- Studio delle cause del decremento della produttività
forestalein boschi maturi e vetusti
- Effetti delle deposizioni atmosferiche di azoto sul bilancio
del carbonio delle foreste
- Relazioni idriche degli alberi forestali
- Analisi dendroecologica della risposta di lungo termine ai
fattori di disturbo: effetti dell'erosione costiera
- Misura e modellizzazione degli scambi gassosi della
foresta
- Modellizzazione su base funzionale della crescita di lungo
termine e della sua risposta all'ambiente ed al cambiamento
climatico
- Telerilevamento dello stato funzionale di coperture
forestali
- Produzione di biomasse legnose da colture forestali
specializzate
- Gestione sostenibile dei boschi appenninici
La mia attività scientifica ha sempre ruotato intorno allo studio
delle basi funzionali della crescita del bosco, nella convinzione
che solo la comprensione dei processi ecologici possa garantire la
sostenibilità della gestione selvicolturale di una risorsa potenzialmente rinnovabile
come il bosco.
Nell'ambito di questo orizzonte generale di riferimento, le mie
ricerche si sono articolate su più scale, dall'autoecologia allo
studio dei cicli biogeochimici, spaziando dalle indagini sulle
relazioni idriche a livello di tessuto e di singola pianta, alla
misura e modellizzazione degli scambi gassosi fogliari, al
telerilevamento dello stato funzionale di coperture forestali, allo
studio delle basi ecologiche del decremento della produttività nei
boschi maturi e vetusti, all'analisi e modellizzazione su base
funzionale dei processi di crescita e di fissazione del carbonio e
della loro risposta all'ambiente, allo studio degli effetti del
cambiamento climatico e delle deposizioni atmosferiche di azoto,
all'analisi dendroecologica delle dinamiche di crescita dei boschi e
della loro risposta ai fattori di disturbo.
Nelle mie ricerche ho spesso impiegato modelli matematici di
simulazione per combinare le conoscenze ecofisiologiche di
dettaglio in una visione complessiva della pianta e del bosco, che
tenesse debitamente conto delle proprietà emergenti del sistema, e
per estrapolare i risultati alle scale temporali tipiche dei
processi forestali.
Dopo la chiamata all'Università di Bologna è stata infine mia
cura affiancare a queste ricerche selvicolturali ed ecologiche
anche attività di sperimentazione in campo e di monitoraggio e
formazione, così da continuare quell'opera preziosa di servizio al
territorio che da sempre ha caratterizzato il Gruppo di
Selvicoltura ed Ecologia Forestale dell'Università di Bologna, fin
dalla sua creazione ad opera del Prof. Umberto Bagnaresi.
Le principali tematiche di ricerca da me affrontate verranno
di seguito tratteggiate brevemente.
Studio delle cause
del decremento della produttività
forestalein boschi maturi e
vetusti
Benché noto da tempo a tutti i forestali, il fenomeno del
declino con l'età della produttività forestale non ha ancora
trovato una spiegazione soddisfacente. Numerose ipotesi ecologiche
suggeriscono un ruolo della respirazione, delle limitazioni
nutrizionali e delle limitazioni idrauliche derivanti dall'aumento
di resistenza idraulica al crescere della pianta. Una recente
ri-analisi dell'evidenza scientifica derivante da oltre un secolo
di ricerche dimostra come gli effetti dell'altezza delle piante non
siano compensati dalle dinamiche con l'età delle caratteristiche
anatomiche delle piante, così che altre strategie debbono essere
messe in atto per mantenere i tessuti ben idratati nonostante
l'altezza sempre crescente, così come dimostrato in un recente
studio attraverso l'integrazione di misure dendrologiche, analisi
isotopiche e misure ecofisiologiche di dettaglio
Oltre a ridurre gli scambi gassosi della pianta, tali limitazioni
idrauliche paiono indurre una modificazione nella allometria
funzionale della pianta, alterando il rapporto fra area fogliare e
tessuti di trasporto, tanto nel fusto quanto nelle radici. Una
nuova ipotesi da me proposta e validata con successo in
Pinus sylvestris
suggerisce che questo possa essere legato alla capacità della
pianta di massimizzare la crescita entro limiti imposti dal rischio
di embolismo xilematico dilagante. L'evoluzione con l'età della
struttura dei popolamenti forestali, al contrario, non bastano a
spiegare le dinamiche di crescita del bosco, contrariamente a
quanto da alcuni suggerito.
Vale la pena infine di sottolineare come la comprensione delle basi
funzionali dell'invecchiamento del bosco permetta di prevedere
anche gli effetti degli cambiamenti climatici di lungo periodo
sulle dinamiche di crescita degli alberi forestali, quale
fondamento per una corretta gestione forestale adattativa.
