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Paola Todeschini

Ricercatrice confermata

Dipartimento di Scienze Mediche e Chirurgiche

Settore scientifico disciplinare: MEDS-08/B Nefrologia

Temi di ricerca

Parole chiave: complicanze cardiovascolari nel ricevente di trapianto trapianto renale nefropatia cronica da trapianto terapia immunosoppressiva gravidanza e trapianto neoplasie e trapianto

 1) Nefropatia da BK virus nei riceventi di trapianto di rene

2) Rivalutazione dello score istologico del rene trapiantato per la valutazione dell'idoneità al singolo e doppio trapianto di rene. Strategie di espansione del pool di donatori nel trapianto di organi solidi. Ottimizzazione dell'impiego dei donatori “marginali”.

3) Ruolo degli anticorpi allo-specifici nell'insorgenza del rigetto cronico: ricerca di marker predittivi precoci.

4) Gravidanza dopo trapianto d'organo: follow-up del neonato e della madre

5) Nefropatia cronica da trapianto

6) Espressione del VDR sui progenitori delle cellule endoteliali nei pazienti in dialisi

7) Nuove strategie terapeutiche immunosoppressive nel paziente trapiantato di rene

8) Valutazione di NGAL (Neutrophil Gelatinase-Associated Lipocalin) in ambito immunologico

9) Complicanze vascolari post trapianto (Fibrillazione atriale, trombosi venosa profonda)

10) Fattori di rischio genetici per la patologia cardiovascolare dopo trapianto di rene: ruolo dei polimorfismi delle citochine

11) Rischio di sviluppo di neoplasie de novo post trapianto di rene: epidemiologia e focus sulle infezioni virali

12) Riduzione del danno ossidativo e outcome del trapianto di rene

14)Innovazioni nei trattamenti sostitutivi artificiali della funzione renale: sistema automatico adattativo per emodialisi associata ipotensione e sintomi di disequilibrio

15)   Sindrome delle gambe senza riposo nell'uremia

 

 

 



Nefropatia da virus BK nel trapianto renale: aspetti clinici e laboratoristici.

Il virus BK (BKV) è molto diffuso nella popolazione umana, come è dimostrato dalla presenza di positività sierologica nel 60-90% degli individui adulti.  Nei soggetti immunocompetenti il virus resta allocato nelle cellule epiteliali dei tubuli renali in forma latente, ma può essere riattivato in pazienti seriamente immunodepressi. Nei trapiantati renali, il BKV può causare una nefrite tubulointerstiziale acuta e stenosi uretrale, determinando la perdita dell'organo in un elevata percentuale di pazienti  (dal 10 all'80%.) L'uso  negli ultimi anni di farmaci immunosoppressivi sempre più potenti e specifici ha comportato un aumentato rischio di nefropatia da BKV nel trapiantato renale.La diagnosi dell'infezione da BKV è stata storicamente condotta tramite la rilevazione della presenza di cellule con inclusioni virali, Decoy cells, nelle urine. Recentemente a tale approccio diagnostico è stata affiancata la PCR quantitativa per l'analisi del DNA virale nelle urine e nel plasma.  Nello studio saranno inclusi pazienti sottoposti a trapianto renale dal 2005 in poi presso l'U.O. di Nefrologia del Policlinico Universitario S. Orsola di Bologna. e  pazienti sottoposti a trapianto renale prima del 1995 con sospetta nefropatia da BKV. - Su questi pazienti verranno effettuati dosaggi sequenziali di PCR qualitativa su plasma per rivelazione ed identificazione del DNA virale,citologia urinaria per la ricerca di Decoy cells, PCR qualitativa su urina: L'aumento della carica virale sopra le 10.000 copie/ml è associata ad aumentata probabilita di nefropatia.

 Rivalutazione dello score istologico del rene trapiantato per la valutazione dell'idoneità al singolo e doppio trapianto di rene. Strategie di espansione del pool di donatori nel trapianto di organi solidi. Ottimizzazione dell'impiego dei donatori “marginali”.

