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Alessandro Zironi

Professore ordinario

Dipartimento di Lingue, Letterature e Culture Moderne

Settore scientifico disciplinare: L-FIL-LET/15 FILOLOGIA GERMANICA

Temi di ricerca

Parole chiave: Lingua e letteratura gotica Codicologia Medievalismo Alto-tedesco medio Filologia germanica Cultura longobarda Riscrittura Runica manuscripta Onomastica

Temi di ricerca in corso:

(per ricerche precedenti cfr. Temi estesi)

 

La presenza longobarda nella val Trebbia e nel monastero di Bobbio: tracce linguistiche e paleografiche (all'interno del progetto di ricerca europeo Making Europe: Columbanus and his Legacy / Aux origines de la construction de l'Europe: Columban et son heritage / Costruire l'Europa: Colombano e la sua eredità http://columbanus2015.eu/)

 

Serie alfabetiche nei manoscritti occidentali alto-medievali. Lo studio intende porre in luce le ragioni che hanno spinto numerosi amanuensi ad inserire serie alfabetiche (fra le quali alcune tipologie di serie runiche) all'interno di manoscritti articolati. L'indagine codicologica dovrebbe permettere possibili soluzioni.

 

La riscrittura delle memorie germaniche medievali in età moderna e contemporanea. Oggetto di particolare attenzione è la riscrittura, anche intersemiotica, del Nibelungenlied in età guglielmina e nel secondo dopoguerra, specie nella produzione drammaturgica di Moritz Rinke.

 



La formazione all'interno del dottorato di ricerca in Germanistica (Filologia Germanica) approfondisce la conoscenza già avviata con la dissertazione di laurea nei confronti di quelle lingue e culture germaniche che più marcatamente hanno interessato la penisola italiana nel corso dell'alto medioevo, ovverosia il gotico e il longobardo. Dalla frequentazione scientifica con le questioni legate alla presenza degli Ostrogoti in Italia si sviluppa un interesse nei confronti della figura di Teoderico, il sovrano goto culturalmente più importante, e la cui memoria venne tramandata anche in testi letterari di genere eroico. In particolare, interessa allo scrivente lo studio di un gruppo di testi in lingua latina, parte di più ampie narrazioni storiografiche, conosciute come Gesta Theoderici Regis, il cui testo più antico risale al VII secolo. Oggetto dell'indagine è la verifica dello slittamento del racconto storico – che si vuole biografico – all'interno del genere eroico, enucleando quelli che furono i punti di svolta nella vita del sovrano goto che più di altri si prestarono a una loro trasmissione più favolosa e, allo stesso tempo, cercando di trovare le ragioni culturali di tali scostamenti dalla cosiddetta ‘verità' storica. A partire dal 1995, dapprima con interventi a convegni, poi con pubblicazioni, anche in lingua straniera, si analizzano diversi episodi contenuti nei Gesta Theoderici Regis, percorso di ricerca che giunge sino al 2002, quando viene pubblicato un articolo in un qualche modo conclusivo dell'indagine intrapresa.

Negli stessi anni si esplorano territori di indagine nell'ambito della cultura longobarda, dapprima con l'analisi di un passo della Storia dei Longobardi di Paolo Diacono in cui l'autore riferisce di un uso funerario tradizionale di quella gente germanica. L'uso di pertiche sormontate da un volatile a indicazione di un cenotafio viene analizzato al fine di risalire, tramite anche strumenti di indagine linguistica, all'origine e al significato simbolico di quella pratica funeraria. Altro oggetto di analisi, sempre in ambito longobardo, riguarda lo studio del termine masca all'interno delle leggi longobarde tradotto in italiano per lo più con ‘strega'. Anche in questo caso si è cercato, attraverso un percorso comparatistico all'interno di diverse tradizioni letterarie, anche extra-germaniche, di risalire al significato del termine e alla sua specializzazione semantica nelle lingue germaniche e, ovviamente, in particolare del longobardo.

