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Antonella Bertocchi

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Dipartimento di Scienze Giuridiche

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Trib. Bolzano 21.08.2013

Autorità: Tribunale Bolzano sez. I
Data: 21/08/2013
n. 679

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale di Bolzano, I Sezione Civile
in persona del giudice istruttore in funzione di giudice unico
dr. Andrea Pappalardo,
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel procedimento sub n. 4277/10 R.G. pendente tra:
C.L., C.P., M. in C.L., tutti rappresentati e difesi, giusta procura in atti,
dall' Avv. Gianni Lanzinger, domiciliatario, - attori -
e
C.G., rappresentato e difeso, giusta procura in atti, dall'Avv. Marco Lazzarini,
domiciliatario, - convenuto -
e
DIOCESI DI BOLZANO E BRESSANONE, in persona del legale rappresentante Vescovo
Mons. K.G., rappresentata e difesa, giusta procura in atti, dall'Avv. Prof. Roland
Riz, domiciliatario; - convenuta -
e
PARROCCHIA DI S. PIO X, in persona del legale rappresentante don U.Q., rappresentata
e difesa, giusta procura in atti, dall'Avv. Kitty de Guelmi,
domiciliatario; - convenuta -
Oggetto: risarcimento del danno da fatto illecito
CONCLUSIONI
Degli attori: "Ogni contraria domanda ed eccezione respinta anche per le ragioni
indicate nella 1 memoria ex art. 183, VI comma epe dd. 11.03.11,
1. - Accertarsi e dichiararsi la responsabilità solidale tra il convenuto G.C.,
già condannato in via definitiva, e gli istituti religiosi - Diocesi di Bolzano-Bressanone,
in persona del legale rappresentante titolare pro tempore dell'ufficio di Vescovo,
e - Parrocchia di S. Pio X, in persona del legale rappresentante titolare pro
tempore dell'ufficio di Parroco per danni non patrimoniali e spese come accertati
e definiti con sentenza di Corte d'Appello di Trento, Sezione distaccata di
Bolzano n. 63/08 del 16.04.08 dep. 15.07.08 confermata da sentenza della Corte di
Cassazione, n. 17846/09 del 19.03.09 dep. il 28.04.09, e per l'effetto
2.- condannarsi gli istituti religiosi Diocesi di Bolzano-Bressanone e Parrocchia
di S. Pio X di Bolzano, in persona del rispettivi legali rappresentanti, in solido
tra loro al pagamento a titolo risarcitorio A. - in favore di C.L.: del danno non
patrimoniale nella misura di Euro 500.000,00. - oltre agli interessi di mora e
rivalutazione monetaria dalla data della sentenza della Corte d'Appello di Trento,
Sezione distaccata di Bolzano n. 63/08 pronunciata il 16.4.2008 sino al saldo
nella misura prevista per legge anche con riferimento agli indici di rivalutazione
ASTAT, ed inoltre alla rifusione delle spese di costituzione della parte civile nei
procedimenti indicati nella misura di Euro 60.000,00.- oltre IVA e CAP e dunque
Euro 74.880,00,- oltre interessi di mora dal dovuto al saldo, come da sentenza
della Corte d'Appello di Trento, Sezione distaccata di Bolzano n. 63/08 ed inoltre
Euro 7.500,00,- oltre IVA e CAP e dunque 9.360,00,- oltre interessi di mora dal
dovuto al saldo, come da sentenza della Corte di Cassazione, n. 17846/09. B. - in
favore di P.C.: risarcimento del danno non patrimoniale nella misura di Euro 100.000,00,
- oltre agli interessi di mora e rivalutazione monetaria dalla data della sentenza
della Corte d'Appello di Trento, Sezione distaccata di Bolzano n. 63/08 pronunciata
il 16.4.2008 sino al saldo nella misura prevista per legge anche con riferimento
agli indici di rivalutazione ASTAT C- in favore di Loredana M. in C. risarcimento
del danno non patrimoniale nella misura di Euro 100.000,00,- oltre agli interessi
di mora e rivalutazione monetaria dalla data della sentenza della Corte d'Appello
di Trento, Sezione distaccata di Bolzano n. 63/08 pronunciata il 16.4.2008 sino al
saldo nella misura prevista per legge anche con riferimento agli indici di rivalutazione ASTAT;
D. - in favore dei coniugi P.C. e L. M. in C. rifusione delle spese di costituzione
della parte civile nella misura di Euro 60.000,00,- oltre IVA e CAP e dunque Euro 74.880,00,
- oltre interessi di mora dal dovuto al saldo, come da sentenza della Corte d'Appello
di Trento, Sezione distaccata di Bolzano n. 63/08 ed inoltre rifusione delle spese
di costituzione della parte civile nella misura di Euro 7.500,00.- per C.P. ed
Euro 7.500,00.- per M. L., per entrambi importi maggiorati da IVA e CAP e dunque
Euro 18.720,00.- oltre interessi di mora dal dovuto al saldo, come da sentenza
della Corte di Cassazione, n. 17846/09.
3.- Condannarsi G.C., Diocesi di Bolzano-Bressanone e Parrocchia di S. Pio X di
Bolzano, in persona del rispettivi legali rappresentanti, in solido tra loro al
pagamento in favore di L.C. degli importi maturati a titolo risarcitorio come in
narrativa per danni patrimoniali subiti e subendi successivi all'accertamento di
cui alla sentenza di Corte d'Appello di Trento Sezione distaccata di Bolzano sopra
richiamata, nella misura di euro 7.000,00.- maturata sino alla data della presente
domanda, oltre agli importi maturandi in corso di causa pari a euro 3.500,00.-
annui o quella maggiore o minore somma che risulterà accertata e di giustizia,
salva quantificazione del danno per il medesimo titolo da effettuarsi pro futuro
mediante assunzione di CTU.
4.- Il tutto oltre interessi di mora e rivalutazione monetaria secondo gli indici
ASTAT per la Provincia di Bolzano dal dovuto al saldo.
5.- Spese di causa rifuse in favore del firmante difensore anticipatario. In via
istruttoria; come in citazione: Si chiede inoltre l'ammissione della prova per
interpello e per testi a mezzo dei testi R.M. - P.D. da sentirsi, salvo integrazione
della lista testimoniale, sulle seguenti circostanze: 1.- L.C. si sottopone per
prescrizione medica a periodiche sedute di psicoterapia presso la dott.ssa D.P.,
psicologa e psicoterapeuta con studio in Bolzano sin dall'anno 2001 con frequenza
iniziale tri-/bisettimanale e dall'anno 2009 con frequenza settimanale e quindi
quindicinale (due volte ogni quattro settimane). 2.- L'ammontare del costo delle
sedute è di euro 80,00,- più accessori. 3.- L.C. svolgendo attualmente un'attività
post-laurea di praticante avvocato è priva di proprio reddito ed è onerata dalle
spese di alloggio e mantenimento in Bologna ove risiede. 4.- Le esigenze primarie
di spesa per sussistenza di L.C. sono assolte con il contributo dei genitori odierni
attori. 5.- Questi ultimi possono contare su un modesto reddito, essendo il padre
pensionato e la madre operaia part-time.
