1) Nefropatia da BK virus nei riceventi di trapianto di rene
2) Rivalutazione dello score istologico del rene trapiantato per
la valutazione dell'idoneità al singolo e doppio trapianto di rene.
Strategie di espansione del pool di donatori nel trapianto di
organi solidi. Ottimizzazione dell'impiego dei donatori
“marginali”.
3) Ruolo degli anticorpi allo-specifici nell'insorgenza del
rigetto cronico: ricerca di marker predittivi precoci.
4) Gravidanza dopo trapianto d'organo: follow-up del neonato e
della madre
5) Nefropatia cronica da trapianto
6) Espressione del VDR sui progenitori delle cellule endoteliali
nei pazienti in dialisi
7) Nuove strategie terapeutiche immunosoppressive nel paziente
trapiantato di rene
8) Valutazione di NGAL (Neutrophil Gelatinase-Associated
Lipocalin) in ambito immunologico
9) Complicanze vascolari post trapianto (Fibrillazione atriale,
trombosi venosa profonda)
10) Fattori di rischio genetici per la patologia cardiovascolare
dopo trapianto di rene: ruolo dei polimorfismi delle citochine
11) Rischio di sviluppo di neoplasie de novo post trapianto di
rene: epidemiologia e focus sulle infezioni virali
12) Riduzione del danno ossidativo e outcome del trapianto di
rene
14)Innovazioni nei trattamenti sostitutivi artificiali della
funzione renale: sistema automatico adattativo per emodialisi
associata ipotensione e sintomi di disequilibrio
15) Sindrome delle gambe senza riposo nell'uremia
Nefropatia da virus BK nel trapianto renale: aspetti clinici
e laboratoristici.
Il virus BK (BKV) è molto diffuso nella popolazione umana, come
è dimostrato dalla presenza di positività sierologica nel 60-90%
degli individui adulti. Nei soggetti immunocompetenti il
virus resta allocato nelle cellule epiteliali dei tubuli renali in
forma latente, ma può essere riattivato in pazienti seriamente
immunodepressi. Nei trapiantati renali, il BKV può causare una
nefrite tubulointerstiziale acuta e stenosi uretrale, determinando
la perdita dell'organo in un elevata percentuale di pazienti
(dal 10 all'80%.) L'uso negli ultimi anni di farmaci
immunosoppressivi sempre più potenti e specifici ha comportato un
aumentato rischio di nefropatia da BKV nel trapiantato renale.La
diagnosi dell'infezione da BKV è stata storicamente condotta
tramite la rilevazione della presenza di cellule con inclusioni
virali, Decoy cells, nelle urine. Recentemente a tale approccio
diagnostico è stata affiancata la PCR quantitativa per l'analisi
del DNA virale nelle urine e nel plasma. Nello studio saranno
inclusi pazienti sottoposti a trapianto renale dal 2005 in poi
presso l'U.O. di Nefrologia del Policlinico Universitario S. Orsola
di Bologna. e pazienti sottoposti a trapianto
renale prima del 1995 con sospetta nefropatia da BKV. - Su questi
pazienti verranno effettuati dosaggi sequenziali di PCR qualitativa
su plasma per rivelazione ed identificazione del DNA
virale,citologia urinaria per la ricerca di Decoy cells, PCR
qualitativa su urina: L'aumento della carica virale sopra le 10.000
copie/ml è associata ad aumentata probabilita di nefropatia.
Rivalutazione dello score istologico del rene
trapiantato per la valutazione dell'idoneità al singolo e doppio
trapianto di rene. Strategie di espansione del pool di donatori nel
trapianto di organi solidi. Ottimizzazione dell'impiego dei
donatori “marginali”.
Negli ultimi anni l'esame istologico del parenchima renale
destinato a donazione è stato utilizzato come
ulteriore criterio di valutazione dell'idoneità dei donatori
definiti “marginali” per le caratteristiche anagrafiche e cliniche.
