interconfessionale ed interreligioso potrà conoscere nel prossimo futuro nuovi sviluppi. Vi è dunque in prospettiva  un orizzonte che abbraccia un destino condivisibile tra le famiglie cristiane, l'ebraismo e la religione musulmana. Il dato comune nella presente fase storica è il manifestarsi con forza in queste fenomenologie religiose di una tendenza fondamentalista volta a marcare il profilo identitario che il processo di globalizzazione in atto tende viceversa a sbiadire. D'altro canto le entità statuali, in una secolarizzazione ormai conclusa, hanno preso definitivamente il posto occupato dalle religioni nei processi educativi e di welfare ponendosi così il problema di quali spazi gli Stati e gli ordinamenti sovranazionali, nella loro ispirazione laica, possano ancora riservare alle esplicazioni del sacro.

In questa ottica va notato come il bisogno di affrontare la dimensione misterica dell'uomo sia stato evaso, nella civiltà postmoderna, anche dalla letteratura e dalla poesia; ed è in questo senso che risulta assai interessante lo studio del collegamento tra poesia e diritto così come affiora nel mondo ideale tracciato da Giacomo Leopardi. In quell'ispirazione lirica sono già inscritte le sorti del diritto pubblico e l'estensione di una sfera privatistica che solo nella contemporaneità ultima sembra toccare il suo apice. Già in questo senso la figura di Giuseppe Caputo, Maestro dello scrivente, aveva fornito degli spunti di straordinario rilievo che non possono esser lasciati cadere. La sollecitazione verso una nuova espansione del comparto privatistico non può tuttavia assorbire la valenza normativa di quelle "zone di grigio" chiamate oggi a regolamentare le fasi di inizio e fine della vita. I diritti a base religiosa non possono infatti abbandonare al dominio del diritto privato le decisioni riguardanti il mistero dell'esistenza che, nella loro visione, assumono sempre una dimensione collettiva.

I confini tradizionali tra diritto pubblico e diritto privato sono stati ormai valicati nel contesto dei diritti secolari, e si assiste ad una tendenziale, forte espansione della sfera privatistica, più versata ad interpretare sia la libera volizione soggettiva con il corredo dei suoi diritti, sia la progressiva deregulation imposta da una produzione e circolazione delle merci sempre più invasiva e globale.  Viceversa, i diritti a base religiosa, ed il canonico in particolare, si segnalano, nella loro storia millenaria non meno che nella loro vigente positività, come ordinamenti che hanno saputo fondare e cogliere una mirabile composizione tra la dimensione pubblica e quella privata: consentendo uno sviluppo armonico di ogni singola personalità chiamata ad esprimersi compiutamente in una storia collettiva e in un contesto comunitario.

In questa prospettiva, mentre si può affermare che i diritti secolari si sono evoluti – ed oggi evolvono traendo le conseguenze ultime e radicali dai loro principi ispiratori – sul principio di eguaglianza, i diritti a base religiosa in generale  (e quello canonico in specie)  poggiano le loro fondamenta sull'idea di inaequalitas: cioè di un ontologico ed irriducibile principio di individuazione che caratterizza ogni uomo, chiamato ad esistenza per occupare uno spazio non fungibile dentro ad una “economia della salvezza”. La conseguente diversità di ruoli ai quali ogni soggetto di diritto dell'ordinamento è chiamato, fonda l'ineguaglianza dei suoi membri, cui va nondimeno riconosciuta una pari e impreteribile dignità. Tutto ciò fonda un modello giuridico/istituzionale non lontanamente riconducibile a quello tipico delle organizzazioni statuali, basato non sul principio di eguaglianza, ma sul riconoscimento di una diversità  funzionale che si riverbera sulla vita e sui destini di ciascun fedele rendendone unica la sua impronta. 

Questa ispirazione si riflette in molti aspetti peculiari del diritto canonico, e in modo non secondario sul principio di responsabilità. Esso può essere traguardato oggi come una spia sensibile e significativa per comprendere i mutamenti in atto. E se nei diritti statuali esso tende ad aprirsi ad una nozione lata di responsabilità oggettiva nella quale inevitabilmente si rispecchia il dislocarsi atopico dei principi decisionali che presiedono l'attuale organizzazione economico-istituzionale, nello ius Ecclesiae esso non rinuncia a manifestarsi quale espressione di un diritto antropologicamente orientato dove l'uomo – come risulta chiaro dalla teoria morale e giuridica dell'actus humanus -  non può cessare di essere individuato come il dominus delle proprie azioni.