Negli ultimi anni l'esame istologico del parenchima renale destinato a donazione è stato utilizzato  come ulteriore criterio di valutazione dell'idoneità dei donatori definiti “marginali” per le caratteristiche anagrafiche e cliniche. Secondo i criteri correnti un rene con uno score istologico <3 (range 0-12) viene utilizzato per il singolo trapianto, mentre un rene con uno score tra 3 e 6 viene trapiantato insieme al rene controlaterale nell'assunto che la somma del numero di nefroni vitali di ciascun rene raggiunga quella di un rene ideale. Sono in effetti emerse evidenze che i due reni marginali selezionati sulla base di questo criterio hanno comportamento sovrapponibile per caratteristiche cliniche a quello di un rene singolo non marginale. Questa strategia ha però un potenziale svantaggio: utilizzando due reni per un singolo ricevente si riduce ovviamente il numero dei pazienti che potrebbero trarre beneficio dall'intervento di trapianto, a danno soprattutto degli uremici più anziani cui questi reni sono normalmente destinati. . Di recente è emersa l'esigenza di  valutare se davvero i singoli componenti dello score istologico (tubulare interstiziale, vascolare e glomerulare) debbano avere lo stesso peso nel processo decisionale. L'obiettivo dello studio, eseguito in collaborazione con le U.O. di Nefrologia di Parma e Modena è quello di   verificare se il doppio trapianto, il singolo trapianto con score 4, e il singolo trapianto con score < 3 comportino differenze nella durata di sopravvivenza, nella funzionalità renale;    valutare gli effetti sulla qualità della vita che verrà esaminata con attenta valutazione delle funzioni cognitivo-motorie;   verificare il valore prognostico dei parametri clinici rispetto alle categorie istologiche e  verificare se le singole componenti dello score istologico abbiano differente significato prognostico.

3) Ruolo degli anticorpi allo-specifici nell'insorgenza del rigetto cronico.

Lo studio multicentrico proposto in collaborazione con l'Unità Operativa Clinica e Sperimentale di immunologia dei trapianti di Padova si propone di effettuare studi specifici sul ruolo della risposta immunitaria anticorpale nell'insorgenza del rigetto acuto e cronico di un allotrapianto. In particolare il progetto di ricerca ha per obiettivo principale la identificazione di markers precoci di risposta immunitaria umorale nei confronti di un trapianto di rene per permettere l'impostazione tempestiva di un protocollo immunomodulante personalizzato e innovativo in grado di ridurre la risposta anticorpale anti-HLA. Ci si attende che questo approccio risulti in una riduzione della produzione anticorpale donatore- e non-donatore-specifica e possa portare ad un prolungamento della sopravvivenza a lungo termine del trapianto di rene. Lo studio prospettico proposto in questo progetto prevede la selezione, il trattamento ed il monitoraggio clinico ed immunologico a lungo termine, con particolare attenzione agli aspetti umorali, in un gruppo di pazienti trapiantati di rene esposti a trattamento immunomodulante con cicli ripetuti di plasmaferesi associati ad immunoglobuline. Lo studio proposto è composto da due parti: una prima parte consisterà in una fase osservazionale di 400 malati trapiantati per i quali verrà eseguito un monitoraggio anticorpale prima e dopo il trapianto per un periodo di cinque anni ed una biopsia annuale di protocollo. . Giacchè a tutt'oggi non è stata dimostrata una chiara relazione tra la comparsa di anticorpi contro l'organo trapiantato e la terapia immunosoppressiva, la fase osservazionale, che non prevede alcun intervento sul malato, potrà coesistere con un eventuale protocollo sperimentale. La seconda parte dello studio, la fase interventistica, prevede l'arruolamento di 80 malati che presenteranno, ad un certo punto del loro decorso post-operatorio, anticorpi allo-specifici in assenza di rigetto umorale conclamato. Metà di questi pazienti verranno trattati con sedute ripetute di plasmaferesi associate ad immunoglobuline anti-CMV. L'altra metà dei malati non verrà trattata e servirà come popolazione di controllo. In questa seconda fase verranno arruolati solo i pazienti che al momento dell'individuazione degli anticorpi non risultano inclusi in un altro protocollo sperimentale. Affinché questo studio volto a ritardare l'insorgenza del danno da rigetto umorale nel trapianto di rene acquisti una significatività statistica, è necessario una cooperazione clinica multicentrica e l'arruolamento di un ampio numero di malati afferenti a diversi Centri sul territorio nazionale.

