1. Prognosi e trattamento dell'ictus in fase acuta.
2. Studi epidemiologici nell'anziano, con particolare riferimento all'attività fisica e allo stato cognitivo.
3. Studi epidemiologici sui fattori di rischio cardiovascolari, con particolare riguardo al confronto fra fattori tradizionali e markers di infiammazione. Identificazione del C3 sierico come rilevante indicatore di insulino resistenza e predittore di infarto miocardico.
4. Coinvolgimento del sistema immunitario nell'aterosclerosi.
5. Realizzazione di un sistema computerizzato di ausilio alla diagnosi medica.
1. Prognosi e trattamento dell'ictus in fase acuta
L'attività clinica presso la Stroke Unit del Policlinico S.Orsola-Malpighi ha suggerito una serie di indagini che hanno prodotto varie pubblicazioni sull’ictus. A parte un trial randomizzato per valutare l’effetto neuroprotettivo dell’atorvastatina ad alte dosi nell’ictus ischemico, per la maggior parte si è trattato di studi retrospettivi basati sui dati raccolti in maniera sistematica nella cartella informatizzata della Stroke Unit, i quali hanno fornito importanti informazioni e “scores” utili per la prognosi e il trattamento dell’ictus. In particolare, la scala BOAS (Bologna Outcome Algorithm for Stroke) consente di prevedere in maniera piuttosto accurata la dipendenza o morte del paziente con ictus nei 9 mesi successivi alla fase acuta, a partire da 5 parametri di facile rilevazione (deficit neurologico iniziale, età, necessità di catetere vescicale, necessità di ossigeno e persistenza di deficit stenico all’arto superiore al termine della degenza in stroke unit). Altre variabili consentono poi di prevedere il miglioramento neurologico a breve termine e la comparsa della febbre, una frequente complicazione dell’ictus associata col peggioramento della prognosi. Sono stati identificati inoltre alcuni fattori, in parte derivati dall’ecocardiogramma, che permettono di prevedere il rischio di sviluppare ictus lacunari piuttosto che corticali. Altri parametri ecocardiografici, compresi nello score “MrWALLETS”, consentono di stimare la probabilità che un ictus criptogenetico sia stato causato da una fibrillazione atriale misconosciuta, con importanti potenziali ricadute terapeutiche. Altri “scores” in fase di pubblicazione riguardano il rischio di trasformazione emorragica dell’infarto cerebrale e il rischio di comparsa dell’edema cerebrale.
2. Studi epidemiologici nell'anziano, con particolare riferimento all'attività fisica e allo stato cognitivo
Lo “studio Pianoro”, iniziato nel 2003, ha coinvolto l'intera popolazione anziana del comune, coinvolgendo anche, come popolazioni di controllo, gli anziani dei comuni di Zola Predosa e Sasso Marconi, per un totale di oltre 5000 individui. Lo studio era articolato in varie fasi e si prefiggeva numerosi obiettivi, fra cui il principale era la valutazione degli effetti psico-fisici dell’attività fisica negli anziani. Le prime analisi trasversali hanno valutato i principali determinanti extracardiaci del frammento N-terminale del precursore del peptide natriuretico di tipo B (NT-proBNP), i determinanti del volume piastrinico medio (un nuovo indice di rischio cardiovascolare), il confronto fra C3, proteina C reattiva e VES come marcatori infiammatori di insulino resistenza e la relazione fra attività fisica e sindrome metabolica. In un trial controllato e randomizzato, condotto sulla stessa popolazione, un anno di attività aerobica in palestra ha arrestato il decadimento cognitivo associato all'invecchiamento . Studi più recenti, effettuati utilizzando la grande mole di dati raccolti sia in condizioni basali che dopo follow-up di 7 anni, hanno consentito di appurare che il consumo lieve-moderato di alcol non ha un effetto direttamente favorevole sulla sopravvivenza degli anziani, e che la ridotta attività fisica è il principale fattore predittivo della mortalità negli ultraottantacinquenni, mentre, negli stessi soggetti, i tradizionali fattori di rischio modificabili hanno uno scarso o nullo potere predittivo. Ulteriori studi in corso di pubblicazione riguardano i determinanti del deficit e del decadimento cognitivo negli anziani e il ruolo del deficit della sensibilità dolorifica nella identificazione dei pazienti più fragili.