Ormai alle soglie del 2000 la ricerca si amplia a un nuovo filone investigativo nel quale si prende in esame la letteratura alto-tedesca media, nello specifico la produzione poetica concernente gli enigmi sapienziali fra alto medioevo e XIV secolo. Lo studio, preannunciato da un intervento e pubblicazione nel 1997, giungerà alla produzione della prima monografia, pubblicata nel 2001. Il volume, dopo aver delimitato il campo di indagine agli enigmi sapienziali di area tedesca, propone un'indagine che, partendo dall'età carolingia, percorre testi poetici alto-tedeschi medi conosciuti con il titolo di Traugemundslied, Rätselspiel e Zabulons Buch, gli ultimi due contenuti nella più ampia trasmissione poetica conosciuta come Wartburgkrieg. L'argomento stesso dei componimenti (enigmistico-sapienziali) porta alla necessità di una puntuale interpretazione del contenuto dei testi, spesso volutamente involuti e criptici, inserendoli all'interno di quella cultura medievale tedesca fra XII e XIV secolo che li aveva prodotti. I testi, dopo essere stati sottoposti a un attento vaglio editoriale, sono stati proposti e tradotti per la prima volta in lingua italiana L'indagine, enuclea quale aspetto fondamentale legato alle problematiche connesse a questo gruppo di composizioni poetiche la ricezione della produzione poetica di Wolfram von Eschenbach, in particolare per quanto riguarda le conoscenze che il grande poeta tedesco dimostra di possedere in merito a questioni scientifico-astronomiche ed aristoteliche che, alle soglie del XIII secolo, erano ancora guardate con sospetto negli ambienti cortesi tedeschi. L'enigma sapienziale in area tedesca medievale si fa strumento di sdoganamento e diffusione di saperi sino a quel momento posseduti dai clerici ora, invece, veicolati all'interno della cultura laica cortese. Gli esiti di questa ricerca verranno poi successivamente ripresi ed approfonditi in alcuni saggi.

Dopo aver concluso la monografia dedicata agli enigmi sapienziali in area tedesca, i primi anni del nuovo secolo sono stati dedicati a due percorsi di ricerca portati avanti parallelamente.

Il primo di essi è focalizzato sulla rivisitazione, dopo più di un decennio, dei materiali utilizzati per la stesura della tesi di dottorato di ricerca. Nello specifico, dopo un primo saggio pubblicato nel 1999 sui palinsesti in lingua gotica, si è deciso di produrre una monografia che analizzasse puntualmente lo stato della questione, strettamente connessa alla storia culturale dello scriptorium del monastero di Bobbio, nel quale i palinsesti gotici furono conservati sino all'età moderna. Lo studio del cenobio bobbiese si intreccia indissolubilmente con la storia culturale dei Longobardi in Italia e, in particolare, con la loro storia religiosa, nel lento ma progressivo passaggio dal paganesimo germanico, all'arianesimo, alle posizioni confessionali tricapitoline e, infine, all'adesione all'ortodossia cattolica. A ciò si aggiunga la particolare problematica legata monastero di Bobbio, che un'ampia vulgata vuole di chiara matrice culturale irlandese a seguito della natio di appartenenza del suo fondatore, san Colombano. I rapporti fra cultura irlandese, mondo longobardo e produzione manoscritta sono stati dunque oggetto di ampie riflessioni all'interno della monografia. Nel primo capitolo si ripercorrono gli stretti legami politici e culturali tra la fondazione monastica e la corte longobarda, cercando di dimostrare come la storia del monastero di Bobbio sia fortemente interrelata con le vicissitudini storiche longobarde: i Longobardi vedono nel cenobio bobbiese una sorta di avamposto gettato verso le terre ancora bizantine e, soprattutto, un luogo di mediazione nei confronti della sede papale, in un continuo interscambio fra cenobio, corte reale e sede pontificia. Il quadro socio-politico che si delinea dunque longobardo piuttosto che irlandese, viene confermato dall'indagine, condotta nel secondo capitolo, sulla plausibile natio dei primi monaci. Lo studio  antroponimico porta a dimostrare come fra tutti i monaci bobbiesi citati dalle fonti non vi sia, in epoca longobarda, nessun irlandese, ma persone verosimilmente provenienti dall'area longobarda o burgunda. Avendo cercato di dimostrare, nella prima parte del volume, la spiccatissima matrice longobarda del cenobio, nella seconda parte della monografia si prendono in esame i manoscritti transitati e/o prodotti nello scriptorium di Bobbio durante l'età longobarda. Alla luce dei forti legami con la corte longobarda e con il suo percorso di trasformazione religiosa, trova spiegazione plausibile la creazione dei palinsesti gotici, che non furono prodotti nel monastero ma molto più probabilmente in area lombardo-veneta a seguito dell'abbandono del culto ariano da parte dei Longobardi (per i quali i testi in lingua gotica erano stati strumento liturgico). Tali pergamene confluiranno, poi, già spesso rilegate e riscritte, nella biblioteca del monastero di Bobbio. Il ruolo del regno longobardo, soprattutto per quanto attiene il controllo dei territori lombardi e veneti, risulta poi di vitale importanza nel motivare la rete di contatti culturali intrattenuta dal monastero con centri transalpini, sia di area gallica che, soprattutto, di area tedesca. La trasmissione in area tedesca di glossari latini, gli uomini che si formarono a Bobbio e che poi si stanziano in centri tedeschi, possono in buona parte motivare la nascita stessa della produzione glossografica in lingua alto-tedesca antica, che troverebbe le sue radici in eguale attività glossatoria che si sviluppò tra Bobbio, Milano e la sede pavese del regno longobardo e da qui trasmessa oltralpe. Il volume, infine, propone, in ampie appendici, una ricostruzione virtuale della biblioteca bobbiese in età longobarda, offrendo uno sguardo su quelli che erano stati gli interessi culturali e i manoscritti che appartennero al cenobio nei suoi due primi secoli di vita. Il volume è stato accolto e pubblicato dal prestigioso Centro Italiano di Studi sull'Alto Medioevo (C.I.S.A.M.) di Spoleto (Il monastero longobardo di Bobbio. Crocevia di uomini, manoscritti e culture, Spoleto 2004).

