La nascita dello Studio e del Comune

La storia dell'Università di Bologna nel XI e XII secolo.

Alle soglie dell’anno Mille Bologna non era che un piccolo borgo con qualche migliaio di abitanti e pochi contatti col mondo esterno.

Ciò che la portò a risorgere e primeggiare sulle altre città, trasformandola in breve tempo in una vera e propria metropoli medievale, fu il suo Studio, originato verso il 1088, come convenzionalmente si celebra da centocinquant’anni.

Rispetto alle Università fondate successivamente, su iniziativa di alcuni maestri lungimiranti o per volontà di qualche sovrano, quella bolognese sorse spontaneamente per intraprendenza di taluni studenti, riunitisi in primordiali forme associative, che dettavano gli scopi dell’insegnamento e ne controllavano la corretta attuazione.

I maestri, dal canto loro, stipendiati direttamente dagli alunni, spesso accoglievano questi ultimi nelle loro abitazioni, instaurando con essi rapporti quasi familiari.

Irnerio

È il caso di Irnerio, ricordato erroneamente dai più come il fondatore dell’Alma Mater Studiorum.

Probabilmente, l’illustre magister, come molti altri, aveva già accumulato grande esperienza nell’insegnamento laico delle Arti Liberali (Trivio: Grammatica, Retorica e Dialettica), ma rispetto ai colleghi fu tra i primi a studiare e divulgare con metodo scientifico il Corpus Iuris Civilis, testo giuridico romano sul quale si sarebbe poggiato l’insegnamento dello Studio bolognese, così come tutto l’ordinamento legale dell’Europa moderna.

Erano anni complessi e rivoluzionari, durante i quali gli statici mondi feudali venivano scossi dalla scalpitante nascita dei Comuni e delle loro nuove classi sociali e dai sempre più precari rapporti tra Impero e Papato.

Vi era dunque bisogno di trovare soluzioni giuridiche per ordinare e gestire questa difficile rinascita e proprio Bologna e la sua Scuola, ormai famose, vennero interpellate per scrivere il futuro destino d’Europa.

Durante la Lotta per le Investiture Irnerio stesso servì la causa imperiale e, dall’alto del suo prestigio, riuscì persino a placare l’ira di Enrico V, pronto a punire i bolognesi, rei di aver distrutto la sua fortezza posta a dominio della città (1115).

Questo atto, di rivolta e di perdono, sancì la nascita del Comune, registrata ufficialmente nel 1116 dalla firma del cancelliere imperiale Burcardo e da quella del medesimo Irnerio, che può essere dunque riconosciuto come uno dei padri dello Studio così come della ritrovata autonomia cittadina.

L’orientamento culturale, prima ancora che politico, fu assunto dai suoi più illustri discepoli, Bulgaro, Martino, Jacopo di Porta Ravegnana e Ugo di Porta Ravegnana, quando vennero interpellati da Federico I Barbarossa per risolvere i rapporti incrinati tra l’Impero e le città padane.

Proprio questi, durante la Dieta di Roncaglia (1158), confermarono la sovranità della casata Sveva che, pochi anni più tardi, si vide nuovamente contrastata dai comuni italiani, ora riunitisi nella Lega Lombarda (1167).

Tra i quattro allievi prediletti di Irnerio si era distaccato il solo Martino, che era ideologicamente più vicino alla nuova Scuola di Diritto canonico (ecclesiastico) fondata verso la metà del XII secolo, anch’essa a Bologna, su iniziativa degli studenti del monaco Graziano.

Le due scuole, quella di Diritto romano e quella di Diritto canonico, riunite nel medesimo Studio, concentrarono le attenzioni dei due poteri universali, l’Impero e il Papato, sulla sola Bologna, che così diventava mediatrice legale del loro difficile equilibrio.

I rapporti interni, invece, tra il Comune felsineo, desideroso di libertà, e la sua Università, per alcuni versi sostenitrice imperiale, non ebbero bisogno di intermediari.

Il Barbarossa aveva già provveduto, attraverso la Constitutio Habita (1155), a dare la sua personale protezione agli studenti e a dichiararli liberi e autonomi da qualunque potere politico.  

D’altro canto il Comune non poteva permettersi di suscitare malcontento tra gli studenti, poiché questi, provenendo da ogni dove, attiravano in città artigiani e mercanti, pronti a soddisfare le loro esigenze quotidiane, che andavano direttamente e indirettamente ad arricchire l’intera economia locale.

Inoltre la città era ben consapevole del prestigio internazionale che stava ottenendo proprio in virtù del suo Studio, per il quale già nel 1118 le si attribuiva il titolo di “La dotta” e un secolo più tardi le sarebbe stato conferito anche l’appellativo di “La grassa”.