Gli studi svolti, ed attualmente in corso, coinvolgono sia
attività di ricerca di base che applicata. Nello specifico le
tematiche di ricerca trattate possono essere classificate nel
seguente modo:
1. Studio teorico e sperimentale del comportamento meccanico di
materiali compositi e di rivestimenti con particolare
approfondimento e sviluppo delle seguenti tematiche:
1.a. studio teorico e sperimentale del comportamento meccanico
di compositi polimerici ed ibridi;
1.b. studio del comportamento meccanico e tribologico di
rivestimenti ceramico-vetrosi a funzionalità graduale per substrati
metallici;
2. Progettazione e sviluppo di criteri per la progettazione di
componenti meccanici con particolare riguardo a:
2.a. Studio di soluzioni non convenzionali per la realizzazione
di giunti robotici;
2.b. Sviluppo di un metodo non convenzionale per la stima della
affidabilità di componenti meccanici.
1.a. Studio teorico e sperimentale del comportamento meccanico
di materiali compositi polimerici ed ibridi
Gli studi inerenti il comportamento meccanico di laminati
compositi a matrice polimerica che sono stati sviluppati nel
triennio 2005-2008 sono inseriti in una linea di ricerca già
attiva prima del 2005. In precedenza erano state sviluppate
metodiche numeriche e sperimentali per lo studio del comportamento
di tali materiali in condizioni di sollecitazione a trazione quasi
statica. In particolare erano stati approfonditi i metodi
probabilistici per la previsione del primo danneggiamento e la
descrizione del danneggiamento progressivo dei laminati compositi
soggetti a carichi quasi statici agenti nel piano dei laminati
stessi . Contestualmente era stata sviluppata una metodica
sperimentale non convenzionale, basata sul monitoraggio delle
emissioni acustiche, per descrivere il danneggiamento progressivo
dei laminati compositi . Le esperienze precedentemente maturate
nello studio sperimentale del comportamento meccanico di tali
compositi ed in particolare l'introduzione della nuova metodica,
basata sul monitoraggio delle emissioni acustiche, hanno permesso
di consolidare e sviluppare, nel corso del triennio 2005-2008, i
seguenti argomenti:
1. è stata consolidata dal punto di vista sperimentale e teorico
la metodica per la descrizione del danno in laminati compositi
quando sollecitati da carichi quasi statici agenti nel piano
principale;
2. è stato condotto uno studio inerente il danno in laminati
compositi indotto da carichi applicati in direzione trasversale al
piano principale dei laminati stessi; i temi caratterizzanti di
tale studio hanno interessato i seguenti aspetti nell'ambito della
progettazione meccanica mediante tali materiali:
- l'analisi del comportamento meccanico ed in particolare del
danneggiamento, in condizione di impatto a bassa velocità;
- la resistenza residua statica e a fatica dei laminati dopo
aver subito un impatto a bassa velocità.
Gli studi riguardanti questi due temi sono stati sviluppati sia
mediante attività sperimentali di laboratorio che mediante lo
sviluppo di metodi e modelli numerici atti a riprodurre il
comportamento dei laminati soggetti ad impatto a bassa
velocità.
1.a.1 La prima tematica che è stata sviluppata, ovvero
l'approfondimento della metodica di analisi del danneggiamento dei
laminati compositi, è stata preliminarmente affrontata costruendo
una base dati sperimentale nella quale differenti laminati
compositi sono stati portati a rottura mediante l'applicazione di
carichi agenti nel piano. Il passo successivo è stato quello di
formalizzare una metodologia che coniugando due fonti informative,
il comportamento meccanico e il progredire delle emissioni
acustiche, fosse in grado di descrivere il danno all'interno dei
laminati. In particolare l'approccio che è stato sviluppato per la
stima del danno progressivo è di tipo discreto e porta ad una
ricostruzione di tipo multilineare della curva
tensione-deformazione. La costruzione di una curva di tipo
multilineare che descrive l'andamento congiunto delle variabili
tensione e deformazione permette di stimare agevolmente il
danneggiamento progressivo dei laminati e di modellare in modo
realistico il comportamento meccanico di tali materiali all'interno
di un codice di calcolo numerico. I risultati applicativi di tale
percorso di studio sono quindi legati alla definizione di una
metodologia robusta con la quale è possibile caratterizzare in modo
semplice il danneggiamento di un laminato composito al fine di:
- costruire macro di calcolo per la progettazione di componenti
realizzati mediante laminati compositi che tengano conto del
danneggiamento progressivo del materiale;
- sviluppare procedure di ottimizzazione dei laminati compositi
(e.g. orientamento delle fibre e disposizione delle singole lamine
del laminato) al fine di poter meglio rispondere alle richieste
progettuali dei componenti.