  Gravidanza dopo trapianto d'organo: follow-up del neonato e della madre

I miglioramenti ottenuti nel trapianto renale non riguardano solo la sopravvivenza ma anche la qualità della vita dei pazienti. Dopo trapianto renale è possibile intraprendere una gravidanza pur essendo evidenti le difficoltà inereneti sia il decorso della gravidanza stessa sia al rischio connesso alla somministrazione continua, peraltro indispensabile, di farmaci immunosoppressori ed il loro effetto sullo sviluppo del feto, sul decorso della gravidanza e sulla salute del bambino. Per questo progetto è stata raccolta una casistica nei Centri Trapainto aderenti all'AIRT ai fini di valutare  la frequenza ed il tipo di complicanze occorse ed eventuali interruzioni di gravidanza, il follow-up della madre dopo il parto in relazione al rischio di rigetto, le condizioni di salute, il quadro ematologico ed immunologico del neonato ed il follow up del bambino.Lo studio si propone di valutare il follow-up della madre eddel neonato e allo stesso tempo di valutare il rischio connesso alla terapia immunosoppressiva in termini di teratogenicità e di tolleranza.

5) Nefropatia cronica da trapianto

La nefropatia cronica da trapianto (CAN) è un'alterazione anatomo-clinica caratterizzata da proteinuria, ipertensione ed un progressivo declino della funzione renale, che si instaura in un periodo di tempo variabile (mesi, anni) e che può portare a perdita dell'organo trapiantato. La patogenesi della CAN, non ancora del tutto chiarita, coinvolge fattori sia immunologici (rigetto acuto precoce, iperimmunizzazione, numero di mismatches per l'HLA fra donatore e ricevente, immunosoppressione non ottimale, etc.) che non immunologici (danno da ischemia-riperfusione, massa nefronica ridotta, differenza di età tra donatore e ricevente, età dialitica, ipertensione, dislipidemia, presenza di proteinuria, etc.).Le possibili strategie di prevenzione della CAN prevedono procedure finalizzate a ridurre alcuni dei potenziali fattori di rischio: ottimizzazione delle modalità di prelievo, riduzione del danno da ischemia-riperfusione, trattamento farmacologico aggressivo degli episodi di rigetto acuto, impiego routinario di farmaci antipertensivi ed ipolipemizzanti, uso razionale ed appropriato della terapia immunosoppressiva. Inoltre, alcune categorie di farmaci immunosoppressori, come gli inibitori della calcineurina, possono avere azione nefrotossica, spesso indipendentemente dalla dose terapeutica. L'introduzione nella pratica clinica di nuovi farmaci immunosoppressori non nefrotossici, come il micofenolato mofetile e la rapamicina, rende prospettabili strategie terapeutiche in grado di ridurre l'incidenza della CAN.

 6) Espressione del VDR sui progenitori delle cellule endoteliali nei pazienti in dialisi

Il deficit di vitamina D nei pazienti uremici è stato associato a disfunzione endoteliale. Alla base di tale legame vi è probabilmente un'alterazione dei progenitori delle cellule endoteliali (EPCs), sia in termini di funzione che di numero. Scopo del presente studio era quello di valutare in una popolazione di 89 pazienti in emodialisi, i fattori associati con il numero di EPCs circolanti, sia meno differenziate (CD45±/CD34+/CD133+/KDR+) che più tardive (CD45-/CD34+/CD133-/KDR+), la presenza del recettore della vitamina D (VDR) in tali cellule e i fattori in grado di influenzare l'espressione del VDR nelle EPCs, in particolare la terapia con calcitriolo.La conta delle EPCs, la percentuale di cellule EPCs positive per il VDR e l'espressione del VDR nelle EPCs sono state determinate in citometria a flusso. Cellule isolate da un sottogruppo di pazienti sono state messe in coltura per l'analisi delle colony-forming units, immunofluorescenza per markers specifici (CD34, CD133, KDR), citofluorimetria per CD34, CD133, KDR, VDR, CD14, CD31 e test per la capacità di formazione di strutture tubularo-simili su Matrigel. Lo studio dimostra per la prima volta la presenza del VDR sulle EPCs. Nei pazienti in dialisi, l'espressione di VDR sia sulle cellule meno differenziate che su quelle più tardive, sembra essere influenzata da fattori legati all'uremia, come l'anemia, l'infiammazione, il diabete, i livelli di vitamina D 25(OH) e la terapia con calcitriolo

