Temi di ricerca in corso:
(per ricerche precedenti cfr. Temi estesi)
La presenza longobarda nella val Trebbia e nel monastero di
Bobbio: tracce linguistiche e paleografiche (all'interno del
progetto di ricerca europeo Making Europe: Columbanus and his
Legacy / Aux origines de la construction de l'Europe: Columban et
son heritage / Costruire l'Europa: Colombano e la sua eredità
http://columbanus2015.eu/)
Serie alfabetiche nei manoscritti occidentali
alto-medievali. Lo studio intende porre in luce le ragioni che
hanno spinto numerosi amanuensi ad inserire serie alfabetiche (fra
le quali alcune tipologie di serie runiche) all'interno di
manoscritti articolati. L'indagine codicologica dovrebbe permettere
possibili soluzioni.
La riscrittura delle memorie germaniche medievali in età
moderna e contemporanea. Oggetto di particolare attenzione è la
riscrittura, anche intersemiotica, del Nibelungenlied in età
guglielmina e nel secondo dopoguerra, specie nella produzione
drammaturgica di Moritz Rinke.
La
formazione all'interno del dottorato di ricerca in Germanistica
(Filologia Germanica) approfondisce la conoscenza già avviata con
la dissertazione di laurea nei confronti di quelle lingue e culture
germaniche che più marcatamente hanno interessato la penisola
italiana nel corso dell'alto medioevo, ovverosia il gotico e il
longobardo. Dalla frequentazione scientifica con le questioni
legate alla presenza degli Ostrogoti in Italia si sviluppa un
interesse nei confronti della figura di Teoderico, il sovrano goto
culturalmente più importante, e la cui memoria venne tramandata
anche in testi letterari di genere eroico. In particolare,
interessa allo scrivente lo studio di un gruppo di testi in lingua
latina, parte di più ampie narrazioni storiografiche, conosciute
come Gesta Theoderici
Regis, il cui testo più antico risale al VII secolo. Oggetto
dell'indagine è la verifica dello slittamento del racconto storico
– che si vuole biografico – all'interno del genere eroico,
enucleando quelli che furono i punti di svolta nella vita del
sovrano goto che più di altri si prestarono a una loro trasmissione
più favolosa e, allo stesso tempo, cercando di trovare le ragioni
culturali di tali scostamenti dalla cosiddetta ‘verità' storica. A
partire dal 1995, dapprima con interventi a convegni, poi con
pubblicazioni, anche in lingua straniera, si analizzano diversi
episodi contenuti nei Gesta
Theoderici Regis, percorso di ricerca che giunge sino al 2002,
quando viene pubblicato un articolo in un qualche modo conclusivo
dell'indagine intrapresa.
Negli
stessi anni si esplorano territori di indagine nell'ambito della
cultura longobarda, dapprima con l'analisi di un passo della Storia dei Longobardi di
Paolo Diacono in cui l'autore riferisce di un uso funerario
tradizionale di quella gente germanica. L'uso di pertiche
sormontate da un volatile a indicazione di un cenotafio viene
analizzato al fine di risalire, tramite anche strumenti di indagine
linguistica, all'origine e al significato simbolico di quella
pratica funeraria. Altro oggetto di analisi, sempre in ambito
longobardo, riguarda lo studio del termine masca all'interno delle
leggi longobarde tradotto in italiano per lo più con ‘strega'.
Anche in questo caso si è cercato, attraverso un percorso
comparatistico all'interno di diverse tradizioni letterarie, anche
extra-germaniche, di risalire al significato del termine e alla sua
specializzazione semantica nelle lingue germaniche e, ovviamente,
in particolare del longobardo.
Ormai
alle soglie del 2000 la ricerca si amplia a un nuovo filone
investigativo nel quale si prende in esame la letteratura
alto-tedesca media, nello specifico la produzione poetica
concernente gli enigmi sapienziali fra alto medioevo e XIV secolo.
Lo studio, preannunciato da un intervento e pubblicazione nel 1997,
giungerà alla produzione della prima monografia, pubblicata nel
2001. Il volume, dopo aver delimitato il campo di indagine agli
enigmi sapienziali di area tedesca, propone un'indagine che,
partendo dall'età carolingia, percorre testi poetici alto-tedeschi
medi conosciuti con il titolo di Traugemundslied, Rätselspiel e Zabulons Buch, gli ultimi
due contenuti nella più ampia trasmissione poetica conosciuta come
Wartburgkrieg.
