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Alessandro Giacone

Professore associato

Dipartimento di Scienze Politiche e Sociali

Settore scientifico disciplinare: SPS/03 STORIA DELLE ISTITUZIONI POLITICHE

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Comunicato della presidenza del Consiglio (13 giugno 1946)

La partenza del re, avvenuta oggi alle 15,40 da Ciampino, è stata con ogni cura tenuta nascosta al Governo. Gli organizzatori della partenza dovendo chiedere l’aeroplano al Ministro dell’Aeronautica gli telefonarono all’ultimo momento di non avvertire il Presidente del Consiglio, al quale avrebbero essi stessi fatta comunicazione.

Il Presidente ne fu invece avvertito da altra parte. Accertatosi che la metà del viaggio era Lisbona, non frappose naturalmente nessun ostacolo. L’Ambasciatore Gallarati, che avrebbe dovuto accompagnare l’ex-sovrano, non partì benché avesse pronte le sue valigie e nessuno dei membri del Governo ebbe contatto con i partenti.

Poco dopo la partenza si sparse la voce che si stesse formulando e completando un proclama, già prima abbozzato. Questa sera infatti l’Ansa trasmetteva alle 22.30 il proclama del re al popolo italiano.

Il proclama è un documento penoso, impostato su basi false e su argomentazioni artificiose. Esso afferma il falso quando definisce come semplice comunicazione di dati la proclamazione dei risultati del referendum fatta dalla Cassazione il 10 giugno. Esso mente quando parla di un’improvvisa affermazione del Consiglio dei Ministri avvenuta nella passata notte, circa gli effetti costituzionali della proclamazione. È vero al contrario che già nella notte del 10-11 giugno, il Consiglio dei Ministri prese atto della proclamazione dei risultati del referendum che riconosceva la maggioranza alla repubblica, riservandosi di decidere sui provvedimenti concreti che ne derivano.

Dopo ciò, e nonostante questa affermazione risolutiva, il sovrano continuò a trattare col Presidente del Consiglio per i due giorni successivi non denunciando in tal presa di posizione del Consiglio alcun “gesto rivoluzionario” né alcun “atto unilaterale ed arbitrario”.

Il Governo, nonostante la difficoltà di conciliare le due tesi, continuò le trattative, fino a che la sera del 12 esse vennero interrotte da una comunicazione telefonica dell’avvocato Lucifero.

Ieri mattina il sovrano mandava la nota lettera la quale ignorava la proclamazione avvenuta della Corte di Cassazione e costringeva con ciò il Governo a ribadire il suo punto di vista circa gli effetti costituzionali della proclamazione.

È a proposito di questo secondo O.d.G. del Consiglio che il proclama reale parla di “gesto rivoluzionario” e dell’assunzione unilaterale e arbitraria di “poteri che non gli spettano”, mentre nel testo dell’o.d.g. non si parla affatto di effettiva assunzione dei poteri, cioè dell’esercizio di essi, ma si fa solo la questione di principio circa la competenza. Anzi risultava evidente che il Governo per far opera di concordia aveva differita la deliberazione dei provvedimenti concreti, già annunziati lunedì scorso.

Nessun pretesto quindi né di accusare “spregio alle leggi e al potere indipendente e sovrano della Magistratura” né di aver posto il sovrano “nell’alternativa di provocare spargimento di sangue o di subire violenza”.

Egli avrebbe potuto tranquillamente continuare le discussioni o le consultazioni, oppure mantenere semplicemente le sue riserve.

Gli uomini che stanno al Governo e in particolare il Presidente del Consiglio gli avevano dato fino all’ultimo la prova che desideravano e ricercavano tenacemente una soluzione pacifica.

Bisogna anche aggiungere che il re personalmente aveva riconosciuto più volte la lealtà e la correttezza di tale atteggiamento, cosa che i compilatori del proclama sembrano ignorare.

Il re poteva quindi attendere con serenità il giudizio sulle contestazioni e sui ricorsi da parte della Cassazione (la cui libertà il Governo intende rispettare pienamente), senza temere soprusi e senza essere costretto a partecipare ad illegalità.

I due ultimi periodi del proclama, quello che scioglie dal giuramento e quello che rivolge un saluto ai caduti e ai vivi sono due periodi superstiti del proclama che Umberto aveva in precedenza preparato per un pacifico commiato. Ameremmo credere che quanto di fazioso e di mendace vi si è aggiunto in questa definitiva sciagurata edizione sia prodotto del clima passionale e avvelenato degli ultimi giorni.

La responsabilità tuttavia è gravissima e un periodo che non fu senza dignità si conclude con una pagina indegna.

Il Governo e il buon senso degli italiani provvederanno a riparare questo gesto disgregatore rinsaldando la loro concordia per l’avvenire democratico della Patria.”