Secondo i criteri correnti un rene con uno score istologico
<3 (range 0-12) viene utilizzato per il singolo
trapianto, mentre un rene con uno score tra 3 e 6 viene trapiantato
insieme al rene controlaterale nell'assunto che la somma del numero
di nefroni vitali di ciascun rene raggiunga quella di un rene
ideale. Sono in effetti emerse evidenze che i due reni marginali
selezionati sulla base di questo criterio hanno comportamento
sovrapponibile per caratteristiche cliniche a quello di un rene
singolo non marginale. Questa strategia ha però un potenziale
svantaggio: utilizzando due reni per un singolo ricevente si riduce
ovviamente il numero dei pazienti che potrebbero trarre beneficio
dall'intervento di trapianto, a danno soprattutto degli uremici più
anziani cui questi reni sono normalmente destinati. . Di recente è
emersa l'esigenza di valutare se davvero i singoli componenti
dello score istologico (tubulare interstiziale, vascolare e
glomerulare) debbano avere lo stesso peso nel processo decisionale.
L'obiettivo dello studio, eseguito in collaborazione con le U.O. di
Nefrologia di Parma e Modena è quello di verificare se
il doppio trapianto, il singolo trapianto con score 4, e il singolo
trapianto con score < 3 comportino differenze nella
durata di sopravvivenza, nella funzionalità renale;
valutare gli effetti sulla qualità della vita che verrà esaminata
con attenta valutazione delle funzioni cognitivo-motorie;
verificare il valore prognostico dei parametri clinici rispetto
alle categorie istologiche e verificare se le singole
componenti dello score istologico abbiano differente significato
prognostico.
3) Ruolo degli anticorpi allo-specifici nell'insorgenza
del rigetto cronico.
Lo studio multicentrico proposto in collaborazione con l'Unità
Operativa Clinica e Sperimentale di immunologia dei trapianti di
Padova si propone di effettuare studi specifici sul ruolo della
risposta immunitaria anticorpale nell'insorgenza del rigetto acuto
e cronico di un allotrapianto. In particolare il progetto di
ricerca ha per obiettivo principale la identificazione di markers
precoci di risposta immunitaria umorale nei confronti di un
trapianto di rene per permettere l'impostazione tempestiva di un
protocollo immunomodulante personalizzato e innovativo in grado di
ridurre la risposta anticorpale anti-HLA. Ci si attende che questo
approccio risulti in una riduzione della produzione anticorpale
donatore- e non-donatore-specifica e possa portare ad un
prolungamento della sopravvivenza a lungo termine del trapianto di
rene. Lo studio prospettico proposto in questo progetto prevede la
selezione, il trattamento ed il monitoraggio clinico ed
immunologico a lungo termine, con particolare attenzione agli
aspetti umorali, in un gruppo di pazienti trapiantati di rene
esposti a trattamento immunomodulante con cicli ripetuti di
plasmaferesi associati ad immunoglobuline. Lo studio proposto è
composto da due parti: una prima parte consisterà in una fase
osservazionale di 400 malati trapiantati per i quali verrà
eseguito un monitoraggio anticorpale prima e dopo il trapianto per
un periodo di cinque anni ed una biopsia annuale di protocollo. .
Giacchè a tutt'oggi non è stata dimostrata una chiara relazione tra
la comparsa di anticorpi contro l'organo trapiantato e la terapia
immunosoppressiva, la fase osservazionale, che non prevede alcun
intervento sul malato, potrà coesistere con un eventuale protocollo
sperimentale. La seconda parte dello studio, la fase
interventistica, prevede l'arruolamento di 80 malati che
presenteranno, ad un certo punto del loro decorso post-operatorio,
anticorpi allo-specifici in assenza di rigetto umorale conclamato.
Metà di questi pazienti verranno trattati con sedute ripetute di
plasmaferesi associate ad immunoglobuline anti-CMV. L'altra metà
dei malati non verrà trattata e servirà come popolazione di
controllo. In questa seconda fase verranno arruolati solo i
pazienti che al momento dell'individuazione degli anticorpi non
risultano inclusi in un altro protocollo sperimentale. Affinché
questo studio volto a ritardare l'insorgenza del danno da rigetto
umorale nel trapianto di rene acquisti una significatività
statistica, è necessario una cooperazione clinica multicentrica e
l'arruolamento di un ampio numero di malati afferenti a diversi
Centri sul territorio nazionale.
