Le infezioni da Campylobacter rappresentano un importante
problema di salute pubblica con notevole impatto socio-economico
nell'Unione Europea. Il consumo di carne di pollo rappresenta la
causa più frequente di infezione nell'uomo. La contaminazione
superficiale delle carni si realizza principalmente durante la
macellazione degli animali.
I più recenti atti normativi a livello europeo sulla sicurezza
alimentare individuano nel controllo di filiera l'approccio più
efficace per garantire la salubrità degli alimenti per l'uomo,
identificando nella produzione primaria un punto cardine per la
sorveglianza ed il controllo.
Gli studi sono orientati all'individuazione di strategie volte
al controllo della crescita di diversi ceppi di
Campylobacter in allevamento. In questo ambito si articolerà
la presente ricerca che si propone di testare l'effetto
antimicrobico di sostanze di origine naturale (acidi organici e oli
essenziali), nei confronti dei ceppi di Campylobacter di
interesse.
Le infezioni da Campylobacter sono ancora in cima alla lista
delle malattie zoonotiche segnalate. Nel 2006 oltre 175.000 persone
nell'UE hanno contratto infezioni da Campylobacter. Nello stesso
anno sono stati segnalati 46 casi ogni 100.000 persone, con un
decremento rispetto ai 52 ogni 100.00 del 2005 (195.426 casi umani
confermati in quell'anno). Le infezioni da Campylobacter causano
generalmente una diarrea infiammatoria e, talvolta, emorragica con
crampi, febbre e sintomi dolorosi.
Il principale serbatoio di Campylobacter termofilo, l'agente
eziologico della campilobatteriosi, è il tratto digestivo di
uccelli selvatici, domestici e di mammiferi. La dose infettiva
sembra essere bassa. Gli alimenti rappresentano un rischio
importante per quanto riguarda le infezioni nell'uomo. I prodotti a
base di carne di pollame rappresentano una delle principali fonti
di infezione, attraverso cross-contaminazioni nei cibi di pronto
consumo, il contatto mano-bocca durante la preparazione dei cibi, e
in misura minore, tramite il consumo di carne di pollame poco
cotta.
In media il 35% dei campioni di carne di pollo analizzati
nell'UE sono risultati positivi al Campylobacter,con una
percentuale di positività in taluni casi sino al 66.3%.
Ridurre la percentuale di infezione da Campylobacter in
allevamenti avicoli e/o ridurre la concentrazione di Campylobacter
su carcasse di pollame abbassa notevolmente il rischio per i
consumatori. La riduzione della percentuale di Campylobacter in
pollame infetto può essere raggiunta mediante l'applicazione di
rigorose misure di biosicurezza al livello di produzione. Le carni
di suini e ruminanti sembrano rappresentare un rischio minore per i
consumatori, anche se il consumo di frattaglie poco cotte di questi
animali può rappresentare un rischio considerevole.
Nei casi di Campylobacter nell'uomo nel 2006, sono stati
segnalati alti livelli di resistenza alla ciprofloxacina (fino al
45%), con conseguenti seri problemi nel trattamento di queste
infezioni. La ciprofloxacina è il farmaco più comunemente impiegato
per il trattamento delle infezioni umane da Campylobacter che
necessitano di terapia antibiotica.
La relazione sulle zoonosi del 2006 dell'EFSA ha evidenziato che
i batteri zoonotici individuati negli animali e nell'uomo diventano
sempre più resistenti agli antibiotici comunemente usati.
La linea principale di ricerca del presente studio è incentrata
sull'inibizione della crescita delle specie di interesse di
Campylobacter ad opera di molecole naturali, che possono
rappresentare una valida alternativa all'impiego di antibiotici.
L'effetto antimicrobico nei confronti dei principali batteri
patogeni intestinali possibili contaminanti alimentari di acidi
organici e sostanze di origine naturale è ampiamente
riconosciuto.
Lo studio si propone di valutare la minima concentrazione
inibente di Campylobacter di acidi organici e oli essenziali, e un
eventuale effetto sinergico se utilizzati in combinazione, nei
confronti di alcuni dei ceppi di Campylobacter indicati come le
principali cause di infezione negli animali e nell'uomo.
L'obiettivo sarà ridurre la prevalenza in allevamento avicolo,
mediante l'impiego delle sostanze precedentemente testate in
vitro.