1.a.2 La seconda tematica riguarda lo studio del comportamento
di componenti e/o strutture meccaniche realizzate mediante laminati
compositi che possono essere danneggiati da carichi concentrati e
trasversali rispetto al loro piano principale, nel seguito indicati
come processi di “indentazioni”. Lo scopo della ricerca è quello di
studiare e di sviluppare una metodologia che permetta di
analizzare gli effetti dei carichi trasversali su semplici
strutture e quindi di pervenire ad un approccio progettuale di tipo
damage-tolerant per componenti e strutture più complesse. Nella
pratica ingegneristica il riferimento applicativo di tale studio è
rivolto a tutte quelle condizioni di carico accidentale che possono
verificarsi durante il montaggio di strutture e/o componenti
realizzati mediante laminati compositi oppure nelle operazioni di
assemblaggio per il loro trasporto. Le zone che subiscono un
processo di indentazione non sono sempre visibili ad occhio
nudo o se anche sono rilevabili5 non è comunque possibile
stimare in modo affidabile la resistenza residua del composito
rispetto alle condizioni di lavoro per le quali è stato pensato.
Come dimostra l'ampia letteratura internazionale la previsione
della resistenza residua di un laminato che ha subito un impatto è
un problema tutt'ora aperto.
Lo studio sviluppato parte dalla scelta di un semplice
componente di riferimento e si sviluppa nello studio (i) prima del
processo di indentazione e (ii) poi nell'analisi della resistenza
residua del composito rispetto a carichi statici o affaticanti
agenti nel piano principale del laminato. Il componente di
riferimento che è stato adottato è il pannello strutturale
realizzato mediante lamine composite polimeriche a fibre lunghe di
tipo ortotropo . Lo studio che è stato adottato per
investigare il comportamento meccanico dei laminati durante il
processo di indentazione è stato sia di tipo sperimentale che di
tipo numerico. Le prove sperimentali di indentazione sono state
condotte monitorando le emissioni acustiche al fine di:
(i) stimare, mediante un approccio simile a quanto esposto in
precedenza, tematica 1.a, il danno indotto nel laminato dal
processo di indentazione, e
(ii) rilevare le posizioni delle sorgenti acustiche e quindi
stimare l'ampiezza delle aree potenzialmente danneggiate.
Le analisi numeriche sono state condotte grazie alla messa a
punto di appositi modelli agli elementi finiti che consentono:
(i) di simulare il processo di indentazione tenendo conto di
differenti modi di guasto (rottura matrice, delaminazione e rottura
delle fibre)
(ii) quindi di prevedere il processo di danneggiamento del
materiale. Sviluppando apposite procedure di tipo static-memory è
stato inoltre possibile riportare l'area danneggiata ed il livello
di danno raggiunto durante l'indentazione in appositi provini
virtuali mediante i quali sono state simulate anche le prove di
trazione.