L'argomento stesso dei componimenti (enigmistico-sapienziali) porta
alla necessità di una puntuale interpretazione del contenuto dei
testi, spesso volutamente involuti e criptici, inserendoli
all'interno di quella cultura medievale tedesca fra XII e XIV
secolo che li aveva prodotti. I testi, dopo essere stati sottoposti
a un attento vaglio editoriale, sono stati proposti e tradotti per
la prima volta in lingua italiana L'indagine, enuclea quale aspetto
fondamentale legato alle problematiche connesse a questo gruppo di
composizioni poetiche la ricezione della produzione poetica di
Wolfram von Eschenbach, in particolare per quanto riguarda le
conoscenze che il grande poeta tedesco dimostra di possedere in
merito a questioni scientifico-astronomiche ed aristoteliche che,
alle soglie del XIII secolo, erano ancora guardate con sospetto
negli ambienti cortesi tedeschi. L'enigma sapienziale in area
tedesca medievale si fa strumento di sdoganamento e diffusione di
saperi sino a quel momento posseduti dai clerici ora, invece,
veicolati all'interno della cultura laica cortese. Gli esiti di
questa ricerca verranno poi successivamente ripresi ed approfonditi
in alcuni saggi.
Dopo
aver concluso la monografia dedicata agli enigmi sapienziali in
area tedesca, i primi anni del nuovo secolo sono stati dedicati a
due percorsi di ricerca portati avanti parallelamente.
Il primo di essi è focalizzato sulla
rivisitazione, dopo più di un decennio, dei materiali utilizzati
per la stesura della tesi di dottorato di ricerca. Nello specifico,
dopo un primo saggio pubblicato nel 1999 sui palinsesti in lingua
gotica, si è deciso di produrre una monografia che analizzasse
puntualmente lo stato della questione, strettamente connessa alla
storia culturale dello scriptorium del monastero
di Bobbio, nel quale i palinsesti gotici furono conservati sino
all'età moderna. Lo studio del cenobio bobbiese si intreccia
indissolubilmente con la storia culturale dei Longobardi in Italia
e, in particolare, con la loro storia religiosa, nel lento ma
progressivo passaggio dal paganesimo germanico, all'arianesimo,
alle posizioni confessionali tricapitoline e, infine, all'adesione
all'ortodossia cattolica. A ciò si aggiunga la particolare
problematica legata monastero di Bobbio, che un'ampia vulgata vuole di chiara
matrice culturale irlandese a seguito della natio di appartenenza del
suo fondatore, san Colombano. I rapporti fra cultura irlandese,
mondo longobardo e produzione manoscritta sono stati dunque oggetto
di ampie riflessioni all'interno della monografia. Nel primo
capitolo si ripercorrono gli stretti legami politici e culturali
tra la fondazione monastica e la corte longobarda, cercando di
dimostrare come la storia del monastero di Bobbio sia fortemente
interrelata con le vicissitudini storiche longobarde: i Longobardi
vedono nel cenobio bobbiese una sorta di avamposto gettato verso le
terre ancora bizantine e, soprattutto, un luogo di mediazione nei
confronti della sede papale, in un continuo interscambio fra
cenobio, corte reale e sede pontificia. Il quadro socio-politico
che si delinea dunque longobardo piuttosto che irlandese, viene
confermato dall'indagine, condotta nel secondo capitolo, sulla
plausibile natio dei
primi monaci. Lo studio antroponimico porta a
dimostrare come fra tutti i monaci bobbiesi citati dalle fonti non
vi sia, in epoca longobarda, nessun irlandese, ma persone
verosimilmente provenienti dall'area longobarda o burgunda. Avendo
cercato di dimostrare, nella prima parte del volume, la
spiccatissima matrice longobarda del cenobio, nella seconda parte
della monografia si prendono in esame i manoscritti transitati e/o
prodotti nello scriptorium di Bobbio
durante l'età longobarda. Alla luce dei forti legami con la corte
longobarda e con il suo percorso di trasformazione religiosa, trova
spiegazione plausibile la creazione dei palinsesti gotici, che non
furono prodotti nel monastero ma molto più probabilmente in area
lombardo-veneta a seguito dell'abbandono del culto ariano da parte
dei Longobardi (per i quali i testi in lingua gotica erano stati
strumento liturgico). Tali pergamene confluiranno, poi, già spesso
rilegate e riscritte, nella biblioteca del monastero di Bobbio. Il
ruolo del regno longobardo, soprattutto per quanto attiene il
controllo dei territori lombardi e veneti, risulta poi di vitale
importanza nel motivare la rete di contatti culturali intrattenuta
dal monastero con centri transalpini, sia di area gallica che,
soprattutto, di area tedesca. La trasmissione in area tedesca di
glossari latini, gli uomini che si formarono a Bobbio e che poi si
stanziano in centri tedeschi, possono in buona parte motivare la
nascita stessa della produzione glossografica in lingua
alto-tedesca antica, che troverebbe le sue radici in eguale
attività glossatoria che si sviluppò tra Bobbio, Milano e la sede
pavese del regno longobardo e da qui trasmessa oltralpe. Il volume,
infine, propone, in ampie appendici, una ricostruzione virtuale
della biblioteca bobbiese in età longobarda, offrendo uno sguardo
su quelli che erano stati gli interessi culturali e i manoscritti
che appartennero al cenobio nei suoi due primi secoli di vita. Il
volume è stato accolto e pubblicato dal prestigioso Centro Italiano
di Studi sull'Alto Medioevo (C.I.S.A.M.) di Spoleto (Il monastero longobardo di
Bobbio. Crocevia di uomini, manoscritti e culture, Spoleto
2004).