Nuove strategie immunosoppressive nalla prevenzione del rigetto del trapianto di rene

La prevenzione del rigetto dell'organo trapiantato è la più importante sfida con cui il clinico coinvolto nel settore dei trapianti si confronta. Nei regimi volti a sopprimere la reazione immunitaria del paziente verso l'organo trapiantato, tacrolimus rappresenta un caposaldo dell'immunosoppressione.La formulazione di Prograf capsule richiede due somministrazioni al giorno. E' stata messa a punto una formulazione orale a rilascio prolungato, FK506E (MR4), per permettere la monosomministrazione giornaliera di tacrolimus, mantenendo un profilo di sicurezza e di efficacia analogo a quello di Prograf. E' stato dimostrato che la scarsa compliance è uno dei fattori associati alla perdita dell'organo trapiantato e pertanto la monosomministrazione giornaliera reca il potenziale vantaggio di migliorare la compliance del paziente. Abbiamo pertanto comparato l'efficacia e la farmacocinetica della formulazione monodose rispetto al prograf  nella classica doppia somministrazione  giornaliera nei trapianti de novo  e confrontato  due gruppi di pazienti trapiantati di rene uno trattato con Prograf e l'atro con Advagraf. Non si sono osservate differenze statisticamente significative tra i due gruppi in termini di caratteristiche dei pazienti ed efficacia dei farmaci. I livelli ematici dei farmaci si sono dimostrati peraltro più bassi soprattutto nel gruppo trattato con Advagraf il che ha richiesto l'utilizzo di dosi maggiori di farmaco (0.3 mg/kg/die) prevalentemente nelle prime settimane post trapianto per poi raggiungere un livello target più stabile  con necessità di ridurre la posologia del farmaco (0.2-0.3 mg/kg di Advagraf dopo il primo mese) Dal punto di vista della efficacia immunosoppressiva entrambe le formulazioni confermano il profilo di efficacia così come per gli effetti collaterali. Dato emergente è la riduzione dei livelli di colesterolo HDL in accordo con i dato della letteratura che potrebbe avere una notevole importanza dal punto di  vista cardiovascolare.

 

7) Fattori di rischio genetici per la patologia cardiovascolare dopo trapianto di rene: ruolo dei polimorfismi delle citochine