Gravidanza dopo trapianto d'organo: follow-up del
neonato e della madre
I miglioramenti ottenuti nel trapianto renale non riguardano
solo la sopravvivenza ma anche la qualità della vita dei pazienti.
Dopo trapianto renale è possibile intraprendere una gravidanza pur
essendo evidenti le difficoltà inereneti sia il decorso della
gravidanza stessa sia al rischio connesso alla somministrazione
continua, peraltro indispensabile, di farmaci immunosoppressori ed
il loro effetto sullo sviluppo del feto, sul decorso della
gravidanza e sulla salute del bambino. Per questo progetto è stata
raccolta una casistica nei Centri Trapainto aderenti all'AIRT ai
fini di valutare la frequenza ed il tipo di complicanze
occorse ed eventuali interruzioni di gravidanza, il follow-up della
madre dopo il parto in relazione al rischio di rigetto, le
condizioni di salute, il quadro ematologico ed immunologico del
neonato ed il follow up del bambino.Lo studio si propone di
valutare il follow-up della madre eddel neonato e allo stesso tempo
di valutare il rischio connesso alla terapia immunosoppressiva in
termini di teratogenicità e di tolleranza.
5) Nefropatia cronica da trapianto
La nefropatia cronica da trapianto (CAN) è un'alterazione
anatomo-clinica caratterizzata da proteinuria, ipertensione ed un
progressivo declino della funzione renale, che si instaura in un
periodo di tempo variabile (mesi, anni) e che può portare a perdita
dell'organo trapiantato. La patogenesi della CAN, non ancora del
tutto chiarita, coinvolge fattori sia immunologici (rigetto acuto
precoce, iperimmunizzazione, numero di mismatches per l'HLA fra
donatore e ricevente, immunosoppressione non ottimale, etc.) che
non immunologici (danno da ischemia-riperfusione, massa nefronica
ridotta, differenza di età tra donatore e ricevente, età dialitica,
ipertensione, dislipidemia, presenza di proteinuria, etc.).Le
possibili strategie di prevenzione della CAN prevedono procedure
finalizzate a ridurre alcuni dei potenziali fattori di rischio:
ottimizzazione delle modalità di prelievo, riduzione del danno da
ischemia-riperfusione, trattamento farmacologico aggressivo degli
episodi di rigetto acuto, impiego routinario di farmaci
antipertensivi ed ipolipemizzanti, uso razionale ed appropriato
della terapia immunosoppressiva. Inoltre, alcune categorie di
farmaci immunosoppressori, come gli inibitori della calcineurina,
possono avere azione nefrotossica, spesso indipendentemente dalla
dose terapeutica. L'introduzione nella pratica clinica di nuovi
farmaci immunosoppressori non nefrotossici, come il micofenolato
mofetile e la rapamicina, rende prospettabili strategie
terapeutiche in grado di ridurre l'incidenza della CAN.