Il
secondo progetto di ricerca Da Matteo a Matteo. Analisi
comparativa ed ipertestuale delle tradizioni germaniche antiche del
Vangelo secondo Matteo, si inquadrava invece nell'unità di
ricerca del PRIN 2002 conclusosi nel 2005: Riscrittura e
intertestualità: metamorfosi, interferenze e reinterpretazioni del
testo medievale. L'approccio al testo evangelico –
dapprima gotico, poi nelle altre lingue germaniche antiche – ha
avuto come suo punto nodale la riflessione sulle problematiche
traduttorie che si dovettero trovar di fronte i primi traduttori in
lingue germaniche antiche. Una prima riflessione è stata condotta
sulle difficoltà di rendere in una lingua di arrivo un testo
redatto in ambiente mediterraneo, area storico-culturale nonché
naturale-geografica estranea al mondo germanico, da cui i problemi
di resa lessicale sia per quanto riguarda zoonimi, fitonimi,
oggetti, edifici ecc., sia per ciò che riguarda i campi semantici
filosofico-religiosi (concetto di colpa, peccato ecc.), sia infine
in relazione ad istituti politici non presenti o completamente
ravvisabili nella società germanica (governatorato, sinedrio,
ecc.). Da questa indagine è scaturito l'articolo Dentro Matteo:
il rinnegamento di Pietro da Vulfila alla Bibbia di King James
(Bergamo 2005), nel quale si è assunto il rinnegamento di Pietro
come caso di studio perché poneva problemi interessanti in
relazione sia agli istituti giuridici (giuramento, interrogatorio,
atto assertorio) sia in merito agli edifici (corte, villa ecc.). È
emersa una particolare sensibilità del traduttore gotico in
relazione alla propria fonte in lingua greca, mentre più
approssimative sono apparse alcune versioni, specie di area inglese
media. Un secondo tipo di ostacolo che un traduttore di testi
biblici si trova di fronte è il rispetto, pressoché assoluto, che
dovrebbe avere nei confronti del testo di partenza a causa della
natura stessa del testo che si crede essere diretta rivelazione ed
emanazione divina. Ci si è dunque chiesti fino a che punto si possa
parlare di traduzione del testo evangelico e quanto, invece, possa
essere considerato riscrittura, proprio a causa dello scarto
lessicale nonché morfo-sintattico delle lingue d'arrivo. La
preoccupazione non appare peregrina dato che lo stesso Concilio
Vaticano II, in merito alla traduzione dei testi liturgici nelle
lingue moderne si poneva le medesime domande. In un certo qual
modo, la situazione del XX secolo, in cui una tradizione testuale
di origine greco-latina si è confrontata con lingue e dialetti
utilizzati anche in aree non ancora giunte alla scrittura (si pensi
a zone dell'Africa e dell'Asia), è paragonabile a quella che si
trovarono ad affrontare i primi traduttori in lingue germaniche
antiche del testo biblico. L'adesione o allontanamento dal testo
biblico nella lingua d'arrivo poneva dunque riflessioni sul
concetto stesso di riscrittura, che sono sfociate nell'articolo
The evangelic text as translation and interpretative experience:
the paradigm of the Germanic languages (Venezia 2005). La
conclusione a cui si è giunti è duplice: si può parlare di
riscrittura se si prende in considerazione la resa lessicale nelle
lingue di arrivo, che spesso non è completamente – o per nulla –
aderente al testo di partenza e, dunque, al dettato divino; d'altro
canto la resa del messaggio divino attraverso il bagaglio culturale
della lingua d'arrivo rende intellegibile lo stesso messaggio che,
altrimenti, resterebbe criptico e inarrivabile: in questo caso la
riscrittura è funzionale alle problematiche comunicative del
testo.