6.- Il trattamento psicoterapeutico risulta essere necessario date le condizioni
di salute della C., e che se ne prevede la necessità per i prossimi anni come
potrà essere precisato in causa anche mediante eventuale CTU.
7.- Il costo delle sedute psicoterapeutiche maturato dalla data dell'accertamento
della sentenza di Corte d'Appello dd. 16.4.08 e sino alla data dell'odierna domanda
ammonta a circa euro 7.000,00, pari a euro 3.500 annue. Si chiede infine l'acquisizione
di atti e documenti contenuti nel fascicolo del procedimento penale a carico di C.G.
Sent. n. 199/06 dd. 20.02.06 Trib. Bolzano n. R.G. 650/03 P.M. definito con sentenza
di Corte d'Appello di Trento, Sezione distaccata di Bolzano n. 63/08 del 16.04.08
dep. 15.07.08 (proc. n. 65/07 R.G.) confermata da sentenza della Corte di Cassazione,
n. 17846/09 del 19.03.09 dep. il 28.04.09 (proc. n. 40088/2008 R.G.). Si chiede,
inoltre, che venga ordinata a palle convenuta l'esibizione in giudizio dell'integrale
fascicolo personale relativo alla posizione del sacerdote G.C. e del sacerdote G.P.,
sia nella versione palese che in quella segreta conservata presso gli uffici della
Curia diocesana; come in memoria dd. 8.4.2011 e memoria dd. 28.4.2011: ammettersi
prova per interpello e testi sulle seguenti ulteriori circostanze: 8.- G.C., nato a
Bolzano il ..., è stato consacrato chierico il 24.6.89, investito della missione
canonica il 1.9.87 ed assegnato alla Parrocchia di San Pio X decanato di Bolzano III
in qualità di vicario cooperatore ove rimase sino al suo trasferimento in altra
Parrocchia, avvenuto in data 1.09.95.
9.- La relazione tra G.C. in qualità di vicario cooperatore e la Chiesa, è definita
dall'ordinamento interno della Chiesa Cattolica, di cui lo Stato italiano prende atto
adeguandosi in attuazione delle fonti concordatarie, come connessione tra organo ed ente.
10.- La Legge 222/85 prevede che in relazione all'immedesimazione organica tra chierico
e Chiesa diocesana, quest'ultima debba garantire "il congruo e dignitoso sostentamento
del clero che svolge servizio in favore della diocesi".
11.- Dal settembre del 1989 alla primavera del 1994 G.C. ha esercitato il ministero
sacerdotale in favore della Diocesi di Bolzano-Bressanone.
12.- Per il servizio sacerdotale reso in favore della Diocesi di Bolzano-Bressanone
G.C. ha ricevuto la remunerazione per il proprio sostentamento.
13.- La remunerazione versata dalla Chiesa in favore di don C. è estranea al rapporto
sinallagmatico tra datore e dipendente, che pretenderebbe una retribuzione salariale,
ponendosi quale remunerazione dell'attività dell'organo.
14.- La Chiesa Cattolica risulta essere il centro d'imputazione e di riferimento di
tutte le obbligazioni attive e passive del personale ecclesiastico il quale con l'attività
propria coinvolge con modalità immanenti la stessa figura della Chiesa gerarchica
nonché della Chiesa locale organizzata giuridicamente in Diocesi. Si indica come ulteriore
teste il Prof. G.C., ordinario di diritto ecclesiastico e membro del gruppo disciplinale
di diritto ecclesiastico e canonico presso la Facoltà di Giurisprudenza dell'Università
di Bologna. In subordine, si chiede ammettersi CTU in ordine ai quesiti sopra formulati,
aventi ad oggetto la natura dei rapporti intercorrenti tra il vicario cooperatore G.C. e
le convenute Diocesi e Parrocchia alla luce dell'ordinamento canonico e delle fonti
concordatarie. Si insiste in ogni caso per - l'acquisizione di atti e documenti contenuti
nel fascicolo del procedimento penale a carico di C.G. Sent. n. 199/06 dd. 20.02.06 Trib.
Bolzano n. R.G. 650/03 P.M. definito con sentenza di Corte d'Appello di Trento, Sezione
distaccata di Bolzano n. 63/08 del 16.4.08 dep. 15.7.08 (proc. n. 65/07 R.G.) confermata
da sentenza della Corte di Cassazione, n. 17846/09 del 19.3.09 dep. il 28.4.09 (proc.
n. 40088/2008 R.G.); - l'esibizione in giudizio dell'integrale fascicolo personale
relativo alla posizione del sacerdote G.C. e del sacerdote G.P., sia nella versione
palese che in quella segreta conservata presso gli uffici della Curia diocesana;
- l'esibizione e/o l'acquisizione presso l'Istituto Diocesano per il sostentamento
del clero delle ricevute di pagamento e/o dei cedolini attestanti le erogazioni
effettuate in favore del convenuto G.C. a fronte dell'esercizio del ministero
sacerdotale"; del convenuto C.G.: "respingere le domande svolte dagli attori nei
confronti di C.G. in atto di citazione del 30.9.2010, perché inammissibili e comunque
infondate, per i motivi dedotti. Con vittoria di spese, diritti ed onorali a favore
del convenuto don G.C."; della convenuta Diocesi di Bolzano e Bressanone:
"voglia rill.mo Tribunale di Bolzano, contrariis reiectis,
1) dichiarare il difetto di legittimazione passiva della convenuta Diocesi di Bolzano-Bressanone;
2) rigettare, comunque, tutte le domande avversarie anche perché sono prescritte,
inammissibile ed infondate;
3) dichiarare inammissibile la domanda degli attori di assunzione prove e di
acquisizione del fascicolo penale, visto che essa non riguarda la Diocesi di Bolzano-Bressanone,
alla quale, pertanto, i fatti penali non possono essere opposti (la Diocesi di Bolzano
-Bressanone non era parte nel processo penale, le cui risultanze non condivide);
4) con tutte le conseguenze di legge anche in ordine a spese, competenze ed onorari";
della convenuta Parrocchia di S, Pio X: "contrariis rejectis, in via pregiudiziale:
- Dichiararsi il difetto di legittimazione passiva della convenuta Parrocchia di
S. Pio X di Bolzano. In via preliminare di merito: - Respingersi le domande attore
e per intervenuta prescrizione. In ogni caso, - respingersi tutte le domande svolte
nei confronti della Parrocchia S. Pio X in quanto infondate in fatto e diritto. - Con
vittoria di spese e onorati. In subordine: insiste nelle richieste, eccezioni ed
opposizioni tutte formulate in comparsa di risposta nelle memorie ex art. 183 6 co.
c.p.c. n. 2 dd. 10.4.2011 e n. 3 dd. 26.4.2011 nonché all'udienza dd. 24.1.2013".