Nel suo complesso lo studio è stato articolato nel seguente
modo:
- preliminarmente è stato investigato dal punto di vista
sperimentale il comportamento meccanico dei laminati durante il
processo di indentazione; in particolare è stata studiata
l'influenza delle dimensioni degli utensili di indentazione e (ii)
della corsa di indentazione sulla risposta meccanica dei
laminati;
- contemporaneamente all'esecuzione delle prove sperimentali è
stato sviluppato un modello numerico agli elementi finiti mediante
il quale è stato possibile simulare il processo di indentazione; in
particolare nella costruzione del modello numerico sono stati
rappresentati i singoli strati che costituiscono il laminato e le
zone di interfaccia tra gli strati contigui; questo tipo di
modellazione, unitamente all'implementazione del criterio di Hashin
generalizzato, ha permesso di simulare i tre citati modi di guasto;
si tiene a precisare che il criterio adottato per simulare il
danneggiamento progressivo prevede la progressiva riduzione delle
caratteristiche elastiche dei laminati mediante l'impiego di
funzioni che tengono conto, elemento per elemento, dei valori
forniti dalle tensioni limite, calcolate secondo il criterio di
Hashin generalizzato, e di alcune costanti da determinare
sperimentalmente;
- sulla base dei risultati sperimentali relativi alla risposta
meccanica (andamento del carico e dello spostamento
dell'indentatore) sono state stimate le costanti di taratura del
modello di danno da utilizzare nelle simulazioni numeriche;
- sulla base delle informazioni sperimentali di natura acustica,
rilevate durante il processo di indentazione, sono state
individuate le massime estensioni delle aree potenzialmente
danneggiate; grazie a tali informazioni è stata definita la
geometria di taglio delle lamine al fine di ricavare da esse i
provini per le successive prove di trazione statica e a fatica;
- le prime prove di resistenza residua che sono state condotte
su una parte dei provini che contengono le aree danneggiate sono
state quelle di trazione statica; i dati di resistenza residua
statica sono stati messi a confronto con i dati acquisite durante
le prove di indentazione al fine di stabilire una relazione tra le
due informazioni, le analisi condotte hanno permesso di pervenire
ad una relazione che mette a confronto l'integrale della funzione
sentinella (Jf) relativa alle prove di indentazione con i valori di
tensione a rottura ( Su) ottenuti nel corso delle prove di trazione
dei provini contenti le aree danneggiate. La valenza applicativa di
qu esta relazione è la capacità di stimare per ogni valore di Jf
ottenuto durante un processo di indentazione il valore della
resistenza residua statica in termini di Su;
- sulla base delle previsioni della tensione di rottura statica,
effettuate mediante la relazione tra Jf e Su, sono state
pianificate e quindi eseguite le prove di fatica sui restanti
provini contenti le aree danneggiate dai processi di
indentazione;
I risultati di tale percorso di studio sono sia di tipo
metodologico che applicativo:
A. è stata messa a punto una nuova strategia di lavoro che,
grazie all'integrazione delle informazioni di natura meccanica e di
tipo acustico, permette di legare il danno indotto da un processo
di indentazione su pannelli in laminato composito con la resistenza
residua statica in condizioni di sollecitazione di tipo
membranale;
B. è stata messa a punto una metodologia numerica agli elementi
finiti (modello numerico e criteri per il danneggiamento del
materiale) che tenendo conto dei diversi modi di guasto che
intervengono nei laminati compositi e di alcune semplici
informazioni di natura sperimentale è in grado di descrivere il
loro danneggiamento a seguito di indentazione. Tale metodologia
offre quindi la possibilità, una volta che il tipo di laminato in
uso sia stato sperimentalmente caratterizzato come previsto nel
punto A, di progettare e/o verificare un componete rispetto a
possibili danni locali indotti da indentazioni.
Gli studi fin qui condotti sul danneggiamento e la vita residua
dei compositi polimerici soggetti alla combinazione di diverse
tipologie di sollecitazioni meccaniche successive stanno ora
proseguendo considerando come componente di riferimento i tubi
realizzati in laminato composito.
1.b Studio del comportamento meccanico e tribologico di
rivestimenti ceramico-vetrosi a funzionalità graduale per substrati
metallici
I rivestimenti ceramico-vetrosi, noti anche come rivestimenti
porcellanati, possono essere applicati su matrici ceramiche, sulla
terracotta, sui metalli e sui vetri. L'attività di ricerca che è
stata sviluppata in merito a tale tipologia di materiali ha
riguardato i rivestimenti ceramico-vetrosi per substrati metallici,
noti anche come “smalti porcellanati”. L'origine di tali
rivestimenti si perde nei millenni , e sono quasi sempre stati
apprezzati per l'aspetto esteticamente accattivante e per la loro
capacità di rendere i substrati totalmente impermeabili all'acqua.