Il secondo progetto di ricerca Da Matteo a Matteo. Analisi comparativa ed ipertestuale delle tradizioni germaniche antiche del Vangelo secondo Matteo, si inquadrava invece nell'unità di ricerca del PRIN 2002 conclusosi nel 2005: Riscrittura e intertestualità: metamorfosi, interferenze e reinterpretazioni del testo medievale. L'approccio al testo evangelico – dapprima gotico, poi nelle altre lingue germaniche antiche – ha avuto come suo punto nodale la riflessione sulle problematiche traduttorie che si dovettero trovar di fronte i primi traduttori in lingue germaniche antiche. Una prima riflessione è stata condotta sulle difficoltà di rendere in una lingua di arrivo un testo redatto in ambiente mediterraneo, area storico-culturale nonché naturale-geografica estranea al mondo germanico, da cui i problemi di resa lessicale sia per quanto riguarda zoonimi, fitonimi, oggetti, edifici ecc., sia per ciò che riguarda i campi semantici filosofico-religiosi (concetto di colpa, peccato ecc.), sia infine in relazione ad istituti politici non presenti o completamente ravvisabili nella società germanica (governatorato, sinedrio, ecc.). Da questa indagine è scaturito l'articolo Dentro Matteo: il rinnegamento di Pietro da Vulfila alla Bibbia di King James (Bergamo 2005), nel quale si è assunto il rinnegamento di Pietro come caso di studio perché poneva problemi interessanti in relazione sia agli istituti giuridici (giuramento, interrogatorio, atto assertorio) sia in merito agli edifici (corte, villa ecc.). È emersa una particolare sensibilità del traduttore gotico in relazione alla propria fonte in lingua greca, mentre più approssimative sono apparse alcune versioni, specie di area inglese media. Un secondo tipo di ostacolo che un traduttore di testi biblici si trova di fronte è il rispetto, pressoché assoluto, che dovrebbe avere nei confronti del testo di partenza a causa della natura stessa del testo che si crede essere diretta rivelazione ed emanazione divina. Ci si è dunque chiesti fino a che punto si possa parlare di traduzione del testo evangelico e quanto, invece, possa essere considerato riscrittura, proprio a causa dello scarto lessicale nonché morfo-sintattico delle lingue d'arrivo. La preoccupazione non appare peregrina dato che lo stesso Concilio Vaticano II, in merito alla traduzione dei testi liturgici nelle lingue moderne si poneva le medesime domande. In un certo qual modo, la situazione del XX secolo, in cui una tradizione testuale di origine greco-latina si è confrontata con lingue e dialetti utilizzati anche in aree non ancora giunte alla scrittura (si pensi a zone dell'Africa e dell'Asia), è paragonabile a quella che si trovarono ad affrontare i primi traduttori in lingue germaniche antiche del testo biblico. L'adesione o allontanamento dal testo biblico nella lingua d'arrivo poneva dunque riflessioni sul concetto stesso di riscrittura, che sono sfociate nell'articolo The evangelic text as translation and interpretative experience: the paradigm of the Germanic languages (Venezia 2005). La conclusione a cui si è giunti è duplice: si può parlare di riscrittura se si prende in considerazione la resa lessicale nelle lingue di arrivo, che spesso non è completamente – o per nulla – aderente al testo di partenza e, dunque, al dettato divino; d'altro canto la resa del messaggio divino attraverso il bagaglio culturale della lingua d'arrivo rende intellegibile lo stesso messaggio che, altrimenti, resterebbe criptico e inarrivabile: in questo caso la riscrittura è funzionale alle problematiche comunicative del testo.