Fatto
Diritto
MOTIVI DELLA DECISIONE
Vicenda processuale
Con atto di citazione del 30.9.2010 C.L. ed i genitori di costei, C.P. e M. in C.L., citavano in giudizio C.G., la Diocesi di Bolzano e Bressanone e la Parrocchia di S. Pio X di Bolzano per sentire condannare:
- il convenuto C.G. a titolo di responsabilità da fatto illecito ex artt. 2043 ce. e 185 c.p. al risarcimento dei danni patrimoniali non coperti da giudicato in quanto successivi alla sentenza della Corte d'Appello di Trento - Sezione Distaccata di Bolzano n. 63/08 del 15.7.2008, confermata dalla sentenza della Suprema Corte di Cassazione n. 17846/09 del 28.4.2009, con cui era stata affermata in sede penale la civile responsabilità del convenuto per il fatto-reato da egli commesso, quantificati in euro 7.000,00 alla data della domanda, oltre agli importi maturandi in corso di causa;
- i convenuti enti ecclesiastici per i quali prestava servizio canonico il C., a titolo di responsabilità solidale con il chierico ex artt. 2043 e 2049 c.c., al risarcimento di tutti i danni non patrimoniali già definitivamente accertati dalla succitata sentenza penale della Corte d'Appello di Trento - Sezione Distaccata di Bolzano e delle spese di costituzione di parte civile nei procedimenti penali, nonché dei danni patrimoniali successivamente insorti.
A sostegno della propria domanda gli attori esponevano preliminarmente che con sentenza della Corte d'Appello di Trento - Sezione Distaccata di Bolzano n. 63/08 del 15.7.2008, il convenuto C., chierico operante nella Parrocchia di S. Pio X di Bolzano in qualità di cooperatore parrocchiale e responsabile della pastorale giovanile, era stato condannato per il reato di violenza sessuale aggravata e continuata commesso dal settembre 1989 alla primavera 1994 a danno dell'attrice C.L., alla pena di anni sette e mesi sei di reclusione, nonché al risarcimento del danno non patrimoniale cagionato dal reato definitivamente ed equitativamente liquidato in euro 500.000,00 in favore della parte civile L.C. e in euro 100.000,00 in favore di ciascun genitore, costituitisi anch'essi parti civili. Con sentenza n. 17846/2009 del 28.4.2009 la Corte Suprema di Cassazione
annullava senza rinvio detta sentenza in ordine alla condanna penale dell'imputato per intervenuta prescrizione del reato, e ne confermava le statuizioni civili sul risarcimento del danno.
Il fatto reato accertato nei confronti del convenuto C.G. consisteva in particolare nelle violenze sessuali e nei maltrattamenti perpetrati a danno dell'attrice L.C., minore all'epoca dei fatti, fra il 1989 e il 1994, e consumati nella Chiesa e nei locali della canonica. Il sacerdote, avendo dapprima avvicinato la minore che frequentava la Parrocchia di S. Pio X per ragioni di catechismo in vista della preparazione ai sacramenti della Comunione e della Cresima, la induceva ad appuntamenti settimanali, ed avendole proposto uno speciale percorso educativo individuale, abusava sessualmente della piccola con un crescendo di violenza, in quanto dapprima la costringeva a subire carezze e baci, e successivamente la toccava anche nelle parti intime, fino a costringerla alla consumazione di rapporti sessuali completi vaginali ed anali. Detti abusi accadevano con cadenza settimanale, anche duranti i campeggi e i ritiri organizzati dalla parrocchia cui la minore partecipava. Inoltre a partire dall'autunno 1991 il convenuto coinvolgeva nelle violenze anche il minore Z.D., costringendo entrambi i minori a posare nudi mentre egli scattava fotografie e costringendoli anche a rapporti sessuali a tre. Le violenze si protraevano con una cadenza settimanale fino alla primavera del 1994.
Ritenuto opponibile alle convenute Diocesi e Parrocchia il giudicato intervenuto nel suddetto procedimento penale relativo alla responsabilità del C. e all'entità del risarcimento del danno, gli attori chiedevano accertarsi la responsabilità solidale degli enti ecclesiastici, Diocesi e Parrocchia, per i quali il chierico prestava servizio canonico all'epoca della commissione del fatto illecito, a titolo diretto ai sensi dell'alt. 2043 c.c., in virtù del rapporto di immedesimazione organica, nonché a titolo indiretto o per fatto altrui ai sensi dell'art. 2049 c.c. in forza del rapporto di preposizione intercorrente fra autore dell'illecito ed enti ecclesiastici.
Si costituivano regolarmente in giudizio tutti i convenuti.
Il convenuto C.G., contestata recisamente la costruzione dei fatti operata dalla Corte d'Appello di Trento - Sezione Distaccata di Bolzano e negata altresì la commissione degli stessi, chiedeva dichiararsi l'inammissibilità della domanda proposta nei suoi confronti per contrasto con il principio del ne bis idem. Assumeva il convenuto che la sentenza della Corte d'Appello di Trento - Sezione Distaccata di Bolzano aveva provveduto a liquidare in via definitiva ed equitativa il danno sulla base delle richieste risarcitone delle parti civili, comprensive sia dei danni patrimoniali che di quelli non patrimoniali.
La Diocesi di Bolzano e Bressanone eccepiva in primo luogo l'intervenuta prescrizione delle domande azionate, per essere il fatto illecito posto a fondamento della responsabilità aquiliana della convenuta asseritamente conclusosi nella primavera del 1994, con conseguente sopravvenuto maturarsi della prescrizione quinquennale decorrente dalla commissione dell'ultimo fatto illecito. Eccepiva altresì la Diocesi l'inopponibilità nei suoi confronti del giudicato formatosi in sede penale, in quanto non era stata parte di quel processo. Eccepiva inoltre il difetto di legittimazione passiva e l'inconfigurabilità di una responsabilità della stessa ai sensi dell'art. 2049 ce, stante il difetto di un rapporto di preposizione fra l'ente ecclesiastico e il convenuto don C., ed essendo comunque insussistente il nesso di occasionalità necessaria fra il fatto illecito e le incombenze demandate al preposto.
Negava altresì una responsabilità per immedesimazione organica o per culpa in vigilando ai sensi dell'art. 2043 c.c., assumendo che dal 1989 al 1994 la Diocesi non aveva avuto il minimo sentore dell'accadimento dei fatti di violenza sessuale a danno dell'attrice C.L.. Contestava in ogni caso tutti i fatti accertati nel processo penale nonché l'ammontare dei danni liquidati nelle sentenze penali.
La Parrocchia contestava nel merito i fatti come accertati nei giudizi penali, rilevava che il chierico convenuto aveva sempre goduto di stima e apprezzamento presso la propria comunità parrocchiana, in particolare presso i giovani, e contestava in ogni caso l'asserita conoscenza delle violenze sessuali da parte dell'allora parroco don G.P.. Eccepiva altresì la prescrizione della domanda nonché l'inopponibilità nei suoi confronti del giudicato penale sulla base delle medesime argomentazioni dedotte dalla Diocesi. Contestava infine la pretesa sussistenza di una responsabilità diretta della Parrocchia ex art. 2043 c.c. - siccome inconfigurabile un rapporto di immedesimazione organica fra il sacerdote don C. e la Parrocchia stessa - nonché di una responsabilità indiretta della Parrocchia ex art. 2049 ce, essendo insussistenti sia il rapporto di preposizione fra parroco e vicario parrocchiale che il nesso eziologico fra il presunto fatto illecito e le finalità perseguite dalla Parrocchia con le mansioni affidate allo stesso chierico.