Solo recentemente (XX Secolo) il loro utilizzo è stato esteso ad
applicazioni tecniche per incrementare la resistenza chimica di
alcuni manufatti quali i riscaldatori d'acqua o gli elementi
scambianti degli scambiatori di calore delle centrali
termoelettriche, nonché per conferire maggiore pulibilità e
stabilità della finitura superficiale a manufatti finalizzati a
molteplici impieghi industriali (pannelli per l'edilizia pubblica e
componenti meccanici per uso biomedicale). Gli smalti porcellanati
sono di natura inorganica e la loro struttura interna, nella quale
vi sono anche inclusioni bollose, è caratterizzata dalla presenza
di una prevalente fase vetrosa (superiore all'85%) e da una forte
integrazione con il substrato metallico. In particolare
l'integrazione del rivestimento con il substrato metallico avviene
grazie alla presenza di una zona di interfaccia caratterizzata da
una struttura che ospita delle dendriti metalliche e che varia in
modo graduale la sua composizione (functionally garded bonding
interlayer). Tale interfaccia è una diretta conseguenza del
processo di smaltatura che avviene ad elevata temperatura ed
è costituito da un materiale ibrido amorfo nel quale il metallo si
combina con alcuni ossidi che costituiscono il rivestimento e
gradualmente in esso scompare. In virtù di questa caratteristica lo
smalto porcellanato viene a formare con il substrato metallico un
“corpo unico” ed in tal senso si può parlare di “metallo
porcellanato”. Più precisamente si suole definire come metallo
porcellanato un “materiale multistrato a struttura graduale” la cui
composizione gradualmente varia passando dal materiale metallico
nel suo interno fino ad arrivare al materiale ceramico-vetroso
sulla superficie esterna. Le conoscenze oggi disponibili relative
agli smalti porcellanati ed ai metalli porcellanati sono
alquanto lacunose e limitate sia per quanto attiene alcune
proprietà fisiche, quali la densità, sia riguardo al comportamento
loro meccanico.
Lo studio dei metalli porcellanati che è stato intrapreso in
collaborazione con la ditta SMALTIFLEX ha avuto lo scopo di
analizzare il comportamento meccanico, tribologico e la resistenza
alla corrosione di lamiere porcellanate. Rispetto a tutte le
possibili tipologie di smalti porcellanati sono state scelte le
seguenti famiglie:
- dieci smalti di tipo commerciale che hanno potenziale
riscontro in applicazioni meccaniche
- due smalti porcellanati che possiedono caratteristiche
antimicrobiche
- due smalti porcellanati definiti come “autoriparanti ” ovvero
che in virtù di un processo interno autonomo ed automatico di
“crack-closure” hanno caratteristiche di “auto-tenacizzazione”.
In tutti gli studi condotti l'obiettivo comune è stato quello di
pervenire ad una conoscenza sistematica delle proprietà fisiche,
delle prestazioni meccaniche, tribologiche e del comportamento alla
corrosione delle lamiere porcellanate e quindi di poter definire
dei criteri progettuali o di verifica.
Per ogni tipologia di lamiera porcellanata il percorso di studio
viene articolato nel seguente modo:
- determinazione delle principali caratteristiche fisiche e
microstrutturali degli smalti porcellanati (densità, rugosità,
microdurezza, percentuale di bolle);
- determinazione sperimentale delle rigidezze dei laminati
porcellanati e stima delle proprietà elastiche dei
rivestimenti;
- studio del comportamento dei laminati porcellanati soggetti a
fenomeni impulsivi quali gli urti;
- determinazione sperimentale
delle tensioni residue presenti nei laminati porcellanati;
- determinazione delle condizioni di prima frattura del
rivestimento quando sollecitato a flessione o a trazione;
- determinazione sperimentale del tasso di usura abrasiva su
microscala (seguendo il metodo del Microscale Ball Cratering);
- determinazione del tasso di corrosione in ambiente acido
(seguendo la normativa EN14483-2004 specifica per il settore dei
rivestimenti porcellanati).