La riflessione sulla riscrittura del testo evangelico nelle lingue germaniche medievali si è conclusa con la produzione di una monografia, ad uso didattico, in cui gli studi compiuti trovavano una ricaduta nelle aule universitarie. Si tratta del volume Lezioni etimologiche. Scelte lessicali nelle versioni germaniche del Vangelo di Matteo, (Padova 2006), strutturato in due sezioni. La prima contempla i testi evangelici oggetto di analisi nelle versioni greca, Vetus Latina, Codex Brixianus, Vulgata; per quanto riguarda le versioni in lingue germaniche si è optato per le versioni gotica, alto-tedesca antica (Monsee), inglese antica, inglese media (Wycliffe), inglese protomoderna (Tyndale e King James's Bible) e, infine, la versione di Lutero. Alla parte testuale è stata affiancata una scelta di lessemi raggruppati in due campi semantici: religione e diritto. Di ogni lessema sono state offerte tutte le forme presenti nei testi oggetto di analisi e una breve discussione etimologica. Nelle intenzioni dell'autore il manuale dovrebbe aiutare lo studente a maturare una riflessione diacronica dell'evoluzione linguistica e delle scelte traduttorie all'interno di una medesima lingua (principalmente inglese e tedesco); allo stesso tempo la ricerca etimologica permette un percorso di tipo sincronico-comparativo, che dovrebbe permettere allo studente una riflessione di tipo linguistico-storico nonché di scelte traduttorie compiute in testi coevi.

Il percorso sulla riscrittura e ricezione dei testi medievali si è poi arricchito di altri temi di ricerca.

Fra di essi va sicuramente menzionata l'indagine compiuta sulla ricezione del poema Nibelungenlied da parte della cultura tedesca fra Ottocento e Novecento, in particolare nella produzione cinematografica del regista Fritz Lang. Lo studio dedicato alla pellicola Die Nibelungen ha cercato di dimostrare il rapporto di dipendenza dell'opera filmica nei confronti della ricezione ottocentesca del poema nibelungico medievale – oggetto di spiccato nazionalismo e conservatorismo – così come delle precedenti realizzazioni figurative della materia nibelungica nel corso dell'Ottocento, dati che hanno da un lato ridimensionato la portata esteticamente innovativa della produzione di Fritz Lang nonché gettato ombre inquietanti sulla sceneggiatura del film, opera soprattutto della moglie del regista, Thea von Harbou. Le riflessioni su questa materia sono poi sfociate in due pubblicazioni, Zeitgeist e tradizione. Fritz Lang, I Nibelunghi (1924), (Firenze 2004) ed Elaborazione del mito nibelungico e creazione dell'identità tedesca nel cinema di Fritz Lang: Die Nibelungen (1924), (Bologna 2011).