La
riflessione sulla riscrittura del testo evangelico nelle lingue
germaniche medievali si è conclusa con la produzione di una
monografia, ad uso didattico, in cui gli studi compiuti trovavano
una ricaduta nelle aule universitarie. Si tratta del volume
Lezioni etimologiche. Scelte lessicali nelle versioni germaniche
del Vangelo di Matteo, (Padova 2006), strutturato in due
sezioni. La prima contempla i testi evangelici oggetto di analisi
nelle versioni greca, Vetus Latina, Codex Brixianus,
Vulgata; per quanto riguarda le versioni in lingue
germaniche si è optato per le versioni gotica, alto-tedesca antica
(Monsee), inglese antica, inglese media (Wycliffe), inglese
protomoderna (Tyndale e King James's Bible) e, infine, la
versione di Lutero. Alla parte testuale è stata affiancata una
scelta di lessemi raggruppati in due campi semantici: religione e
diritto. Di ogni lessema sono state offerte tutte le forme presenti
nei testi oggetto di analisi e una breve discussione etimologica.
Nelle intenzioni dell'autore il manuale dovrebbe aiutare lo
studente a maturare una riflessione diacronica dell'evoluzione
linguistica e delle scelte traduttorie all'interno di una medesima
lingua (principalmente inglese e tedesco); allo stesso tempo la
ricerca etimologica permette un percorso di tipo
sincronico-comparativo, che dovrebbe permettere allo studente una
riflessione di tipo linguistico-storico nonché di scelte
traduttorie compiute in testi coevi.
Il percorso sulla
riscrittura e ricezione dei testi medievali si è poi arricchito di
altri temi di ricerca.
Fra di essi va
sicuramente menzionata l'indagine compiuta sulla ricezione del
poema Nibelungenlied da
parte della cultura tedesca fra Ottocento e Novecento, in
particolare nella produzione cinematografica del regista Fritz
Lang. Lo studio dedicato alla pellicola Die Nibelungen ha cercato
di dimostrare il rapporto di dipendenza dell'opera filmica nei
confronti della ricezione ottocentesca del poema nibelungico
medievale – oggetto di spiccato nazionalismo e conservatorismo –
così come delle precedenti realizzazioni figurative della materia
nibelungica nel corso dell'Ottocento, dati che hanno da un lato
ridimensionato la portata esteticamente innovativa della produzione
di Fritz Lang nonché gettato ombre inquietanti sulla sceneggiatura
del film, opera soprattutto della moglie del regista, Thea von
Harbou. Le riflessioni su questa materia sono poi sfociate in due
pubblicazioni, Zeitgeist e
tradizione. Fritz Lang, I Nibelunghi (1924), (Firenze 2004) ed
Elaborazione del mito
nibelungico e creazione dell'identità tedesca nel cinema di Fritz
Lang: Die Nibelungen (1924), (Bologna 2011).