Effetti delle deposizioni
atmosferiche di azoto sul bilancio del carbonio delle
foreste
La disponibilità di nutrienti costituisce un altro fattore
limitante per la crescita delle piante e del bosco, e di
conseguenza per la capacità degli ecosistemi forestali di
immagazzinare carbonio atmosferico e di contrastare quindi l'atteso
cambiamento climatico. L'azoto, in particolare, costituisce il
principale macro-nutriente limitante per le foreste boreali e
temperate, così come per le foreste secondarie tropicali.
È stato pertanto suggerito che le deposizioni atmosferiche di
azoto, conseguenza ultima delle emissioni antropiche da agricoltura
e combustibili fossili, possano spiegare la capacità di fissazione
di carbonio degli ecosistemi terrestri. Una recente ri-analisi di
un vasto numero di sistemi forestali boreali e temperati ha fornito
la prima prova sperimentale di tale ipotesi, mostrando come, quando
gli effetti dell'età siano stati debitamente considerati, le
deposizioni di azoto siano in larga misura responsabili della
capacità di fissazione netta di carbonio degli ecosistemi forestali
. Il vivace dibattito che è seguito alla pubblicazione di questi
risultati sta contribuendo a meglio chiarire le
basi funzionali del funzionamento degli ecosistemi forestali,
nonché il ruolo ambivalente dell'inquinamento atmosferico e di
altre componenti del cambiamento globale .
Relazioni idriche
degli alberi forestali
Più ancora che dalla disponibilità di
nutrienti, la funzionalità e la crescita delle foreste in area
mediterranea sono limitate dalla ridotta disponibilità idrica e
dalla risposta di lungo termine degli alberi all'aridità
. Un importante filone di ricerca ha pertanto riguardato
la vulnerabilità degli alberi forestali alla siccità, attraverso la
manipolazione della disponibilità idrica nel corso della stagione e
studiando gli effetti tanto sulla funzionalità (conduttanza
stomatica e del mesofillo, conduttanza idraulica, embolismo
xilematico) quanto sulla crescita delle piante. Sono state in
particolare messe a confronto tre specie del genere Pinus tipiche di ambienti
contrastanti (P.
halepensis , P.
laricio , P.
sylvestris ). Nel caso del P. laricio, in particolare,
il trattamento è durato tre anni al fine di esplorare i processi di
acclimatazione della pianta, caratterizzati da dinamiche
particolarmente lente nelle piante forestali.
Lo stesso approccio manipolativo a
livello di intero ecosistema è stato applicato di recente ad un
popolamento di Arbutus
unedo, specie tipicamente mediterranea, permettendo di meglio
comprendere i meccanismi di risposta di lungo termine a livello di
pianta e di intero ecosistema.
Lo studio delle dinamiche stagionali degli stessi parametri
ecofisiologici in Fagus
sylvatica, una importante specie del bioma temperato, ha messo
in risalto la diversa strategia di risposta posta in atto da questa
specie tipicamente mesofila, ed in particolare la sua elevata
vulnerabilità all'embolismo xilematico in condizioni di ridotta
piovosità .
Ad un livello di dettaglio ancora maggiore, un secondo filone di
ricerca ha preso in considerazione le relazioni idriche e la
risposta all'aridità di semenzali allevati in vaso, al fine di
comprendere le basi del successo della rinnovazione in bosco.
Particolare attenzione è stata dedicata a tre aspetti ancora non
sufficientemente esplorati: le caratteristiche funzionali delle
radici fini nell'assorbimento dell'acqua, il controllo stomatico
della traspirazione e le basi funzionali dei processi di
foto-protezione, che attraverso la dissipazione della luce in
eccesso permettono alle piante di superare gli eventi di aridità
tipici del clima mediterraneo senza danni permanenti agli apparati
fotosintetici .
Analisi
dendroecologica della risposta di lungo termine ai fattori di
disturbo: effetti dell'erosione
costiera
Oltre che da età, disponibilità di nutrienti e di acqua, la
crescita del bosco può essere localmente limitata da altri fattori
di disturbo; gli effetti di erosione costiera ed aerosol marini
sullo sviluppo dei boschi litoranei, ad esempio, sono stati
evidenziati da tempo. Nell'ambito di uno studio su pinete a P. pinaster su litorale
tirrenico, tecniche dendroecologiche, analisi isotopiche, misure
dendrometriche e strutturali e dati tele-rilevati sono stati
combinati per quantificare le dinamiche di lungo termine di tali
effetti, comprenderne i meccanismi di azione ed analizzare
l'interazione fra erosione e disponibilità idrica in ambiente
mediterraneo. L'analisi dendroecologica, in particolare, ha
permesso di evidenziare gli effetti benefici sulla crescita di
prolungati periodi con precipitazioni elevate, con importanti
implicazioni per la risposta dei boschi mediterranei al cambiamento
climatico, e di dimostrare l'interazione fra erosione e qualità
delle acque nella determinazione dell'intensità del
danno42.