3. Studi epidemiologici sui fattori di rischio cardiovascolari, con particolare riguardo al confronto fra fattori tradizionali e markers di infiammazione. Identificazione del C3 sierico come rilevante indicatore di insulino resistenza e predittore di infarto miocardico
Il C3, terzo componente del sistema del complemento, è una citochina di produzione macrofagica, una proteina della fase acuta sintetizzata dal fegato e un prodotto degli adipociti (adipochina). Il C3 sierico può svolgere un ruolo significativo come marcatore del rischio di infarto miocardico. In uno studio prospettico con follow-up di 4 anni, condotto su 860 soggetti di entrambi i sessi senza precedenti ischemici di alcun tipo, nei quali venivano valutati anche i fattori di rischio tradizionali, il C3 è risultato essere il migliore indice indipendente predittivo di infarto, dopo l'età. Il C3 è fortemente correlato con tutti i principali fattori di rischio endogeni, e in particolare con l'insulinemia a digiuno, come evidenziato in due diverse ampie popolazioni (1068 soggetti di entrambi i sessi e 1100 uomini di mezza età). Ciò suggerisce il coinvolgimento del C3 nella sindrome metabolica da insulino resistenza. Analisi multivariate comprendenti altre 2 proteine della fase acuta (proteina C reattiva e fibrinogeno) hanno dimostrato che il C3 ha la più forte relazione con i fattori di rischio endogeni, mentre non ha alcuna relazione indipendente con le caratteristiche quantitative e qualitative delle placche arteriose carotidee e femorali esaminate mediante ultrasonografia. Ciò induce a ritenere che l'infiammazione associata all'aumento del C3 sierico non sia localizzata nelle placche, ma che rispecchi invece una condizione preesistente all'insulino resistenza e alla comparsa dei fattori di rischio endogeni (citochine infiammatorie in eccesso potrebbero conseguire a obesità addominale, iperreattività infiammatoria geneticamente determinata o infezioni croniche). Per le sue caratteristiche, il C3 potrebbe risultare utile nella selezione dei soggetti da sottoporre ad interventi di prevenzione primaria dell'infarto miocardico, nonché nella identificazione di terapie antiinfiammatorie in grado di abbassarne i livelli, potenzialmente utili per rallentare o prevenire la comparsa dei fattori di rischio e del processo aterosclerotico.
4. Coinvolgimento del sistema immunitario nell'aterosclerosi.
Le acquisizioni sul C3 sierico sono scaturite da una serie di studi, iniziati nel 1986, volti a ricercare le alterazioni dell'immunità umorale e cellulare in presenza di aterosclerosi. Alcuni studi, in particolare, hanno documentato una associazione tra classi immunoglobuliniche sieriche (specialmente IgA) e presenza di aterosclerosi. Studi successivi hanno consentito di evidenziare che anticorpi IgA contro alcuni antigeni del latte, apoproteine, lipoproteine e anticorpi contro microrganismi ubiquitari (come cytomegalovirus, herpes virus e EB virus) erano maggiormente presenti nei soggetti aterosclerotici che nei controlli. La maggior parte di questi anticorpi erano correlati fra loro e con le IgA totali. In seguito e' stato rilevato che le IgA sieriche sono anche marcatori di pregressi eventi ischemici maggiori. Il prevalente interessamento di intere classi immunoglobuliniche in queste associazioni fa ritenere che il fenomeno possa essere espressione di una generica tendenza all'iperreattività immunitaria e infiammatoria presente nei soggetti con malattia aterosclerotica.
5. Realizzazione di un sistema computerizzato di ausilio alla diagnosi medica.
L'attuale disponibilità di personal computer di grande potenza e di costo contenuto rende teoricamente possibile l'allestimento di un sistema di memorizzazione di tutte le informazioni necessarie per descrivere le malattie nel campo della medicina interna, utilizzabile come strumento didattico, di consultazione e come ausilio alla diagnosi. Dopo un'analisi dettagliata dei meccanismi della logica diagnostica, durata quattro anni, è stato realizzato un primo prototipo (DIANA) funzionante su un piccolo microcomputer. Negli anni successivi è stato quindi realizzato in linguaggio “C” un sistema esperto alquanto complesso, capace fra l'altro di "ragionamento" temporale e di spiegare all'utente i propri risultati (DIANA 2). Il sistema esperto, nella sua versione cardiovascolare, è stato divulgato come software associato a un libro di cardiologia destinato agli studenti.