Concessi i termini di cui all'art. 183 VI co. c.p.c. stante la complessità delle questioni di fatto e di diritto portate all'attenzione del Tribunale, questo Giudice riteneva opportuno trattenere la causa in decisione sulle questioni pregiudiziali di rito e preliminari di merito.
All'udienza del 4.4.2013 le parti precisavano quindi le conclusioni in epigrafe trascritte.
II. Dell'eccezione di inammissibilità della domanda svolta nei confronti del convenuto C.G. per violazione del principio del "ne bis idem".
La domanda azionata dagli attori nei confronti del convenuto don C. ha ad oggetto il risarcimento dei danni patrimoniali subiti dagli stessi successivamente alla pronuncia della Corte d'Appello di Trento -Sezione Distaccata di Bolzano n. 63/08.
Il convenuto ha sollevato l'eccezione di cui in epigrafe rilevando che gli attori si sono costituiti parti civili nel procedimento penale promosso nei confronti del convenuto ed hanno ivi ottenuto la condanna del medesimo al risarcimento di tutti i danni non patrimoniali e patrimoniali derivanti dal reato, liquidati in via definitiva ed equitativa.
Detta eccezione va disattesa.
Dalla lettura degli atti di costituzione di parte civile allegati dallo stesso convenuto al presente processo (doc. n. 2 all.to al fascicolo del convenuto), si evince che la domanda degli attori non comprendeva il risarcimento dei danni patrimoniali futuri consistenti nelle spese necessarie per il trattamento psicoterapeutico dell'attrice C.L..
In particolare l'atto di costituzione di parte civile C.L. dd. 16.7.2004 fa riferimento alle spese "sostenute" dagli attori "per assistenza e terapie resesi necessarie a seguito dello stato di prostrazione e delle patologie psicosomatiche" (v. p. 6 dell'atto di costituzione di parte civile di C.L., doc. n. 2 del convenuto).
Quanto ai danni patrimoniali futuri la parte civile C.L. fa riferimento esclusivamente al danno ingiusto consistente nel prevedibile ritardato ingresso nella vita lavorativa e nell'alterazione della stessa, anche sotto il profilo economico, a causa delle violenze sessuali, degli abusi e dei maltrattamenti subiti in giovane età.
Allo stesso modo dalla lettura dell'atto di costituzione delle parti civili C.P. e M. L. in C. si evince che, quanto ai danni patrimoniali, oggetto della domanda risarcitoria sono quelli derivanti dalle sedute di psicoterapia cui si è sottoposta e si sottopone la figlia L. a partire dal 23.2.2001 per tre volte alla settimana e per undici mesi all'anno, sedute cui spesso hanno partecipato anche i genitori e che proseguivano anche al momento della costituzione della parte civile nel processo penale (v. pp. 4 e 5 dell'atto di costituzione di parte civile di C.P. e Loredana, doc. n. 2 del convenuto).
Anche in questo caso difetta alcun riferimento alle spese patrimoniali da sostenere in futuro.
Poiché in entrambi gli atti di costituzione di parte civile difetta la domanda di risarcimento dei danni patrimoniali "futuri", consistenti nelle spese da sostenere per la futura sottoposizione alle sedute psicoterapiche, deve ritenersi, in aderenza al principio dispositivo che informa il processo civile, che il giudice abbia condannato l'imputato al risarcimento dei danni liquidati in via definitiva ed equitativa maturati fino al momento della pronuncia, come chiesto dalle stesse parti civili.
Sulla base di tali premesse, la domanda oggi svolta dagli attori nei confronti dell'odierno convenuto C.G. si distingue da quella introdotta nel processo penale per diversità del petitum, in quanto riferita ai danni patrimoniali sorti successivamente al passaggio in giudicato della sentenza, e deve pertanto ritenersi ammissibile.
III. Dell'eccezione di difetto di legittimazione passiva della Parrocchia e della Diocesi Eccepiscono gli enti ecclesiastici il proprio difetto di legittimazione a contraddire.
Detta eccezione va disattesa.
La legittimazione passiva, o a contraddire, attiene alla correlazione tra il soggetto contro cui un diritto è fatto valere ed il soggetto che tale diritto è tenuto ad osservare, secondo la prospettazione del rapporto controverso offerta dall'attore. L'accertamento da operarsi da parte del Giudice riguarda la sussistenza di detta correlazione, sulla base della stessa norma di diritto che va applicata per la decisione del merito della causa, assumendo come veri i fatti esposti dall'attore, e potendo così identificare il convenuto come il soggetto tenuto a subire la pronuncia giurisdizionale (per tutte, Cass. Civ. Sez. I, n. 8040 del 6.4.2006 e Cass. Civ. Sez. Ili, n. 10388 del 17.7.2002).
Nella specie gli attori, in base alla narrazione dei fatti da essi offerta, chiedono la condanna degli enti ecclesiastici convenuti sul presupposto della loro responsabilità solidale a titolo diretto ai sensi dell'art. 2043 c.c. o indiretto ai sensi dell'art. 2049 c.c.
Ebbene, deve ritenersi che i convenuti enti ecclesiastici, dotati peraltro di personalità giuridica in quanto riconosciuti nell'ordinamento civilistico in conformità alla L. 222 del 20 maggio 1985 (Disposizioni sugli enti e beni ecclesiastici in Italia e per il sostentamento del clero cattolico in servizio nelle diocesi), siano stati correttamente individuati dagli attori come legittimati passivi rispetto al titolo della domanda dedotto in giudizio.
IV. Dell'eccezione di prescrizione della domanda azionata nei confronti della Diocesi e della Parrocchia
Entrambi gli enti ecclesiastici convenuti hanno sollevato l'eccezione di prescrizione del diritto esercitato nei loro confronti, per essere ampiamente maturato il termine quinquennale di prescrizione, decorrente dal momento dell'avvenuta consumazione del presunto fatto illecito, da collocarsi nella primavera del 1994.
Detta eccezione va disattesa.
Ai sensi dell'art. 2947 3 co. c.c., il termine prescrizionale del diritto al risarcimento del danno cagionato dal fatto reato è pari al termine previsto per la prescrizione del reato stesso, quando esso è più lungo di quello quinquennale.
Tuttavia, "in tema di obbligazioni solidali derivanti da atti illeciti, qualora solo il fatto di uno dei coobbligati costituisca anche reato, mentre quelli degli altri costituiscono unicamente illecito civile, la possibilità di invocare utilmente il più lungo termine di prescrizione stabilito dall'ultimo comma dell'art. 2947 cod. civ., per le azioni di risarcimento del danno se il fatto è previsto dalla legge come reato, è limitata alla sola obbligazione del primo dei predetti debitori (quella collegata ad un reato)" (così Cass. Civ. Sez. 3, n. 27713 del 16.12.2005).
Inoltre, avvenuta la costituzione di parte civile nel processo penale, detto atto è da qualificarsi quale atto interruttivo della prescrizione civile a carattere permanente ai sensi degli artt. 2943, 1 co. e 2945, 2 co. c.c., nel senso che la prescrizione non corre fino al momento del passaggio in giudicato della sentenza che definisce il giudizio. Detto effetto si produce ai sensi dell'art. 1310, 1 co. c.c., anche nei confronti di coloro che sono chiamati a rispondere in solido con l'autore del fatto illecito, ancorché non abbiano partecipato al giudizio (Cass. Civ. Sez. 3, n. 1267 del 11.5.1973).