Ad oggi questo percorso di studio ha raggiunto diversi gradi di
maturità e solo per alcune tipologie di smalti si è prossimi alla
definizione di criteri progettuali. Nello specifico per quanto
concerne lo studio delle lamiere porcellanate prodotte mediante i
dieci smalti di tipo commerciale sono state intraprese e terminate
le seguenti attività:
- studio sperimentale del comportamento rispetto alla
aggressione chimica; tale studio, come dimostrano i lavori ad esso
correlati, è stato progressivamente approfondito per tutti gli
smalti considerati;
- studio sperimentale del comportamento meccanico a flessione,
con la determinazione delle relative condizioni sperimentali di
prima frattura e agli urti; anche questo studio è stato
progressivamente approfondito per tutti gli smalti considerati; si
precisa che le condizioni di prima frattura sono state
sperimentalmente studiate mediante l'ausilio delle emissioni
acustiche, in particolare il criterio adottato per identificare la
realizzazione della prima frattura del rivestimento è legato al
manifestarsi del “primo evento acustico significativo”, dove la
significatività è in tal caso legata alla soglia minima di energia
che deve possedere l'evento acustico stesso;
- determinazione sperimentale delle tensioni residue , si
precisa che questa attività per ora è stata sviluppata in modo
organico solo per una tipologia di smalto dato il suo particolare
interesse applicativo per la progettazione di componenti meccanici
utilizzati negli scambiatori rotativi delle centrali
termoelettriche a carbone;
- determinazione del tasso di
usura abrasiva, tale studio, come dimostrano i lavori ad esso
correlati, è stato progressivamente approfondito per tutti gli
smalti considerati;
Si tiene a precisare che per la classe di smalti porcellanati
utilizzati come rivestimenti protettivi dei componenti meccanici
che operano nelle centrali termoelettriche a carbone sono stati
sviluppati i primi criteri per una progettazione sistematica. In
particolare oltre alle determinazioni sperimentali delle proprietà
meccaniche (a flessione, a trazione e la condizione di prima
frattura) e della resistenza alla corrosione sono state effettuate
simulazioni numeriche volte a verificare ed ottimizzare le
sollecitazioni meccaniche tenendo anche conto delle tensioni
residue.
Per quanto attiene allo studio delle lamiere porcellanate
mediante smalti che hanno proprietà antibatteriche, al momento esso
è stato rivolto all'analisi al comportamento meccanico a flessione
e a trazione.
Per quanto riguarda lo studio delle lamiere porcellanate
realizzate mediante smalti autoriparanti, al momento sono stati
condotti gli studi relativi al comportamento a flessione su quattro
punti e agli urti.
Nel suo complesso l'azione combinata delle due integrazioni
nello smalto porcellanato standard hanno permesso di migliorare,
rispetto allo smalto standard, il comportamento a flessione
ritardando la nascita della prima frattura significativa ed
evidenziando una riduzione dei fenomeni di perdita di rivestimento
a causa di impatti ad elevata energia. Si ritiene che lo studio di
questa tipologia di lamiere porcellanate potrà in futuro
rappresentare un significativa svolta per la progettazione e la
realizzazione di manufatti ad elevate prestazioni meccaniche per
impiego industriale.
Infine nell'ambito dello studio degli smalti porcellanati e di
un contributo progettuale che è stato richiesto nell'ambito di un
progetto di ricerca dell'Università di Bologna è stata
sviluppata una originale applicazione delle lamiere porcellanate.
Tale applicazione prevede l'utilizzo delle lamiere porcellanate
come collettori da utilizzare nel processo di elettrofilatura.
L'elettrofilatura è una tecnologia di micro-nanofabbricazione che
consente di realizzare strutture nanofibrose di tipo
tessuto-non-tessuto (mats) partendo da soluzioni polimeriche. Le
apparecchiature per l'elettrofilatura consistono di tre elementi
essenziali: un sistema di distribuzione della soluzione polimerica
che viene veicolata mediante un capillare e un ago metallico, un
collettore sul quale vengono raccolte le nanofibre ottenute ed un
generatore di alta tensione. L'applicazione di una elevata
differenza di potenziale tra l'ago ed il collettore permette di
ottenere un getto di soluzione polimerica che, grazie alle forze
viscoelastiche delle catene polimeriche, genera filamenti
nanometrici che, dopo evaporazione del solvente durante il
tragitto, si raccolgono solidi sul collettore stesso. Normalmente
le nanofibre si depositano sul collettore metallico in maniera
disordinata e casuale, senza un ordine prestabilito. Tuttavia,
grazie all'impiego di collettori realizzati in lamiera
porcellanata, progettati mediante smalti a cui sono stati aggiunti
opportuni elementi droganti, è stato possibile indurre una raccolta
di nanofibre secondo particolari orientamenti, ottenendo cioè
materiali nanotrutturati con ‘pattern' desiderato. Lo sviluppo di
tale soluzione innovativa per la raccolta delle nanofibre è stato
fatto sulla base della necessità di controllare la topografia dei
mat nanofibrosi per specifiche applicazioni, emerse nell'ambito del
citato progetto di ricerca, concernenti la ricostruzione in vitro
di tessuti biologici mediante l'utilizzo di biomateriali e cellule
staminali.