Misura e
modellizzazione degli scambi gassosi della
foresta
Gli scambi gassosi del bosco costituiscono il fondamento
primo per tutti i processi di crescita e sono stati per questo
oggetto dei miei studi. Al fine di meglio comprendere l'uso
dell'acqua da parte del bosco ed i suoi effetti sulla crescita, ho
analizzato la risposta della traspirazione e della conduttanza di
copertura delle stesse specie attraverso misure termoelettriche di
flusso linfatico e metodi micro-meteorologici. Questi hanno messo
in evidenza la grande sensibilità di tutte le specie studiate
all'umidità dell'aria e del suolo , ma anche la capacità di
acclimatazione di lungo termine dei tassi massimi di traspirazione,
tale da compensare la riduzione di area fogliare in risposta
all'aridità.
I dati raccolti hanno anche permesso di sviluppare e confrontare
diversi modelli di controllo stomatico e ambientale della
traspirazione, evidenziando il ruolo prevalente svolto dalla
chiusura stomatica in risposta alla secchezza dell'aria nel
controllo della traspirazione anche in una latifoglia mesofila
quale il faggio, nonostante il limitato accoppiamento aerodinamico
tra chioma ed atmosfera.
Recenti studi in un bosco misto di neo-formazione nella Pianura
Padana hanno permesso di evidenziare inoltre il ruolo delle
limitazioni non stomatiche e della conduttanza del mesofillo (una
componente che sta ricevendo sempre maggior rilievo nella
letteratura internazionale) nella risposta all'aridità estiva delle
piante forestali. La capacità di fissazione del carbonio di questa
“Kyoto forest” di
pianura è stata inoltre quantificata attraverso l'integrazione di
misure a livello di foglia e di intero ecosistema attraverso
l'applicazione di modelli matematici a base funzionale, arrivando a
fornire utili indicazioni sul possibile ruolo dell'arboricoltura da
legno nel bilancio nazionale del carbonio.
Modellizzazione su
base funzionale della crescita di lungo termine e della sua
risposta all'ambiente ed al cambiamento
climatico
Al fine di fondere le conoscenza di dettaglio così ottenute in una
visione complessiva del bosco, ho fatto ampio ricorso nelle mie
ricerche a modelli matematici di simulazione. La modellizzazione
della funzionalità del bosco si basa in primo luogo su una corretta
comprensione dei processi di dettaglio coinvolti (fotosintesi,
respirazione, relazioni idriche, nutrizione minerale, allocazione,
mortalità, fenologia) e della loro risposta all'ambiente. Poiché il
tutto non è la mera somma delle parti, altrettanto importante è
comprendere come questi processi si combinino in un complesso
auto-organizzato, dando origine alle proprietà emergenti del
sistema, sia questo la pianta o l'ecosistema stesso.
Al fine di giungere ad una compiuta modellizzazione della
produttività forestale di lungo termine, la mia attenzione si è in
particolare concentrata sui processi di allocazione, fra i meno
compresi nel panorama dell'ecofisiologia forestale. La già
menzionata ipotesi di crescita ottimale e limitazioni idrauliche,
in particolare, ha permesso di spiegare non solo le dinamiche
legate all'età, ma anche la risposta dell'allocazione ai principali
fattori ambientali (temperatura, umidità dell'aria e del suolo). Il
modello risultante, debitamente validato anche contro dati di
scambi gassosi a livello di ecosistema, ha permesso di rendere
ragione della variabilità esistente a livello europeo nella
produttività di P.
sylvestris, mettendo in particolar modo in evidenza il ruolo
centrale giocato dall'allocazione al limite caldo dell'areale della
specie.
Infine, ho impiegato il modello per predire i futuri effetti sulla
produttività forestale dell'aumento della concentrazione
atmosferica di anidride carbonica e del cambiamento climatico
risultante, tanto su scala europea quanto più in dettaglio per le
foreste italiane. Quest'ultima analisi è risultata di particolare
interesse, mettendo in risalto la diversa risposta delle formazioni
montane e di quelle del piano basale. Queste ultime, in
particolare, a causa dell'aumentata temperatura ed
evapotraspirazione potenziale non trarrebbero giovamento dal
cambiamento previsto, ed al contrario potrebbero esserne
danneggiate.