E' altresì noto il principio elaborato dalla giurisprudenza in base al quale, ai sensi dell'alt. 2935 c.c., il dies a quo del termine di prescrizione coincide con la sufficiente conoscenza in capo al danneggiato della rapportabilità causale del danno lamentato (v. per tutte Cass. Civ. S.U., n. 27337 del 18.11.2008).
Calati i suesposti principi di diritto al caso di specie, la domanda nei confronti dei convenuti enti ecclesiastici, chiamati a rispondere del fatto illecito del C. quali coobbligati in solido, è soggetta al termine quinquennale di prescrizione previsto per le ipotesi di responsabilità aquiliana. Detto termine cominciava tuttavia a decorrere solo da fine dell'anno 2001, momento in cui, essendo affiorati alla mente dell'attrice C.L. i ricordi delle violenze e degli abusi subiti, il danno si è esteriorizzato ed è divenuto conoscibile per i danneggiati.
I convenuti del resto nulla hanno eccepito in merito all'erronea individuazione del momento a partire dal quale il danno può essere fatto valere.
Ricadendo esclusivamente su chi eccepisce la prescrizione l'onere della prova dell'individuazione temporale di un diverso dies a quo rispetto a quello individuabile dalla domanda degli attori (Cass. Civ. Sez. 3, n. 4366 del 19.3.2012), deve pertanto ritenersi corretta la collocazione da fine dell'anno 2001 del dies a quo per il decorso del termine prescrizionale.
Poiché la costituzione di parte civile degli odierni attori nel processo penale a carico dell'autore del reato è avvenuta con atti dd. 16.7.2004, ed essendo comunque prodotti gli atti di diffida e costituzione in mora dei convenuti enti ecclesiasti ad essi notificati da parte degli attori in data 23.7.2004 (v. doc. n. 5 degli attori), il decorso della prescrizione deve ritenersi senz'altro utilmente interrotto.
A seguito della pronuncia irrevocabile della Suprema Corte del 28.4.2009, ha peraltro ricominciato a decorrere anche nei confronti degli odierni convenuti enti ecclesiastici il termine di prescrizione decennale derivante dall'acro iudicati (Cass. Civ. Sez. 3., n. 839 del 10.3.1976). Poiché l'azione civile è stata instaurata nei confronti delle convenute Diocesi e Parrocchia con atto di citazione notificato rispettivamente l'1.10.2010 e il 6.10.2010, non vi è prescrizione del diritto fatto valere.
V. Dell'efficacia riflessa del giudicato costituito dalle sentenze penali n. 63/08 della Corte d'Appello di Trento - Sezione Distaccata di Bolzano e n. 17846/2009 della Corte di Cassazione
Eccepiscono i convenuti enti ecclesiastici l'assoluta inopponibilità nei loro confronti degli accertamenti effettuati nel giudizio penale, in particolare in ordine alla sussistenza del fatto reato contestato al convenuto, in cui non erano intervenuti né erano stati citati come responsabili civili.
Detta eccezione va disattesa.
Occorre preliminarmente osservare come nella specie, ancorché il presente procedimento abbia ad oggetto l'accertamento della responsabilità dei responsabili civili nonché l'accertamento della sussistenza di ulteriori danni successivi al giudicato penale, non vengano in diretta applicazione le norme di cui agli artt. 651 e 652 c.p.p. dettate in materia di efficacia esterna del giudicato penale di condanna o di assoluzione nel giudizio civile di danno. Nel procedimento penale de quo la Suprema Corte non ha infatti emesso una pronuncia di condanna penale né una di assoluzione, avendo annullato senza rinvio la sentenza di merito di condanna per essere il reato di violenza sessuale continuata ed aggravata estinto per intervenuta prescrizione.
Ai sensi dell'alt. 578 c.p.p. la Suprema Corte ha però confermato la condanna dell'imputato al risarcimento del danno cagionato dal reato in favore delle costituite parti civili.
Detta decisione comporta necessariamente l'affermazione della sussistenza del reato e della sua commissione da parte dell'imputato dando luogo a tutti gli effetti ad un giudicato civile (Cass. Civ. Sez. II, n. 14921 del 21.6.2010: "Qualora, in sede penale, sia stata pronunciata in primo o in secondo grado la condanna, anche genetica, alle restituzioni e al risarcimento dei danni cagionati dal reato a favore della parte civile, ed il giudice di appello o la corte di cassazione, nel dichiarare il reato estinto per amnistia o per prescrizione, decidano sull'impugnazione ai soli effetti delle disposizioni e dei capi della sentenza che concernono gli interessi civili, una tale decisione, se la predetta condanna resta confermata, comportando necessariamente, quale suo indispensabile presupposto, l'affermazione della sussistenza del reato e della sua commissione da parte dell'imputato, dà luogo a giudicato civile, come tale vincolante in ogni altro giudizio tra le stesse parti, in cui si verta sulle conseguenze, anche diverse dalle restituzioni o dal risarcimento, derivanti dal fatto, la cui illiceità, ormai definitivamente stabilita, non può più essere messa in discussione", e ancora Cass. Pen. Sez. IV, n. 1484 del 21.1.2004: "Nel giudizio d'impugnazione, in presenza di una condanna al risarcimento dei danni o alle restituzioni pronunziata dal primo giudice (o dal giudice d'appello) ed essendo ancora pendente l'azione civile, il giudice penale è tenuto, quando accerti l'estinzione del reato per amnistia o prescrizione, ad esaminare il fondamento della medesima azione. In questi casi la cognizione del giudice penale, sia pure ai soli effetti civili, rimane integra e il giudice dell'impugnazione deve interamente verificare l'esistenza di tutti gli elementi della fattispecie penale al fine di confermare o meno il fondamento della condanna alle restituzioni o al risarcimento pronunziata dal primo giudice (o dal giudice d'appello nel caso in cui l'estinzione del reato venga pronunziata dalla Corte di Cassazione)").
Deve quindi affrontarsi la questione dell'efficacia "riflessa" del giudicato civile nei confronti di soggetti terzi rimasti estranei al processo in cui la sentenza passata in giudicato è stata pronunciata.
Da tempo dottrina e giurisprudenza riconoscono detta efficacia riflessa allorquando i terzi estranei al processo in cui si è formato il giudicato siano titolali di un diritto dipendente dalla situazione definita in quel processo o comunque di un diritto subordinato ad esso (Cass. Civ. Sez. II, n. 4605 del 14.7.1988).
Detto principio è stato di recente ulteriormente elaborato dalla giurisprudenza, laddove è stato affermato che l'efficacia riflessa del giudicato nei confronti di terzi soggetti è legittimata solo nel caso in cui sussista tra i due giudizi un nesso di pregiudizialità-dipendenza giuridica, che si ha allorché un rapporto giuridico, pregiudiziale o condizionante, rientri nella fattispecie di altro rapporto giuridico, condizionato o dipendente (da ultimo Cass. Civ. S.U. n. 6523 del 12.3.2008).