2.a Studio di soluzioni non convenzionali per la realizzazione
di giunti robotici;
Lo studio ed in particolare la progettazione e verifica di
soluzioni non convenzionali per articolazioni robotiche si
inserisce in una linea di ricerca attiva già prima del 2005 nella
quale queste soluzioni sono state valutate ed adottate nella
realizzazione di prototipi di organi di presa robotici antropomorfi
(mani robotiche). La linea di ricerca cui si fa riferimento
riguarda la realizzazione di strutture cinematiche che durante il
loro esercizio funzionale assumono uno o più gradi di mobilità
relativa grazie alla cedevolezza di una porzione della struttura
stressa (giunzione cedevole).
Le soluzioni analizzate in una prima fase erano state
realizzate mediante giunzioni monolitiche in cui la cedevolezza
veniva ottenuta con cerniere morfologicamente e funzionalmente
simili a travi soggette a flessione e costruite per lo più in
materiale plastico. Tali giunzioni rispetto alle esigenze
funzionali avevano alcune importanti limitazioni:
A. dal punto di vista tecnologico si evidenziarono alcuni
problemi legati alla qualità con cui tali giunzioni potevano essere
realizzate; la qualità ed in particolare le finiture superficiali
ottenibili resero tali giunzioni a travi cedevoli
ulteriormente critiche dal punto di vista della resistenza a
fatica.
B. da un punto di vista progettuale si era rivelato difficile se
non addirittura impossibile mettere a punto giunzioni a travi
cedevoli che avessero un comportamento a fatica accettabile e che
potessero al contempo assicurare precisione e ripetibilità nei
movimenti soprattutto in presenza di carichi esterni agenti
sulla struttura;
Partendo da tali considerazioni è nata l'idea di studiare
soluzioni di giunzioni sempre cedevoli ma in grado di superare i
citati limiti legati. La soluzione trovata e studiata è basata
sull'impiego di molle commerciali elicoidali cilindriche in
configurazione a pacco.
Le ragioni che hanno portato alla scelta di questo particolare
tipo di struttura sono legate al fatto che la molla elicoidale
cilindrica ha un ottimo comportamento meccanico a fatica quando
soggetta a flessione. Nel contempo, le spire della molla sono tra
di loro a contatto e, pertanto il centro di rotazione relativa tra
il membro fisso e quello mobile, é ben identificabile. La somma di
queste due considerazioni ha portato ad esplorare l'applicazione
delle molle a pacco come elementi di giunzione flessibili per
giunti robotici. Tuttavia l'analisi della letteratura inerente la
progettazione di tali molle ha evidenziato una lacuna: è infatti
noto il comportamento meccanico di molle elicoidali cilindriche non
a pacco quando sollecitate a flessione in grandi spostamenti, è
inoltre noto il comportamento meccanico di molle elicoidali
cilindriche a pacco sollecitate a flessione ma in condizioni di
piccoli spostamenti; risulta invece non studiato il caso delle
molle elicoidali cilindriche a pacco soggette a flessione in
condizioni di grandi spostamenti.
Per poter quindi effettuare la progettazione delle articolazioni
cedevoli utilizzando le molle elicoidali cilindriche a pacco si è
reso necessario un loro studio [22,23]. Le variabili che sono state
prese in considerazione durante lo studio sono le seguenti:
diametro del filo con cui viene realizzata la molla, diametro medio
del cilindro secondo cui si sviluppa la molla, lunghezza libera di
inflessione. Gli studi condotti, sia per via sperimentali che
analitica ed anche di simulazione mediante gli elementi finiti,
sono stati finalizzati ad acquisire le seguenti informazioni:
- comportamento cinematico della giunzione;
- rigidezza della giunzione;
- stato tensionale cui sono soggette le spire.