Dopo oltre un decennio di sviluppo e messa a punto, questi modelli
a base funzionale dell'ecosistema possono ora essere utilmente
applicati per la predizione sia del bilancio del carbonio delle
foreste italiane (nell'ambito del progetto FISR CarboItaly,
finanziato congiuntamente dal Ministero dell'Ambiente e dal MIPAF)
sia della crescita dei boschi dell'Appennino Bolognese (nell'ambito
di un progetto finanziato dalla Fondazione Cassa di Risparmio in
Bologna).
Telerilevamento dello
stato funzionale di coperture forestali
L'analisi modellistica ad ampia scala ha messo in evidenza la
necessità di disporre di informazioni diffuse sulle caratteristiche
strutturali e funzionali delle foreste italiane ed europee, in
particolare sull'indice di area fogliare (espressione del grado di
chiusura delle chiome) e sulle potenzialità fotosintetiche delle
chiome (legate alla fertilità stazionale). Entrambi i parametri
possono essere derivati da dati multispettrali o iperspettrali
telerilevati, e verso questa nuova frontiera si è orientato
l'ultimo filone di ricerca da me esplorato. In particolare, ho
impiegato dati multispettrali da satellite per studiare gli effetti
dell'erosione marina sulle chiome delle pinete costiere lungo il
litorale toscano e sulla loro produttività. Ho inoltre condotto
accurate analisi in ambiente controllato per esplorare la
possibilità di stimare l'efficienza di uso della luce e le
potenzialità fotosintetiche dei soprassuoli forestali da dati
iperspettrali rilevati da aereo e da satellite. Di recente, questi
studi di dettaglio hanno trovato applicazione nell'ambito di
ricerche mirate finanziate dall'Agenzia Spaziale Europea.
Produzione
di biomasse legnose da colture forestali
specializzate
Un filone di ricerca applicata recentemente avviato riguarda la
quantificazione e l'organizzazione della produzione di biomasse
legnose, tanto da colture dedicate in ambienti di pianura quanto
dalla gestione sostenibile dei boschi appenninici. Queste ricerche
applicate, per quanto non siano risultate in pubblicazioni
scientifiche di prestigio, svolgono un importante ruolo per lo
sviluppo sostenibile del settore forestale nella Regione
Emilia-Romagna e nella Provincia di Bologna, rientrando pertanto
fra le responsabilità del Gruppo di Selvicoltura.
In particolare, la sperimentazione condotta nelle colture SRF (Short Rotation Forestry)
con cloni selezionati del genere Populus ha permesso di
quantificare la produttività in pieno campo di queste colture negli
ambienti della bassa Pianura Padana e di valutare gli effetti del
modulo applicato (turno forestale, densità) e dei diversi cloni
impiegati. Nuovi studi stanno valutando inoltre gli effetti della
fertilizzazione azotata e dell'aggiunta di ceneri di combustione
quale ammendante, oltre a quantificare gli impatti ambientali delle
colture SRF (per la fissazione di carbonio, percolazione di azoto),
con l'obiettivo di fornire alla Regione Emilia-Romagna precise
indicazioni sul modulo colturale appropriato per queste colture
nella bassa Pianura Padana.
Gestione
sostenibile dei boschi appenninici
Sempre nella stessa prospettiva di ricerca applicata per la
salvaguardia e lo sviluppo del territorio, vale infine la pena di
menzionare i due filoni di indagine avviati nell'Appennino Emiliano
nell'ambito del Progetto Appennino della Fondazione Cassa di
Risparmio in Bologna.
Il primo filone ha riguardato il recupero e la gestione sostenibile
dei castagneti abbandonati. La creazione di un Parco
Didattico-Sperimentale nel'alto Appennino Bolognese ha permesso di
creare collezioni di cultivar da legno e da frutto e di dimostrare
le più adatte pratiche colturali della castanicoltura moderna. Al
tempo stesso, si è voluto creare all'interno del Parco un percorso
didattico che mantenga viva la coscienza della cultura del
castagno, in quanto pilastro portante della montagna
appenninica.
Un secondo filone riguarda la gestione selvicolturale sostenibile
dei boschi appenninici. La sperimentazione avviata è volta a
quantificare da un lato la loro produttività su base locale
(attraverso l'integrazione di dati telerilevati e inventariali e
modelli a base funzionale), dall'altro l'impatto ecologico delle
nuove metodologie di meccanizzazione avanzata recentemente proposte
anche per i boschi montani della penisola. Nell'ambito del progetto
PROBIO ed in collaborazione con il CNR-IVALSA, si è valutato
l'impatto ecologico di alcuni cantieri forestali a meccanizzazione
avanzata, in termini di danni alle piante e ai suoli. I risultati economici ed
ecologici rilevati sui cantieri sono stati estrapolati a scala
territoriale con metodi GIS, attraverso la messa a punto di
procedure automatiche che si spera possano assistere il
pianificatore forestale nelle sue scelte di gestione.