Una ormai consolidata applicazione dei detti principi si ha in materia di assicurazione obbligatoria in ordine ai rapporti intercorrenti fra il giudizio fra danneggiante e danneggiato e giudizio fra assicurato e assicuratore, laddove si riconosce che "il principio secondo cui -proposta contro l'assicurato danneggiante l'azione di cui all'art. 2054 cod. civ. separatamente da quella diretta, esperita successivamente nei confronti del suo assicuratore ai sensi dell'art. 18 della legge 24 dicembre 1969, n. 990 (applicabile "ratione temporis") - il giudicato maturato all'esito del primo giudizio, del quale l'assicuratore non era parte, può spiegare nei suoi confronti efficacia riflessa (rendendo non più controverso quel rapporto giuridico rispetto al quale l'assicuratore medesimo si trovi in una situazione di giuridica dipendenza), presuppone la condanna del danneggiante assicurato al risarcimento del danno, e non semplicemente l'affermazione della responsabilità del predetto quanto al fatto illecito, giacché solo in questo caso è dato ravvisare, tra le obbligazioni rìsarcitorie dei due soggetti, quel collegamento di pregiudizialità-dipendenza in senso giuridico che legittima l'efficacia riflessa del giudicato" (Cass. Civ. Sez. 3, n. 4241 del 20.2.2013).
Ebbene nella specie deve riconoscersi la sussistenza del detto rapporto di condizionamento-dipendenza fra l'accertamento della sussistenza del fatto illecito e la responsabilità dei convenuti enti ecclesiastici, chiamati a rispondere ai sensi dell'art. 2049 c.c. - come di seguito illustrato - sul presupposto della sussistenza del fatto illecito del commesso. Si tratta pertanto non di un rapporto di solidarietà "orizzontale" fra coobbligati, ove ogni condebitore è corresponsabile della causazione del danno, bensì di un rapporto di solidarietà-dipendenza, ove invece la responsabilità del coobbligato-resposabile indiretto può essere invocata solo previo positivo accertamento della sussistenza di responsabilità del coobbligato-autore del fatto illecito.
Ciò trova indiretta conferma in quella giurisprudenza di legittimità che - nel ribadire che la domanda di risarcimento dei danni cumulativamente proposta nei confronti di più soggetti corresponsabili di un fatto illecito dà luogo, in sede di impugnazione, a cause scindibili, quale diretta conseguenza del principio dell'inopponibilità del giudicato intercorso fra creditore ed uno dei coobbligati agli altri coobbligati sancito dall'art. 1306 1 co. c.c. - afferma altresì che tale generale regola soffre un'eccezione laddove il rapporto di solidarietà fra coobbligati si configuri in termini di dipendenza, nel senso che l'accertamento della responsabilità di uno di essi postuli necessariamente quello della responsabilità di un altro o, ancora più esplicitamente, che il fatto determinante la responsabilità di uno dei due sia esclusivamente quello posto in essere dall'altro (Cass. Civ. Sez. Ili, n. 1771 del 8.2.2012 e Cass. Civ. Sez III n. 16391 del 14.7.2009).
È evidente che siffatto rapporto di dipendenza "verticale" fra responsabilità dei coobbligati in solido è esattamente riscontrabile nella specie, laddove gli enti ecclesiastici sono chiamati a rispondere ex art. 2049 c.c. per effetto, in primo luogo, dell'accertamento della responsabilità del preposto da fatto illecito. L'affermazione della responsabilità del preposto si configura pertanto come elemento costitutivo (rapporto condizionante) della conseguente responsabilità del preponente (rapporto condizionato), il quale non potrà disconoscere il giudicato sulla responsabilità dell'autore del fatto illecito emesso nel giudizio fra questi ed i danneggiati e potrà difendersi solo sulla sussistenza degli altri presupposti a fondamento della propria responsabilità.
VI. Della responsabilità solidale degli enti ecclesiastici per il fatto illecito commesso dal convenuto don C.G.
Superate le eccezioni preliminari di merito sopra esposte e data per definitivamente accertata la sussistenza del fatto illecito commesso dal convenuto C.G., nelle modalità e nelle circostanze di tempo e di luogo accertate nel procedimento penale, deve individuarsi il titolo di responsabilità a cui in astratto possono essere chiamati a rispondere i convenuti enti ecclesiastici.
Una volta compiuto detto accertamento, dovrà verificarsi se sussistono in concreto i presupposti di quella responsabilità.
E' incontestato in causa che Don G.C. sia stato incaricato vicario parrocchiale presso la Parrocchia di S. Pio X, svolgendo ivi le proprie funzioni dal 1988 al 1995. Altresì incontestata è la circostanza che il parroco della Parrocchia di S. Pio X, don G.P., gli avesse affidato in particolare le mansioni di incaricato all'educazione pastorale dei bambini e dei giovani della Parrocchia, di talché egli coordinava le catechiste "su come organizzare e rendere più interessanti per i piccoli i corsi" (v. comparsa di costituzione e risposta della Parrocchia, p. 5). Per stessa affermazione della Parrocchia egli "ha sempre operato in mezzo ai giovani per i quali era divenuto un importante punto di riferimento riuscendo a coinvolgerli nelle vane attività" (v. comparsa di costituzione e risposta della Parrocchia, p. 4).
Ciò premesso, quanto al titolo di responsabilità cui possono essere chiamati a rispondere i convenuti enti ecclesiastici, deve preliminarmente escludersi la responsabilità diretta ex art. 2043 c.c. invocata dagli attori in ragione del dedotto rapporto di immedesimazione organica intercorrente fra vicario parrocchiale e Parrocchia o Diocesi. Difetta infatti in capo al sacerdote cooperatore del parroco la qualifica di "organo" idonea a fondare detta responsabilità, dovendosi intendere come organo la persona che ha il potere di compiere atti giuridici vincolanti per l'ente. Poiché gli organi e la definizione delle loro competenze sono individuati dalle norme organizzative interne di un ente o di un'organizzazione, non si rinvengono nell'ordinamento di diritto canonico norme che allochino in capo al vicario parrocchiale poteri e funzioni tali da poterlo definire vero e proprio "organo" dell'organizzazione per cui svolge la propria opera.
Si ritiene invece sussistente la responsabilità degli enti ecclesiastici convenuti ai sensi dell'art. 2049 c.c.
Notoriamente la responsabilità del preponente per il fatto illecito del preposto si configura alla ricorrenza di tre requisiti: a) il fatto illecito commesso dal preposto o commesso; b) il rapporto di "preposizione"; c) il nesso di occasionalità necessaria fra fatto illecito e incombenze svolte su incarico del preponente. La responsabilità del preponente è di tipo oggettivo, in quanto prescinde da profili di colpa, dovendosi in definitiva affermare ogni qual volta vi sia un rapporto di preposizione fra autore dell'illecito e preponente e l'illecito sia stato commesso nell'ambito dell'incarico affidato al preposto. L'onere probatorio in ordine a tutti i detti requisiti ricade sugli attori danneggiati.
Tutti i citati presupposti sono riscontrabili nella specie.