Ancora in seno al tema della ricezione e riscrittura del medioevo germanico è maturato, a partire dal 2005, un interesse nei confronti della ricezione nonché riscrittura del materiale germanico antico da parte dello scrittore di età vittoriana William Morris. Morris scoprì il mondo nordico verso la fine degli anni '60 del XIX secolo, coltivando un interesse che lo accompagnò per oltre un decennio, durante il quale produsse traduzioni in inglese di saghe islandesi (fra le quali occorre annoverare almeno quella della Völsungasaga oltre che di altre saghe familiari) e riscritture specie della Laxdaela Saga e della Völsungasaga (la prima, principalmente, nel testo poetico The Lovers of Gudrun, la seconda nel lungo poema Sigurd the Volsung). Lo scrivente si è imbattuto in testi inediti morrisiani che riportavano una versione degli avvenimenti della Laxdaela Saga. Nel corso delle indagini, è emerso un ulteriore inedito di William Morris, ovverosia i suoi taccuini di viaggio in Islanda (1871), dai quali ricavò poi i suoi Icelandic Journals, pubblicati dalla figlia agli inizi del XX secolo. La discrepanza fra i Notebooks inediti e i Journals apparve subito interessante perché i Notebooks riflettono molto più da vicino le impressioni e conoscenze che Morris ebbe durante il suo soggiorno islandese del 1871. In particolare, tali differenze emergono chiaramente nei brani relativi ai luoghi in cui trovò ambientazione la Laxdaela Saga. Si sono dunque prese in considerazione sia la conoscenza della cultura islandese medievale da parte di Morris, sia la riflessione che Morris conduce sulla forza evocatrice dei nomi, dei personaggi e dei luoghi legati alla Laxdaela Saga. Di tutto ciò si è dato conto in un intervento al convegno organizzato dalla Università di Islanda, The Cultural Reconstruction of Places. (Reykjavík, June 24-26, 2005), poi sfociato nell'articolo Laxdale as William Morris's Interior Topography, (Reykjavík 2006), all'interno del progetto di ricerca europeo ACUME. Il percorso di ricerca morrisiano si è poi sviluppato in ulteriori approfondimenti, in particolare in una relazione dal titolo William Morris's Canonization of Edda in British Culture: from Old Norse Myths to Socialism, in occasione del convegno internazionale Eddische Götter und Helden. Milieus und Medien ihrer Rezeption, organizzato dal DFG-Projekt Edda-Rezeption, Frankfurt a. M. 25-27.06.2009 e a un successivo intervento come keynote speaker al convegno  Revisitar o mito / Recycling Myths, Universidade de Lisboa, 2-5 maggio 2012, dal titolo Nordic Myths in William Morris' Works: Contextualization and Recontextualization. Da entrambi questi interventi si sono poi ricavati due articoli in corso di stampa.

A partire dal 2006 la ricerca scientifica si è poi concentrata su due altri filoni investigativi.

È stato oggetto di interesse scientifico il rapporto fra le discipline umanistiche e quelle cosiddette delle scienze ‘dure'. Le interrelazioni, l'interfaccia fra scienze e studi umanistici sono state al centro dell'European Thematic Network ACUME 2 Interfacing Sciences, Literature and Humanities, di cui lo scrivente è stato il coordinatore per l'Università di Ferrara. All'interno dell'ampio spettro di iniziative e tematiche scientifiche del progetto europeo, dopo la partecipazione a una serie di incontri e workshops (First Brainstorming Meeting, Villa Vigoni, 26-28/11/2006; Acume2 General Meeting, Bertinoro, 16-18/03/2007), chi scrive si è inserito nel Subproject 3, Scientific Myth-making, Travelling the World. Scientific Discoveries and Narrative Discourses, Travel Literature e ha dato vita insieme ad altri colleghi di diverse sedi europee a un'unità di ricerca che si è posta come scopo la riflessione sul concetto di ‘origine'. In tale prospettiva insieme alla collega Paola Spinozzi è stato organizzatore di un workshop internazionale presso l'Università di Warwick, Decoding the Origins. (Coventry – University of Warwick – 10-11 dicembre 2007), nel quale ha presentato una relazione dal titolo Indo-European Words for Origins: Primeval Sense and Contemporary Reprise. Con tale intervento si è ripercorso il lessico indoeuropeo per origine all'interno dei ceppi linguistici indo-iranici, greco, latino e, ovviamente, germanico. Sulla base dei dati raccolti da un punto di vista etimologico, è stato possibile indagare le diverse tipologie concettuali insite nei termini per ‘origine' all'interno delle lingue indoeuropee. Si è infine proposta una riflessione sul concetto di origine all'interno della cultura antico nordica, con considerazioni sul termine ginnungagap all'interno del carme cosmogonico antico nordico Völuspá. Sempre in seno all'unità di ricerca sulle origini ha organizzato il 12-13 maggio 2008 a Ferrara insieme alla collega Paola Spinozzi il convegno internazionale Origins as a Paradigm in Sciences and Humanities, nel quale ha presentato un intervento incentrato sul concetto di origine del cosmo nella cultura antico nordica e la sua ricezione nelle produzione artistiche e letterarie contemporanee: Iceland, the North, the Origin of Cosmos and Man: Old Norse Völuspá and One Million Kingdoms by germanica antica dal titolo by Pierre Huyghe. L'intervento di Warwick e quello di Ferrara sono poi confluiti in un articolo, Searching for Origins: Indo-European Words and Nordic Representations, (Göttingen 2010).