La malattia cardiovascolare (CVD) rappresenta un importante fattore di rischio sia per   morbilità che  mortalità nei pazienti sottoposti a trapianto renale. Da diverso tempo è stato segnalata una correlazione un  patogenetico tra infiammazione, aterosclerosi e CVD: per tale motivo, i fattori genetici in grado di modulare la produzione delle citochine e di controllare l'equilibrio tra quelle pro-infiammatorie e quelle anti-infiammatorie hanno un notevole interesse per l'impatto sul rischio cardiovascolare in questi pazienti. Scopo dello ricerca è stata l'identificazione di profili di rischio cardiovascolare in una popolazione di trapiantati renali attraverso la valutazione di polimorfismi genetici delle citochine pro-infiammatorie TNF-α, IL-6, IFN-γ e IL-8 e delle citochine anti-infiammatorie IL-10 e TGF-β. Nello studio sono stati inclusi 798 pazienti sottoposti a trapianto renale da donatore cadavere tra il 1997 e il 2008 (follow-up minimo di 12 mesi): di questi 196 erano andati incontro ad un evento cardiovascolare maggiore (infarto o ictus) dopo trapianto (Gruppo CVD) e 602 non avevano avuto complicanze cardiovascolari dopo trapianto (Gruppo no-CVD). Tutti i pazienti sono stati genotipizzati mediante tecniche di PCR-RFLP (Polymerase Chain Reaction-Restriction Fragment Length Polymorphism) ed SSP (Sequence Specific Primer) per i polimorfismi delle citochine TNF- α (-308G/A), IL-6 (-174 G/C), IFN-γ (+874 A/T), IL-8 (-251 T/A), IL-10 (-1082 A/G, -819 T/C, -592 A/C) e TGF-β (codon 10 T/C, codon 25 G/C. Dal confronto delle frequenze dei polimorfismi tra il Gruppo CVD ed il Gruppo no-CVD, sono state riscontrate differenze significative nelle distribuzioni dei polimorfismi di IL-10 e TNF-α. Applicando un'analisi multivariata, il genotipo alto produttore della citochina pro-infiammatoria TNF-α risulta associato significativamente con un rischio cardiovascolare aumentato di 4.41 volte. Al contrario, il genotipo alto produttore della citochina anti-infiammatoria IL-10 sembra proteggere da eventi cardiovascolari nel post-trapianto, con un OR aggiustato di 0.07 (0.02-0.29). Tali dati sembrano indicare un'influenza dei polimorfismi citochinici sul rischio cardiovascolare dopo trapianto di rene. Sono necessari ulteriori studi per valutare se i pazienti portatori di un particolare genotipo “di rischio” siano da sottoporre a profilassi primaria più aggressiva.

Valutazione di NGAL (Neutrophil Gelatinase Associated Lipocalin) nel trapianto renale come marker predittivo di immunotolleranza

Scopo dello studio è quello di evidenziare il ruolo di NGAL nell'ambito immunologico e dell'immunomodulazione nei pazienti sottoposti a trapianto renale e in definitiva di ottenere informazioni relative all'induzione dello stato di tolleranza nei pazienti trapiantati.  L'obiettivo del  progetto è di valutare in vitro l'espressione di HLA G, antigene del sistema HLA coinvolto nei processi di immunotolleranza ed immunomodulazione in pazienti sottoposti a trapianto di rene. A questo scopo si allestiranno delle colture di cellule mononucleate del sangue periferico (PBMCs) del ricevente un trapianto di rene  e delle co-colture tra PBMCs e cellule staminali mesenchimali (MSCs) al fine di valutare le possibili diversità in termine di risposta linfoproliferativa, in seguito alla stimolazione con NGAL. Si cercherà, quindi, di comprendere se questa molecola può esercitare un ruolo nell'attivazione delle risposta delle cellule T e nella regolazione del complesso HLA, con particolare riferimento all'espressione in vitro di HLA-G. La possibilità di evidenziare il ruolo di NGAL nell'ambito immunologico e dell'immunomodulazione, dipendentemente dalla terapia immunosoppressiva somministrata, permetterà di ricavare maggiori informazioni relative all'induzione dello stato di tolleranza dei pazienti trapiantati.

Incidenza di trombosi venosa profonda post trapianto di rene

Nei pazienti trapiantati è presente uno sbilanciamento dei meccanismi emostatici a genesi multifattoriale, con incremento dei fattori procoagulanti correlato a classici fattori di rischio (diabete, gravidanza, obesità, stato trombofilico preesistente) e al trapianto (intervento di trapianto di per sè, terapia immunosoppressiva, malattia di base, modalità dialitiche pre trapianto, eritrocitosi post trapianto, infezioni). E' stata particolarmente valutata la presenza di eritrocitosi post trapianto Abbiamo osservato un incremento dell'incidenza di TVP (12/30)  in pazienti che avevano utilizzato un catetere venoso centrale per emodialisi prima del trapianto ad indicare la possibilità di un possibile danno dell'intima precedente al trapianto. Dai nostri dati non si rileva correlazione tra lo sviluppo di DVT e la modalità dialitica. Il trapianto renale di per sè è un intervento complesso che può certamente predisporre allo sviluppo di complicanze tromboemboliche sia nell'immediato periodo post trapianto sia successivamente. Nei pazienti che presentano fattori di rischio accertati (presenza di fattori procoagulanti, alterazioni cardiologiche, cateterismo venoso centrale per emodialisi) occorre attuare strategie di prevenzione da prolungare anche per tutta la vita

