Francesco Rizzoli

Medico, Chirurgo, Direttore sanitario, Filantropo, Politico e Senatore del Regno d’Italia (Milano 1809 – Bologna 1880).

Ovunque andasse riusciva a salire ai vertici dirigenziali e amministrativi. Francesco Rizzoli da giovane e indigente milanese trasferito a Bologna, si costruì una carriera degna dei suoi tempi, nei quale i medici e i chirurghi avevano saputo elevarsi tra le classi sociali più alte. Solitario e parsimonioso, il Rizzoli si dedicò strenuamente al miglioramento sociale e scientifico della sua professione, contribuendo enormemente alla costituzione dell’Ortopedia moderna, che potette avvalersi dell’Istituto bolognese da lui stesso finanziato, ancora oggi tra i più rinomati al mondo.

Francesco RizzoliFrancesco Rizzoli nacque a Milano nel 1809 in una famiglia di umile estrazione sociale.
Il padre, luogotenente di Gioacchino Murat, venne ucciso in un agguato brigantesco e Francesco, ancora bambino, con la sorella Teresa, dovette trasferirsi a Bologna sotto la tutela dello zio paterno.

Nonostante le precarie condizioni economiche, che determinarono in lui per tutta la vita un atteggiamento di quasi ossessiva parsimonia, il giovane riuscì a laurearsi sia in Medicina, nel 1829, sia in Chirurgia, nel 1831

Iniziò subito dopo, anche grazie al sostegno del cognato, il medico Paolo Baroni, un’intensa attività accademica e ospedaliera.

Nel 1834 divenne coadiutore alla cattedra di Chirurgia teorica e ostetrica (tenuta dallo stesso Baroni), che riuscì a ricoprire da ordinario dal 1840, mentre dal 1835 lavorò presso il Pio ospedale del Ss. Salvatore, dove operò come primario fino al 1855.

Per il Collegio medico-chirurgico cittadino, di cui fece parte dal 1842, si impegnò nell’insegnamento alle levatrici della disciplina ostetrica, che proprio a Bologna tra Sette e Ottocento era entrata nei programmi di insegnamento ad opera di Giovanni Antonio Galli e, soprattutto, di Maria dalle Donne. Il contributo che Rizzoli diede alla materia è legato fondamentalmente all’invenzione del forcipe uncinato.

L’Ottocento fu un secolo di grande ascesa sociale per i medici, che inevitabilmente spesso arrivavano a ricoprire alte cariche pubbliche e politiche. È il caso dello stesso Rizzoli che, nel 1848, venne chiamato a far parte del Comitato di salute pubblica di Bologna e l’anno seguente venne persino eletto come deputato della costituenda Assemblea nazionale della Repubblica romana, esperienza che tuttavia durò ben poco, visto il pronto ritorno del pontefice al comando dei suoi territori della Prima Guerra d’Indipendenza.

Nel 1851 divenne supplente di Clinica chirurgica, arrivando nel 1855 a ricoprine la cattedra e ad assumere nello stesso anno la direzione della Clinica chirurgica universitaria, ai tempi nell’Ospedale Azzolini (o della Maddalena) nei pressi dell’Università.

Era infatti assurto, nel 1852, al ruolo di presidente della Società medico-chirurgica di Bologna, ruolo che avrebbe ricoperto sino alla morte.

Prima di lasciare il precedente incarico di primariato al Pio ospedale del Ss. Salvatore, diede modo di dimostrare prontezza e abilità gestionale quando prese la decisione di accogliere l’esubero dei malati di colera del 1855, nei distretti distaccati del suo nosocomio (ricevette per questo il diploma di aggregazione alla nobiltà bolognese).

L’ospedale che invece andava ora ad amministrare, Azzolini, gli pose subito difficoltà logistiche e igieniche, essendo sorto alla fine del Seicento ed essendo stato ammodernato solo parzialmente da Angelo Venturoli nel 1808, quando divenne Ospedale per le Cliniche medico-chirurgiche universitarie.

Nel frattempo proseguiva la sua ascesa pubblica e politica come progressista, prima (nel 1659) come deputato all’Assemblea delle Romagne, poi, unita l’Italia, come consigliere provinciale, carica che avrebbe tenuto fino al 1880.

L’arrivo dei Savoiardi gli permise di divenire anche medico consulente della Real Casa (1860) e di aiutare assieme ad altri medici lo stesso Garibaldi a guarire dalla sua ferita e ad evitargli l’amputazione della famosa gamba (1862).