Ancora in seno al
tema della ricezione e riscrittura del medioevo germanico è
maturato, a partire dal 2005, un interesse nei confronti della
ricezione nonché riscrittura del materiale germanico antico da
parte dello scrittore di età vittoriana William Morris. Morris
scoprì il mondo nordico verso la fine degli anni '60 del XIX
secolo, coltivando un interesse che lo accompagnò per oltre un
decennio, durante il quale produsse traduzioni in inglese di saghe
islandesi (fra le quali occorre annoverare almeno quella della
Völsungasaga oltre che di altre saghe familiari) e
riscritture specie della Laxdaela Saga e della
Völsungasaga (la prima, principalmente, nel testo poetico
The Lovers of Gudrun, la seconda nel lungo poema Sigurd
the Volsung). Lo scrivente si è imbattuto in testi inediti
morrisiani che riportavano una versione degli avvenimenti della
Laxdaela Saga. Nel corso delle indagini, è emerso un
ulteriore inedito di William Morris, ovverosia i suoi taccuini di
viaggio in Islanda (1871), dai quali ricavò poi i suoi Icelandic
Journals, pubblicati dalla figlia agli inizi del XX secolo. La
discrepanza fra i Notebooks inediti e i Journals
apparve subito interessante perché i Notebooks riflettono
molto più da vicino le impressioni e conoscenze che Morris ebbe
durante il suo soggiorno islandese del 1871. In particolare, tali
differenze emergono chiaramente nei brani relativi ai luoghi in cui
trovò ambientazione la Laxdaela Saga. Si sono dunque prese
in considerazione sia la conoscenza della cultura islandese
medievale da parte di Morris, sia la riflessione che Morris conduce
sulla forza evocatrice dei nomi, dei personaggi e dei luoghi legati
alla Laxdaela Saga. Di tutto ciò si è dato conto in un
intervento al convegno organizzato dalla Università di Islanda,
The Cultural Reconstruction of Places. (Reykjavík, June
24-26, 2005), poi sfociato nell'articolo Laxdale as William
Morris's Interior Topography, (Reykjavík 2006), all'interno del
progetto di ricerca europeo ACUME. Il percorso di ricerca
morrisiano si è poi sviluppato in ulteriori approfondimenti, in
particolare in una relazione dal titolo William Morris's
Canonization of Edda in British Culture: from Old Norse Myths to
Socialism, in occasione del convegno internazionale
Eddische Götter und Helden. Milieus und Medien ihrer
Rezeption, organizzato dal DFG-Projekt Edda-Rezeption,
Frankfurt a. M. 25-27.06.2009 e a un successivo intervento come
keynote speaker al convegno Revisitar o mito / Recycling
Myths, Universidade de Lisboa, 2-5 maggio 2012, dal titolo Nordic Myths in William Morris'
Works: Contextualization and Recontextualization. Da entrambi
questi interventi si sono poi ricavati due articoli in corso di
stampa.
A
partire dal 2006 la ricerca scientifica si è poi concentrata su due
altri filoni investigativi.
È
stato oggetto di interesse scientifico il rapporto fra le
discipline umanistiche e quelle cosiddette delle scienze ‘dure'. Le
interrelazioni, l'interfaccia fra scienze e studi umanistici sono
state al centro dell'European Thematic Network ACUME 2
Interfacing Sciences, Literature and Humanities, di cui lo
scrivente è stato il coordinatore per l'Università di Ferrara.
All'interno dell'ampio spettro di iniziative e tematiche
scientifiche del progetto europeo, dopo la partecipazione a una
serie di incontri e workshops (First Brainstorming Meeting, Villa
Vigoni, 26-28/11/2006; Acume2 General Meeting, Bertinoro,
16-18/03/2007), chi scrive si è inserito nel Subproject 3,
Scientific Myth-making, Travelling the World. Scientific
Discoveries and Narrative Discourses, Travel Literature e ha
dato vita insieme ad altri colleghi di diverse sedi europee a
un'unità di ricerca che si è posta come scopo la riflessione sul
concetto di ‘origine'. In tale prospettiva insieme alla collega
Paola Spinozzi è stato organizzatore di un workshop internazionale
presso l'Università di Warwick, Decoding the Origins.
(Coventry – University of Warwick – 10-11 dicembre 2007), nel quale
ha presentato una relazione dal titolo Indo-European Words
for Origins: Primeval Sense and Contemporary Reprise.
Con tale intervento si è ripercorso il lessico indoeuropeo per
origine all'interno dei ceppi linguistici indo-iranici, greco,
latino e, ovviamente, germanico. Sulla base dei dati raccolti da un
punto di vista etimologico, è stato possibile indagare le diverse
tipologie concettuali insite nei termini per ‘origine' all'interno
delle lingue indoeuropee. Si è infine proposta una riflessione sul
concetto di origine all'interno della cultura antico nordica, con
considerazioni sul termine ginnungagap all'interno del carme
cosmogonico antico nordico Völuspá. Sempre in seno
all'unità di ricerca sulle origini ha organizzato il 12-13 maggio
2008 a Ferrara insieme alla collega Paola Spinozzi il convegno
internazionale Origins as a Paradigm in Sciences and
Humanities, nel quale ha presentato un intervento incentrato
sul concetto di origine del cosmo nella cultura antico nordica e la
sua ricezione nelle produzione artistiche e letterarie
contemporanee: Iceland, the North, the Origin of Cosmos and
Man: Old Norse Völuspá and One Million Kingdoms by germanica antica
dal titolo by Pierre Huyghe. L'intervento di Warwick
e quello di Ferrara sono poi confluiti in un articolo, Searching for Origins: Indo-European Words and
Nordic Representations, (Göttingen 2010).