Il secondo importante tema di ricerca ha riguardato l'edizione critica delle testimonianze gotiche di epoca carolingia, oggetto del PRIN 2006, Sopravvivenze gotiche in epoca carolingia. I Gotica Parisina e Vindobonensia: edizione ed analisi codicologica, unità di ricerca all'interno del PRIN Composizione, trasmissione e instabilità del testo germanico medievale: nuovi criteri e modelli di edizione. L'analisi delle testimonianze manoscritte in lingua gotica prodotte in età carolingia (Wien, ÖNB, cod. 795, ff. 20r-v e Paris, BnF, lat. 528, f. 71v) è stato un argomento sino ad oggi piuttosto marginale all'interno degli studi sulla lingua e letteratura gotica. Forse perché messi in ombra dalle altre fonti manoscritte bibliche, forse perché non apportatori di sostanziali novità ed arricchimento lessicale, i Gotica Carolina meritavano tuttavia un'attenzione molto più approfondita, anche perché – sebbene poveri di contenuti lessicali – rappresentano due testimonianze assolutamente essenziali per interrogarsi da un lato sulla fortuna della lingua gotica al di fuori dell'Italia ostrogota (dalla quale provengono la sostanziale totalità delle fonti in lingua gotica), dall'altro sulla sopravvivenza, vitale e/o erudita e/o antiquaria della lingua gotica in età carolingia e in area francese. Per questa serie di motivazioni si è proposta un'unità di ricerca all'interno del progetto PRIN che ponesse i Gotica Carolina al centro dell'analisi, con lo scopo di fornire, alla fine del percorso di ricerca, un'edizione critica delle testimonianze gotiche. Si è proceduto dapprima ad analisi di tipo codicologico, coscienti che un testo debba essere studiato soltanto dopo aver compreso il contesto intertestuale in cui si colloca. Appariva dunque necessaria una disamina dei due codici, che è stata compiuta dapprima per il codice parigino, poi per il codice viennese. Per quanto riguarda il caso del manoscritto di Parigi, i risultati dell'indagine erano in parte già confluiti nell'articolo I Gotica Parisina nel codice Bibliothèque Nationale de France, lat. 528, (Bari 2005), nel quale si era proceduto a un'ampia discussione di tipo codicologico. La determinazione delle mani e degli inchiostri ha permesso di stabilire che i Gotica Parisina sono scritti con due inchiostri diversi frutto del lavoro di due diversi glossatori. Si è poi proposta una spiegazione per una lezione manoscritta che tiene conto delle interferenze grafo-fonematiche dialettali dell'area occitanica in cui il manoscritto dovette essere presente intorno alla metà del IX secolo. Per quanto riguarda invece il manoscritto viennese, sicuramente più noto per la presenza di importanti testi alcuiniani, l'indagine autoptica e codicologica non ha presentato particolari difficoltà e novità. Di questa testimonianza viennese si è invece ripercorsa la via che portò al recupero e alla trascrizione delle informazioni. I risultati della indagine, dapprima esposti al convegno I Germani e la scrittura, XXXIII Convegno dell'Associazione Italiana di Filologia Germanica (Pescara, 7-9 giugno 2006), sono poi confluiti nella pubblicazione dei relativi atti con un articolo dal titolo La ricezione della scrittura gotica in età carolingia: il caso dei Gotica Vindobonensia, (Alessandria 2007). In quell'articolo si ricostruisce l'ambiente culturale che ha al proprio centro Arno, abate di St-Amand-les-Eaux e poi arcivescovo di Salisburgo, Alcuino, i loro ‘segretari' Baldo e Wizo e, infine, il visigoto Teodulfo di Orléans. Parrebbe proprio grazie al viaggio in Italia per l'incoronazione imperiale di Carlo Magno nel 799-800 che Teodulfo di Orléans e Wizo siano entrati in contatto, molto probabilmente in area un tempo longobarda, con testimonianze in lingua gotica che sarebbero poi state trascritte e comunicate a Baldo, che le avrebbe poi definitivamente copiate nel manoscritto viennese. Da questa ampia ricerca è emerso chiaramente che l'edizione critica dei testi gotici non può esulare da un serrato confronto non solo di tipo codicologico, ma anche di natura culturale, che vada cioè a interrogare le ragioni profonde che hanno animato la riscoperta del gotico in epoca carolingia. Di particolare importanza risulta dunque chiedersi il perché di questo recupero e le sue finalità. Dall'analisi di queste problematiche si sono ricavate, in prima battuta, due lezioni per un seminario avanzato tenutosi a Torino, Intorno alla Bibbia gotica (18-22/09/2006): 1) Testimonianze gotiche e l'età carolingia; 2) Gothica Vindobonensia e Parisina a confronto, poi confluite in un'unica, più articolata pubblicazione Testimonianze gotiche e l'età carolingia (Alessandria 2008). Sempre in vista della preparazione dell'edizione critica dei Gotica Carolina, si è proceduto alla redazione di un articolo per il primo numero della rivista (in classe A) ‘Filologia Germanica' 1 (2009), Models for the Edition of Gothic Texts: the Case of the Gotica Carolina, nel quale si mettono in luce i problemi e le peculiarità editoriali proprie di brevi testimonianze in lingua germanica antica inserite in manoscritti contenenti testi per lo più in lingua latina. Le problematiche del testo gotico sono state assimilate a situazioni similari proprie di alcuni testi alto-tedeschi antichi, simili per quanto riguarda gli aspetti di tipo codicologico, coevi per datazione. Infine, sempre nell'ottica preparatoria dell'edizione critica, gli aspetti culturali connessi ai testi gotici – in particolare la loro utilizzazione - sono stati oggetto di un intervento al XVIe Colloque International de paléographie Latine: Enseigner l'écriture – Apprendre à écrire (Londra, 2-5 settembre) organizzato dal Comité International de Paléographie Latine, con una relazione dal titolo Reading and Wirting Gothic in the Carolingian Age, intervento poi pubblicato negli atti del convegno (London 2010). La composizione miscellanea del codice Paris BnF lat. 528 è stata oggetto anche di un intervento al workshop internazionale Medieval Manuscript Miscellanies: Composition, Authorship, Use, organizzato dall'Università Carolina di Praga, Praga, 24-26.08.2009, ove si è presentata la relazione An Educational Miscellany in the Carolingian Age: Paris, BNF, lat. 528 (atti in corso di stampa).

