La fioritura dello Studio

La storia dell'Università di Bologna nel XV secolo.

Alla fine del XIV secolo (1394) si assistette all’ennesima trasformazione politica: sotto al Gonfaloniere di Giustizia e al Legato pontificio, vennero eletti tra i nobili e i popolari sedici Riformatori, protagonisti del nuovo consiglio comunale.

In questa compagine di ‘uomini nuovi’, spesso scelti tra i dottori dello Studio, si creò la nuova oligarchia cittadina che, gelosa dei suoi privilegi, causò un brusco irrigidimento sociale, terminato solo con la venuta del Bonaparte.

Piazza Verdi

Anche l’Università subì in questo periodo alterazioni che ne avrebbero modificato profondamente la natura per tutta l’età moderna.

I professori divennero dipendenti pubblici, stipendiati con le entrate della Gabella Grossa (il dazio sulle merci). Questo fatto, inevitabilmente, comportò da lato l’asservimento delle cattedre e dei corsi, dall’altro l’allontanamento delle docenze straniere, che avevano arricchito nelle stagioni precedenti la qualità della didattica. Salvo poche eccezioni (erano riservate agli stranieri non più di quattro ‘letture eminenti’: Diritto Civile, Umanità, Filosofia e Medicina) soltanto i bolognesi potevano ora insegnare, in uno Studio che così veniva condannato al provincialismo e al lento scadere nell’opportunità e nell’opportunismo delle docenze locali, spesso non all’altezza del passato, soprattutto dopo che venne concesso ai nobili il diritto di insegnare solo in virtù della loro classe sociale.

Nel frattempo si assistette all’affermarsi della tenace e vincente politica della popolare famiglia dei Bentivoglio, che nel corso di poche generazioni riuscì a imporre il suo potere, accettato dai papi e stimato dalle altre corti signorili.

Bologna in questo periodo tornò a essere una metropoli culturale, fresca e vivace, ammodernata nelle sue piazze, nei suoi palazzi e nelle sue chiese.

Il Rinascimento trovò infatti pronti i signori della città e la loro cerchia di intellettuali, che a suon di poesie, pitture e musiche, legittimavano il loro potere.

Anche lo Studio gravitava attorno alla potente famiglia, in un mutuo scambio di favori e benefici, nutrito dalla stessa cultura eterogenea e poliedrica.

Dalle Università dei Legisti continuavano a uscire nomi di eccellenza come Leon Battista Alberti e Giovanni Pico della Mirandola, mentre l’Università degli Artisti si arricchì di nuove e prestigiose cattedre: Musica (la prima d’Europa), Matematica e Astronomia (1451), Lingua e Letteratura Greca (1453), Lingua e Letteratura Ebraica (1464) e Metafisica (1466).

Era la rivincita delle Lettere e della Filosofia, dell’Astronomia e della Medicina. Era l’Umanesimo.

Francesco del Pozzo, Filippo Beroaldo, Giovanni Garzoni, Alessandro Achillini, Urceo Codro, Domenico Maria da Novara, riuscirono a sedurre lo stesso Niccolò Copernico, giunto per qualche tempo a Bologna per i suoi studi giuridici, avvicinandolo al pensiero neoplatonico e neopitagorico, attraverso il quale avrebbe presto capovolto la concezione dell’universo.