Il
secondo importante tema di ricerca ha riguardato l'edizione critica
delle testimonianze gotiche di epoca carolingia, oggetto del PRIN
2006, Sopravvivenze gotiche in epoca carolingia. I Gotica
Parisina e Vindobonensia: edizione ed analisi codicologica,
unità di ricerca all'interno del PRIN Composizione,
trasmissione e instabilità del testo germanico medievale: nuovi
criteri e modelli di edizione. L'analisi delle
testimonianze manoscritte in lingua gotica prodotte in età
carolingia (Wien, ÖNB, cod. 795, ff. 20r-v e Paris, BnF, lat. 528,
f. 71v) è stato un argomento sino ad oggi piuttosto marginale
all'interno degli studi sulla lingua e letteratura gotica. Forse
perché messi in ombra dalle altre fonti manoscritte bibliche, forse
perché non apportatori di sostanziali novità ed arricchimento
lessicale, i Gotica Carolina meritavano tuttavia
un'attenzione molto più approfondita, anche perché – sebbene poveri
di contenuti lessicali – rappresentano due testimonianze
assolutamente essenziali per interrogarsi da un lato sulla fortuna
della lingua gotica al di fuori dell'Italia ostrogota (dalla quale
provengono la sostanziale totalità delle fonti in lingua gotica),
dall'altro sulla sopravvivenza, vitale e/o erudita e/o antiquaria
della lingua gotica in età carolingia e in area francese. Per
questa serie di motivazioni si è proposta un'unità di ricerca
all'interno del progetto PRIN che ponesse i Gotica Carolina
al centro dell'analisi, con lo scopo di fornire, alla fine del
percorso di ricerca, un'edizione critica delle testimonianze
gotiche. Si è proceduto dapprima ad analisi di tipo codicologico,
coscienti che un testo debba essere studiato soltanto dopo aver
compreso il contesto intertestuale in cui si colloca. Appariva
dunque necessaria una disamina dei due codici, che è stata compiuta
dapprima per il codice parigino, poi per il codice viennese. Per
quanto riguarda il caso del manoscritto di Parigi, i risultati
dell'indagine erano in parte già confluiti nell'articolo I
Gotica Parisina nel codice Bibliothèque Nationale de France,
lat. 528, (Bari 2005), nel quale si era proceduto a un'ampia
discussione di tipo codicologico. La determinazione delle mani e
degli inchiostri ha permesso di stabilire che i Gotica
Parisina sono scritti con due inchiostri diversi frutto del
lavoro di due diversi glossatori. Si è poi proposta una spiegazione
per una lezione manoscritta che tiene conto delle interferenze
grafo-fonematiche dialettali dell'area occitanica in cui il
manoscritto dovette essere presente intorno alla metà del IX
secolo. Per quanto riguarda invece il manoscritto viennese,
sicuramente più noto per la presenza di importanti testi
alcuiniani, l'indagine autoptica e codicologica non ha presentato
particolari difficoltà e novità. Di questa testimonianza viennese
si è invece ripercorsa la via che portò al recupero e alla
trascrizione delle informazioni. I risultati della indagine,
dapprima esposti al convegno I Germani e la scrittura,
XXXIII Convegno dell'Associazione Italiana di Filologia Germanica
(Pescara, 7-9 giugno 2006), sono poi confluiti nella pubblicazione
dei relativi atti con un articolo dal titolo La ricezione della
scrittura gotica in età carolingia: il caso dei Gotica
Vindobonensia, (Alessandria 2007). In quell'articolo si
ricostruisce l'ambiente culturale che ha al proprio centro Arno,
abate di St-Amand-les-Eaux e poi arcivescovo di Salisburgo,
Alcuino, i loro ‘segretari' Baldo e Wizo e, infine, il visigoto
Teodulfo di Orléans. Parrebbe proprio grazie al viaggio in Italia
per l'incoronazione imperiale di Carlo Magno nel 799-800 che
Teodulfo di Orléans e Wizo siano entrati in contatto, molto
probabilmente in area un tempo longobarda, con testimonianze in
lingua gotica che sarebbero poi state trascritte e comunicate a
Baldo, che le avrebbe poi definitivamente copiate nel manoscritto
viennese. Da questa ampia ricerca è emerso chiaramente che
l'edizione critica dei testi gotici non può esulare da un serrato
confronto non solo di tipo codicologico, ma anche di natura