Infine la ricerca ha trovato la sua naturale e preparata conclusione nella monografia L'eredità dei Goti. Testi barbarici in età carolingia, (Spoleto 2009). La collocazione editoriale (Fondazione C.I.S.A.M.), seppur in Italia, è prestigiosissima e di livello internazionale nell'ambito degli studi alto-medievali. Il volume si articola in sei capitoli. Nel primo capitolo si riflette sulle problematiche delle edizioni testuali dei testi gotici, tenendo in debito conto la particolare situazione storico-culturale in cui quei testi vennero prodotti (età tardo-antica) e tramandati (età carolingia). Nel secondo capitolo si prende in esame la vexata quaestio in merito alla scomparsa della lingua gotica nei territori di stanziamento dei Visigoti e degli Ostrogoti. La scarsità di fonti letterarie in lingua gotica ha spinto a una ricostruzione della situazione in cui i parlanti gotico si vennero a trovare fra Italia, Francia meridionale e penisola iberica. La scarsità dei prestiti linguistici che dal gotico sono entrati nelle parlate locali sono stati specchio di una evidente situazione di bilinguismo imperfetto della comunità gotica ma, allo stesso tempo, sulla base della loro distribuzione geografica (per lo più concentrati in aree periferiche della penisola iberica e nelle pianure settentrionali italiane) di una particolare permanenza dell'uso del gotico che, tuttavia, non si può essere spinto al di là del VII secolo. Diversa invece la sopravvivenza della memoria della lingua e letteratura dei Goti, che scavalca il limite linguistico. A questo tema è dedicato il capitolo terzo, che si concentra sulla fortuna della memoria culturale dei Goti in particolare presso la corte carolingia, individuando in Carlo Magno uno dei principali sostenitori e artefici di tale salvaguardia e trasmissione. La cultura gotica, il suo sovrano più celebre, Teoderico, sono strumento della politica di legittimazione carolingia sia di fronte all'impero bizantino ma, anche, nei confronti delle conquistate popolazioni germaniche (in primis i Longobardi). La politica di ricezione del passato gotico si cala poi, nei capitoli quarto e quinto, nella discussione della produzione manoscritta dei Gotica Carolina, che riflette materialmente il rinato interesse per la materia gotica e la sua lingua. Come già annunciato dagli articoli preparatori, la conoscenza della lingua gotica procede dall'Italia e da enclaves culturali visigote ma si concretizza in una produzione manoscritta che ben si incanala negli interessi delle élites intellettuali carolingie, rimanendo dunque limitata a un'esperienza di pochi e di breve durata. Con l'ultimo capitolo si affronta il tema della matrice culturale da collocarsi in età carolingia che permette la riscoperta e l'interesse nei confronti di testi in lingua gotica, ampliando lo sguardo a quanto avviene per altre tradizioni linguistiche, in particolare in merito alla proliferazione delle serie alfabetiche dove però le serie alfabetiche gotiche (nel ms viennese) sorgono da ragioni non legate all'esotismo che spesso accompagna tale produzione manoscritta. Il gotico è a tutti gli effetti considerato una lingua con la quale si è potuta trasmettere la parola di Dio, così come avvenne per l'ebraico, il greco e, infine, il latino e, come quelle, ha pari dignità. Questa pare la conquista definitiva del recupero gotico in età carolingia: aver avvalorato la possibilità che anche lingue germaniche da poco giunte alla pagina scritta, come l'alto-tedesco antico, il sassone antico o l'inglese antico, abbiano pari diritti e pari capacità di trasmettere il messaggio divino e possano perciò aprirsi all'utilizzazione in forma scritta senza pregiudizi di inferiorità o incapacità.

