Verso una gestione comunale

La storia dell'Università di Bologna nel XIV secolo.

Gli scontri tra guelfi e ghibellini proseguirono anche nel XIV secolo, prolungando quei disordini gestionali e governativi che spesso, per essere appianati o risolti, vedevano scendere nel campo della politica i migliori esponenti dell’Università.

Questi interventi procuravano allo Studio vantaggi e agevolazioni, ma accrescevano anche su di esso controllo e vigilanza.

Per esempio, risale al 1309 l’imposizione di un rappresentante del Podestà e di uno del Capitano del Popolo a presenziare le elezioni dei rettori, fino ad allora svoltesi in assoluta indipendenza dal potere locale.

Dopo che la sede papale si era trasferita ad Avignone (1309), Giovanni XXII mandò a presiedere i territori Italiani il nipote Bertrando del Poggetto che, stabilitosi a Bologna, governò con dispotica autorità. I cittadini reagirono distruggendo la sua rocca presso Porta Galliera (1334), preferendo affidare il potere ad un loro alto rappresentante, rispettoso dell’ordinamento politico preesistente: Taddeo Pepoli (1337).

La famiglia Pepoli, iscritta all’Arte del Cambio, aveva fatto fortuna attraverso il prestito agli studenti universitari e, come molte altre, era salita ai vertici amministrativi. Sotto di loro Bologna potette respirare un breve periodo di tranquillità, bruscamente interrotto quando i figli di Taddeo, Giacomo e Giovanni, meno esperti dei loro predecessori, vendettero la città, già fortemente provata dalla peste del 1348, ai potenti Visconti (1350).

I milanesi, tuttavia, non riuscirono a rimanere a lungo, indeboliti com’erano da faide e rivendicazioni familiari, e dopo soli dieci anni cedettero il Comune al cardinal Egidio d’Albornoz (1360), che in tal modo riuscì a riunire la città agli altri territori dello Stato pontificio.

La Chiesa stava preparando la sua ridiscesa in Italia e Bologna era da essa considerata come pedina fondamentale del ripristino del suo potere.

In quegli stessi anni Petrarca scriveva a Urbano V, l’ultimo papa avignonese, ricordando gli anni felici nei quali aveva seguito i suoi studi giuridici presso l’università felsinea (1320-26) e lamentando viceversa la situazione in cui ora versavano lo Studio e la città. 

Una mossa strategica da parte della S. Sede per intervenire anche nello Studio, fu la fondazione della Facoltà di Teologia (1360), che andava così a modificare un’offerta pedagogica fino ad allora rimasta laica e scientifica.

Collegio di SpagnaUn altro intervento accorto e innovativo ad opera dell’Albornoz fu la creazione del primo collegio urbano per studenti stranieri, quello di San Clemente (noto come Collegio di Spagna), dedicato agli alunni spagnoli, sul quale allora, come tutt’oggi, vigilava la corona iberica.

L’ordine riportato dai cardinali legati non fu tuttavia sufficiente a frenare le nuove rivolte cittadine che riuscirono a riottenere l’autonomia comunale.

Era il 1376, era il tempo della Signoria del popolo e delle arti.

Fu un ventennio di enorme prosperità, suggellato dalla costruzione di alcuni edifici simbolo di Bologna: il Palazzo della Mercanzia (1384), cuore del Mercato di Mezzo e motore economico di tutta la città; la Basilica di San Petronio (1390), enorme antagonista spirituale del vicino duomo, e Palazzo dei Notai (1381), la più potente corporazione cittadina, legata a filo doppio con lo Studio e col potere.

Come le più importanti cariche politiche e commerciali, anche quella della rappresentanza papale venne assegnata a un maestro dello Studio: Giovanni da Legnano, grande giurista e professore di fama internazionale, nonché il più dotto sostenitore delle ragioni di Urbano VI durante l’acceso scisma religioso d’Occidente (1378-1417).

Gli studenti, dal canto loro, avevano oramai perso autonomia e potere, fuori e dentro l’Università.

Nel 1381 il Comune impose su di loro una nuova Magistratura, eleggendo annualmente quattro Riformatori dello Studio, che si adoperavano a stipulare i contratti coi docenti, a redigere i piani di studi, a scegliere le materie dei corsi, e persino a nominare la figura del punctator, controllore del corretto funzionamento accademico, carica che fino a quel momento era stata riservata agli scolari.

Le private Università degli studenti si stavano in tal modo trasformando nello Studio di Bologna.