culturale, che vada cioè a interrogare le ragioni profonde che
hanno animato la riscoperta del gotico in epoca carolingia. Di
particolare importanza risulta dunque chiedersi il perché di questo
recupero e le sue finalità. Dall'analisi di queste problematiche si
sono ricavate, in prima battuta, due lezioni per un seminario
avanzato tenutosi a Torino, Intorno alla Bibbia gotica
(18-22/09/2006): 1) Testimonianze gotiche e l'età
carolingia; 2) Gothica Vindobonensia e Parisina a
confronto, poi confluite in un'unica, più articolata
pubblicazione Testimonianze gotiche e l'età carolingia
(Alessandria 2008). Sempre in vista della preparazione
dell'edizione critica dei Gotica Carolina, si è proceduto
alla redazione di un articolo per il primo numero della rivista (in
classe A) ‘Filologia Germanica' 1 (2009), Models for the Edition of Gothic Texts: the
Case of the Gotica Carolina, nel quale si mettono in luce i
problemi e le peculiarità editoriali proprie di brevi testimonianze
in lingua germanica antica inserite in manoscritti contenenti testi
per lo più in lingua latina. Le problematiche del testo gotico sono
state assimilate a situazioni similari proprie di alcuni testi
alto-tedeschi antichi, simili per quanto riguarda gli aspetti di
tipo codicologico, coevi per datazione. Infine, sempre nell'ottica
preparatoria dell'edizione critica, gli aspetti culturali connessi
ai testi gotici – in particolare la loro utilizzazione - sono stati
oggetto di un intervento al XVIe Colloque International de
paléographie Latine: Enseigner l'écriture – Apprendre à écrire
(Londra, 2-5 settembre) organizzato dal Comité International de
Paléographie Latine, con una relazione dal titolo Reading and
Wirting Gothic in the Carolingian Age, intervento poi pubblicato
negli atti del convegno (London 2010). La composizione
miscellanea del codice Paris BnF lat. 528 è stata oggetto anche di
un intervento al workshop internazionale Medieval Manuscript
Miscellanies: Composition, Authorship, Use, organizzato
dall'Università Carolina di Praga, Praga, 24-26.08.2009, ove si è
presentata la relazione An Educational Miscellany in the
Carolingian Age: Paris, BNF, lat. 528 (atti in corso di
stampa).
Infine
la ricerca ha trovato la sua naturale e preparata conclusione nella
monografia L'eredità dei Goti. Testi barbarici in età
carolingia, (Spoleto 2009). La collocazione editoriale
(Fondazione C.I.S.A.M.), seppur in Italia, è prestigiosissima e di
livello internazionale nell'ambito degli studi alto-medievali. Il
volume si articola in sei capitoli. Nel primo capitolo si riflette
sulle problematiche delle edizioni testuali dei testi gotici,
tenendo in debito conto la particolare situazione storico-culturale
in cui quei testi vennero prodotti (età tardo-antica) e tramandati
(età carolingia). Nel secondo capitolo si prende in esame la vexata quaestio in merito
alla scomparsa della lingua gotica nei territori di stanziamento
dei Visigoti e degli Ostrogoti. La scarsità di fonti letterarie in
lingua gotica ha spinto a una ricostruzione della situazione in cui
i parlanti gotico si vennero a trovare fra Italia, Francia
meridionale e penisola iberica. La scarsità dei prestiti
linguistici che dal gotico sono entrati nelle parlate locali sono
stati specchio di una evidente situazione di bilinguismo imperfetto
della comunità gotica ma, allo stesso tempo, sulla base della loro
distribuzione geografica (per lo più concentrati in aree
periferiche della penisola iberica e nelle pianure settentrionali
italiane) di una particolare permanenza dell'uso del gotico che,
tuttavia, non si può essere spinto al di là del VII secolo. Diversa
invece la sopravvivenza della memoria della lingua e letteratura
dei Goti, che scavalca il limite linguistico. A questo tema è
dedicato il capitolo terzo, che si concentra sulla fortuna della
memoria culturale dei Goti in particolare presso la corte
carolingia, individuando in Carlo Magno uno dei principali
sostenitori e artefici di tale salvaguardia e trasmissione. La
cultura gotica, il suo sovrano più celebre, Teoderico, sono