Quanto al fatto illecito essa va ritenuto come definitivamente accertato secondo quanto esposto sub V.
Quanto al rapporto di preposizione, esso deve affermarsi come sussistente fra vicario parrocchiale e la Parrocchia nonché fra lo stesso e la Diocesi.
Per consolidata giurisprudenza il rapporto tra autore del fatto e responsabile indiretto idoneo a fondare la responsabilità ex art. 2049 c.c. non è solo quello di lavoro subordinato né più in generale un rapporto giuridico tipico, bensì è il rapporto definito di "preposizione", la cui sussistenza, da valutarsi dal giudice caso per caso, deve riconoscersi ogni qual volta le caratteristiche del rapporto siano tali da configurare l'attività del preposto come strumentale rispetto all'utilizzazione che ne fa il preponente. A tale proposito non rileva né la sussistenza di un rapporto contrattuale, essendo sufficiente l'esplicazione da parte di un soggetto di un'attività per conto dell'altro, il quale conservi poteri di direzione o di sorveglianza, né la continuità o l'onerosità del rapporto stesso (cfr. Cass. Civ. Sez. 1, n. 2734 del 22.3.1994: "L'art. 2049 cod. civ., assimilando la posizione del "padrone" a quella del "committente", e poi accomunandoli, per effetto di presunzione di colpa "in eligendo" o "in vigilando", nella responsabilità per il danno arrecato dal domestico o dal commesso nell'esercizio delle incombenze loro affidate, prescinde dalla continuità dell'incarico, nonché dal formalizzarsi di esso in contratti di lavoro, di collaborazione, o simili, mentre considera sufficiente che il contegno integrante illecito sia stato reso possibile o comunque agevolato dalla attività od anche dal solo atto demandato e poi compiuto sotto il potere di controllo del delegante").
A capo degli enti ecclesiastici convenuti vi sono il parroco e il Vescovo, ai quali il diritto canonico attribuisce determinati poteri-doveri di direzione, vigilanza e controllo sull'ente cui sono a capo e sui chierici che svolgono la loro opera ali Intero di esso.
In particolare il diritto canonico pone in capo al Vescovo, che rappresenta l'autorità religiosa al vertice della Diocesi, pregnanti doveri di vigilanza, controllo e direzione di tutta la diocesi, comprese le Parrocchie all'interno di essa costituite, facendo a lui capo l'amministrazione e la cura pastorale di tutta la Diocesi (cfr. can. 381 par. 1 sulla potestà esercitata dal Vescovo nello svolgimento del suo ufficio pastorale nella diocesi; can. 515 par. 1, can. 519 par. 1 e can. Can. 528 par. 1 sull'autorità esercitata dal Vescovo nella direzione della Parrocchia, can. 515 par.2 sulla facoltà di erezione, soppressione o modifica delle Parrocchie; can. 521, 523 e 524 sul potere di nomina del parroco e di determinazione dei criteri per l'individuazione del titolale del detto ufficio; can. 533 par. 3 sulla facoltà di nomina di un vicario parrocchiale durante l'assenza del parroco, can. 536 par. 1 sulla facoltà di istituire un Consiglio Pastorale, can. 547 e 548 sul potere di nomina dei vicari parrocchiali e sulla definizione delle loro funzioni; can. 392 par. 2 sulla vigilanza contro gli abusi nella disciplina ecclesiastica e can. 399 par. 1 sull'obbligo del Vescovo di relazionare ogni cinque anni al Sommo Pontefice sullo stato della Diocesi affidatagli).
Sul Vescovo gravano inoltre obblighi di cura dei fedeli che gli sono affidati (can. 383 par. 1) e di guida dei presbiteri operanti all'interno della sua Diocesi (can. 384 par. 1). A detti obblighi si accompagna anche un potere di rimozione del parroco (can. 538 par. 1), del vicario parrocchiale e del cappellano (can. 552 e 572).
Il parroco invece, nominato dal Vescovo, è a capo della Parrocchia, di cui prende in calicò la cura pastorale sotto l'autorità del Vescovo, e la rappresenta anche in tutti i negozi giuridici (can. 515 par. 1, 519 e 532). Anche sul parroco gravano poteri di vigilanza sulla Parrocchia affinché non si insinuino abusi (can. 528 par. 2).
Il diritto canonico disciplina espressamente anche la figura dei vicari parrocchiali e dei cappellani (can. 545-552 e 564-572).
Il vicario parrocchiale, nominato dal Vescovo (can. 547), si affianca al parroco quale suo cooperatore, con cui programma attività ed iniziative (can. 545 par. 1). L'attività del vicario parrocchiale, cui possono essere affidati anche compiti specifici di cura di un determinato gruppo di fedeli, si svolge in ogni caso sotto l'autorità del parroco (can. 545 par. 1 e 2).
Il diritto canonico menziona inoltre la sussistenza di obblighi in capo al vicario parrocchiale, definiti dal Vescovo all'atto della nomina e determinati in maniera più specifica dalle disposizioni del parroco (can. 548 par. 1). Ricadono in ogni caso sul vicario parrocchiale l'obbligo di aiutare il parroco in tutto il ministero parrocchiale, di riferire regolarmente ad esso le iniziative programmate e in atto e di risiedere nella parrocchia.
Emerge dalla lettura critica delle succitate norme di diritto canonico che siffatto rapporto di "preposizione" fra vicario parrocchiale e Parrocchia, nonché fra il vicario e la Diocesi, è nella specie senz'altro sussistente: Don C. veniva incaricato vicario parrocchiale dal Vescovo, e, in esecuzione di tale incarico, agiva in conformità alle disposizioni per lui specificamente determinate dal parroco, che gli attribuiva il compito di attendere all'educazione pastorale dei giovani. Tali funzioni venivano in ogni caso svolte sotto la vigilanza e l'autorità esercitate sia del parroco che del Vescovo in ragione dei poteri-doveri ad essi attribuiti dal diritto canonico.
Nemmeno può obiettarsi che detto rapporto di preposizione sia rinvenibile esclusivamente nelle organizzazioni di tipo aziendale, e non all'interno di un ordine religioso, essendo evidente che i sacerdoti preposti alla cura pastorale e all'educazione religiosa della comunità territoriale della Diocesi agiscono, sotto la direzione e la vigilanza del solo Vescovo o congiunta del Vescovo e del parroco, in esecuzione del mandato canonico loro affidato e per perseguire scopi non meramente personali, bensì propri dell'ente cui appartengono.
In definitiva attraverso la loro attività l'ente ecclesiastico raggiunge i fedeli, così realizzando gli scopi pastorali immanenti all'ente stesso. L'attività dei sacerdoti in tale contesto non può pertanto che ritenersi "strumentale" rispetto alle finalità dell'ente di appartenenza.
Quanto al requisito dell'occasionalità necessaria fra incombenze e fatto dannoso, esso viene ritenuto sussistente dalla giurisprudenza di legittimità allorché le mansioni affidate abbiano reso possibile o comunque agevolato il comportamento produttivo del danno, restando irrilevante che tale comportamento abbia esorbitato dai limiti delle incombenze o mansioni affidate al preposto (ex plurimis, v. Cass. Civ. Sez. III, 11 agosto 1988, n. 4927). In presenza di siffatto nesso, la responsabilità del preponente non rimane esclusa nemmeno laddove il preposto abbia agito con dolo.