In particolare lo studio della rigidezza della giunzione è stato
generalizzato introducendo un parametro adimensionale dato dal
seguente rapporto =r4/R dove “r” è il raggio del filo con cui è
realizzata la molla ed “R” è il diametro medio dell'elica della
molla. Dai risultati ottenuti si è visto che la r igidezza è legata
al rapporto mediante una relazione lineare. Questo fatto ha messo
in luce un percorso per la progettazione o la scelta delle molle
per le articolazioni robotiche. Infatti se si vuole ottenere una
determinata rigidezza si può calcolare, mediante la relazione
trovata, il corrispondente valore di e se si impone, ad esempio,
un vincolo di ingombro e quindi si fissa R allora è presto dato il
diametro del filo con cui si deve realizzare la molla. Al contrario
se sono disponibili molle aventi uguale ingombro ma differente
diametro del filo è possibile valutare i corrispondenti valori di
rigidezza e quindi scegliere la configurazione idonea per la
specifica applicazione.
Le analisi fin qui svolte sono state concentrate sul
comportamento flessionale mentre è ancora in fase di studio la
condizione di sollecitazione a taglio (condizione che si può
verificare, ad esempio, durante operazioni di chiusura e simultanea
presa da parte del sistema robotico).
2.b Sviluppo di un metodo non convenzionale per la stima della
affidabilità di componenti meccanici.
Le attività sviluppate in tale contesto sono anch'esse inserite
in una linea di ricerca antecedente il 2005. In particolare in
passato era stato affrontato in modo sistematico il problema legato
al calcolo probabilistico di strutture e componenti meccanici. Gli
studi che erano stati sviluppati in tale ambito erano sempre
finalizzati ad analizzare la risposta di una struttura (e.g. telai)
o di un sistema meccanico (e.g. denti di ingranaggi) quando su di
esso sono presenti molteplici variabili aleatorie. In particolare
la metodologia di analisi che era stata sviluppata era basata sul
metodo degli elementi finiti stocastici derivati secondo il metodo
dello sviluppo in serie di Taylor modificato. Tale approccio
metodologico prevede la definizione delle variabili aleatorie in
ingresso mediante i primi due momenti statistici ed in particolare
mediante un vettore che contiene i valori medi delle variabili
aleatorie ed una matrice di covarianza delle medesime. I risultati
che si ottengono mediante tale metodologia sono sempre sotto forma
di un vettore dei valori medi ed una matrice di covarianza, non
diagonale, delle variabili aleatorie che rappresentano la risposta
strutturale (deformazione e tensione). Sulla base di queste
informazioni il calcolo della affidabilità della struttura o del
componente mediante il metodo dell'interferenza probabilistica tra
le variabili aleatorie in uscita, deformazione o tensione, ed i
limiti di resistenza del materiale risultava non praticabile a
patto di non trascurare le correlazioni. Il metodo che è stato
sviluppato nel corso della ricerca ha permesso di superare questo
limite. Per certi aspetti la base su cui poggia la metodologia è
molto teorica poiché viene utilizzato il teorema della
diagonalizzazione simultanea di due matrici simmetriche delle quali
almeno una deve essere definita positiva. Le matrici di riferimento
sono quella relativa alla covarianza della risposta strutturale,
deformazione o tensione, tipicamente non diagonale, e quella che si
costruisce mediante le “variabilità” legate ai limiti di resistenza
del materiale, tipicamente in forma diagonale. Grazie al metodo
della diagonalizzazione simultanea è quindi possibile identificare
una base dello spazio deformazione o tensione rispetto alla quale,
in base al problema trattato, la coppia {matrice di covarianza
della deformazione applicata e della deformazione limite del
materiale} o la coppia {matrice di covarianza della tensione
applicata e della tensione limite del materiale} possono essere
simultaneamente diagonalizzate. In tale spazio le variabili
aleatorie, deformazione o tensione, sono disaccoppiate e quindi di
può procedere al loro confronto probabilistico mediante il metodo
dell'interferenza.