strumento della politica di legittimazione carolingia sia di fronte
all'impero bizantino ma, anche, nei confronti delle conquistate
popolazioni germaniche (in primis i Longobardi). La politica di
ricezione del passato gotico si cala poi, nei capitoli quarto e
quinto, nella discussione della produzione manoscritta dei Gotica
Carolina, che riflette materialmente il rinato interesse per la
materia gotica e la sua lingua. Come già annunciato dagli articoli
preparatori, la conoscenza della lingua gotica procede dall'Italia
e da enclaves culturali visigote ma si concretizza in una
produzione manoscritta che ben si incanala negli interessi delle
élites intellettuali carolingie, rimanendo dunque limitata a
un'esperienza di pochi e di breve durata. Con l'ultimo capitolo si
affronta il tema della matrice culturale da collocarsi in età
carolingia che permette la riscoperta e l'interesse nei confronti
di testi in lingua gotica, ampliando lo sguardo a quanto avviene
per altre tradizioni linguistiche, in particolare in merito alla
proliferazione delle serie alfabetiche dove però le serie
alfabetiche gotiche (nel ms viennese) sorgono da ragioni non legate
all'esotismo che spesso accompagna tale produzione manoscritta. Il
gotico è a tutti gli effetti considerato una lingua con la quale si
è potuta trasmettere la parola di Dio, così come avvenne per
l'ebraico, il greco e, infine, il latino e, come quelle, ha pari
dignità. Questa pare la conquista definitiva del recupero gotico in
età carolingia: aver avvalorato la possibilità che anche lingue
germaniche da poco giunte alla pagina scritta, come l'alto-tedesco
antico, il sassone antico o l'inglese antico, abbiano pari diritti
e pari capacità di trasmettere il messaggio divino e possano perciò
aprirsi all'utilizzazione in forma scritta senza pregiudizi di
inferiorità o incapacità.
Sulla
scia del volume, ci si è poi occupati delle serie alfabetiche
runiche nei manoscritti, i cosiddetti Runica Manuscripta.
La ricerca, ancora in divenire, ha però già portato a un intervento
al convegno internazionale Rethinking and
recontextualizing glosses: new perspectives in the study of late
Anglo-Saxon glossography (Roma 2010), nel quale si è presa in
considerazione la copiatura di alfabeti (fra cui quello
runico) ai margini dei manoscritti di età carolingia, al fine
di definire le ragioni di tali presenze e la loro diffusione.
L'intervento si è poi concretizzato nella pubblicazione
dell'articolo Marginal Alphabets in the Carolingian Age:
Philological and Codicological Considerations (Porto
2011)
Altro
tema di ricerca ha toccato la figura di Richard Verstegan,
in particolare il rapporto fra le antichità germaniche e
la loro utilizzazione a scopi politici, così come emergerebbe da
una più attenta lettura del suo lavoro Restitution,
oggetto di un articolo, Searching for the Origins: Teutonic
Past and Contemporary England in Verstegan Thought, in corso
di stampa per i tipi di Brepols (Turnhout 2012).
In
occasione del convegno Imperatori, re e principi fra storia e
mitopoiesi germanica, organizzato dall'Associazione Italiana
di Filologia Germanica congiuntamente all'Università di Bologna,
(Bertinoro, 26-28 maggio 2010) si è proposto un intervento sul
codice Heidelberg, Universitätsbibliothek, Cpg 395, contenente tre
opere: Stricker, Karl der Grosse (1ra-92va); Konrad von
Würzburg, Heinrich von Kempten (92vb-98rb); Ulrich von dem
Türlin, Arabel (99ra-182rb). Il manoscritto, risalente al
primo quarto del XIV secolo, è particolarmente interessante perché
propone l'accostamento tra due figure di imperatori, Carlo Magno e
Ottone I (quest'ultimo in Heinrich von Kempten) entrambi modelli
politici a cui anche il testo Arabel, sorta di prefazione al
diffusissimo Willehalm di Wolfram von Eschenbach, fa
riferimento. Lo studio si concentra sugli aspetti codicologici che,
insieme a riflessioni filologiche, cerca di mettere in luce le
ragioni di questi accostamenti testuali in una determinata area di
produzione riconducibile all'area geografica alemanna inferiore.
(Atti in corso di pubblicazione, Bologna 2012).