Nonostante gli importanti contributi scientifici e dirigenziali (era divenuto anche sovrintendente degli ospedali cittadini) e la fama raggiunta, Rizzoli si vide aspramente contrastato dal ministero della Pubblica Istruzione che, ricevute le sue continue rimostranze sulla situazione degli ospedali Azzolini, decise di collocarlo a riposo allontanandolo, nel 1865, dall’insegnamento.

Ciò non gli impedì di offrire la sua professionalità al nuovo Ospedale Maggiore, che nel 1857 aveva radunato i centrali e antiquati Ospedali della Vita e della Morte e numerose strutture mediche religiose in una più moderna e decentrata struttura sanitaria, che offrì immediatamente al Rizzoli la carica di primario di Chirurgia, tenuta fino al 1876.

Severo e rigoroso, Rizzoli rifiutò di ritornare all’insegnamento quando, nel 1868, l’Università gli conferì il titolo di professore emerito (avrebbe rifiutato, nel 1876, anche la cattedra universitaria offertagli da Pavia), dando finalmente ragione alle sue lamentele sull’Ospedale Azzolini, che l’anno seguente venne definitivamente chiuso, una volta trasferite le cliniche accanto a quelle già esistenti nell’Ospedale di S. Orsola, tutt’oggi policlinico universitario.

L’esperienza pluridecennale in varie realtà sanitarie e politiche cittadine, spinse Rizzoli ad entrare in prima linea nella giunta comunale Cassarini, che nel 1870 stava organizzando un democratico sistema di istruzione pubblica e un innovativo servizio medico domiciliare, che purtroppo Rizzoli non riuscì a vedere, poiché istituito l’anno dopo la sua morte (1881).

La raccolta delle cariche istituzionali non si arrestò negli ultimi anni della sua vita, anzi, dal 1871 fu presidente dell’Accademia delle Scienze oltre che membro di numerose altre accademie e società internazionali.

Ricco e famoso, aveva mantenuto il riserbo di un uomo votato alla professione, celibe e parsimonioso, tanto che riuscì ad accumulare un enorme patrimonio, anche immobiliare. Nel suo palazzo su Strada Maggiore, l’antica via Emilia, ospitò addirittura Giosue Carducci, suo contraltare umanistico della riscossa universitaria della seconda metà dell’Ottocento.

Anche Francesco Rizzoli si andò infine a inserire nella folta famiglia dell’Alma Mater Studiorum, i cui esponenti di spicco, si pensi a Ulisse Aldrovandi, lasciarono per testamento doni ed eredità a beneficio della città e dell’università stessa. Nel 1879, il chirurgo, ormai prossimo alla morte, acquistò l’ex convento di San Michele in Bosco, pianificando in esso la creazione di un sofisticato stabilimento ortopedico da donare alla provincia.

Durante la sua vita, infatti, l’ortopedia aveva assunto un valore particolarmente rilevante e celebri erano diventate le sue operazioni, veloci e meticolose, in un momento storico nel quale la sterilizzazione e l’anestesia erano solo ai loro albori (fu tra i primi a usare il cloroformio nel 1847 ma, sostenendo l’utilità delle reazioni del paziente durante gli interventi, non sopportandone comunque le urla, si fece addirittura brevettare un paraorecchie, conservate ora nella Libreria Umberto I ).

La branca medica, già prevista da Ippocrate ma reintrodotta negli insegnamenti universitari solo negli anni ’40 dell’Ottocento, grazie a lui potette avvalersi di un nuovo sistema ospedaliero, specialistico e attento alla degenza e alla riabilitazione. Ed ecco che l’isolato complesso di San Michele in Bosco, inaugurato nel 1896 come Istituto Ortopedico Rizzoli, divenne fin da subito eccellenza internazionale della chirurgia ortopedica e traumatologica, tutt’oggi supportata dalle sperimentazioni e dalle professionalità universitarie.

A tal punto importante e prestigiosa era divenuta la figura dell’anziano chirurgo, da meritarsi nel 1879 la nomina regia di senatore della VIII Legislatura, legislatura che tuttavia non terminò, morendo l’anno seguente nel cordoglio di tutta la città.

I funerali vennero celebrati nella basilica di San Petronio alla presenza di numerose autorità, che decisero immediatamente di dedicare al defunto la centralissima via tra le Due Torri e piazza Maggiore, ai tempi ancora inglobata nel trafficato Mercato di Mezzo, ma presto (1910) resa moderna dal piano regolatore, che sventrò l’antico quartiere con la scusante dell’igiene, quello stesso caposaldo dei nuovi tempi che aveva reso così brillante la carriera del chirurgo e filantropo Francesco Rizzoli.