6) Espressione del VDR sui progenitori delle cellule
endoteliali nei pazienti in dialisi
Il deficit di vitamina D nei pazienti uremici è stato associato
a disfunzione endoteliale. Alla base di tale legame vi
è probabilmente un'alterazione dei progenitori delle cellule
endoteliali (EPCs), sia in termini di funzione che di numero. Scopo
del presente studio era quello di valutare in una popolazione di 89
pazienti in emodialisi, i fattori associati con il numero di EPCs
circolanti, sia meno differenziate (CD45±/CD34+/CD133+/KDR+) che
più tardive (CD45-/CD34+/CD133-/KDR+), la presenza del recettore
della vitamina D (VDR) in tali cellule e i fattori in grado di
influenzare l'espressione del VDR nelle EPCs, in particolare la
terapia con calcitriolo.La conta delle EPCs, la percentuale di
cellule EPCs positive per il VDR e l'espressione del VDR nelle EPCs
sono state determinate in citometria a flusso. Cellule isolate da
un sottogruppo di pazienti sono state messe in coltura per
l'analisi delle colony-forming units, immunofluorescenza per
markers specifici (CD34, CD133, KDR), citofluorimetria per CD34,
CD133, KDR, VDR, CD14, CD31 e test per la capacità di formazione di
strutture tubularo-simili su Matrigel. Lo studio dimostra per la
prima volta la presenza del VDR sulle EPCs. Nei pazienti in
dialisi, l'espressione di VDR sia sulle cellule meno differenziate
che su quelle più tardive, sembra essere influenzata da fattori
legati all'uremia, come l'anemia, l'infiammazione, il diabete, i
livelli di vitamina D 25(OH) e la terapia con calcitriolo
Nuove strategie immunosoppressive nalla prevenzione del
rigetto del trapianto di rene
La prevenzione del rigetto dell'organo trapiantato è la più
importante sfida con cui il clinico coinvolto nel settore dei
trapianti si confronta. Nei regimi volti a sopprimere la reazione
immunitaria del paziente verso l'organo trapiantato, tacrolimus
rappresenta un caposaldo dell'immunosoppressione.La formulazione di
Prograf capsule richiede due somministrazioni al giorno. E' stata
messa a punto una formulazione orale a rilascio prolungato, FK506E
(MR4), per permettere la monosomministrazione giornaliera di
tacrolimus, mantenendo un profilo di sicurezza e di efficacia
analogo a quello di Prograf. E' stato dimostrato che la scarsa
compliance è uno dei fattori associati alla perdita dell'organo
trapiantato e pertanto la monosomministrazione giornaliera reca il
potenziale vantaggio di migliorare la compliance del paziente.
Abbiamo pertanto comparato l'efficacia e la farmacocinetica della
formulazione monodose rispetto al prograf nella classica
doppia somministrazione giornaliera nei trapianti de
novo e confrontato due gruppi di pazienti trapiantati
di rene uno trattato con Prograf e l'atro con Advagraf. Non si sono
osservate differenze statisticamente significative tra i due gruppi
in termini di caratteristiche dei pazienti ed efficacia dei
farmaci. I livelli ematici dei farmaci si sono dimostrati peraltro
più bassi soprattutto nel gruppo trattato con Advagraf il che ha
richiesto l'utilizzo di dosi maggiori di farmaco (0.3 mg/kg/die)
prevalentemente nelle prime settimane post trapianto per poi
raggiungere un livello target più stabile con necessità di
ridurre la posologia del farmaco (0.2-0.3 mg/kg di Advagraf dopo il
primo mese) Dal punto di vista della efficacia immunosoppressiva
entrambe le formulazioni confermano il profilo di efficacia così
come per gli effetti collaterali. Dato emergente è la riduzione dei
livelli di colesterolo HDL in accordo con i dato della letteratura
che potrebbe avere una notevole importanza dal punto di vista
cardiovascolare.
7) Fattori di rischio genetici per la patologia
cardiovascolare dopo trapianto di rene: ruolo dei polimorfismi
delle citochine
La malattia cardiovascolare (CVD) rappresenta un importante