Sulla scia del volume, ci si è poi occupati delle serie alfabetiche runiche nei manoscritti, i cosiddetti Runica Manuscripta. La ricerca, ancora in divenire, ha però già portato a un intervento al convegno internazionale Rethinking and recontextualizing glosses: new perspectives in the study of late Anglo-Saxon glossography (Roma 2010), nel quale si è presa in considerazione la copiatura di alfabeti (fra cui quello runico) ai margini dei manoscritti di età carolingia, al fine di definire le ragioni di tali presenze e la loro diffusione. L'intervento si è poi concretizzato nella pubblicazione dell'articolo Marginal Alphabets in the Carolingian Age: Philological and Codicological Considerations (Porto 2011)

Altro tema di ricerca ha toccato la figura di Richard Verstegan, in particolare il rapporto fra le antichità germaniche e la loro utilizzazione a scopi politici, così come emergerebbe da una più attenta lettura del suo lavoro Restitution, oggetto di un articolo, Searching for the Origins: Teutonic Past and Contemporary England in Verstegan Thought, in corso di stampa per i tipi di Brepols (Turnhout 2012).

In occasione del convegno Imperatori, re e principi fra storia e mitopoiesi germanica, organizzato dall'Associazione Italiana di Filologia Germanica congiuntamente all'Università di Bologna, (Bertinoro, 26-28 maggio 2010) si è proposto un intervento sul codice Heidelberg, Universitätsbibliothek, Cpg 395, contenente tre opere: Stricker, Karl der Grosse (1ra-92va); Konrad von Würzburg, Heinrich von Kempten (92vb-98rb); Ulrich von dem Türlin, Arabel (99ra-182rb). Il manoscritto, risalente al primo quarto del XIV secolo, è particolarmente interessante perché propone l'accostamento tra due figure di imperatori, Carlo Magno e Ottone I (quest'ultimo in Heinrich von Kempten) entrambi modelli politici a cui anche il testo Arabel, sorta di prefazione al diffusissimo Willehalm di Wolfram von Eschenbach, fa riferimento. Lo studio si concentra sugli aspetti codicologici che, insieme a riflessioni filologiche, cerca di mettere in luce le ragioni di questi accostamenti testuali in una determinata area di produzione riconducibile all'area geografica alemanna inferiore. (Atti in corso di pubblicazione, Bologna 2012).