Deve ritenersi che le mansioni svolte da don C. presso la Parrocchia, nell'esecuzione dell'incarico di vicario parrocchiale conferitogli dal Vescovo e nello svolgimento delle specifiche funzioni di istruzione religiosa dei giovani attribuitegli dal parroco don P., abbiano senz'altro agevolato il comportamento illecito, nella specie il fatto reato, del convenuto. L'incontro con l'allora minore L.C. e l'adescamento della stessa non può che ritenersi essere stato agevolato, se non addirittura reso possibile, dalle mansioni che egli svolgeva presso la Parrocchia. La minore infatti frequentava la Parrocchia in occasione dei corsi di catechismo, quindi in un contesto di formazione ed educazione religiosa promosso da Diocesi e Parrocchia.
Poiché preposto al coordinamento e all'organizzazione dei corsi di catechismo era lo stesso convenuto don C., risulta allora evidente il nesso di occasionante necessaria fra le incombenze da egli stesso esercitate (istruzione religiosa dei minori, cura dei corsi) ed il fatto-reato, nel senso che le prime hanno quanto meno agevolato, "occasionato", la commissione del secondo.
Non solo. Il canonico, trovandosi in pressoché costante contatto coi minori, è venuto a conoscenza della vittima proprio in ragione dell'attività da egli prestata. La relativa assiduità con cui la stessa frequentava la Parrocchia per attendere ai corsi ha altresì agevolato l'instaurazione di un rapporto sempre più intimo e confidenziale con la minore, agevolando quel crescendo di violenza, con cui i turpi abusi sessuali a danno della giovane, come accertati nella sentenza penale della Corte d'Appello, sono stati posti in essere.
Si osservi inoltre che la giurisprudenza di legittimità si riferisce, relativamente alla definizione del concetto di occasionalità necessaria, alla commissione dell'illecito da parte del preposto con "sfruttamento" dei compiti ad egli affidati (cfr. Cass. Pen. sez. VI, n. 17049 del 3.5.2011), circostanza che è senz'altro riscontrabile nella specie: il convenuto, sfruttando le incombenze di educatore pastorale dei giovani ad egli affidate, ha approfittato delle occasioni di incontro fra egli e la minore, nonché dell'affidamento e del timore che la minore riponeva nella sua figura, potendo peraltro protrarsi la commissione dell'illecito, nei locali della stessa Parrocchia, per un tempo di eccezionale durata (dal 1989 al 1994).
Numerose sono infine le precedenti affermazioni di responsabilità civile del preponente (Ministero della Pubblica Istruzione, Assessorato Regionale alla Pubblica Istruzione o enti di diritto privato quali cooperative onlus) nell'analogo caso di abusi sessuali commessi dagli insegnanti in danno degli alunni o dalle maestre educatrici di scuola materna o d'asilo nido in danno dei bambini frequentanti l'istituto (v. per questi casi Cass. Pen. Sez. Ili, n. 33562 dell'11.6.2003; Cass. Pen. Sez. III, n. 36503 del 2.7.2003; Cass. Pen. Sez. VI, n. 17049 del 14.4.2011).
Ritenuta per le ragioni sopra esposte sussistente la responsabilità solidale dei convenuti enti ecclesiastici ai sensi dell'art. 2049 ce, essi devono essere condannati a corrispondere agli attori, in solido con l'autore materiale del fatto illecito, quanto questi è stato condannato a risarcire ad essi attori-danneggiati con la sentenza n. 63/08 dep. il 15.7.2008 della Corte d'Appello di Trento - Sezione Distaccata di Bolzano, come confermata per le statuizioni civili dalla sentenza della Suprema Corte di Cassazione n. 17846/09.
La richiesta di pagamento delle spese legali di costituzione di palle civile sostenute dagli odierni attori nei procedimenti penali de quibus non può invece essere accolta, non essendo dette spese equiparabili ad un "danno", inteso quale conseguenza immediata e diretta dell'illecito ai sensi degli artt. 2056 e 1223 c.c.
Quanto alla chiesta corresponsione della rivalutazione monetaria, si osservi che l'importo liquidato dalla Corte d'Appello a titolo di risarcimento del danno è già comprensivo della rivalutazione monetaria e degli interessi fino alla data della sentenza, e che detta statuizione è stata confermata dalla Corte Suprema di Cassazione.
Poiché dal momento del passaggio in giudicato sul quantum l'obbligazione di valore si trasforma in obbligazione di valuta, con la conseguente applicazione delle regole di all'art. 1224 ce, non può essere riconosciuta, in difetto specifica allegazione e prova circa la passaggio in giudicato della sentenza della Suprema Corte, ma solo gli interessi moratori - nella misura del tasso legale - decorrenti dalla pubblicazione della pronuncia sino al saldo.
VII. Dell'accertamento dei danni patrimoniali successivi alla sentenza della Corte d'Appello di Trento - Sezione Distaccata di Bolzano n. 63/08 del 16.4.2008
Per quanto concerne la dedotta sussistenza di danni patrimoniali sorti successivamente alla pronuncia della sentenza della Corte d'Appello n. 63/08, è necessario disporre il prosieguo della presente controversia, con rimessione della stessa in istruttoria, al fine di accertare la sussistenza dei detti danni nell'cm e nel quantum debeatur.
In ordine alle spese di lite si provvedere con la sentenza che definirà il presente procedimento.
PQM
P.Q.M.
Il Tribunale di Bolzano, parzialmente pronunciando,
accerta e dichiara
la responsabilità civile ex art. 2049 c.c. degli enti ecclesiastici Diocesi di Bolzano e Bressanone e Parrocchia di S. Pio X di Bolzano, in solido con il convenuto C.G., per il fatto illecito commesso dal vicario parrocchiale C.G., come definitivamente accertato dalle sentenze della Corte d'Appello di Trento - Sezione Distaccata di Bolzano n. 63/08 del 16.4.2008 dep. il 15.7.2008 e della Corte Suprema di Cassazione n. 17846/2009 del 19.3.2009 dep. il 28.4.2009 e per l'effetto
condanna
la Diocesi di Bolzano e Bressanone e la Parrocchia di S. Pio X di Bolzano, in solido fra loro, al risarcimento:
- in favore di C.L. del danno non patrimoniale liquidato nella misura di euro 500.000,00, oltre agli interessi legali dalla data della pubblicazione della sentenza della Corte d'Appello di Trento-Sezione Distaccata di Bolzano n. 63/08 sino al saldo;
- in favore di C.P. del danno non patrimoniale liquidato nella misura di euro 100.000,00, oltre agli interessi legali dalla data della pubblicazione della sentenza della Corte d'Appello di Trento-Sezione Distaccata di Bolzano n. 63/08 sino al saldo;
- in favore di M. L. in C. del danno non patrimoniale liquidato nella misura di euro 100.000,00, oltre agli interessi legali dalla data della pubblicazione della sentenza della Corte d'Appello di Trento-Sezione Distaccata di Bolzano n. 63/08 sino al saldo.
Così deciso in Bolzano, lì 21.8.2013