Influenza del recettore KIR (Killer cell immunoglobuline-like receptor ) e del sistema HLA sulla sopravvivenza del trapianto renale

Numerosi studi hanni dimistrato l'importanza della immmunità innata, soprattutto delle cellule natural killer (NK)n sulla tolleranza dell'organo trapiantato.Le cellule NK esprimono il recettore KIR sulla loro superficie; in particolare riconoscendo e lagandosi agli antigeni di classe I del sistema maggiore di istocompatibilità Kir è in grado di bloccare l'attacco verso le cellule autologhe e di promuovere la lisi delle cellule not self presentanti l'antigene. Lo studio riguarda la valutazione in follow up di 5 anni dei gene 16 KIR e le combinazioni del complesso donatore - ricevente KIR-HLA in pazienti trapiantati da donatore cadavere. Abbiamo tipizzato geneticamente 126 soggetti trapiantati ed i loro donatori per HLA  a, B, C, Dr e per il gene KIR. I pazienti sono ststi trattati con terapia immunosoppressiva standard e seguiti per 5 anni. La funzione renale è stata valutata attraverso il dosaggio della creatinina sierica e clearance della creatinina con la formula MDRD.La presenza di KIR2DS3 nei riceventi è associata ad una migliore funzione renale nel tempo dato peraltro non confermato dalla analisi multivariata, mentre l'associazione KIR2DS3 con il corrispettivo ligando HLA nel donatore è associata ad una migliore trend della funzione renale nel tempo come confermato dall'analisi multivariata. I riceventi di trapianto di rene negativi per il gene  KIR2DL1 presentano una creatinina più elevata dopo 5 anni. Lo studio dimostra l'importanza del sistema immunogemetico KIR nella risposta immunologica a lungo termine del rene trapiantato.

Insorgenza di neoplasie de novo dopo trapianto di organo solido

il trapianto di organi è una procedura medica sempre più utilizzata per il trattamento di patologie d'organo allo stadio terminale altrimenti fatali . I farmaci antirigetto di nuova concezione hanno notevolmente contribuito a prolungare la sopravvivenza a lungo termine sia dell'individuo che dell'organo trapiantato . Attualmente, i tassi di sopravvivenza dei pazienti a 5 anni sono di circa il 90% dopo il trapianto di rene e il 70% dopo il trapianto di fegato. Tuttavia, è ben noto che l'uso cronico prolungato di farmaci immunosoppressori aumenta i rischi di malattie opportunistiche, in particolare infezioni e neoplasie virali. Sebbene i trapiantati sperimentino un rischio quasi doppio per tutti i tipi di tumori de-novo, le infezioni persistenti da virus oncogeni - come il virus dell'herpes del sarcoma di Kaposi, i papillomavirus umani ad alto rischio e il virus di Epstein-Barr - sono associate fino a Rischio di cancro 100 volte maggiore. Questa recensione, incentrata sui trapianti di rene e fegato, evidenzia evidenze aggiornate che collegano l'immunosoppressione iatrogena, le infezioni persistenti da virus oncogeni e il rischio di cancro. La capacità implicita dei virus oncogeni di immortalare le cellule infette interrompendo il controllo del ciclo cellulare può portare, in un contesto di sorveglianza immunitaria ridotta indotta, alla tumorigenesi e si pensa che questa capacità sia strettamente correlata all'esposizione cumulativa ai farmaci immunosoppressori. Vengono esaminati in dettaglio i meccanismi alla base della relazione tra infezioni virali, farmaci immunosoppressori e rischio di tumori della pelle, disordini linfoproliferativi post-trapianto, sarcoma di Kaposi, tumori della cervice uterina e altri tumori ano-genit1) Nefropatia da virus BK nel trapianto renale: aspetti clinici e laboratoristici