fattore di rischio sia per morbilità che
mortalità nei pazienti sottoposti a trapianto renale. Da
diverso tempo è stato segnalata una correlazione un
patogenetico tra infiammazione, aterosclerosi e CVD: per tale
motivo, i fattori genetici in grado di modulare la produzione delle
citochine e di controllare l'equilibrio tra quelle
pro-infiammatorie e quelle anti-infiammatorie hanno un
notevole interesse per l'impatto sul rischio cardiovascolare in
questi pazienti. Scopo dello ricerca è stata l'identificazione di
profili di rischio cardiovascolare in una popolazione di
trapiantati renali attraverso la valutazione di polimorfismi
genetici delle citochine pro-infiammatorie TNF-α, IL-6, IFN-γ e
IL-8 e delle citochine anti-infiammatorie IL-10 e TGF-β. Nello
studio sono stati inclusi 798 pazienti sottoposti a trapianto
renale da donatore cadavere tra il 1997 e il 2008 (follow-up minimo
di 12 mesi): di questi 196 erano andati incontro ad un evento
cardiovascolare maggiore (infarto o ictus) dopo trapianto (Gruppo
CVD) e 602 non avevano avuto complicanze cardiovascolari dopo
trapianto (Gruppo no-CVD). Tutti i pazienti sono stati
genotipizzati mediante tecniche di PCR-RFLP (Polymerase Chain
Reaction-Restriction Fragment Length Polymorphism) ed SSP (Sequence
Specific Primer) per i polimorfismi delle citochine TNF- α
(-308G/A), IL-6 (-174 G/C), IFN-γ (+874 A/T), IL-8 (-251 T/A),
IL-10 (-1082 A/G, -819 T/C, -592 A/C) e TGF-β (codon 10 T/C, codon
25 G/C. Dal confronto delle frequenze dei polimorfismi tra il
Gruppo CVD ed il Gruppo no-CVD, sono state riscontrate differenze
significative nelle distribuzioni dei polimorfismi di IL-10 e
TNF-α. Applicando un'analisi multivariata, il genotipo alto
produttore della citochina pro-infiammatoria TNF-α risulta
associato significativamente con un rischio cardiovascolare
aumentato di 4.41 volte. Al contrario, il genotipo alto
produttore della citochina anti-infiammatoria IL-10 sembra
proteggere da eventi cardiovascolari nel post-trapianto, con un OR
aggiustato di 0.07 (0.02-0.29). Tali dati sembrano indicare
un'influenza dei polimorfismi citochinici sul rischio
cardiovascolare dopo trapianto di rene. Sono necessari ulteriori
studi per valutare se i pazienti portatori di un particolare
genotipo “di rischio” siano da sottoporre a profilassi primaria più
aggressiva.
Valutazione di NGAL (Neutrophil Gelatinase Associated
Lipocalin) nel trapianto renale come marker predittivo di
immunotolleranza
Scopo dello studio è quello di evidenziare il ruolo di NGAL
nell'ambito immunologico e dell'immunomodulazione nei pazienti
sottoposti a trapianto renale e in definitiva di ottenere
informazioni relative all'induzione dello stato di tolleranza nei
pazienti trapiantati. L'obiettivo del progetto è di
valutare in vitro l'espressione di HLA G, antigene del
sistema HLA coinvolto nei processi di immunotolleranza ed
immunomodulazione in pazienti sottoposti a trapianto di rene. A
questo scopo si allestiranno delle colture di cellule mononucleate
del sangue periferico (PBMCs) del ricevente un trapianto di rene
e delle co-colture tra PBMCs e cellule staminali mesenchimali
(MSCs) al fine di valutare le possibili diversità in termine di
risposta linfoproliferativa, in seguito alla stimolazione con NGAL.
Si cercherà, quindi, di comprendere se questa molecola può
esercitare un ruolo nell'attivazione delle risposta delle cellule T
e nella regolazione del complesso HLA, con particolare riferimento
all'espressione in vitro di HLA-G. La possibilità di
evidenziare il ruolo di NGAL nell'ambito immunologico e
dell'immunomodulazione, dipendentemente dalla terapia
immunosoppressiva somministrata, permetterà di ricavare maggiori
informazioni relative all'induzione dello stato di tolleranza dei
pazienti trapiantati.
