La congruità dello scambio contrattuale;
La risoluzione del contratto per eccessiva onerosità
sopravvenuta.
Danno non patrimoniale e diritti dell'uomo
Anatocismo e Usura
Confisca e conflitti di diritti
1) Danno non patrimoniale e diritti dell'uomo: fonti del
diritto
L'entrata in vigore del nuovo art. 117 Cost. consente una
rilettura delle norme CEDU all'interno delle fonti del diritto. La
Corte europea dei diritti dell'uomo ha riconosciuto meritevoli di
tutela risarcitoria, ai sensi dell'art. 8, comma 1°, della legge 4
agosto 1955, n. 848 di ratifica ed esecuzione della Convenzione per
la salvaguardia dei diritti dell'uomo e della libertà fondamentali,
i pregiudizi consistenti in disagi, fastidi, disappunti,
umiliazioni, ansie ed in ogni altro tipo di insoddisfazione. Ne
deriva che, in forza della predetta norma della CEDU, così come
interpretata dalla Corte di Strasburgo, i suddetti pregiudizi alla
persona sono costituzionalmente tutelati ai sensi dell'art. 117,
comma 1°, Cost., e pertanto l'art. 2059 c.c., così come
interpretato dalle S.U. del 2008, è costituzionalmente illegittimo.
La suddetta norma CEDU, tra l'altro, è pienamente conforme alle
altre inviolabili norme costituzionali, dato che dagli artt. 2 e 3
della Cost. si desume una rilevanza della persona umana da
proteggere in tutti i suoi aspetti. Orbene, poiché l'art. 2059
c.c., così come recentemente interpretato, frappone un ostacolo
alla protezione piena dei suddetti valori e/o interessi di rango
costituzionale inerenti alla persona, i giudici dovranno sollevare
davanti alla Corte costituzionale il giudizio di costituzionalità
di quella norma. L'art. 2059 c.c., infatti, alla luce del nuovo
diritto vivente di cui alle sentenze delle Sezioni unite del
novembre 2008, crea illegittime ed irragionevoli limitazioni
risarcitorie al danno non patrimoniale, in contrasto sia con gli
artt. 2, 3 e 32 Cost. sia con l'art. 117, comma 1°, Cost e 8, comma
1°, considerata la legge 4 agosto 1955, n. 848 di ratifica ed
esecuzione della Convenzione per la salvaguardia dei diritti
dell'uomo e della libertà fondamentali, così come interpretata
dalla Corte di Strasburgo. Se il legislatore nazionale deve, a
norma dell'art. 117 Cost., esercitare la potestà legislativa «nel
rispetto dei vincoli internazionali», a maggior ragione dovrà
rispettare tali vincoli, l'Autorità giudiziaria, cui non è certo
dato di statuire ciò che neppure il legislatore può statuire.
L'art. 2059 c.c., dunque, se letto alla luce dei principi di
diritto enunciati delle Sezioni unite del 2008, risulta essere
costituzionalmente illegittimo. Allo stato non resta che
l'alternativa tra la suddetta questione di legittimità
costituzionale e l'interpretazione costituzionalmente orientata
dell'art. 2059 c.c., sia alla luce del diritto vivente recepito
della Corte costituzionale l'11 luglio 2003, n. 233, sia e
soprattutto alla luce del rango Costituzionale cui, come deciso
dalle citate sentenze della Corte Costituzionale del 24 ottobre
2007, sono assurti i principi enunciati dalla Convenzione europea
dei diritti dell'uomo .
2) Anatocismo e Usura:
Si pone
una questione di legittimità costituzionale dell'art. 120, comma
2°, Testo unico bancario, così come
introdotto dall'art. 25, comma 2°, del d. lgs. 4 agosto 1999, n.
342, attuativo della legge delega 24 aprile 1998 n. 128, art. 1,
comma 5°, e 19 febbraio 1992, n. 142, art. 25, comma 1°, lett.
e), nella parte in cui si legittima l'anatocismo.
La
suddetta questione non è stata assolutamente esaminata dalla Corte
Costituzionale, con la sentenza Corte
cost., 12 ottobre 2007, n. 341, Rel. Napoletano, la quale si
è solo pronunciata sulla questione di legittimità costituzionale
della legge
delegata, ed in
particolare sull'eccesso di
delega del decreto legislativo 4 agosto 1999, n. 342, art. 25,
comma 2°, così come sollevato dal Tribunale di Catania (cfr. Trib. Catania, ord. 4 agosto 2006,
G.U. Curro, in Banca, borsa
e tit. cred., 2006, II, p. 220).
Il
Tribunale di Catania, infatti, non ha sollevato la questione di
legittimità costituzionale della legge delega e pertanto si potrà
senza alcun limite sollevare questione di legittimità
costituzionale dell'art. 1, comma 5°, della legge 24 aprile 1998 n.
128, e dell'art. 25, comma 1°, lett. e), della legge 19 febbraio
1992, n. 142, nella parte in cui autorizzerebbero il legislatore
delegato a legittimare l'anatocismo, per evidente genericità ed
indeterminatezza della legge delega che, quale fonte
direttamente produttiva di norme giuridiche, è autonomamente
soggetta al sindacato di legittimità costituzionale (cfr. Corte cost., 4 maggio 1990, n. 224, in
Foro it., 1991, I,
2024).
Il legislatore ha preso atto della illegittimità costituzionale dell’art. 120, comma 2°, TUB, e quindi, con una evidente norma di interpretazione autentica, avente efficacia retroattiva, ha chiaramente stabilito, in linea con l’art. 1283 c.c., che gli interessi periodicamente capitalizzati non possono produrre interessi ulteriori.
Il recente art. 120, comma 2°, TUB, sostituito dall’art. 1, comma 629, L. 27 dicembre 2013, n. 147, considera illegittimo ogni anatocismo rendendo applicabile anche ai rapporti bancari la norma generale dell’art. 1283 c.c. e pertanto risulta ab origine illegittimo l’anatocismo praticato dalle banche.
A seguito dell’entrata in vigore dell’art. 120, comma 2°, TUB, quale legge interpretativa, la previgente disposizione è stata abrogata in funzione di una interpretazione autentica adeguatrice e costituzionalmente orientata. Per non creare una evidente discriminazione e disparità di trattamento tra situazioni equiparabili in violazione dell’art. 3 Cost. e 117, comma 1°, Cost., con riferimento alle norme CEDU, si potrà chiede ai Tribunale, in via principale, di disapplicare la vecchia disposizione abrogata dell’art. 120, comma 2°, TUB, ed applicare comunque l’art. 1283 c.c. che disciplina da sempre l’illegittimità dell’anatocismo, conformemente al recente art. 120, comma 2°, TUB.
In via subordinata si potrà sollevare la questione di legittimità costituzionale del previgente art. 120, comma 2°, TUB, per i motivi di cui sopra, nonché per la evidente ed irragionevole disparità di trattamento tra due situazioni equiparabili e con altrettanto inammissibile ed irragionevole configurazione della nullità ad intermittenza tra il periodo precedente al 22 aprile 2000 (data di entrata in vigore dell’abrogata delibera C.I.C.R. del 9 febbraio 2000), ed il periodo successivo all’entrata in vigore del recente art. 120, comma 2°, TUB, di cui all’art. 1, comma 629, L. 27 dicembre 2013, n. 147.