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Angelo Riccio

Professore associato

Dipartimento di Scienze Giuridiche

Settore scientifico disciplinare: IUS/01 DIRITTO PRIVATO

Temi di ricerca

Parole chiave: eccessiva onerosità sopravvenuta danno fonti del diritto diritti dell'uomo confisca e conflitti di diritti giustizia contrattuale

La congruità dello scambio contrattuale;

La risoluzione del contratto per eccessiva onerosità sopravvenuta.

Danno non patrimoniale e diritti dell'uomo

Anatocismo e Usura

Confisca e conflitti di diritti



1) Danno non patrimoniale e diritti dell'uomo: fonti del diritto

L'entrata in vigore del nuovo art. 117 Cost. consente una rilettura delle norme CEDU all'interno delle fonti del diritto. La Corte europea dei diritti dell'uomo ha riconosciuto meritevoli di tutela risarcitoria, ai sensi dell'art. 8, comma 1°, della legge 4 agosto 1955, n. 848 di ratifica ed esecuzione della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e della libertà fondamentali, i pregiudizi consistenti in disagi, fastidi, disappunti, umiliazioni, ansie ed in ogni altro tipo di insoddisfazione. Ne deriva che, in forza della predetta norma della CEDU, così come interpretata dalla Corte di Strasburgo, i suddetti pregiudizi alla persona sono costituzionalmente tutelati ai sensi dell'art. 117, comma 1°, Cost., e pertanto l'art. 2059 c.c., così come interpretato dalle S.U. del 2008, è costituzionalmente illegittimo. La suddetta norma CEDU, tra l'altro, è pienamente conforme alle altre inviolabili norme costituzionali, dato che dagli artt. 2 e 3 della Cost. si desume una rilevanza della persona umana da proteggere in tutti i suoi aspetti. Orbene, poiché l'art. 2059 c.c., così come recentemente interpretato, frappone un ostacolo alla protezione piena dei suddetti valori e/o interessi di rango costituzionale inerenti alla persona, i giudici dovranno sollevare davanti alla Corte costituzionale il giudizio di costituzionalità di quella norma. L'art. 2059 c.c., infatti, alla luce del nuovo diritto vivente di cui alle sentenze delle Sezioni unite del novembre 2008, crea illegittime ed irragionevoli limitazioni risarcitorie al danno non patrimoniale, in contrasto sia con gli artt. 2, 3 e 32 Cost. sia con l'art. 117, comma 1°, Cost e 8, comma 1°, considerata la legge 4 agosto 1955, n. 848 di ratifica ed esecuzione della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e della libertà fondamentali, così come interpretata dalla Corte di Strasburgo. Se il legislatore nazionale deve, a norma dell'art. 117 Cost., esercitare la potestà legislativa «nel rispetto dei vincoli internazionali», a maggior ragione dovrà rispettare tali vincoli, l'Autorità giudiziaria, cui non è certo dato di statuire ciò che neppure il legislatore può statuire. L'art. 2059 c.c., dunque, se letto alla luce dei principi di diritto enunciati delle Sezioni unite del 2008, risulta essere costituzionalmente illegittimo. Allo stato non resta che l'alternativa tra la suddetta questione di legittimità costituzionale e l'interpretazione costituzionalmente orientata dell'art. 2059 c.c., sia alla luce del diritto vivente recepito della Corte costituzionale l'11 luglio 2003, n. 233, sia e soprattutto alla luce del rango Costituzionale cui, come deciso dalle citate sentenze della Corte Costituzionale del 24 ottobre 2007, sono assurti i principi enunciati dalla Convenzione europea dei diritti dell'uomo .

2) Anatocismo e Usura:

Si pone una questione di legittimità costituzionale dell'art. 120, comma 2°, Testo unico bancario, così come introdotto dall'art. 25, comma 2°, del d. lgs. 4 agosto 1999, n. 342, attuativo della legge delega 24 aprile 1998 n. 128, art. 1, comma 5°, e 19 febbraio 1992, n. 142, art. 25, comma 1°, lett. e), nella parte in cui si legittima l'anatocismo.

La suddetta questione non è stata assolutamente esaminata dalla Corte Costituzionale, con la sentenza Corte cost., 12 ottobre 2007, n. 341, Rel. Napoletano, la quale si è solo pronunciata sulla questione di legittimità costituzionale della legge delegata, ed in particolare sull'eccesso di delega del decreto legislativo 4 agosto 1999, n. 342, art. 25, comma 2°, così come sollevato dal Tribunale di Catania (cfr. Trib. Catania, ord. 4 agosto 2006, G.U. Curro, in Banca, borsa e tit. cred., 2006, II, p. 220).

Il Tribunale di Catania, infatti, non ha sollevato la questione di legittimità costituzionale della legge delega e pertanto si potrà senza alcun limite sollevare questione di legittimità costituzionale dell'art. 1, comma 5°, della legge 24 aprile 1998 n. 128, e dell'art. 25, comma 1°, lett. e), della legge 19 febbraio 1992, n. 142, nella parte in cui autorizzerebbero il legislatore delegato a legittimare l'anatocismo, per evidente genericità ed indeterminatezza della legge delega che, quale fonte direttamente produttiva di norme giuridiche, è autonomamente soggetta al sindacato di legittimità costituzionale (cfr. Corte cost., 4 maggio 1990, n. 224, in Foro it., 1991, I, 2024).

Il legislatore ha preso atto della illegittimità costituzionale dell’art. 120, comma 2°, TUB, e quindi, con una evidente norma di interpretazione autentica, avente efficacia retroattiva, ha chiaramente stabilito, in linea con l’art. 1283 c.c., che gli interessi periodicamente capitalizzati non possono produrre interessi ulteriori.

Il recente art. 120, comma 2°, TUB, sostituito dall’art. 1, comma 629, L. 27 dicembre 2013, n. 147, considera illegittimo ogni anatocismo rendendo applicabile anche ai rapporti bancari la norma generale dell’art. 1283 c.c. e pertanto risulta ab origine illegittimo l’anatocismo praticato dalle banche.

A seguito dell’entrata in vigore dell’art. 120, comma 2°, TUB, quale legge interpretativa, la previgente disposizione è stata abrogata in funzione di una interpretazione autentica adeguatrice e costituzionalmente orientata. Per non creare una evidente discriminazione e disparità di trattamento tra situazioni equiparabili in violazione dell’art. 3 Cost. e 117, comma 1°, Cost., con riferimento alle norme CEDU, si potrà chiede ai Tribunale, in via principale, di disapplicare la vecchia disposizione abrogata dell’art. 120, comma 2°, TUB, ed applicare comunque l’art. 1283 c.c. che disciplina da sempre l’illegittimità dell’anatocismo, conformemente al recente art. 120, comma 2°, TUB.

In via subordinata si potrà sollevare la questione di legittimità costituzionale del previgente art. 120, comma 2°, TUB, per i motivi di cui sopra, nonché per la evidente ed irragionevole disparità di trattamento tra due situazioni equiparabili e con altrettanto inammissibile ed irragionevole configurazione della nullità ad intermittenza tra il periodo precedente al 22 aprile 2000 (data di entrata in vigore dell’abrogata delibera C.I.C.R. del 9 febbraio 2000), ed il periodo successivo all’entrata in vigore del recente art. 120, comma 2°, TUB, di cui all’art. 1, comma 629, L. 27 dicembre 2013, n. 147.