Incidenza di trombosi venosa profonda post trapianto di
rene
Nei pazienti trapiantati è presente uno sbilanciamento dei
meccanismi emostatici a genesi multifattoriale, con incremento dei
fattori procoagulanti correlato a classici fattori di rischio
(diabete, gravidanza, obesità, stato trombofilico preesistente) e
al trapianto (intervento di trapianto di per sè, terapia
immunosoppressiva, malattia di base, modalità dialitiche pre
trapianto, eritrocitosi post trapianto, infezioni). E' stata
particolarmente valutata la presenza di eritrocitosi post trapianto
Abbiamo osservato un incremento dell'incidenza di TVP (12/30)
in pazienti che avevano utilizzato un catetere venoso
centrale per emodialisi prima del trapianto ad indicare la
possibilità di un possibile danno dell'intima precedente al
trapianto. Dai nostri dati non si rileva correlazione tra lo
sviluppo di DVT e la modalità dialitica. Il trapianto renale di per
sè è un intervento complesso che può certamente predisporre allo
sviluppo di complicanze tromboemboliche sia nell'immediato periodo
post trapianto sia successivamente. Nei pazienti che presentano
fattori di rischio accertati (presenza di fattori procoagulanti,
alterazioni cardiologiche, cateterismo venoso centrale per
emodialisi) occorre attuare strategie di prevenzione da prolungare
anche per tutta la vita
Influenza del recettore KIR (Killer cell immunoglobuline-like
receptor ) e del sistema HLA sulla sopravvivenza del trapianto
renale
Numerosi studi hanni dimistrato l'importanza della immmunità
innata, soprattutto delle cellule natural killer (NK)n sulla
tolleranza dell'organo trapiantato.Le cellule NK esprimono il
recettore KIR sulla loro superficie; in particolare riconoscendo e
lagandosi agli antigeni di classe I del sistema maggiore di
istocompatibilità Kir è in grado di bloccare l'attacco verso le
cellule autologhe e di promuovere la lisi delle cellule not self
presentanti l'antigene. Lo studio riguarda la valutazione in follow
up di 5 anni dei gene 16 KIR e le combinazioni del complesso
donatore - ricevente KIR-HLA in pazienti trapiantati da donatore
cadavere. Abbiamo tipizzato geneticamente 126 soggetti trapiantati
ed i loro donatori per HLA a, B, C, Dr e per il gene KIR. I
pazienti sono ststi trattati con terapia immunosoppressiva standard
e seguiti per 5 anni. La funzione renale è stata valutata
attraverso il dosaggio della creatinina sierica e clearance della
creatinina con la formula MDRD.La presenza di KIR2DS3 nei riceventi
è associata ad una migliore funzione renale nel tempo dato peraltro
non confermato dalla analisi multivariata, mentre l'associazione
KIR2DS3 con il corrispettivo ligando HLA nel donatore è associata
ad una migliore trend della funzione renale nel tempo come
confermato dall'analisi multivariata. I riceventi di trapianto di
rene negativi per il gene KIR2DL1 presentano una creatinina
più elevata dopo 5 anni. Lo studio dimostra l'importanza del
sistema immunogemetico KIR nella risposta immunologica a lungo
termine del rene trapiantato.
Insorgenza di neoplasie de novo dopo trapianto di organo solido
il trapianto di organi è una procedura medica sempre più utilizzata per il trattamento di patologie d'organo allo stadio terminale altrimenti fatali . I farmaci antirigetto di nuova concezione hanno notevolmente contribuito a prolungare la sopravvivenza a lungo termine sia dell'individuo che dell'organo trapiantato . Attualmente, i tassi di sopravvivenza dei pazienti a 5 anni sono di circa il 90% dopo il trapianto di rene e il 70% dopo il trapianto di fegato. Tuttavia, è ben noto che l'uso cronico prolungato di farmaci immunosoppressori aumenta i rischi di malattie opportunistiche, in particolare infezioni e neoplasie virali. Sebbene i trapiantati sperimentino un rischio quasi doppio per tutti i tipi di tumori de-novo, le infezioni persistenti da virus oncogeni - come il virus dell'herpes del sarcoma di Kaposi, i papillomavirus umani ad alto rischio e il virus di Epstein-Barr - sono associate fino a Rischio di cancro 100 volte maggiore. Questa recensione, incentrata sui trapianti di rene e fegato, evidenzia evidenze aggiornate che collegano l'immunosoppressione iatrogena, le infezioni persistenti da virus oncogeni e il rischio di cancro. La capacità implicita dei virus oncogeni di immortalare le cellule infette interrompendo il controllo del ciclo cellulare può portare, in un contesto di sorveglianza immunitaria ridotta indotta, alla tumorigenesi e si pensa che questa capacità sia strettamente correlata all'esposizione cumulativa ai farmaci immunosoppressori. Vengono esaminati in dettaglio i meccanismi alla base della relazione tra infezioni virali, farmaci immunosoppressori e rischio di tumori della pelle, disordini linfoproliferativi post-trapianto, sarcoma di Kaposi, tumori della cervice uterina e altri tumori ano-genit1) Nefropatia da virus BK nel trapianto renale: aspetti clinici e laboratoristici